l’analisi

Dazi Usa: quali strategie per le aziende europee



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Le nuove tariffe doganali USA variabili fino al 46% stanno ridisegnando gli equilibri commerciali globali. L’Europa valuta contromisure mentre le aziende necessitano strategie efficaci per affrontare questa guerra commerciale

Pubblicato il 4 apr 2025

Lucia Iannuzzi

international trade advisors e co-fondatore delle società di consulenza doganale C-Trade e Overy

Paolo Massari

international trade advisors e co-fondatore delle società di consulenza doganale C-Trade e Overy



donald trump dazi usa

Non conosce soste la foga daziaria del presidente Usa Donald Trump, mezzo essenziale per realizzare quella politica protezionistica del “Make great America” che tanto piace al suo elettorato.

La nuova ondata di dazi Usa

Il 12 marzo, con le Proclamations 10895 e 10896, sono stati introdotti dazi del 25% sulle importazioni di acciaio, alluminio e prodotti derivati negli Stati Uniti, con l’intento di tutelare l’industria siderurgica nazionale e contrastare l’eccesso di capacità produttiva globale (Secondo l’OCSE, quest’ultimo potrebbe raggiungere i 630 milioni di tonnellate entro il 2026).

Era stata ampiamente annunciata l’introduzione di ulteriori tariffe doganali, che puntualmente si è verificata lo scorso 2 aprile. In modo teatrale e altisonante, com’è ormai tipico della politica di Trump, la Casa Bianca ha reso immediatamente operativi i nuovi dazi cosiddetti reciproci: «reciproco significa che lo fanno a noi e noi lo facciamo a loro. Molto semplice», ha spiegato il presidente USA.

A partire dalla tariffa base minima del 10%, si arriva poi a tariffe differenziate per i principali partner commerciali degli Stati Uniti.
Nello specifico:

  • Cina 34%;
  • Unione Europea 20%;
  • Giappone 24%;
  • Corea del Sud 25%;
  • Svizzera – 31%;
  • Regno Unito – 10%;
  • Taiwan – 32%;
  • Malaysia – 24%;
  • India – 26%;
  • Brasile – 10%;
  • Indonesia – 32%;
  • Vietnam – 46%;
  • Singapore – 10%.

E non è tutto: dal 3 aprile in vigore un dazio del 25% su tutte le automobili di produzione estera, accompagnato da tariffe specifiche su componenti essenziali come motori, batterie agli ioni di litio, pneumatici, dispositivi informatici e persino semiconduttori e farmaci. Un provvedimento che interessa importazioni per un valore superiore ai 600 miliardi di dollari.

Conseguenze economiche dei dazi Usa

Nonostante l’amministrazione statunitense punti i suoi slogan sul rafforzamento della produzione nazionale e sulla riduzione della dipendenza dalle importazioni, sembra che non tenga conto del rischio di un’escalation commerciale con l’Europa e altri partner chiave che potrebbe tradursi in un generale aumento dei prezzi, a discapito proprio dei cittadini americani, per non parlare di un più difficile reperimento dei prodotti.
L’aumento dei prezzi dei prodotti importati potrebbe alimentare l’inflazione e ridurre il potere d’acquisto dei consumatori americani. Una buona mossa mediatica, ma di certo non assennata dal punto di vista economico e geopolitico.

Impatto dei dazi Usa sull’economia europea

L’Europa mostra di essere indecisa e divisa, punta a rimandare decisioni diventate necessarie: le misure ritorsive annunciate per il 1° aprile, infatti, quelle che avrebbero dovuto ripristinare i dazi del 2018 e 2020, sono state rimandate al 15 aprile.
La speranza è quella di poter raggiungere negoziati per via diplomatica e studiare mosse più vincenti dell’attuazione di misure ritorsive che nuocerebbero soprattutto agli Stati Membri.

Christine Lagarde, Presidente della BCE, ha dichiarato che un dazio americano del 25% sulle importazioni europee ridurrebbe la crescita dell’eurozona di 0,3 punti percentuali nel primo anno, con un possibile peggioramento fino a 0,5 punti in caso di ritorsioni europee. Inoltre, il calo della domanda di prodotti europei da parte degli USA e la conseguente svalutazione dell’euro potrebbero far aumentare l’inflazione di circa mezzo punto.

Le analisi di ISPI DataLab avvertono, invece, che dazi tra il 20% e il 25% riporterebbero il protezionismo ai livelli tra le due guerre mondiali, danneggiando tutte le economie coinvolte. L’UE subirebbe un calo del PIL doppio rispetto agli USA (-0,4% contro -0,2%), con la Germania tra i Paesi più colpiti (-0,5%) e l’Italia in linea con la media europea. Eventuali ritorsioni europee aggraverebbero ulteriormente la situazione economica del continente.

Risposte politiche europee ai dazi Usa

Cosa fare dunque se le misure ritorsive non sono la risposta giusta?

Sicuramente, fare qualcosa. Non scegliere è già di per sé una scelta, e di certo quella sbagliata. Né subire passivamente, né rispondere d’istinto, in modo infantile, senza ragionare, risolverà il problema. È tempo di una politica commerciale europea proattiva e coesa, capace di difendere le sue imprese senza cedere all’illusione dell’autarchia, e di rilanciare accordi multilaterali e standard globali equi e sostenibili.

Strategie e soluzioni pratiche per le aziende europee per affrontare i dazi Usa

La strategia commerciale annunciata dal Presidente Trump non segue un percorso lineare, ma combina strumenti economici, normativi e comunicativi per agire su più livelli. Di conseguenza, per le imprese diventa essenziale:

  • Monitorare costantemente le decisioni dell’amministrazione statunitense: può sembrare scontato, ma restare aggiornati è l’unico modo per tentare di prevedere le mosse di quella che, di fatto, è una guerra commerciale.
  • Diversificare i mercati di riferimento: ridurre la dipendenza dagli Stati Uniti rafforzando la presenza in regioni come Asia, Africa e America Latina può aiutare a compensare le perdite derivanti dalle tariffe doganali e a creare alleanze più che mai utili in un periodo storico come questo.
  • Localizzare la produzione: per chi ha le risorse, aprire impianti negli Stati Uniti o creare joint venture con aziende locali può rappresentare una soluzione per bypassare i dazi e mantenere la competitività.
  • Valutare l’impatto dei dazi sui prezzi di vendita (pass-through): analizzare la capacità di trasferire il costo delle tariffe sui prezzi finali è cruciale per prevedere le conseguenze economiche. In settori dove molte aziende sono soggette allo stesso dazio, il pass-through è più elevato, mentre in casi isolati il margine di assorbimento è maggiore. Una corretta valutazione permetterà di preservare le quote di mercato senza compromettere la domanda.

Fare rete e pensare strategicamente

Per concludere, l’unico modo per non tornare al periodo tra le due guerre mondiali – cosa del resto molto complessa in un mondo interconnesso e globalizzato come il nostro, in cui politiche nazionaliste potrebbero generare conseguenze che non hanno precedenti – fare rete e pensare strategicamente è ciò che ci resta.

Proviamo a pensare strategicamente insieme durante il webinar gratuito dedicato di cui saremo relatori il 10 aprile alle h. 10:30. Info e iscrizioni qui.

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