L’analisi

Cryptoeconomy, negli Usa la grande incertezza: i motivi dello scontro



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Mentre l’Ue, pur procedendo “a tappe forzate”, è riuscita ad approvare una regolamentazione per il mondo crypto, gli Stati Uniti sono ancora attraversati dallo scontro tra la SEC e ampie parti del mondo politico, che di fatto non sta conducendo ad un processo armonico di normazione del settore – ed anzi, lo sta danneggiando in…

Pubblicato il 9 ago 2023

Alberto Franco

Professore a Contratto di Diritto Tributario presso l’Università di Torino, Ph.D. Of Counsel, Genta & Cappa



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Negli ultimi tempi gli Stati Uniti sono stati l’esempio perfetto di come – nel mondo crypto e non solo – sia decisamente peggiore l’assenza di regolamentazione, e più in generale l’incertezza normativa, rispetto ad una regolamentazione, pur imperfetta o troppo pervasiva.

È chiaro che i legislatori, di norma, dovrebbero muoversi all’interno di un duplice solco, ovverosia da un lato prevedere un set di norme che dia sufficiente certezza e stabilità ad un settore, e dall’altro lato evitare che eccessi di regolamentazione possano essere d’ostacolo, o addirittura soffocare, uno sviluppo ordinato del settore stesso.

Regolazione del mondo crypto: l’importanza di strumenti adeguati al contesto

Ciò vale, o dovrebbe valere, anche per il settore crypto. Nessun operatore “serio” nel mondo crypto rifiuta a priori la regolamentazione, il tema ovviamente è di avere degli strumenti adeguati al contesto in cui si opera, che possano portare sviluppo e chiarezza, senza rendere eccessivamente difficile o burocratizzata l’operatività dei player.

La “posta in palio” di quest’opera di normazione del settore, tra i vari ordinamenti nazionali e sovra-nazionali, è costituita dagli investimenti miliardari che – soprattutto dal venture capital – non cessano di arrivare a beneficio dei progetti crypto. In questo senso, occorre rilevare, come evidenziato anche in altri contributi precedentemente pubblicati, che l’Unione Europea e l’Italia non si trovano affatto – una volta tanto, verrebbe da dire – in una brutta posizione: l’approvazione del regolamento MICA, il c.d. decreto Fintech relativo alla tokenizzazione di strumenti finanziari, la previsione di norme ad hoc per la tassazione delle cripto-attività (e altri provvedimenti ancora) sono senz’altro circostanze che aiutano a stabilire un certo grado di certezza nel sistema normativo e che quindi possono fungere anche da driver per gli investimenti.

In questo contesto, è sorprendente come, al contrario, gli Stati Uniti stiano facendo tutto il possibile per alimentare una grande incertezza, se non una vera e propria confusione, circa le sorti del mondo crypto nei loro confini (e non solo). Ancor più sorprendente se si considera l’ambiente estremamente dinamico ed innovativo tipico dell’economia statunitense, in cui sono nate sostanzialmente tutte le principali big tech (Meta, Amazon, Microsoft, Apple, Google etc.), laddove invece l’Unione Europea non è mai riuscita ad esprimere in quel settore dei “campioni” europei o nazionali in grado di competere sui mercati mondiali con le big tech americane.

In realtà, fino a poco tempo fa gli Stati Uniti sembravano avviati – a parere di chi scrive – a regolamentare il settore, anche attraverso numerose audizioni dei principali operatori crypto, in maniera molto ordinata e puntuale. Mentre l’Unione Europea ha decisamente accelerato sulla regolamentazione con i provvedimenti sopra citati, sembrava che gli USA procedessero in maniera meno frettolosa e più “ragionata”, di modo da mettere sul campo una serie di norme esaustive, chiare e condivise con gli operatori. Ma, per dirla con Karl Marx, la strada verso l’inferno è lastricata di buone intenzioni.

Così non è stato, infatti: se l’Unione Europea, anche procedendo “a tappe forzate”, è comunque riuscita a darsi una regolamentazione sufficiente (anche se perfettibile, e non del tutto completa), gli Stati Uniti sono ancora attraversati dallo scontro tra la SEC e ampie parti del mondo politico, scontro che di fatto non sta conducendo ad un processo armonico di normazione del settore – ed anzi, lo sta danneggiando in maniera significativa.

