La finanza decentralizzata (DeFi) cela potenziali pericoli sistemici per l’intero sistema finanziario globale, soprattutto a causa dei Non Banking Financial Intermediation (NBFI) non regolamentati.
Ultimamente sono vari gli studi e gli allarmi ufficiali in tal senso.
Si parla di rischi per l’investitore, certo; ma Defi nasconde proprio potenziali rischi sistemici per l’intero sistema finanziario globale.
Facciamo il punto sulle criticità e sulla necessità di intervento degli enti regolatori e del Financial Stability Board (Fsb).
I rischi della finanza decentralizzata, report Iosco
L’International Organization of Securities Commissions (Iosco), l’organizzazione globale delle Authority di mercato, ha avvertito dei rischi legati agli scambi con criptovaluta Ethereum che gli utenti usano per validare le transazioni sui digital ledger.
Infatti, l’organizzazione dei regolatori delle SEC e Consob globali teme che la finanza decentralizzata nasconda una pletora di conflitti e rischi sotto traccia. Pericoli che potrebbero perfino deflagare, sconquassando i mercati finanziari.
Nel confronto fra l’attuale ascesa della DeFi con la bolla Internet di fine anni ’90, nota come la “dotcom bubble”, Martin Moloney, segretario generale della Iosco, afferma che la crescita esplosiva delle criptovalute necessiti di maggiore attenzione da parte dei regolatori.
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Le Authority contro gli opachi conflitti d’interesse della DeFi
Il report da 43 pagine sul listing di DeFi di Iosco, che il Financial Times ha potuto vedere e studiare, mette in luce oltre una dozzina di “rischi chiave” che l’organizzazione ha identificato nel mercato.
Secondo Moloney, il gruppo dovrebbe raccogliere feedback dagli stakeholder del mercato e considerare le linee guida per regolare DeFi.
“Più dei protocolli DeFi si affidano alla centralizzazione in uno o più aree, e ci sono protocolli che hanno centralizzazioni nascoste e che sono decentralizzate solo di nome”, secondo il board di Iosco, “o che fanno altre attività o molteplici cose allo stesso tempo”.
Infatti, “stanno emergendo conflitti di interesse, molti dei quali affatto transparenti”, Moloney sottolinea al FT in un intervista.
Autorità bancarie europee, allarme per i consumatori
Le autorità di vigilanza europee (EBA, ESMA e EIOPA – le ESA) avvertono a marzo i consumatori che molti cripto-asset sono altamente rischiosi e speculativi. Le ESA definiscono i passi chiave che i consumatori possono intraprendere per assicurarsi di prendere decisioni informate.
Questo avvertimento arriva nel contesto della crescente attività e interesse dei consumatori per i cripto-asset e la promozione aggressiva di questi beni e prodotti correlati al pubblico, anche attraverso i social media.
Nel loro avvertimento, le ESA sottolineano che questi beni non sono adatti alla maggior parte dei consumatori al dettaglio (retail) come investimento o come mezzo di pagamento o di scambio, in quanto i consumatori:
- affrontano la possibilità molto reale di perdere tutto il loro denaro investito se acquistano queste attività;
- dovrebbero stare attenti ai rischi di pubblicità ingannevole, anche attraverso i social media e gli influencer;
- dovrebbero essere particolarmente cauti con le promesse di rendimenti veloci o elevati, specialmente quelle che sembrano troppo belle per essere vere.
Le ESA avvertono anche i consumatori che dovrebbero essere consapevoli della mancanza di ricorso o di protezione a loro disposizione, in quanto i cripto-asset e i prodotti e servizi correlati in genere non rientrano nella protezione esistente ai sensi delle attuali norme sui servizi finanziari dell’UE.
L’allarme sui Non Banking Financial Intermediation
Il Rapporto annuale del Financial Stability Board (FSB), giunto all’undicesima edizione, dal titolo “Global monitoring report on Non Banking Financial Intermediation (NBFI) 2021”, riporta che, a fine 2020, gli asset finanziari globali sono aumentati del 10,9% a quota 468.700 miliardi di dollari. A leggere queste cifre, la finanza apparirebbe in salute, in crescita a doppia cifra.
