Già a partire dalla fine degli anni Settanta sono state teorizzate situazioni apocalittiche, o quasi, sull’utilizzo dello Spazio e delle orbite terrestri.
La cosiddetta Sindrome di Kessler, infatti, teorizzata nel 1978 dall’astrofisico della NASA Donald J. Kessler, prevede uno scenario in cui il volume di detriti spaziali che si trovano in orbita bassa intorno alla Terra diventa, negli anni, così elevato che gli oggetti in orbita finiscono spesso in collisione, creando così una reazione a catena con incremento esponenziale del volume dei detriti stessi e quindi del rischio di ulteriori impatti.
Non si tratta di un film post-apocalittico in un futuro distopico. Negli ultimi dieci anni, le orbite terrestri hanno assistito a un incremento esponenziale del numero di oggetti presenti tra satelliti (operativi e non operativi) e detriti formatisi con lanci o collisioni. Questi ultimi sono oggetti non più controllabili e che orbitano attorno alla Terra a velocità elevatissime. E se già oggi questo spazio in orbita è molto affollato, nel breve futuro la situazione andrà notevolmente a complicarsi.
I pericoli derivanti dai detriti spaziali
I pericoli derivanti dai detriti spaziali, la cui traiettoria non è più sotto controllo umano, includono:
- La generazione di ulteriori detriti a seguito di collisioni con altri corpi o satelliti, che può comportare la perdita di servizi critici per l’economia e la sicurezza, generando al contempo ulteriori detriti
- Il rientro incontrollato nell’atmosfera terrestre, con potenziali (anche se per ora poco probabili) rischi per la sicurezza delle popolazioni e per l’ambiente.
La mappa dei detriti ESA
L’Agenzia Spaziale Europea (ESA) mappa, con aggiornamenti periodici, la situazione dei debris, fornendo le seguenti numeriche, calcolate dall’inizio delle attività spaziali in orbita, ovvero dal 1957:
- Numero di detriti regolarmente tracciati e mantenuti nel catalogo: circa 35150
- Numero stimato di esplosioni, collisioni o eventi anomali con conseguente frammentazione: più di 640
- Massa totale di tutti gli oggetti spaziali in orbita terrestre: Più di 11500 tonnellate
Non tutti gli oggetti riescono a essere tracciati e catalogati. Il numero di debris, basato su una stima statistica, è verosimilmente:
- 36500 oggetti di detriti spaziali di dimensioni superiori a 10 cm
- 1000000 oggetti di detriti spaziali da più di 1 cm a 10 cm
- 130 milioni di detriti spaziali da più di 1 mm a 1 cm
L’opportunità dietro il problema
Dietro il problema si cela però anche un’opportunità: risulta promettente la fetta di mercato che vuole rendere le orbite sostenibili. Crescerà infatti dell’8,2% all’anno il giro d’affari degli Space Debris. Il mercato globale del monitoraggio e della rimozione dei detriti spaziali, secondo uno studio di Polaris Market Research valeva 940,69 milioni di dollari nel 2022, ma si prevede che genererà un fatturato stimato di oltre 2 miliardi di dollari entro il 2032. È in questo scenario che stanno nascendo diverse realtà ed iniziative che si propongono di guidare l’innovazione verso una situazione più sostenibile in orbita.
Gli strumenti offerti dall’intelligenza artificiale per migliorare lo Space Traffic Management
L’intelligenza artificiale (AI) offre strumenti promettenti per il miglioramento dello Space Traffic Management. Analizziamo di seguito alcune applicazioni.
Rilevamento e tracciamento degli oggetti
L’impiego di tecniche di deep learning e machine learning permette di individuare e seguire la traiettoria di oggetti nello spazio con precisione mai raggiunta prima. Tuttavia, le sfide da indirizzare non sono poche: primo tra tutti, il bisogno di distinguere satelliti e non-satelliti; più nel dettaglio poi, i diversi satelliti devono poter essere classificati; a complicare il task, la presenza di “rumore”, in forma di elementi che rendono più complesso il rilevamento di satelliti e debris nei dati, spesso in forma di immagini, raccolti.
