L’Europa prova a colmare il gap nel settore dei semiconduttori – che rischia di ampliarsi con l’uscita del Regno Unito dal perimetro comunitario – annunciando di voler raddoppiare la sua quota di produzione globale di microchip dal 10 al 20%.
La nuova linea è stata annunciata nel corso di un incontro tra il Commissario Ue Thierry Breton e il ministro dello Sviluppo economico Giancarlo Giorgetti, che ha rilanciato il ruolo delle imprese italiane e ribadito la volontà del Governo di intervenire nel settore grazie a un fondo da 1,7 miliardi destrinato a ricerca, sviluppo e innovazione nell’ambito di un Importante Progetto di Interesse Comune Europeo (IPCEI).
Ma basterà? Al di là degli interventi spot, serve una visione strategica una svolta che, nel campo della ricerca e dell’innovazione, riporti al centro l’importanza del settore e porti a fare fronte comune con gli Stati Uniti (pare inevitabile, ad esempio, il coinvolgimento nei nuovi progetti Ue di colossi come Intel), per evitare che tra aiuti di Stato e frantumazione dei mercati, si perda la dimensione di scala del mercato globale e si condanni la ricerca europea all’impotenza per mancanza di una filiera integrata di progettazione, sviluppo e produzione dei semiconduttori.
Semiconduttori, la Ue punta in alto: strategie e nodi da sciogliere
Il ruolo delle scorte
Abbiamo visto il mondo fermarsi non solo per effetto della pandemia, ma anche per la scarsità di semiconduttori: le industrie dell’auto, degli elettrodomestici, dei personal computer, dei telefoni, i servizi di rete si fermano se i produttori di semiconduttori ritardano le consegne. Intanto i prezzi salgono, seguendo la logica stringente della scarsità: il valore di un bene aumenta quando la domanda è sostenuta.
Il riverbero della crisi dei chip investe il mercato dei prodotti, dei servizi, con rallentamenti nelle forniture, e rinvii della produzione di interi settori, ma investe anche il mercato dei capitali; mentre si aprono nuove prospettive per la ricerca e l’innovazione che inseguono allettanti prospettive di margini di profitto elevati. Si decide di ampliare gli stabilimenti esistenti e si costruiscono nuovi impianti, si promuovono acquisizioni e fusioni per razionalizzare l’offerta e ottimizzare la gamma dei prodotti e le strutture di ricerca e distribuzione. Il valore dei titoli del settore sale in modo vertiginoso seguendo le proiezioni che indicano margini crescenti nel medio termine.
Si torna a pensare che possa essere utile riportare dentro al ciclo produttivo integrato anche la produzione dei semiconduttori, per dipendere in misura meno stringente dalle condizioni esterne del mercato.
Gartner Group prevede una condizione di mercato molto teso fino alla fine del 2022, con prezzi in ascesa al consumo, dei prodotti intermedi e quotazioni delle aziende del settore alle stelle “La scarsità di semiconduttori creerà gravi discontinuità nella catena produttiva, limitando la capacità di diversi tipi di prodotti elettronici nel 2021. Le fonderie che producono i wafer aumentano i prezzi, e di conseguenza anche i produttori di chip lo fanno” sostiene il capo degli analisti della ricerca di Gartner, Kanishka Chauha[1].
Stanno cambiando le priorità di mercato: un tempo si riteneva che l’automobile fosse un prodotto necessario, e trainante per l’intero settore industriale, ora scopriamo che per quel settore i produttori di chip investono poco e preferiscono produrre chip più sofisticati per gli smartphone, per le consolle dei videogiochi, per i server che gestiscono i servizi in cloud di Amazon, di Microsoft, di Google. Vengono penalizzati in misura minore solo i produttori di auto che si sono premuniti con scorte durante la pandemia, senza farsi trovare con i magazzini vuoti al momento della ripresa, come hanno fatto le aziende giapponesi: Toyota, Honda, Nissan.
Crisi del chip, le strategie Europa e Usa per evitare il collasso
Le scorte giocano un ruolo decisivo sui prezzi e sulla continuità della produzione: nella figura che segue l’area in nero rappresenta quella di maggiore scarsità di semiconduttori, con giacenze al minimo, quella grigia rappresenta l’area a rischio intermedio di scarsità e quella verde rappresenta l’area di normalità, che verrebbe raggiunta a partire dal secondo o, nel caso avverso, dal quarto trimestre del 2022.
Figura 1: grado di criticità nelle scorte di semiconduttori [2]
Dall’inizio della pandemia il tempo medio di consegna dei semiconduttori è salito da 12 a 22 settimane costringendo interi settori, come quello dell’automobile a dilazionare i tempi di produzione con impatto disastroso sulle vendite in fase di ripresa.
Nel primo semestre del 2021 i prezzi sono aumentati del 20-40%, ma si registrano aumenti del 50% per alcuni prodotti maggiormente richiesti.