Tuttavia, c’è un dato che fa riflettere e riguarda il Non Banking Financial Intermediation (NBFI), il cosiddetto sistema bancario ombra, che costituisce il 48,3% degli asset globali.
Nonostante una crescita di 16.600 miliardi di dollari, per la prima volta è salito di una percentuale inferiore a quella del sistema bancario, che comprende anche le banche centrali, le quali, coi quantitative easing (QE), hanno creato una liquidità immensa che è confluita nel sistema bancario.
A differenza delle banche, il NBFI non è regolamentato. Tuttavia gli intermediari finanziari tendono a comportarsi come banche, pur non godendo della supervisione degli organismi di controllo.
Da anni, NBFI destabilizza il sistema finanziario. Infatti amplifica le vulnerabilità. Nel marzo del 2020, in piena pandemia, il nervosismo percorse il mercato obbligazionario americano.
Infatti il Non Banking Financial Intermediation aveva raccolto enormi quantità di liquidità, di fatto “bloccando” i mercati dove già era in atto un tentativo di tagliare i livelli d’indebitamento. Questa destabilizzazione costrinse la FED a intervenire per stabilizzare i mercati.
Anche la Bri si unisce al coro
La Banca dei Regolamenti Internazionali di Basilea (Bir) ha dedicato la revisione trimestrale dello scorso dicembre al tema “Non Banking Financial Intermediation: systemic regulation needed”.
La Bri ha esaminato l’impatto delle attività del NBFI sulla tutela degli investimenti. L’effetto è risultato significativo:
- NBFI può generare o amplificare la tensione sui mercati;
- avere un impatto sull’effetto della politica monetaria sull’economia;
- ha comportamenti in grado di influire sui mercati delle obbligazioni statali e perfino sui tassi d’interesse.
Quali problemi apre NBFI
NBFI può creare diverse problematiche:
- i disallineamenti di liquidità (liquidity mismatches in caso di convertibilità in contanti degli investimenti illiquidi): poiché hanno la tendenza all’accumulo di liquidità e/o a liquidare attività, a volte riescono a esacerbare la mancanza di liquidità a livello di sistema, soprattutto coi meccanismi automatici e delle transazioni anonime della DeFi;
- alzano il livello di leverage, soprattutto per i fondi hedge e per i manager di asset che acquistano attività e titoli a debito.
Secondo la Bri, servono “aggiustamenti appropriati del sistema legale” relativi al settore e all’accantonamento di maggiori riserve. Aspettando regole più stringenti, intanto occorre limitare la convertibilità in contanti di alcuni asset.
DeFi: il rischio è concentrare troppo potere o monopolizzare il mercato
Laura Grassi, Direttore dell’Osservatorio Fintech & Insurtech della School of Management del Politecnico di Milano, già titolare del corso in Investment Banking, commenta che “dal paper di Satoshi Nakamoto del 2008, i Bitcoin e la popolarità crescente della tecnologia blockchain, numerose startup, Big tech e banche hanno iniziato ad esplorare le potenzialità di queste innovazioni, di particolare interesse
per il settore finanziario per l’enfasi su sicurezza e fiducia e la capacità di offrire servizi su misura”.
Dallo studio della professoressa Grassi sulla Decentralized finance (DeFi), emerge che “la blockchain potrebbe condurre a un nuovo sistema finanziario dove peer potrebbero interagire direttamente, con poco o nessuno spazio per l’intermediazione tradizionale. Comunque, alcune attività cruciali non possono essere lasciate solamente a un algoritmo e, di conseguenza, la maggior parte delle applicazioni DeFi richiede decisioni umane”.
Infatti, Grassi ha studiato il ruolo dell’intermediazione alla luce della DeFi, analizzando come umani ed algoritmi interagiranno. Dunque, qual è la soluzione? “La DeFi non elimina l’intermediazione finanziaria, ma richiede nuove modalità” per scongiurare il fatto che con la decentralizzazione “una singola entità possa concentrare troppo potere o esercitare un monopolio”.
