“Con il Digital Markets Act, le grandi piattaforme online saranno finalmente responsabili delle loro azioni. L’UE cambierà così lo spazio online in tutto il mondo”: così il vice primo ministro ceco per la Digitalizzazione Ivan Bartoš ha commentato per il Consiglio Europeo l’approvazione del DMA di poche settimane fa.
A marzo scorso, la presidenza francese del Consiglio Europeo aveva definito il Digital Markets Act come “un testo innovativo e tanto atteso per garantire una concorrenza leale nei mercati digitali”.
Prende forma la strategia europea sui dati, ecco l’importanza di DSA e DMA
Che cos’è il Digital Markets Act
Il Digital Markets Act (DMA) è il nuovo regolamento europeo sui mercati digitali, approvato dal Parlamento Europeo il 5 luglio 2022 insieme al Digital Services Act (DSA), il regolamento sui servizi digitali. Le due leggi compongono insieme il Digital Services Package, che entrerà in vigore tra sei mesi, nel 2023.
Il DMA arriva a meno di due anni dalla prima bozza, presentata nel dicembre 2020: un iter particolarmente spedito per il regolamento nato per contrastare gli abusi di posizione dominante prima che si verifichi la violazione.
Infatti, tecnicamente, il Digital Markets Act è uno strumento normativo ex ante: regola e definisce condotte e obblighi per le imprese prima che avvenga l’abuso. Al contrario, la normativa antitrust agisce ex post: ovvero, sanziona dopo che la violazione anticoncorrenziale è stata già messa in atto.
(Immagine tratta dal portale dell’European Council )
La Commissione Europea, nella “valutazione di impatto”, ha ritenuto che attualmente la posizione di poche grandi piattaforme nel mercato digitale causi:
- debole contendibilità dei mercati delle piattaforme,
- debole concorrenza,
- pratiche commerciali sleali che arrecano danno agli utenti.
Gli obiettivi del Digital Market Act sono quindi:
- garantire l’assenza di barriere di ingresso (contestability) di tutti i servizi online,
- combattere gli abusi di mercato delle grandi piattaforme digitali,
- stimolare l’innovazione e la concorrenza dei mercati digitali,
- sopperire al vuoto normativo che mette a repentaglio i dati degli utenti e la loro privacy,
- creare uno spazio economico più equo per le imprese europee,
- favorire la suddivisione di valori e utili tra le imprese che operano nell’economia digitale,
- avviare presupposti competitivi ed equi per chi opera nei settori informatico e tecnologico,
- offrire maggiore possibilità di scelta ai cittadini europei.
Legge sui mercati digitali: cosa sono i gatekeeper
I gatekeeper sono, letteralmente, “i guardiani del cancello”, ovvero le persone che vigilano su accessi e uscite in un determinato spazio.
Per estensione, il termine nelle scienze sociali indica chi ha il potere di far filtrare o meno una informazione e, nel business, indica le società che hanno il controllo di un determinato settore di mercato.
Nel mercato digitale, le società gatekeeper sono le LoPs – Large Online Platforms, che hanno il controllo per motivi quantitativi e qualitativi.
Tra i motivi quantitativi:
- copertura delle quote di mercato,
- numero di utenti della piattaforma,
- tempo di utilizzo per utente della piattaforma,
- ricavi annuali.
Tra i motivi qualitativi:
- capacità di porsi come intermediario tra la concorrenza e gli utenti
- capacità di gestire i dati degli utenti a scopi analitici anche per competere su altri mercati.
I gatekeeper del mercato digitale sono quindi i fornitori di servizi di piattaforma di base: social network, browser, motori di ricerca, servizi di messaggistica o social media.
Il Digital Markets Act individua i gatekeeper su tre parametri misurabili e verificabili:
- la dimensione dell’impresa, ovvero: introiti annuali uguali o superiori a 7,5 miliardi di euro negli ultimi 3 anni o valore totale delle azioni di mercato di almeno 7,5 miliardi nell’ultimo anno e fornitura di servizi di piattaforma ad almeno tre Stati dell’UE;
- il controllo del gateway di accesso ai dati degli utenti, anche con capacità di blocco ai concorrenti: viene valutata la registrazione di almeno 10.000 utenti europei attivi durante l’ultimo anno e più di 45 milioni di utenti europei finali attivi al mese;
- una posizione durevole e stabile sul mercato, se i due precedenti criteri sussistono contemporaneamente da almeno tre anni dalla verifica dei requisiti.
(Immagine tratta dal portale dell’European Council )
L’individuazione dei gatekeeper per il DMA avviene in tre step:
- la società verifica la sussistenza dei requisiti quantitativi richiesti e ha l’obbligo di comunicare l’esito dell’attività svolta alla Commissione;
- la Commissione, basandosi sule informazioni fornite o avviando ulteriori indagini, procede alla designazione di “gatekeeper”;
- entro sei mesi dalla data di identificazione come “gatekeeper” la società è tenuta a garantire il rispetto di divieti e obblighi stabiliti dal DMA.
Nel DMA si precisa che la Commissione Europea ha comunque diritto di valutare caso per caso il raggiungimento dei requisiti quantitativi, di procedere all’adeguamento periodico delle soglie quantitative indicate in base agli sviluppi tecnologici e di mercato e di riconsiderare e riesaminare ciclicamente la designazione di “gatekeeper”.