Riepiloghiamo pertanto brevemente quali sono i termini dello “scontro” in USA, e le principali tappe di questa querelle tra le autorità statunitensi ed il mondo crypto.

Il punto di vista della SEC e le cause contro Binance, Coinbase e Ripple

L’attore principale dello scontro ancora in atto – e che si arricchisce di un nuovo capitolo con cadenza pressoché settimanale – è la Securities and Exchange Commission (SEC), nella persona del suo presidente Gary Gensler. Gensler parte da un assunto molto forte, e altrettanto controverso, ovverosia che “tutto ciò che non è Bitcoin è un titolo”[1]. Questo pertanto implicherebbe che:

  • Bitcoin, in quanto commodity, sarebbe soggetto alla competenza della Commodity Futures Trading Commission (CFTC);
  • tutti gli altri token sarebbero in sostanza security token (ovverosia, strumenti finanziari tokenizzati) e ricadrebbero sotto la competenza della SEC come tutti gli strumenti finanziari “normali”.

Ciò implica che tutte le criptovalute diverse da Bitcoin ricadrebbero nella regolamentazione degli strumenti finanziari, regolamentazione molto più rigida (e comunque radicalmente diversa) rispetto a quella seguita finora. Da qui il primo grande sconvolgimento che questo approccio della SEC va a recare all’intero mondo crypto – e non solo all’interno degli USA, perché è evidente che il mercato statunitense rappresenta una parte imprescindibile di questo mercato, al quale peraltro guardano anche molti altri legislatori nazionali[2].

Il secondo grande sconvolgimento che questo approccio reca al mondo crypto è che, se i token diversi da Bitcoin sono strumenti finanziari, che dire di quei soggetti che emettono, vendono, e fungono da piattaforme di negoziazione di questi token? Di conseguenza, la SEC ha in sostanza messo “nel mirino” gli exchange, e in particolare Binance.

La più grande piattaforma di scambio di criptovalute, e il suo CEO e fondatore Changpeng Zhao (CZ), sono infatti stati accusati di avere violato le leggi federali sui prodotti finanziari in “palese disprezzo” delle norme federali e delle protezioni che queste offrono all’investitore e al mercato[3]. C’è invero stato un primo rasserenamento dei rapporti, con un accordo tra la SEC e Binance che permette lo “scongelamento” degli asset di Binance.us, ma al di là di questa circostanza pare che la disputa dinanzi alle corti USA si trascinerà per non poco tempo[4].

Circostanza singolare è poi che la SEC abbia proceduto anche ad accusare Coinbase, altro exchange di primo piano, di agire come piattaforma non registrata, soprattutto con riferimento allo staking. La circostanza è appunto singolare, poiché da un lato la SEC sostiene che sin dal 2019 la società avrebbe agito deliberatamente in spregio alla legge, ma dall’altro lato il 14 aprile 2021 Coinbase è divenuta una società quotata sul Nasdaq, e pertanto è lecito pensare che qualcuno abbia dato almeno un’occhiata, nel corso del procedimento di quotazione (forse financo la stessa SEC?), alle attività di Coinbase senza muovere rilievi.

Altro caso sicuramente interessante è quello che ha contrapposto la SEC e Ripple, con la prima che ha sostenuto sin dal 2020 che la criptovaluta XRP fosse in realtà un security token. Di recente vi è stato un primo pronunciamento di una Corte statunitense, che ha affermato che XRP non è da considerare security, quando viene scambiata sui mercati secondari, come appunto gli exchange. Questo è sicuramente incoraggiante anche per gli altri casi che sono stati rappresentati in precedenza; tuttavia, occorrerà probabilmente attendere l’eventuale appello che potrà presentare l’ente guidato da Gary Gensler – anche se alcuni commentatori vedono piuttosto difficile che si possa ribaltare un simile verdetto[5].

Più in generale, sembra che l’approccio della SEC non sia diretto tanto a colpire l’uno o l’altro exchange, ma a mettere in discussione lo stesso modello di exchange “integrato” nella forma in cui lo conosciamo oggi, ovverosia un exchange che cura sia l’emissione dei criptoasset, sia la loro negoziazione, sia la loro custodia etc., e che spesso non sembra operare una sufficiente segregazione tra i propri asset e quelli della clientela.