Dunque, “DeFi ha ereditato i rischi dalle tecnologie sottostanti che, senza volere, facilitano comportamenti illegali e possono ostacolare la supervisione delle autorità.
Inoltre, il complesso dualismo fra algoritmo ed azioni umane non si risolverà indiscutibilmente in favore del primo, mentre le soluzioni DeFi spaziano dalla necessità di algoritmi per ricoprire un ruolo dominante a quella di una grande interazione umana attraverso il coinvolgimento di più persone”.
I regolatori conoscono il “potenziale disruptive di queste nuovi servizi finanziari decentralizzati e del rapido sviluppo e diffusione”: li hanno osservati “con lo scopo sia di capire e regolare questi nuovi mercati” che di includere questo potenziale nelle loro regolamentazioni e policy pubbliche”, a partire dalla “disposizione monetaria”.
Il ruolo del Financial Stability Board (Fsb)
“Il Financial Stability Board (Fsb) nel 2019”, continua Grassi, “è stato fra i primi a fare luce su questo fenomeno, definendo come le tecnologie possano decentralizzare e disintermediare i nuovi sistemi finanziari. Nel 2019, la Banca centrale europea ha lanciato una call for papers per contribuire al dibattito strategico sulle opportunità offerte dalla DeFi e sul suo impatto sul sistema finanziario”.
Infine, conclude Grassi, “la Presidente Lagarde ha dichiarato che l’euro appartiene agli europei e che noi siamo i guardiani. Dobbiamo prepararci a un euro digital. La Bce non è l’unica istituzione a fare dibattiti sulla DeFi, infatti, l’ 80% delle banche centrali globali è impegnata nella Central Bank Digital Currencies (CBDC)”.
Come sorvegliare l’ecosistema delle cripto
S’intensifica quindi il coro di allarmi e avvertimenti sulla crescita di DeFi. I sostenitori hanno fornito servizi finanziari più economici e più accessibili rispetto alle istituzioni tradizionali.
In genere, la finanza decentralizzata si riferisce a programmi di criptovalute con servizi finanziari che usano intermediari come banche. I regolatori hanno però limitato le azioni per tenere a freno i mercati DeFi, mentre si cimentano con la più ampia questione su come sorvegliare l’ecosistema delle cripto.
Inoltre, numerosi sviluppatori dichiarano di non percepirsi come responsabili dei software open source, dopo averli rilasciati a una comunità di utenti. Tuttavia, Moloney ha affermato che gli interessi finanziari e materiali dei team di sviluppo e progetti DeFi corrono il rischio di entrare in conflitto d’interessi.
Infatti i team di sviluppatori spesso rivestono un ruolo nel distribuire token che aiutano a governare i progetti, mentre si aggiudicano vaste allocazioni. “I temi chiave, evidentemente, girano intorno ai conflitti di interesse che a loro volta riguardano player chiave che continuano a centralizzare potere e controllo nel settore”, mette in guardia Moloney.
Del resto, “se non conosciamo quale potere detengono e controllo esercitano, abbiamo un problema”.
Cos’è il DeFi Working Group
Lo scorso giugno Iosco ha organizzato un evento aperto ai rappresentanti dei regolatori principali e dei progetti DeFi come Uniswap, un exchange decentralizzato. L’organizzazione ha messo a punto un DeFi Working Group. A guidarlo è la SEC, la Consob americana.
Infatti, l’ascesa della finanza decentralizzata mette in luce le paure nei confronti del ‘denaro sporco’ da parte dei detentori di criptovalute che hanno investito 210 miliardi di dollari nel capitale dei progetti DeFi, secondo il sito di analytics DeFiLlama, specializzato nell’over collateralisation di prestiti e scambi peer-to-peer.
I venture capitalist hanno versato denaro nei team di sviluppo e nei token di criptovalute emessi dai progetti. Tuttavia, nel report, Iosco mette in guardia dal rischio di manipolazione di mercato nel caso Ethereum: “Su particolari blockchain, possono verificarsi transazioni viziate, consensi fasulli e infine perdita di fiducia nella capacità della blockchain di processare le transazioni e per conseguire l’obiettivo finale”, conclude il board.