Previsione delle traiettorie
Il tema delle traiettorie presenta diverse specifiche: la determinazione dell’orbita sulla base di osservazioni (Orbit Determination) e la predizione di posizioni future dei diversi oggetti in orbita (Orbit Prediction).
I metodi basati su modelli fisici registrano errori con un margine troppo ampio, anche nell’ordine di chilometri. Per questo motivo, per determinare l’orbita e la traiettoria si utilizzano sempre più spesso modelli di machine learning, a cui è possibile associare anche livelli di incertezza e che garantisce predizioni più robuste. In questo caso, l’input è l’insieme di misurazioni derivate da un determinato punto di osservazione, che può essere la Terra o un altro oggetto nello spazio. Il modello restituisce quindi in output i parametri di orbita e, come citato, l’incertezza associata. Tali risultati possono a loro volta essere utilizzati come input per diverse altre applicazioni, tra cui la predizione delle future posizioni di un oggetto in orbita, cioè l’orbit prediction. Questa tecnica, oltre che garantire in generale una maggiore precisione, gode anche di tempo di calcolo molto minore, mostrandosi nettamente vantaggiosa rispetto all’applicazione di soli modelli fisici tradizionali.
Prevenzione delle collisioni
Tutte le precedenti applicazioni concorrono, in diversa misura, a uno dei temi più caldi nel contesto dello Space Traffic Management: quello della prevenzione delle collisioni tra oggetti in orbita. Nel corso degli ultimi anni diverse linee guida sono state tracciate, per mitigare il rischio di collisioni (es. UN Office for Outer Space Affairs – Space Debris Mitigation Guidelines of the Committee on the Peaceful Uses of Outer Space; o ancora: ESA’s Zero Debris Approach), ma l’aumentare di oggetti in orbita richiede interventi più sostanziali. Il machine learning, e in particolare deep reinforcement learning, è stato esplorato e applicato con successo al tema collision avoidance.
Queste tecniche possono, infatti, elaborare scenari complessi in tempo reale, suggerendo manovre evasive per prevenire potenziali impatti o a monte, nel progettare le diverse traiettorie. La stessa European Space Agency (ESA) sta sviluppando un sistema di prevenzione delle collisioni automatico, che analizzi rischio e probabilità di impatti per supportare i processi decisionali.
Tra le varie iniziative in questo campo, spicca il lavoro di Neuraspace (https://www.neuraspace.com), un’azienda che ha sviluppato una piattaforma basata sull’intelligenza artificiale per il monitoraggio dei detriti spaziali. Attraverso l’uso di algoritmi avanzati, Neuraspace è in grado di analizzare quantità massive di dati sui detriti orbitali, migliorando notevolmente la precisione del tracciamento e fornendo previsioni affidabili sui potenziali pericoli per i satelliti in orbita.I dati utilizzati per questo tipo di applicazioni sono un insieme di input di vario tipo:
- Immagini ad alta risoluzione provenienti da radar e telescopi ottici a Terra o nello spazio, utili soprattutto per identificare e tracciare i detriti spaziali e gli oggetti in orbita
- Dati di telemetria, cioè informazioni provenienti dalle comunicazioni satellitari, compresi i dati sulla posizione, la velocità e l’altitudine
- Dati riguardati lo Space Weather, come per esempio venti e tempeste solari che condizionano l’affidabilità dei sistemi spaziali
- Dati storici di tracciamento di detriti e satelliti.
Risulta quindi fondamentale recuperare dati precisi e di qualità, per alimentare gli strumenti di AI. Un esempio in ambito europeo è il segmento dello Space Surveillance and Tracking (SST) che si pone l’obiettivo di creare un sistema di sensori – terrestri e spaziali – che traccino gli oggetti in orbita.
Conclusioni
È evidente come il rapido aumento di oggetti nelle orbite terrestri ponga sfide significative, ma l’avvento dell’AI nel campo dello Space Traffic Management apre a soluzioni innovative che contribuiscono alla sicurezza delle operazioni spaziali e alla sostenibilità in orbita.