Digital Markets Act: cosa prevede la legge
Con il Digital Markets Act si passa da un controllo ex post del rispetto delle regole antitrust a un approccio ex ante, in cui il monitoraggio avviene prima che venga effettuata la violazione.
In questo modo, l’applicazione delle normative anticoncorrenziali risulta più immediata, con tempistiche più consone allo sviluppo del mercato digitale.
Le norme antitrust vigenti, infatti, hanno il limite della durata delle indagini, durante cui non è arginato l’effetto lesivo dell’eventuale abuso sulla concorrenza. Inoltre, risultano inefficaci se il danno alla concorrenza non è causato tanto dal comportamento specifico della piattaforma in questione quanto dalle caratteristiche intrinseche del mercato digitale.
Per superare questi limiti, il Digital Markets Act introduce l’utilizzo di:
- blacklist, con divieti e restrizioni per evitare pratiche sleali;
- whitelist, con nuovi obblighi per le aziende;
- case by case assessment, ovvero valutazioni da applicare caso per caso alle grandi piattaforme.
Tra le pratiche sanzionabili, incluse nella blacklist:
- il leveraging, cioè lo sfruttamento della propria posizione dominante per monopolizzare nuovi mercati, attraverso l’imposizione di commissioni elevate o la limitazione forzata dell’accesso a servizi e prodotti online;
- il self preferencing, cioè il favorire arbitrariamente i propri prodotti sulla piattaforma a discapito di quelli proposti da altre società;
- il rifiuto di accesso ai dati dell’utenza a terze parti terze, previa autorizzazione dell’utente stesso;
- l’obbligo di termini e condizioni che bloccano l’accesso a determinate funzionalità;
- le pratiche di vincolo (tying) e aggregazione (bundling), come la vendita o l’offerta congiunta e ingiustificata di beni/servizi diversi;
- l’imposizione di termini e condizioni poco chiare, come raccolta ingiustificata dei dati degli utenti finali;
- la limitazione o il rifiuto della portabilità dei dati o del riuso dei dati, per scoraggiare o impedire all’utente l’abbandono della piattaforma;
- il rifiuto immotivato di soluzioni di interoperabilità per rendere più difficile cambiare piattaforma;
- la combinazione di dati personali dell’utente, ricavati dai servizi di piattaforma, con altri dati personali ricavati da altri servizi, anche di terze parti, senza espressa autorizzazione dell’utente stesso.
(Immagine tratta dal portale dell’European Council )
Tra gli obblighi previsti per le aziende nella whitelist:
- permettere agli utenti di disinstallare qualsiasi applicazione software preinstallata;
- astenersi dal garantire posizionamento e trattamento più favorevole ai prodotti che appartengono alla stessa impresa rispetto a quelli altrui;
- fornire a inserzionisti ed editori le informazioni necessarie per effettuare verifica e monitoraggio dei dati indipendenti dell’offerta di spazio pubblicitario;
- fornire a titolo gratuito agli utenti commerciali, o a terzi autorizzati da un utente commerciale, un accesso efficace, continuo e in tempo reale a dati aggregati e non aggregati forniti o generati nel contesto dell’uso dei pertinenti servizi di piattaforma di base (ovviamente solo previo consenso dell’utente).
Cosa succede in caso di mancato rispetto della legge
In caso di violazione delle norme, il Digital Markets Act prevede sanzioni fino al 10% del fatturato dell’azienda e al 20% in caso di recidiva.
Per gli obblighi giudicati di minore importanza (es. il venir meno dei doveri di collaborazione con la Commissione Europea durante i procedimenti istruttori e le indagini) è prevista un’ammenda che non supera l’1% del fatturato (art.26).
L’importo dell’ammenda viene stabilito secondo la gravità e la durata dell’illecito. In caso di violazione sistematica delle norme sono previste sanzioni straordinarie, tra cui anche l’obbligo di cedere parte del capitale o delle proprietà aziendali.
Il gatekeeper o l’azienda sanzionata può ricorrere e la Commissione Europea deciderà se estinguere, ridurre o aumentare l’ammenda o la penalità di mora precedentemente inflitte.
(Immagine tratta dal portale dell’European Council )
Legge sui mercati digitali: quali sono i vantaggi
Secondo la Commissione e il Parlamento Europeo, l’entrata in vigore del DMA nel 2023 potrebbe portare molti benefici sia alla libera concorrenza sia agli utenti.
(Immagine tratta dal portale dell’European Council )
Tra i vantaggi:
- maggiori trasparenza e dettagli sul funzionamento del mercato digitale e delle piattaforme;
- riduzione dei tempi di intervento delle autorità dovuti alla limitazione e alla prevenzione dei danni dei comportamenti anticoncorrenziali;
- intervento immediato e diretto sui gatekeeper;
- possibilità per le autorità di raccogliere dati sulle condotte anticoncorrenziali;
- garanzia dell’interoperabilità con servizi di aziende più piccole;
- più equa gestione delle pubblicità;
- possibilità per gli utenti di disinstallare le applicazioni software preinstallate dalla piattaforma principale/casa produttrice (attualmente non è possibile disinstallare alcune app liberamente);
- possibilità di scaricare e pagare le app senza l’intermediazione degli store Google e Apple;
- maggiore libertà di scelta (anche di servizi innovativi) per i consumatori;
- servizi migliori e costi più concorrenziali per gli utenti.