Regolamento europeo

Digital Markets Act, l’ora X: ecco come le big tech cambiano i servizi



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Cambiamenti nel panorama tecnologico globale: giganti come Google, Meta, Microsoft, Amazon, TikTok e Apple si adattano al Digital Markets Act dell’Unione Europea che dal 7 marzo diventa obbligatorio

Pubblicato il 6 mar 2024

Barbara Calderini

Legal Specialist – Data Protection Officer



digital markets act

Un’onda di cambiamenti trasformerà il modo in cui interagiamo con i servizi online forniti dai colossi della tecnologia. Google, Amazon, Meta, TikTok, Microsoft e Apple stanno adeguando i loro prodotti e servizi per conformarsi al Digital Markets Act dell’Unione Europea, progettato per promuovere la concorrenza e l’equità nel mercato digitale.

Il digital markets act dal 7 marzo

Dal 7 marzo 2024, le piattaforme digitali identificate come gatekeeper secondo il DMA dell’Unione Europea saranno tenute a essere in piena conformità con i severi requisiti legislativi, con l’ultima parola spettante alla Commissione Europea.

Attualmente, sono 22 i servizi considerati il “nucleo” dell’attività dei gatekeepers. Tra di essi, troviamo TikTok, Facebook, Instagram e LinkedIn nel settore dei social network; Whatsapp e Messenger per la messaggistica; YouTube per i contenuti video; Google Search per la ricerca online; Chrome e Safari come browser. Google, Amazon e Meta offrono servizi “core” nel campo della pubblicità, con Android, iOS e Windows nei sistemi operativi. Per quanto riguarda l’intermediazione e il commercio elettronico, troviamo Google Maps, Google Play, Google Shopping, Amazon Marketplace, l’App Store di Apple e il Meta Marketplace. Al momento, iMessage di Apple e Bing, Edge e Microsoft Advertising di Microsoft sono esclusi dalla lista.

La svolta antitrust in Europa e globale

Le correzioni, rese necessarie dalle nuove leggi e regolamenti in tutto il mondo, non solo in Europa, segnalano un punto di svolta nel modo in cui gestiamo e concepiamo il potere delle grandi aziende tecnologiche. Il panorama tecnologico sta rapidamente evolvendo verso un ambiente più diversificato e competitivo, dove i consumatori potrebbero essere i principali beneficiari di queste trasformazioni.

Dall’Unione Europea agli Stati Uniti, dalla Corea al Giappone e passando per India, Cina e Australia, i governi e le autorità antitrust di tutto il mondo stanno puntando i riflettori sulle violazioni del diritto alla concorrenza commesse dalle Big Tech.

Alcuni di questi Paesi potrebbero imitare il Digital markets act; già hanno in corso valutazioni normative o azioni antitrust su big tech.

È infatti evidente l’impatto anticoncorrenziale delle grandi aziende digitali e le conseguenze in termini di pratiche di esclusione, abuso di posizione dominante, fusioni e acquisizioni che distorcono il gioco leale della concorrenza.

Vediamo adesso che stanno facendo le big tech per adeguarsi al Dma, posto che toccherà poi alla Commissione europea valutare se le modifiche sono sufficienti o se ne serviranno altre.

Google e Meta adattano le loro politiche pubblicitarie per rispettare il Digital Markets Act

Analogamente ad Amazon, anche Google e Meta (ex Facebook) stanno rivedendo e adattando le loro politiche e pratiche commerciali per rispettare il Digital Markets Act . Queste aziende, anch’esse considerate “gatekeeper” secondo il DMA, stanno apportando cambiamenti sostanziali nei loro servizi pubblicitari, piattaforme social e ecosistemi di app per garantire la conformità e promuovere una maggiore concorrenza e trasparenza.

Recentemente, durante un workshop organizzato dalla Commissione Europea, che ha coinvolto rappresentanti di settori chiave, inclusi pubblicità, editoria e radiodiffusione, anche Google e Meta hanno svelato le loro strategie per adeguarsi agli obblighi derivanti dal Digital Markets Act. L’incontro, il primo di una serie in programma, ha rappresentato un passo significativo negli sforzi della Commissione per coordinare l’applicazione della nuova legge. Tra le questioni affrontate vi sono state le disposizioni sull’obbligo di fornire informazioni dettagliate e quotidiane relativamente agli annunci pubblicitari, sollevando complesse questioni di trasparenza e accesso. Google e Meta hanno condiviso le loro soluzioni, raccogliendo feedback e confrontandosi con le associazioni partecipanti.

Un punto centrale di discussione è stata l’introduzione dell’offerta “con consenso o pagamento“, pensata per rispettare l’obbligo DMA sulla combinazione dei dati. Questo concetto, altamente divisivo, continua ad alimentare corposi dibattiti e sarà al centro di un prossimo incontro tra la Commissione e le autorità per la protezione dei dati, evidenziando la vasta complessità e la delicatezza della gestione delle informazioni in conformità con le nuove regole.

La prossima tappa prevede inoltre un seminario dedicato all’obbligo DMA per i cosiddetti “gatekeeper” di offrire interoperabilità con i servizi di messaggistica, una mossa strategica fondamentale per favorire la concorrenza e l’innovazione.

A seguire, in rapida successione, le variazioni di conformità celte da Meta e Google.

Meta

Per quanto riguarda Meta, il Digital Markets Act (DMA) presenta tre prove significative. In primis la connessione dei profili tra diverse piattaforme, quindi le inibizioni all’intersezione tra dati nei servizi offerti e, infine, fondamentale, l’interoperabilità.

Diventerà possibile dissociare Facebook da Instagram e da Messenger, consentendo l’uso di quest’ultimo con un account separato da quello di Facebook. Inoltre, sarà fattibile bloccare la condivisione delle informazioni tra l’account Facebook e le piattaforme come Facebook Gaming o Facebook Marketplace.

Gli utenti riceveranno notifiche che li informeranno sulla possibilità di scegliere se condividere o meno le informazioni tra i servizi di Facebook e Instagram. Le opzioni disponibili includeranno la facoltà di continuare a collegare gli account Instagram e Facebook tramite il Centro account, permettendo così l’utilizzo delle informazioni nei rispettivi account; oppure gestire separatamente gli account Instagram e Facebook, disabilitando la condivisione delle informazioni tra di essi.