La Cina si è già mossa
Huawei è impegnata in un disperato tentativo di salvare il suo ruolo di eccellenza negli smartphone, dopo che il bando USA la ha costretta a rincorrere con tutte le sue forze le innovazioni del sistema operativo Android, perdendo il contatto diretto con Google. È impegnata nella costruzione della rete 5G, dove trionfa in Cina ma trova ostilità sul mercato mondiale, per i problemi di privacy e di sicurezza che le vengono imputati sempre dagli Stati Uniti e da altri paesi occidentali. Oltre a questi due fronti, ne ha ora dovuto aprire un terzo, poiché la sua consociata americana HiSilicon, che ha disegnato il processore Kirin, non può più farlo produrre da TSMC, il gigante coreano che fabbrica i semiconduttori, per poi esportarli verso la casa madre Huawei. Il suo MateBook, che usa processori Intel e AMD è raddoppiato di prezzo, da 47 a 94 dollari[3]. Huawei ha deciso, allora, di aprire impianti di HiSilicon in Cina: il primo a Shanghai per chip con sezione di 45 nanometri, destinati a svilupparsi verso i 28 e con target a 20 nanometri per il 2022, mentre il secondo impianto sarà situato a Wuhan, con avvio previsto per il 2022 e dedicato a chip con comunicazione ottica e possibile futuro sviluppo di processori per smartphone con dimensioni ridottissime di 2-3 nanometri.
Huawei è una azienda ad altissima tecnologia che gode di un forte sostegno del governo, a differenza delle OTT cinesi, come Alibaba e Tencent, che a giudizio del governo e delle autorità di regolazione, si muovono con troppa autonomia in aree cruciali come la finanza, l’e-commerce, internet. Questo fatto costituisce una conferma, anche se solamente indiretta ed indiziaria, del supporto che Huawei gode da parte delle autorità cinesi sul fronte delle infrastrutture 5G e da parte dei cittadini della Repubblica Popolare sul fronte degli acquisti di smartphone. Ma l’appoggio dei consumatori domestici non ha impedito al bando degli Stati Uniti di avere un effetto devastante sulle vendite di smartphone Huawei, precipitate da una quota del 20% sul mercato mondiale del 2° trimestre 2020 al 4% del primo trimestre del 2021[4]. Nonostante l’impatto formidabile della mossa ostruzionistica avviata da Trump, Huawei è azienda in grado di superare le enormi difficoltà create dal bando e, se riuscirà a superarle, potrebbe creare un terzo polo di aggregazione intorno al sistema operativo HarmonyOS che sta sviluppando, in ambiente Unix come Android e sostanzialmente compatibile con Android, per bypassare gli effetti del bando che impedisce di utilizzare gli aggiornamenti realizzati da Google[5].
D’altra parte, le OTT cinesi come Alibaba, Tencent e Meituan, vengono bloccate dalle autorità cinesi nello sviluppo dei nuovi business connessi ai pagamenti e all’e-commerce, e annunciano ai loro azionisti che investiranno nelle infrastrutture come il cloud, la guida automatica, le infrastrutture e soprattutto i semiconduttori: i settori che il Partito considera prioritari[6].
Tencent ha creato nel 2020 la sussidiaria Baoan Bay Tencent Cloud Computing Company che nella ragione sociale ha “ricerca, progetto e sviluppo dei circuiti integrati”. Baidu ha lanciato il chip Kunlun per l’intelligenza artificiale, in cooperazione con Samsung, sulla base del XPU, il processore con architettura neurale. Alibaba ha acquisito l’azienda Zhontian Micro fin dal 2018 e ha sviluppato l’azienda Pingtouge con cui è entrata ufficialmente nel settore dei semiconduttori[7].
La risposta in America
Sull’altra sponda del Pacifico, Microsoft, Google e Amazon stanno avviando al proprio interno il design dei processori richiesti per il cloud. Le tradizionali caratteristiche di velocità a scapito dei consumi stanno lasciando il passo all’efficienza energetica, indispensabile per i dispositivi mobili. Per questo motivo e per l’estrema specializzazione che questa efficienza energetica richiede, l’interesse a customizzare il più possibile i processori sta orientando l’intera evoluzione del mercato. Per questo motivo, oltre che per la volontà di disporre di risorse interne senza più dipendere da fornitori terzi, l’idea di realizzare i semiconduttori in casa si sta diffondendo sia sul versante est, sia sul versante ovest del Pacifico.
Amazon ha già avviato una sostituzione dei semiconduttori acquisiti da Intel o AMD a favore di quelli progettati al proprio interno, da Annapurna Lab, piccola società israeliana acquisita dal colosso dell’e-commerce nel 2015 e che ora conta dieci volte gli occupati del momento dell’acquisizione[8].
