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Digital Markets Act, un’arma a doppio taglio per l’innovazione? Ecco opportunità e rischi



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Amazon, Meta e Google hanno avuto una reazione positiva al DMA, che potrebbe offrire nuovo spazio alle aziende più piccole e specializzate e creare opportunità per applicazioni di IA innovative. Ma questo spazio non è garantito. Esso dipende da come il DMA verrà applicato, se in senso restrittivo o di apertura di spazi di mercato

Pubblicato il 19 mar 2024

Mario Dal Co

Economista e manager, già direttore dell’Agenzia per l’innovazione



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Il Digital Markets Act (DMA) europeo mira a regolare i cosiddetti gatekeeper, come Amazon, Meta e Google, per promuovere la concorrenza e l’innovazione, offrendo nuove opportunità alle piccole aziende e all’intelligenza artificiale. Tuttavia, l’efficacia del DMA dipende dalla sua applicazione, che può variare da restrittiva a favorevole all’apertura del mercato.

Le reazioni dei gatekeeper, come Amazon, mostrano una certa apertura verso la conformità, ma sorgono preoccupazioni sulla neutralità e sull’accesso ai dati. Una gestione troppo restrittiva del DMA potrebbe rallentare gli investimenti in Europa, evidenziando l’importanza di un’applicazione equilibrata che non segmenti il mercato globale. La vera sfida sarà creare spazio per l’innovazione senza cadere nel protezionismo.

Regole e crescita economica

“Le persone dello stesso mestiere raramente si incontrano, anche per divertimento e distrazione, senza che la conversazione finisca in una cospirazione contro il pubblico, o in qualche espediente per aumentare i prezzi” osservava Adam Smith nella Ricchezza delle nazioni. Convinto che la competizione sia il motore dello sviluppo, non credeva che la concorrenza si potesse realizzare spontaneamente, anche se era convinto che i prezzi, in un mercato competitivo, dovessero essere liberi di muoversi proprio per consentire alla concorrenza di dare i suoi frutti: innovazione, crescita e benessere.

Le norme antimonopolistiche si richiamano a questi principi, con diverse sfumature secondo i contesti. Quello europeo punta alla tutela del consumatore e delle nuove imprese che entrano nel mercato, mentre nella tradizione statunitense l’obiettivo primario rimane la tutela del consumatore, in particolare da azioni volte ad innalzare artificialmente i prezzi. Se il comportamento dell’impresa è inteso a far salire i prezzi oltre il livello “competitivo” per il giudice americano vi è motivo per intervenire.

L’Europa ha sviluppato una normativa e una giurisprudenza originale sull’abuso di posizione dominante nei confronti delle aziende incumbent, mentre gli Stati Uniti hanno prevalentemente attaccato le posizioni monopolistiche che si traducevano in “cartelli” per imporre prezzi più alti ai consumatori. Oggi, l’Europa si è dotata di strumenti specifici per la promozione della concorrenza nel settore dell’economia di rete e digitale. Ha fatto la scelta giusta?

Il DMA e l’innovazione

L’impatto della regolazione europea sull’economia è un tema aperto. La recentissima approvazione della norma sull’intelligenza artificiale ha sollevato dubbi da parte di osservatori preoccupati che la crescita della burocrazia con nuovi degli adempimenti e limitazioni, possa avere l’effetto di scoraggiare l’investimento innovativo e di tagliare fuori il mercato e le aziende europee dal rigoglioso sviluppo del mondo digitale. “Queste normative introdotte d’imperio producono sempre nuovi apparati burocratici. E in effetti l’European AI Office – costituito poche settimane fa – avrà un ruolo cruciale nell’implementare la normativa, ovviamente con tutto il potere che ne deriverà per quanti assumeranno questa o quella decisione. Alla tecnostruttura è affidato pure il compito di ‘sostenere gli organi di governance degli Stati membri nei loro compiti’, far ‘rispettare le regole per i modelli di IA per scopi generali’, ‘condurre valutazioni di modelli di IA generici, richiedere informazioni e misure ai fornitori di modelli e applicare sanzioni’”.[1]

Oggi le due sponde dell’Atlantico convergono su alcuni punti: GAFA (Google Amazon, Facebook, Apple) o Big Tech o i gatekeeper, come li definisce l’Unione europea, sono considerate aziende troppo potenti.