Il concetto è chiaro: optando per non condividere i dati, Meta rinuncerà alla profilazione pubblicitaria, e l’utente sarà a sua volta costretto a certe limitazioni su determinati servizi.

Questa strategia si sposa, peraltro, con l’introduzione della versione senza pubblicità di Instagram e Facebook, offerta tramite un abbonamento a 251,88 euro, le cui modalità di implementazione sono ancora in fase di valutazione da parte delle autorità di protezione dei dati, sollevando incertezze sulla sua legittimità e sulle sue implicazioni.

Anche le policy di WhatsApp vengono riviste. La versione beta più recente dell’applicazione per iOS ha introdotto una sezione chiamata “third-party chats“, che consentirà agli utenti di comunicare con piattaforme diverse come Telegram e Discord, puntando così a centrare l’obiettivo dell’interoperabilità con servizi di terze parti.

La crittografia end-to-end viene garantita, assicurando in tal modo i consueti standard di sicurezza agli utenti. Tuttavia, le chat di terze parti saranno separate dalla tradizionale lista delle chat di WhatsApp e saranno soggette a diverse condizioni, incluso l’utilizzo di sistemi di crittografia end-to-end differenti.

Gli utenti non potranno, almeno per ora, avviare conversazioni di gruppo coinvolgendo piattaforme esterne, né effettuare chiamate utilizzando app di terze parti, limitando le interazioni alle sole chat di testo.

Anche se ancora in fase di sviluppo, l’ultima versione beta di WhatsApp per Android, suggerisce che la nuova funzionalità relativa alle informazioni sulle chat di terze parti sarà presto disponibile.

Nel frattempo, sia Threema che Signal, ben note e apprezzate per la loro attenzione alla privacy e alla sicurezza, hanno annunciato che non apriranno la propria piattaforma a WhatsApp.

I nostri standard di privacy sono estremamente elevati e non verranno abbassati. Collaborare con WhatsApp comporterebbe un calo dei nostri standard di protezione dei dati“. ha riferito il CEO di Signal, Meredith Whittaker

Allo stesso modo, un portavoce di Threema ha sottolineato: “Il nostro livello di sicurezza non è compatibile con l’interoperabilità. Non possiamo e non vogliamo compromettere questi standard“.

Google

Google ha annunciato modifiche significative alla sua piattaforma Google Ads per rispettare il DMA. Le principali modifiche includono maggiore trasparenza sui prezzi degli annunci, accesso ai dati degli utenti per gli inserzionisti, interfacce migliorate per la portabilità dei dati e promozione delle offerte di terze parti. Inoltre, sta anche esplorando opzioni per consentire agli inserzionisti di utilizzare strumenti di misurazione delle prestazioni indipendenti e garantire un accesso equo e non discriminatorio alle sue tecnologie pubblicitarie.

Come già anticipato Google ha offerto agli utenti la possibilità di bloccare la condivisione dei dati tra servizi come Search, YouTube, Google Maps e Chrome.

Gli utenti riceveranno messaggi espliciti in cui possono scegliere di mantenere collegati o scollegare specifici servizi. In assenza di consenso alla connessione dei profili, alcune funzioni dei servizi della piattaforma saranno, a seconda dei casi, limitate o non disponibili.

In merito a Google My Business, cambiamenti significativi riguardano la visualizzazione delle recensioni.

Quando si clicca sulla sezione “Recensioni”, si viene reindirizzati a una nuova ricerca che combina il nome dell’azienda con la parola “recensioni”, mostrando feedback da diverse piattaforme, come Google, Tripadvisor, Uber Eats e TrustPilot. Tanto vorrebbe sostituire il precedente formato che apriva una nuova scheda con solo le recensioni di Google.

Il dibattito sul rispetto del divieto di autopreferenza del Digital Markets Act si concentra in particolare sui riquadri di Google che confrontano i prezzi di prodotti, voli o hotel nella sua pagina dei risultati di ricerca. A pochi giorni dalla scadenza per la conformità al DMA, questa è stata infatti una delle questioni più controverse della legge, con varie parti coinvolte nel settore dei viaggi, dell’alloggio e della vendita al dettaglio.

Mentre gli aggregatori vedono la legge come un’opportunità per ridurre il potere di Google, alcuni rivenditori preferiscono centralizzare la propria offerta su Google, che indirizza più traffico verso i loro siti web.

Alcuni suggeriscono che Google elimini completamente i riquadri, mentre altri ritengono che dovrebbe garantire un trattamento paritario per tutti i servizi simili. Alcuni venditori diretti accolgono con favore l’eliminazione degli aggregatori, mentre altri sono preoccupati per la futura concorrenza.

eDreams Odigeo, la piattaforma di prenotazione, ha tuttavia criticato le pratiche scelte da Google per favorire i siti di viaggio nei risultati di ricerca, sottolineando come non rispettino l’obbligo del Digital Markets Act di trattare i servizi concorrenti in modo equo. Il tema delle preferenze automatiche di Google rimane quindi un problema tutt’altro che risolto.

Nonostante la commissaria europea alla concorrenza, Margrethe Vestager, abbia esortato i “gatekeeper” come Google a coinvolgere attivamente i propri utenti aziendali per garantire il rispetto del DMA, eDreams Odigeo ha confermato quanto le consultazioni fino ad ora intervenute non abbiano portato a soluzioni soddisfacenti e conformi alla normativa.

Sia come sia, il risultato di questa disputa sarà una lezione significativa per il DMA e potrebbe lasciare alcune parti insoddisfatte, indipendentemente dall’esito.

Intanto Google darà maggiore spazio ai siti di confronto come Tripadvisor e Trivago nei risultati di ricerca. Gli utenti potranno avere accesso più rapido e evidente a informazioni dettagliate su voli, hotel e altri servizi.