Questo modello organizzativo sembra essere visto dalla SEC come portatore di un potenziale rischio sistemico, i cui effetti negativi potrebbero riverberarsi non solo sul settore crypto, ma sullo stesso sistema finanziario. Sicuramente la SEC, nello sviluppare questa impostazione, ha trovato un forte appoggio nei numerosi, recenti fallimenti degli exchange e di importanti progetti crypto: com’è noto, Il 2022 è stato uno degli anni più difficili per il settore, con il fallimento di numerosi progetti tra cui l’ecosistema Terra LUNA, Celsius, BlockFi e il notissimo exchange FTX, risultando nella perdita di oltre 2.000 miliardi di dollari dal mercato crypto[6]. Altrettanto sicuramente, questa impostazione è stata contestata da più parti, non solo dagli operatori crypto, ma anche da ampi settori della politica statunitense.

Lo scontro politico in USA sulla SEC e sulla cryptoeconomy

L’impostazione, molto draconiana, seguita dalla SEC e dal suo presidente Gary Gensler ha suscitato un acceso dibattito nella politica USA, con numerosi esponenti politici che (in maniera trasversale rispetto ai partiti di appartenenza) si sono espressi su posizioni pro-crypto o anti-crypto, e hanno prodotto altresì numerose proposte di legge[7].

Per dare un’idea del clima politico relativo al settore crypto, basti pensare che recentemente il Rappresentante degli Stati Uniti Warren Davidson ha presentato alla Camera dei Rappresentanti il “SEC Stabilization Act“, che tra le principali disposizioni prevede sostanzialmente il licenziamento di Gary Gensler, dichiarando che “i mercati dei capitali statunitensi devono essere protetti da un presidente tirannico, compreso quello attuale. È per questo che sto introducendo una legge per risolvere il continuo abuso di potere e garantire una protezione che sia nel migliore interesse del mercato per gli anni a venire. È tempo di una vera riforma e di licenziare Gary Gensler dalla presidenza della SEC”[8].

Difficile quindi prevedere ora come potrà evolversi lo scontro, che sembra già sufficientemente radicalizzato. Non dimentichiamo peraltro che nelle fila dell’”esercito” anti-crypto non vi è ovviamente solo Gensler, ma si trovano anche personalità politiche di primo piano come Elizabeth Warren, senatrice degli Stati Uniti del Massachusetts, che ha più volte rilasciato dichiarazioni molto dure sul mondo crypto[9].

Note


[1] A. Tomasicchio, SEC: per Gensler “tutto ciò che non è Bitcoin” è un security token, La Repubblica (repubblica.it), 17 marzo 2023

[2] Ibidem.

[3] V. Carlini, La Sec accusa Binance: violate leggi sui prodotti finanziari. La società: ci difenderemo con forza, Il Sole 24 Ore (ilsole24ore.com), 5 giugno 2023

[4] S. Stimolo, Binance: respinta la mozione sulle dichiarazioni SEC sulle security negli USA, The Cryptonomist, 27 giugno 2023; Criptovalute, per Binance accordo in vista con la Sec. Ma la Francia apre una nuova inchiesta, Il Sole 24 Ore (ilsole24ore.com), 17 giugno 2023

[5] M. Cavicchioli, XRP (Ripple): possibili problemi per la crypto con l’appello della SEC, The Cryptonomist, 24 luglio 2023

[6] A. Tomasicchio, FTX e la reazione degli exchange crypto al fallimento del concorrente, La Repubblica (repubblica.it), 23 gennaio 2023

[7] Si veda E. Cancelli, Guida semplice e completa alla Regolamentazione delle Criptovalute nel 2023, Crypto.it, 5 febbraio 2023.

[8] D. Andersen, I legislatori statunitensi presentano il “SEC Stabilization Act” per licenziare Gary Gensler, Cointelegraph Italia, 13 giugno 2023

[9] L. Huigsloot, Sondaggio: Strategia dell’esercito anti-crypto di Elizabeth Warren non funzionerà, Cointelegraph Italia, 31 marzo 2023

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