Sono in grado di controllare il mercato con il loro accesso ai dati e sono in grado di frenare l’ingresso di competitor nel mercato grazie alle economie di rete di cui godono e al controllo dei punti di accesso. Sono così potenti da esercitare qualche forma di controllo sulla società e sulla politica.

Dal 7 marzo i gatekeeper debbono ottemperare agli obblighi imposti dal Digital Markets Act (DMA), in particolare garantendo accesso a servizi di pagamento alternativi a quelli offerti dalla piattaforma, concedendo ai clienti l’accesso ai dati generati dalle proprie attività sulla piattaforma, senza essere discriminati quando offrono servizi in concorrenza con la piattaforma.

Il Compliant Report di Amazon come esempio di risposta al DMA

Amazon ha consegnato alla Commissione il suo Compliant Report rispetto agli adempimenti previsti dal DMA. È un documento che merita di essere esaminato come test significativo del tipo di risposta che il DMA ha suscitato.

Amazon presenta gli adempimenti quasi come una naturale evoluzione del rapporto di fiducia che ha costruito con i clienti. “Abbiamo sviluppato le misure di adempimento agli obblighi normativi investendo importanti risorse. A seconda degli obblighi imposti dal DMA il loro adempimento ha comportato nuove soluzioni tecniche, modifiche di meccanismi esistenti, rivisitazione di politiche in atto. In alcuni casi ciò ha significato la conferma del nostro approccio che già ottemperava alle nuove previsioni del DMA o addirittura le oltrepassava”[2].

Sul consenso (art 5 DMA), Amazon ha inserito nuovi prompt per chiedere il consenso all’utente: è la soluzione ovvia, destinata a scarsa incidenza stante l’attitudine generale di dare un consenso immediato per non perdere tempo.

Sulla portabilità dei dati (art 6.9 DMA), Amazon ha creato soluzioni tecniche specifiche per i clienti europei, offrendo la possibilità di sharing dei propri dati con terze parti o di scaricarli per effettuare elaborazioni in proprio.

Per gli utenti business (art 6.10 DMA), Amazon offre strumenti che si aggiungono a quelli tradizionali della gestione del magazzino, degli ordini, dei prezzi, dei pagamenti e del reporting. La nuova API End User Data Access consentirà di accedere ai dati personali dei clienti che hanno dato consenso all’utente business di utilizzarli. Naturalmente questo accesso può essere fatto da sviluppatori terze-parti autorizzati dal cliente business.

Sull’articolo 6 .5 del DMA relativo alla neutralità della piattaforma rispetto ai prodotti offerti da essa stessa o da altri venditori, Amazon innalza uno sbarramento a difesa della neutralità dei propri algoritmi.

Ma c’è un punto in cui questa difesa presenta un terreno scivoloso. “Le vendite interne ad Amazon hanno un meccanismo per facilitare la visualizzazione dei prodotti a marchio Amazon nella pagina dei risultati di ricerca del prodotto. Amazon vuole mostrare ai clienti le offerte che troveranno più utili in base a dove sono nel loro percorso di acquisto: questa mancanza di pregiudizi influenza anche il meccanismo utilizzato per la visualizzazione dei prodotti a marchio Amazon. Tutti questi posizionamenti sono chiaramente etichettati come ‘in primo piano dai marchi Amazon’, per comunicare agli acquirenti che il prodotto visualizzato è associato ad Amazon”.[3] Per pratiche legate alla non neutralità, Amazon è stata posta sotto accusa anche negli Stati Uniti, ma non sembra che l’azienda intenda arretrare a fronte delle richieste del DMA. È probabile, quindi, che proprio sulla neutralità il Report offrirà spunti di confronto con la Commissione.