La società ha aggiornato le politiche sulla trasparenza dei dati e sulla portabilità e ha rimosso alcune funzionalità, come Google Voli, dalla pagina dei risultati di ricerca.

In conformità al DMA, Google introdurrà “schermate di scelta” migliorate per consentire di selezionare il browser e il motore di ricerca predefiniti. Questo sviluppo è accolto con entusiasmo da piccoli concorrenti europei come Ecosia e Qwant, che sperano di guadagnare terreno grazie all’opportunità offerta dal Digital Markets Act

Google promette anche di offrire un’API di portabilità dei dati per gli sviluppatori, che semplificherà il processo di trasferimento dei dati tra diversi operatori, potenziando il suo servizio Takeout.

In merito al sistema delle tariffe in-app, Google non adeguerà le commissioni sui download di app per rispettare il Digital Markets Act dell’UE, ma amplierà i sistemi di fatturazione alternativi per i giochi. Le commissioni, progressivamente del 15% per il primo milione di dollari guadagnato e del 30% per gli importi superiori, non subiranno cambiamenti, ma le app che utilizzano sistemi di pagamento alternativi otterranno una riduzione del 3%.

Dopo il seminario tenutosi alla fine di gennaio, Alberto Bacchiega, Direttore per le Piattaforme Digitali presso la Direzione Generale della Concorrenza, ha sottolineato che alcune proposte dei gatekeeper potrebbero non essere ancora a norma con il DMA. Ha anche enfatizzato l’importanza di un’azione tempestiva da parte delle autorità competenti, ribadendo che la Commissione non sarà soddisfatta di semplici assicurazioni formali.

La Commissione, intanto, ha pianificato un seminario pubblico poche settimane dopo la scadenza del 7 marzo, durante il quale le piattaforme avranno l’opportunità di presentare in modo trasparente i loro piani di conformità, senza riservarsi dietro una semplice esposizione pubblica dei rapporti di conformità.

Microsoft implementa il DMA: maggiore controllo di Edge e Bing per gli utenti europei di Windows

In concomitanza con il rilascio dell’aggiornamento cumulativo facoltativo di febbraio per Windows 10 e 11, Microsoft ha annunciato di aver avviato l’attivazione delle nuove disposizioni del DMA nell’UE.

Queste disposizioni consentono agli utenti di disinstallare Edge, disattivare la ricerca di Bing e altre funzionalità simili. Sebbene la Commissione europea abbia esentato Bing ed Edge dall’adesione alle nuove regole del DMA perché non considerabili gatekeeper, le nuove impostazioni di Microsoft che permetteranno la rimozione di Edge e Bing dal sistema operativo rimarranno per sua scelta valide per il mercato europeo.

Attualmente, questa implementazione è in fase di roll-out e non è ancora disponibile per tutti, ma Microsoft ha garantito che sarà completata entro l’inizio di aprile, presumibilmente insieme all’aggiornamento cumulativo mensile.

Ulteriori correzioni riguardano l’introduzione di nuove etichette per distinguere componenti di sistema e app, la possibilità di disinstallare tutte le app oltre Edge e Bing, maggiore controllo su Widget e ricerca di Windows, sincronizzazione dati e il rispetto delle impostazioni predefinite, come l’obbligo di aprire i link nel browser scelto dall’utente.

Inoltre sono stati introdotti nuovi punti di interoperabilità, seguendo il modello precedentemente utilizzato per i file cloud, che supporta file segnaposto tramite un motore di sincronizzazione cloud. Questi nuovi punti di interoperabilità adottano un modello basato su app, vantaggioso sia per le app stesse, gli sviluppatori e i clienti. Le app possono offrire la loro unicità direttamente all’interno delle funzionalità di Windows, consentendo loro di raggiungere più clienti, mentre i clienti possono scegliere di utilizzare le loro app preferite per attività comuni in Windows, come la ricerca su Internet.

Con le versioni facoltative non relative alla sicurezza, Windows 10 (versione 22H2 Build 19045.4123) e Windows 11 (versione 23H2 Build 22631.3235), stiamo avviando una fase controllata di implementazione per i clienti del SEE (Spazio Economico Europeo). Il 6 marzo, i clienti del SEE che hanno attivato l’opzione “Ricevi gli ultimi aggiornamenti non appena sono disponibili” per Windows Update riceveranno immediatamente le modifiche attuate ai sensi del DMA.

Durante tutto il mese di marzo, aumenteremo gradualmente il numero di PC che ricevono l’aggiornamento, monitorando attentamente eventuali problemi di qualità. Il nostro obiettivo è di fornire e abilitare le modifiche del DMA per tutti i PC nel SEE entro l’inizio di aprile. Dopo l’applicazione dell’aggiornamento, sarà necessario riavviare il sistema per attivare completamente le modifiche”. Assicura Microsoft.

Allo stesso tempo tiene anche a precisare che le disposizioni del DMA non consentono, almeno per ora, l’abilitazione di Copilot nello Spazio Economico Europeo. Per Copilot in Windows, sarà quindi necessario attendere ulteriori sviluppi.

Tieni presente che questi aggiornamenti non includono Copilot in Windows (in anteprima) nel SEE. Attualmente, Copilot in Windows (in anteprima) è disponibile solo in alcuni mercati globali selezionati e sarà esteso gradualmente ad altri mercati, inclusi quelli del SEE”.

Nel contesto dello Spazio economico europeo, Windows offrirà agli utenti la possibilità di sincronizzare il proprio account Microsoft con Windows, consentendo così l’accesso ai dati di Windows su altri dispositivi e prodotti Microsoft. Questa sincronizzazione include il ripristino di impostazioni, app e password da altri PC, nonché la condivisione di app e preferenze su tutti i dispositivi.

Inoltre, continuerà a permettere agli utenti di impostare le app predefinite e ricevere notifiche quando aprono contenuti per i quali è stata appena installata un’app, permettendo loro di modificare facilmente le impostazioni predefinite.

Microsoft integrerà anche una schermata per il Single Sign-On, consentendo agli utenti europei di utilizzare le stesse credenziali di autenticazione sia per accedere a Windows sia per le app Microsoft in esecuzione su Windows. Un avviso informerà gli utenti di questa opzione e delle implicazioni dell’utilizzo delle stesse credenziali.