I produttori, come Intel, AMD, Qualcomm, TSMC, Samsung, ma anche Amazon, Google, Microsoft ed Apple, si sono raccolti nella Semiductors in America Coalition, che preme sulla nuova amministrazione perché applichi il Chips for America Act introdotto dall’amministrazione Trump nel giugno 2020, ma non ancora finanziato. L’Associazione propone ai due rami del Parlamento e all’Amministrazione di attingere per 50 miliardi di dollari al pacchetto da 2,3 migliaia di miliardi proposto da Biden per lo sviluppo delle infrastrutture. L’Associazione documenta la scarsità dei semiconduttori sul mercato americano e la ritiene motivazione valida per adottare con urgenza le proprie proposte.
I fondi federali sono necessari, sostiene l’Associazione davanti al Congresso, perché molti governi stanno offrendo sussidi per le aziende che producono all’interno del proprio paese, e anche per tale motivo “ i costi di produzione negli Stati Uniti possono essere dal 20 al 40% più elevati” inoltre l’intervento è necessario “per rendere più resiliente la supply chain ed assicurare che le tecnologie essenziali siano disponibili prontamente nel momento del bisogno”[9].
L’Europa viene presa ad esempio in negativo: la sua scomparsa dalla scena della produzione viene considerata una sciagura dovuta alla assenza di una politica industriale che costringe settori fondamentali per l’industria europea, come l’auto, a rallentamenti catastrofici della produzione e dell’export. Anche STM, il secondo produttore europeo di semiconduttori, specializzati nel settore auto, prevede aumenti di prezzo nella seconda metà dell’anno, a causa di aumenti di costo e scarsa disponibilità di materie prime.
Perché passa dai chip la nuova politica industriale mondiale
Un allentamento della pressione sui prezzi non verrà dall’ampliamento degli stabilimenti nel breve termine: TSMC prevede che l’allargamento delle fonderie possa essere operativo in un intervallo di 6-12 mesi, ed anche i nuovi entranti, come le big tech cinesi e americane, devono fare leva sulle capacità dei produttori OEM.
Finché la domanda supera l’offerta corrispondente alla capacità produttiva effettivamente utilizzata, i prezzi continueranno a salire. La figura 2 indica come l’eccesso di domanda sia particolarmente intenso nella prima metà del 2021.
Figura 2: Domanda di semiconduttori (linea gialla) in % della capacità produttiva installata e grado di utilizzo in % della capacità installata (istogrammi grigi) [10]
Conclusioni
Da queste vicende occorre trarre, innanzitutto, qualche insegnamento sulle relazioni con Cina: la capacità tecnologica di quel paese e la sua disponibilità finanziaria sono tali che i tentativi di bloccare le sue aziende più innovative possono sortire l’effetto a breve di metterle in difficoltà sul mercato internazionale, rafforzandole su quello interno e soprattutto spingendole ad avere un ruolo di punta nel segnare il passo degli standard de-facto.
La corsa ai fondi pubblici, avviata da un presidente repubblicano come Trump ed ora accentuata dal nuovo presidente democratico, dimostra che l’amministrazione e l’establishment americano ha una percezione acuta dell’importanza strategica del settore e del ritardo accumulato negli anni recenti.
L’Europa cerca di correre ai ripari, dopo aver perso il treno ed essere uscita dalla produzione: i nuovi programmi di ricerca contemplano quest’area strategica, ma per vincere sullo scacchiere globale serve ben altro.
Note
- ) Peter Clarke, Chip shortage to last into 2022 says Gartner, May 17, 2021, https://www.eenewseurope.com/news/chip-shortage-l ↑
- ) Gartner Index of Inventory Semiconductor Supply Chain Tracking – Projected Worldwide Semiconductor Inventory Index Movement, 2021-2022, Gartner, 12 May 2021. ↑
- ) Zhao Shiyue, Semiductor shortage causes rise in electronics prices, China Daily, 2021-6-4. ↑
- ) Counterpoint, Global Smartphone Market Share, April 30, 2021. ↑
- ) C. Scott Brown, The Huawei ban explained: A complete timeline and everything you need to knowWhat has happened to Huawei since May 2019? Here’s a full summary of the Huawei ban, Android Authority, May 12, 2021. ↑
- ) Bloomberg News, China Tech giants Spend Billions to Fuel Growth After Crackdown, 27 May 2020. ↑
- ) Phate Zhang, Tencent may also make chips after Alibaba and Baidu, CntTechPost, March 22, 2020. ↑
- ) Ian King, Dina Bass, Why Amazon, Google, and Microsoft Are Designing Their Own Chips, Bloomberg, 17 march 2021. ↑
- ) Mike Wheatley, Chipmakers and big tech push for $50B funding for semiconductor R&D, SiliconAngle, May 11, 2021. ↑
- ) Bob Jonhson, Semiconductor shortage to cause rise in prices in 2021, Expense Reduction Analyst, April 8, 2021, ↑