Considerando altre prospettive, è importante notare che, mentre l’UE sta ancora valutando se Microsoft avrebbe dovuto richiedere l’approvazione dell’UE per i suoi investimenti in OpenAI, le autorità antitrust dell’UE si sono dimostrate rassicurate riguardo alla partnership tra Microsoft e lo sviluppatore francese di intelligenza artificiale Mistral. Questa partnership è stata annunciata il 26 febbraio scorso e prevede l’accesso di Mistral all’infrastruttura di cloud computing Azure, nonché la collaborazione su modelli di formazione specifici per alcuni clienti. Microsoft ha già investito 15 milioni di euro in Mistral, che si trasformeranno in azioni nel prossimo round di finanziamento.

Apple sotto i riflettori del DMA: multa record, pressioni antitrust e critiche degli sviluppatori

Apple è probabilmente l’azienda più colpita da queste nuove normative, poiché finora ha mantenuto un controllo rigoroso sulla sua piattaforma. Tuttavia, sarà costretta ad allentare tale controllo, sebbene non sia ancora del tutto chiaro fino a che punto sarà in grado di assolvere ai nuovi obblighi.

Le modifiche proposte da Apple includono una serie di nuove opzioni sia per gli sviluppatori che per gli utenti, come l’introduzione di oltre 600 nuove API e strumenti, che consentiranno di implementare queste correzioni. Tra le novità vi è la possibilità di sideload di app da fonti diverse dall’App Store, consentendo agli utenti dell’UE di scaricare app da mercati alternativi, l’utilizzo di motori browser diversi da WebKit e la richiesta di interoperabilità per le funzionalità hardware e software di iPhone e iOS.

Per Safari, è stata introdotta una schermata di scelta del browser che appare quando si apre Safari per la prima volta su iOS 17.4, consentendo agli utenti dell’UE di selezionare il browser predefinito da un elenco di opzioni.

Per l’App Store, sono state implementate nuove opzioni di pagamento, consentendo l’uso di fornitori di servizi di pagamento (PSP) all’interno dell’app e l’elaborazione dei pagamenti tramite collegamento. Sono stati aggiunti anche etichette e fogli informativi per informare gli utenti UE sull’elaborazione alternativa dei pagamenti e sulla possibilità di promozioni esterne alle app, oltre a processi di revisione aggiuntivi per garantire la comunicazione accurata delle informazioni sulle transazioni.

Nuovi termini commerciali per le app nell’UE includono commissioni ridotte del 10-17% sulle transazioni per beni e servizi digitali, la possibilità di utilizzare processori di pagamento alternativi con una commissione aggiuntiva del 3%, e una commissione di €0,50 per ogni prima installazione annuale oltre la soglia di 1 milione.

Per quanto riguarda la sicurezza, sono state implementate protezioni antimalware per impedire l’avvio di app iOS con malware, insieme alla portabilità dei dati ampliata che consente agli utenti di recuperare e esportare dati sul loro utilizzo dell’App Store.

Sono state introdotte nuove funzioni di analisi delle app per consentire agli sviluppatori di monitorare le prestazioni delle proprie app in modo più dettagliato. Inoltre, i servizi cloud e di abbonamento per i giochi di terze parti ora possono competere direttamente con Apple Arcade.

Gli sviluppatori possono già prendere visione delle modifiche nella pagina di supporto Apple e anche testare le funzionalità nella versione beta di iOS 17.4.

Nel frattempo, a soli tre giorni dalla piena applicabilità del Digital Markets Act, Bruxelles si è già mossa con decisione, puntando direttamente il dito contro Apple. L’Antitrust dell’Unione Europea ha infatti annunciato una multa record di 1,8 miliardi di euro per la società di Cupertino, accusata di violare le regole sulla concorrenza nel settore dei servizi di streaming musicale[1]. La Commissione Europea ha descritto le pratiche del gigante tecnologico californiano come “condizioni commerciali sleali”. Era questa una notizia attesa già da dicembre che rappresenta un passaggio cruciale nel contenzioso con Spotify. Secondo l’indagine condotta, Apple avrebbe impedito agli sviluppatori di app di streaming musicale di informare gli utenti di iPhone e iPad riguardo ai servizi alternativi e più convenienti. L’ammontare della sanzione è notevolmente superiore alle voci che circolavano precedentemente, le quali parlavano di una multa di 500 milioni di euro ed è anche un chiaro segnale del clima teso che pervade l’ecosistema Apple.

L’annuncio degli aggiornamenti introdotti da Apple per conformarsi al DMA ha infatti scatenato critiche significative, soprattutto da parte della Federazione Europea degli Sviluppatori di Giochi (EGDF).

L’EGDF ha etichettato la proposta di conformarsi al DMA con gli aggiornamenti resi noti di iOS 17.4 come anticoncorrenziale, affermando che le tariffe previste rendono alquanto difficile l’emergere di app store alternativi. Questo ha sollevato ulteriori domande sulla transizione alle nuove norme e sulle sfide che il settore dovrà affrontare. La schiera dei detrattori è invero sempre più ampia.

Anche Meta e Microsoft ritengono che le recenti modifiche apportate da Apple ai suoi servizi, inclusi iOS, App Store e Safari, non siano conformi agli obblighi del Digital Markets Act (DMA) e abbiano un impatto negativo sulla concorrenza nel mercato digitale.

Di conseguenza, entrambe le società hanno sollecitato l’intervento della Commissione europea, chiedendo di bloccare le modifiche proposte da Apple per i suoi servizi.

Sono dello stesso avviso anche altre grandi aziende tecnologiche, tra cui Epic Games, Spotify e Mozilla.

E’ recente la lettera con cui un gruppo di 34 aziende e associazioni, tra cui Spotify, Epic Games, Deezer e Paddle, ha reso note alla Commissione Europea le preoccupazioni riguardo allo “schema di conformità proposto ” da Apple con il DMA.

Nonostante tutto, Apple ha comunque continuato a sollevare dubbi sulle potenziali minacce alla sicurezza e alla privacy associate a queste modifiche, rimarcando la necessità delle ulteriori misure protettive, come la notarization per le app iOS e l’informativa sui pagamenti alternativi, pensate per mitigare tali rischi e garantire un’esperienza sicura per gli utenti. Le variazioni annunciate a gennaio per consentire il sideloading di app store alternativi negli iPhone e pagamenti alternativi nelle app verranno ampliate e rafforzate attraverso un processo di “revisione di base” che utilizzerà una combinazione di strumenti automatizzati e revisioni umane. Inoltre, gli sviluppatori dovranno iscriversi al Programma per sviluppatori di Apple prima di poter creare un’app per iOS.

Apple ha riferito di aver ricevuto richieste di chiarimento da parte di agenzie governative di paesi extra-UE e UE, preoccupate riguardo ai rischi connessi a tali cambiamenti. Alcune di queste agenzie hanno espresso dubbi circa la capacità di controllare il sideloading sulle app acquistate per i dispositivi governativi e hanno dichiarato di avere limitate risorse per esaminare e approvare le app per i propri dispositivi.

Per quanto riguarda gli utenti, oltre ai “fogli di installazione delle app”, contenenti informazioni divulgate durante il processo di revisione delle app, verrà introdotto anche un “banner informativo” per informare gli utenti sull’utilizzo di soluzioni di pagamento alternative rispetto al sistema di pagamento Apple.

Apple ha confermato di aver avuto numerosi incontri con la Commissione Europea per discutere dei suoi piani di conformità al DMA e ha dichiarato di voler apportare costanti modifiche mentre interagisce anche con gli sviluppatori di app.

Tuttavia, in modo particolare il tema delle tariffe di installazione e le restrizioni sui sistemi di pagamento di terze parti imposte da Apple continuano a sollevare esitazioni riguardo alla concorrenza e all’accesso al mercato per gli sviluppatori. Apple offre agli sviluppatori una scelta: continuare a operare secondo le condizioni attuali, distribuendo le proprie app tramite l’App Store e pagando una commissione del 30% sugli acquisti in-app, oppure optare per la distribuzione in store alternativi, soggetti a una commissione ridotta del 17% sugli acquisti elaborati tramite fornitori di servizi di pagamento (PSP) e una tassa denominata Core Technology Fee di 0,50 centesimi per ogni primo download o aggiornamento all’anno. Ciò che non convince è soprattutto la Core Technology Fee che ha suscitato numerosi dubbi proprio poiché comprende il pagamento anche per le applicazioni gratuite.

Il CEO di Microsoft Gaming, Phil Spencer, ha condiviso le proprie difficoltà, sottolineando quanto le nuove politiche di Apple rappresentino un ostacolo significativo per la creazione di un’alternativa all’unico store disponibile sulle piattaforme di gioco più diffuse al mondo, ovvero gli smartphone. Microsoft aveva inizialmente previsto di lanciare uno store per Xbox su iOS, ma a causa delle nuove tasse imposte da Apple, che avrebbero comportato costi eccessivi, il piano viene rimandato a tempi più opportuni.

L’EGDF, dal canto suo, ha criticato la richiesta di una lettera di credito di 1 milione di euro per diventare uno sviluppatore di mercati commerciali, definendola una barriera significativa per le PMI europee. La posizione dell’EGDF è condivisa anche da altri attori del settore, tra cui Mark Zuckerberg di Meta, che ha definito le nuove regole di Apple come onerose e difficilmente adottabili per gli sviluppatori.

Anche Andy Yen, fondatore e CEO di Proton, ha espresso critiche feroci nei confronti della proposta di conformità di Apple al DMA, sostenendo che le restrizioni imposte dall’azienda rendono praticamente impossibile per gli sviluppatori beneficiarne. Yen ha accusato senza mezzi termini Apple di manipolare i consumatori per mantenere il proprio monopolio e garantire ulteriori profitti per l’azienda, a discapito degli sviluppatori e dei consumatori.

Thierry Breton, Commissario UE per il mercato interno e i servizi, ha dichiarato che le modifiche apportate da Apple saranno oggetto di esame e discussione, con particolare attenzione ai feedback delle parti interessate.

Questo contesto di cambiamenti normativi e pressioni antitrust sta dunque plasmando in modo significativo il futuro della distribuzione delle app su iOS, amplificato peraltro dai risultati delle azioni antitrust contro Google e, non ultimo, dalla recente vittoria di Epic Games[2] nel processo antitrust del 2021 contro Apple negli Stati Uniti. .

Come noto Google ha accettato di versare 700 milioni di dollari per risolvere le accuse avanzate dagli Stati Uniti e dal Distretto di Columbia, implementando nuove modifiche significative per l’ecosistema Android. Tali correzioni, come l’apertura alla possibilità di utilizzare sistemi di fatturazione esterni e la semplificazione del download di app da store esterni, intensificheranno inevitabilmente anche la pressione normativa su Apple e il suo App Store.

Inoltre, anche l’Autorità per la concorrenza e i mercati del Regno Unito ha intrapreso azioni in risposta alle preoccupazioni espresse da Microsoft ed Epic Games, esaminando soluzioni per le tensioni nel settore dei videogiochi e per rendere più trasparente il processo di approvazione e rifiuto delle app nell’App Store di Apple. La CMA britannica ha delineato possibili rimedi anche per le pratiche di Apple e Google nei confronti dei browser mobili e dei motori di ricerca.

Il futuro dell’App Store di Apple sarà dunque modellato non solo dalla conformità al DMA europeo, ma anche dalle sfide antitrust e dai cambiamenti normativi in atto a livello globale.

TikTok e le modifiche per la portabilità dei dati

In risposta al Digital Markets Act, TikTok, attualmente coinvolta anche in un’altra indagine dell’UE sulle sue regole di moderazione dei contenuti per i minori, sta implementando modifiche significative.. La piattaforma di social network, di proprietà di ByteDance, ha annunciato di rendere più agevole per gli sviluppatori il trasferimento dei dati dalla sua piattaforma, in linea con la legislazione dell’UE. Ha infatti introdotto una nuova API per la portabilità dei dati .

L’azienda cinese ha dichiarato che, sebbene gli utenti dispongano già della possibilità di scaricare i propri contenuti dalla piattaforma e passare ad altri servizi concorrenti, introdurrà comunque un nuovo servizio di portabilità che permetterà agli sviluppatori registrati di richiedere l’autorizzazione agli utenti per trasferire una copia dei loro dati TikTok. Gli utenti nell’UE avranno la possibilità di autorizzare un trasferimento unico o ricorrente, selezionando categorie specifiche di dati o il loro archivio completo.

Inoltre, l’azienda ha assicurato che anche gli utenti aziendali beneficeranno di soluzioni avanzate di portabilità dei dati, con la possibilità di fornire feedback sulla conformità al DMA e influenzare lo sviluppo futuro della piattaforma.

TikTok, che finora ha visto solo uno dei suoi servizi designato ai sensi del DMA, ovvero la sua piattaforma di condivisione video, sta attualmente cercando di persuadere i funzionari dell’Unione Europea che la sua piattaforma pubblicitaria non dovrebbe rientrare nelle regole dei “gatekeeper”, nonostante le sue dimensioni abbiano richiesto una notifica formale alla Commissione europea.

Ai sensi del DMA, le aziende hanno infatti la possibilità di argomentare che, anche se un servizio soddisfa determinati criteri quantitativi come fatturato e numero di utenti, potrebbe allo stesso tempo non avere un impatto significativo sul mercato e dunque non richiedere l’inclusione nell’elenco dei gatekeeper.

Come piattaforma concorrente, sosteniamo gli obiettivi del Digital Markets Act per promuovere una maggiore parità nel mercato digitale dell’UE. Pertanto, crediamo fermamente che TikTok non debba essere considerato un custode dell’advertising online, un settore dominato da giocatori storici, e abbiamo presentato il nostro caso alla Commissione“, ha dichiarato TikTok.

Recentemente, anche Microsoft è riuscita a opporsi con successo all’inclusione del proprio servizio pubblicitario nell’elenco. Nonostante abbia un ecosistema di prodotti rilevanti come LinkedIn e il sistema operativo Windows, la commissione ha deciso di non designare Microsoft Ads ai sensi della legge.

L’autorità di regolamentazione dell’UE ha 45 giorni lavorativi per decidere se designare o meno i servizi sottoposti a notifica. Se confermati, le società avranno sei mesi per adeguarsi alla legge.

Oltre a ByteDance, anche Booking.com e X hanno comunicato alla Commissione Europea che i loro servizi soddisfano i requisiti per essere classificati come “gatekeeper” ai sensi del Digital Markets Act. Ciò implica che potrebbero essere soggetti a normative più rigide per le loro piattaforme online.

Se designati, Booking.com e X saranno il settimo e l’ottavo gatekeeper DMA, dopo Apple, Google, Meta, ByteDance, Microsoft e Amazon.

Booking.com ha già sollevato diverse questioni con la Commissione, evidenziando come le restrizioni del DMA sulle clausole di parità e sulla combinazione di dati tra servizi potrebbero influenzare irrimediabilmente la sua attività.

Amazon e il Digital Markets Act: modifiche e adattamenti per rispondere alle normative dell’UE

Amazon ha recentemente annunciato una serie di aggiornamenti al suo servizio per inserzionisti ed editori in risposta al Digital Markets Act. La Commissione Europea ha designato Amazon come “gatekeeper”, imponendo alla piattaforma una serie di obblighi significativi sulle sue pratiche commerciali. Questi includono l’accesso ai dati per gli utenti aziendali, l’interoperabilità con terze parti e la promozione delle offerte aziendali al di fuori della piattaforma. Le principali modifiche, comunicate da Amazon Ads, la divisione pubblicitaria di Amazon, mirano quindi a garantire maggiore trasparenza e a soddisfare le aspettative del DMA, promuovendo così una maggiore concorrenza e la protezione degli utenti consumatori.

Di seguito un riepilogo delle principali variazioni introdotte e del loro impatto su inserzionisti ed editori.

Tra queste, vi è un maggiore livello di trasparenza nei report sui prezzi, con prospetti ampliati disponibili a partire dal 6 marzo. Questi rapporti forniranno informazioni dettagliate in tempo reale sulle tariffe pagate dagli inserzionisti e ricevute dagli editori per gli annunci su siti Web e app di terze parti. Saranno inoltre accessibili dalla console Amazon Ads per gli inserzionisti e sul portale Amazon Publisher Services per gli editori.

Gli utenti avranno la possibilità di scegliere se divulgare dettagli specifici sulle tariffe o essere inclusi nelle metriche aggregate predefinite.

E’ prevista anche l’introduzione di un nuovo ambiente dati sicuro chiamato “clean room“, per consentire agli inserzionisti di verificare in modo indipendente il successo e l’impatto delle loro campagne in un ambiente basato sul cloud e protetto dai presidi di protezione dei dati. Questa clean room sarà integrata con le ampie capacità di misurazione di Amazon, inclusi Amazon Marketing Cloud e i prospetti standard del settore disponibili tramite Amazon DSP e la console Amazon Ads.

In preparazione al DMA, Amazon ha apportato modifiche alle opzioni pubblicitarie offerte ai clienti, adattando nuove opzioni pubblicitarie che richiedono ai clienti dell’UE di prestare il proprio consenso per l’utilizzo delle loro informazioni personali destinate alla profilazione e personalizzazione degli annunci.

Infine, ha esteso la possibilità per gli acquirenti online di decidere sulla condivisione dei dati della cronologia degli acquisti tra diverse piattaforme, rispecchiando un trend già adottato da Google (proprio Google ha deciso di offrire agli utenti un controllo simile sulla combinazione automatica di dati su piattaforme come la ricerca online e YouTube. In altre parole agli utenti Google verrà consentito di decidere quali servizi collegare o scollegare da un elenco di sette prodotti: Ricerca, YouTube, Servizi pubblicitari, Google Play, Chrome, Google Shopping e Google Maps). Inoltre sarà richiesto il consenso per l’utilizzo delle informazioni personali destinate alla profilazione e conseguente personalizzazione degli annunci.

Una nuova pagina di aiuto spiega gli aggiornamenti, fornendo informazioni su come Amazon sta evolvendo nel suo approccio.

Queste variazioni costituiscono solo una parte delle azioni che Amazon sta intraprendendo per conformarsi al Digital Markets Act. Altre iniziative riguardano la promozione delle offerte aziendali al di fuori della propria piattaforma e le opzioni riconosciute ai venditori sulle alternative di spedizione, oltre al servizio Prime, offrendo prezzi che Amazon riferisce come competitivi e con tempi brevi di consegna.

Nell’ambito della sua strategia di adeguamento normativo, Amazon ha anche preso la decisione di abbandonare l’acquisizione della casa produttrice di robot aspirapolvere iRobot. Inizialmente, Amazon aveva avviato il processo di acquisizione di iRobot, un marchio presente sul suo Marketplace. Tuttavia, le preoccupazioni espresse dalla Commissione europea riguardo al potenziale rischio che Amazon, diventando proprietario di un robot aspirapolvere connesso (RVC), potesse favorire il suo prodotto escludendo i concorrenti dalla piattaforma di vendita, hanno spinto la grande azienda tecnologica a rivedere i propri piani.

Le preoccupazioni della Commissione europea riguardo all’accordo tra Amazon e iRobot riflettono gli articoli (art. 6 e 5) del Digital Markets Act, in particolare le disposizioni che vietano ai “gatekeeper” di favorire i propri prodotti o servizi rispetto a quelli dei concorrenti, soprattutto nei ranking e nell’indicizzazione.

Questa situazione mette in evidenza come il tema delle fusioni potrebbe diventare una delle sfide principali per le autorità di concorrenza. Sin d’ora ora, solleva domande cruciali sulla convergenza tra le leggi digitali e le pratiche di fusione nel mercato digitale europeo, aprendo la strada a una discussione più ampia sull’efficacia delle normative antitrust nell’era digitale. La necessità di trovare un equilibrio tra l’applicazione rigorosa della legge digitale e una revisione efficiente delle fusioni potrebbe influenzare le prossime applicazioni normative per garantire la conformità.

Sfide e prospettive per le grandi società tecnologiche

In modo particolare in Europa il panorama normativo digitale sta vivendo una trasformazione epocale, con l’introduzione di leggi e regolamenti destinati a plasmare il futuro digitale. Inevitabilmente, ciò solleva domande complesse su come le grandi società tecnologiche dovranno adeguarsi a queste nuove istanze di trasparenza e flessibilità.

La prospettiva che Apple e Google considerino app store diversi dal proprio o consentano il sideloading di app di terzi rappresenta una sfida considerevole.

Gli scenari possibili sono visti unanimemente come un progresso e un’alternativa non immediati, sottolineando ulteriormente la complessità dell’evoluzione normativa.

Il Digital Markets Act dell’Unione Europea pur rappresentando un tentativo significativo di regolamentare il comportamento delle piattaforme digitali, presenta comunque una natura ibrida, con alcuni obblighi auto-eseguibili e altri soggetti a ulteriori specifiche prima dell’applicazione.

Sebbene alcuni aspetti dello stesso, come l’articolo 5 che vieta alle piattaforme di ostacolare gli utenti aziendali nel sollevare questioni con le autorità pubbliche competenti, siano relativamente chiari, altri presentano lacune e ambiguità. Ad esempio, le norme sull’autoreferenzialità possono essere interpretate in modi diversi a seconda dei diversi modelli di business, generando incertezza nell’applicazione.

Altri obblighi, come quelli relativi al trattamento e alla combinazione dei dati, all’interoperabilità dei servizi ausiliari e al trasferimento dei dati, risultano complessi sia nella portata che nella forma precisa. Inoltre, le misure imposte alle piattaforme che non sono considerate guardiani ma sono a rischio di sviluppare una posizione radicata e duratura nel mercato sono soggette a interpretazioni vaghe, creando ondeggiamenti su quali prodotti siano soggetti a tali obblighi e quanto ampi debbano essere interpretati.

L’articolo 6, paragrafo 12 del DMA, che impone ai “gatekeeper” di applicare “condizioni generali di accesso eque, ragionevoli e non discriminatorie”, è al centro dell’attenzione. Le incertezze maggiori riguardano la portata applicativa di questo articolo e le possibili implicazioni sugli app store.

In assenza di precedenti giurisprudenziali, è dunque auspicabile che la Commissione Europea fornisca indicazioni chiare per affrontare le sfide applicative che seguiranno, senza compromettere l’innovazione e lo sviluppo del mercato digitale.

Non è casuale che il BEUC, il gruppo ombrello di 45 organizzazioni indipendenti di consumatori provenienti da 31 paesi, prima della scadenza del 7 marzo, abbia già esortato la Commissione Europea ad adottare misure rapide ed efficaci qualora i gatekeepers non rispettino tali normative.

Secondo Ursula Pachl, vicedirettore generale dell’Organizzazione europea dei consumatori, affinché il DMA possa svolgere efficacemente il suo ruolo, è essenziale che la Commissione europea applichi la legge in modo tempestivo ed efficace. Questo è particolarmente importante considerando che alcune aziende sembrano propense a cercare di eludere gli obblighi imposti. Sebbene i consumatori possano segnalare eventuali violazioni alle autorità di regolamentazione, la responsabilità primaria di far rispettare le regole ricade sulla Commissione.

I limiti del Digital Markets Act

Il Digital Markets Act (DMA) dell’UE si profila come il nuovo standard normativo per l’economia digitale. Introduce ampi requisiti ex ante destinati alle aziende “gatekeeper” per promuovere la concorrenza nel mercato in una direzione promettente, con l’obiettivo di contrastare le pratiche che limitano la concorrenza e la contendibilità dei servizi chiave nel settore digitale. Tuttavia, l’attuale approccio, con un insieme disorganico di disposizioni e obblighi vincolanti, potrebbe non essere adeguato ai diversi tipi di piattaforme digitali e modelli di business, limitando così le promesse e gli obiettivi della legge per un panorama competitivo più equo e contendibile.

Il contesto normativo risente peraltro dei riflessi dei casi legali di alto profilo negli Stati Uniti[3] e dei significativi cambiamenti legislativi in corso in Corea del Sud, con ulteriori proposte legislative negli Stati Uniti (Open App Markets Act), in Cina (bozza di linee guida sulla piattaforma) e in altre giurisdizioni.

Non ultimo pesano le titubanza relative alle prevedibili interazioni tra il Digital Markets Act e le leggi e i quadri di concorrenza vigenti degli Stati membri.

Inevitabilmente l’adozione di nuovi standard pone interrogativi complessi su come le grandi società tecnologiche, quali Amazon, Meta, Apple e Google, si adatteranno e dovrebbero adattarsi a queste nuove richieste di trasparenza e flessibilità.

L’intervento normativo dell’UE può essere paragonato a un’ondata di promozione dei valori costituzionali europei, e certamente non è una novità degli ultimi anni.

Il tema del digitale è stato al centro della legislazione e della regolamentazione negli ultimi quindici anni. E il flusso di nuove proposte non sembra diminuire; molte altre sono state annunciate dalla Commissione.

La complessità di questo scenario è notevole: GDPR, Digital Markets Act (DMA), Digital Services Act (DSA), Data Act, Artificial Intelligence Act (AI Act), Data Governance Act (DGA), European Health Data Space (EHDS), l’aggiornamento del regolamento sull’identificazione elettronica e i servizi fiduciari (eIDAS 2), insieme a tutte le misure per rafforzare la sicurezza informatica delle infrastrutture critiche (NIS2).

Questo audace esperimento dell’UE potrebbe costituire un precedente importante, spingendo le aziende a identificare e affrontare i danni causati dalle loro piattaforme.

Promuovere l’equità, garantire la trasparenza e la responsabilità delle piattaforme online, così come la sicurezza degli utenti, è un obiettivo ambizioso ma essenziale.

Nei progressi dell’UE verso una governance digitale più completa, i risultati più significativi potrebbero emergere proprio nei punti di intersezione tra diverse linee di pensiero, provenienti da diverse culture umane, periodi storici o ambienti diversi, se queste si rivelassero in grado di convergere verso effettive interazioni.

Nel mentre persistono dubbi sulle effettive prospettive di successo del Digital Markets Act (DMA). Durante una conferenza organizzata dall’agenzia antitrust tedesca, Sven Giegold, segretario di stato presso il ministero dell’Economia tedesco, ha sollevato la questione della necessità di maggiori risorse per far rispettare il DMA.

Giegold ha suggerito l’introduzione di finanziamenti tramite commissioni, simili a quelli previsti dalla Legge sui Servizi Digitali (DSA), per sostenere l’applicazione del DMA. Mentre infatti il DSA impone alle grandi piattaforme online di pagare una tassa di vigilanza corrispondente allo 0,05% del loro reddito netto mondiale annuo, il DMA non include una disposizione simile.

Il segretario di Stato tedesco ha condiviso lo scetticismo riguardo ai piani attuali dei giganti tecnologici per conformarsi alle nuove regole e ha avvertito che la continua reticenza potrebbe aumentare la probabilità di interventi più incisivi. Questi potrebbero includere un aggiornamento più rigoroso e diverso della legge, con l’assegnazione di poteri più ampi alla Commissione Europea per l’applicazione del DMA, compreso il potere di separare strutturalmente le società in caso di violazioni gravi.

Infine, Giegold ha annunciato che la Germania presenterà una proposta specifica a livello europeo, sperando che possa essere inclusa nelle riforme promosse da Mario Draghi ed Enrico Letta, incaricati dalla Commissione di rilanciare la competitività dell’UE.

Staremo a vedere.

Note


[1]Apple ha dichiarato che presenterà un ricorso ai tribunali dell’Unione Europea per contestare la decisione recente della Commissione, sostenendo che non ci sono prove di danni ai consumatori derivanti da pratiche anticoncorrenziali.

La disputa ha avuto origine nel 2019 quando Spotify ha presentato una denuncia formale, accusando Apple di abuso del suo potere di mercato. La Commissione ha contestato due aspetti: in primo luogo, il mandato di Apple sul Sistema di acquisto in-app (IAP), che prevedeva commissioni fino al 30% sulle transazioni; in secondo luogo, le “disposizioni anti-sterzo” che impedivano agli sviluppatori di indicare alternative di acquisto al di fuori dell’App Store.

La Commissione ha poi riorientato il caso per concentrarsi sul secondo aspetto, basandosi sulle disposizioni dell’UE che vietano alle società dominanti di imporre condizioni commerciali sleali. Ha affermato che la condotta di Apple ha portato a prezzi più alti per gli abbonamenti musicali e ha degradato l’esperienza degli utenti.

Ad Apple è stato ordinato di rimuovere le disposizioni anti-sterzo e di astenersi dall’adozione di pratiche simili in futuro. La multa inflitta è stata giudicata proporzionata alle dimensioni dell’azienda e include una somma forfettaria aggiuntiva. Apple è stata anche criticata per aver fornito informazioni errate durante l’indagine.

Apple ha criticato l’indagine, affermando che la decisione favorirà solo la posizione dominante di Spotify, che ha sviluppato un business di successo sfruttando l’App Store senza pagare nulla.

[2]Questa vittoria, che già di per sé ha consentito agli sviluppatori di indirizzare i consumatori al di fuori dell’App Store per gli acquisti, rappresenta una modifica sostanziale, seppur limitata, nelle politiche di Apple. Ma le trasformazioni sembrano destinate a intensificarsi, sia negli Stati Uniti che in Europa, guidate dalle crescenti pressioni antitrust e dai cambiamenti normativi.

La California, ad esempio, ha già segnalato ad Apple che dovrà apportare ulteriori modifiche favorevoli alla concorrenza. E sembrerebbe questa una richiesta condivisa anche da altri procuratori generali.

[3]Epic Games, Inc. contro Apple Inc.

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