Il DMA e la crescita

Torniamo alla API End Users Data Access. Se, come dichiara Amazon, essa è pensata per le terze parti, rappresenterebbe un terreno immediato di verifica per l’aspetto più controverso del DMA, ossia la sua capacità di promuovere la concorrenza e quindi lo sviluppo. L’API sarebbe una potenziale fonte per creare nuovi strumenti di analisi del mercato, e di verifica della efficacia della strategia di penetrazione del cliente business. Un’altra opportunità per sviluppatori terze-parti, sarà la “camera bianca” che verrà allestita per l’analisi dell’impatto delle campagne promozionali. Dice Amazon:

“Per rispettare gli articoli 5.9, 5.10 e 6.8 del DMA, abbiamo:

  • aggiunto maggiore granularità ai nostri report sui prezzi su cui mostrare i dati delle commissioni pagate dall’inserzionista e ricevute dall’editore per gli annunci visualizzati su siti web e app di terze parti;
  • aggiornato il modo in cui i nostri clienti pubblicitari possono misurare le prestazioni con l’introduzione di una nuova camera bianca dove gli inserzionisti possono verificare in modo indipendente il successo e l’impatto delle loro campagne.”[4]

L’approccio di Amazon può quindi essere letto in questo modo: difesa strenua del sistema di visualizzazione e prioritizzazione dei prodotti nella ricerca, apertura alla collaborazione con le prescrizioni del DMA sulla trasferibilità dei dati del cliente e sulla possibilità di accedere ai propri dati al fine di valutare le strategie commerciali e di marketing.

L’interesse di questa apertura sui dati da parte di Amazon dipende sostanzialmente dal comportamento dei clienti finali: sono loro che devono autorizzare Amazon a condividere i dati con il venditore e ciò è possibile solo se le strategie di marketing cambieranno in modo da creare opportuni incentivi finalizzati a questo risultato.

Non è facile prevedere se questo possa avvenire in tempi rapidi, oppure se il business as usual prevarrà. Soltanto applicazioni poco costose di analisi automatica, basate su machine learning, possono fornire strumenti in grado di essere poco onerosi e di dare risultati di qualche interesse applicativo. Da questi deriveranno campagne di promozione capaci di attivare l’interesse del consumatore finale a “partecipare” alla costruzione del data base disponibile per le analisi.

Anche Google deve aprire spazi, sia sulla comparazione, nelle ricerche per viaggi, sia nell’utilizzo dei motori. Google e Apple dovranno aprire ad applicazioni da store esterni al loro ambiente. Le proteste, in particolare di Apple, sono in nome della sicurezza. Ma anche in nome degli investimenti fatti per creare l’ecosistema, come dimostra la reazione nervosa contro Spotify che fa leva sul DMA in modo esplicito per ridurre la zavorra imposta da Apple. TikTok non vuole saperne di essere considerato un gatekeeper e ha aperto una vertenza contro la Commissione.[5]

Il rischio di una gestione del DMA restrittiva e punitiva

Le aperture di Amazon, ma anche di Meta e Google, rappresentano la reazione positiva dei gatekeeper al DMA, quella che può offrire nuovo spazio per le aziende più piccole e specializzate. Probabilmente sono queste aperture che creeranno opportunità per applicazioni di intelligenza artificiale che sfruttano lo spazio creato dal DMA. Ma questo spazio non è garantito. Esso dipende da come il DMA verrà applicato, se in senso restrittivo, ossia di controlli e sanzioni, o in senso di apertura di spazi di mercato, spingendo i gatekeeper ad aprire al cliente finale o all’utente il grande vaso di pandora dei dati che custodiscono e che, probabilmente, sono oggi sfruttati solo in minima parte nell’ambito dei modelli di business più redditizi.

Tuttavia, il rischio elevato che queste aperture rimangano confinate al mercato europeo configurerebbe sicuramente in modo negativo l’impatto del DMA dal punto di vista economico. Una gestione del DMA restrittiva e punitiva produrrà, infatti, un rallentamento ed un appesantimento della dinamica degli investimenti in Europa, già indietro nell’economia della rete. Il DMA dovrebbe evitare di produrre una segmentazione di mercato tra Europa e resto del mondo. Una segmentazione che alla lunga si tradurrebbe non in maggiore sviluppo autoctono, ma in marginalizzazione

Il rischio c’è, poiché anche tra legislatori europei cova un retropensiero non troppo nascosto: quello di “proteggere” l’industria europea dal predominio americano. Spotify, senza dirlo, sta facendo anche questo. Ma non è favorendo i margini di profitto di Spotify, una delle poche grandi aziende di rete europea, che il DMA dimostrerà di essere utile e necessario. È la creazione di spazio per le aziende innovative che possono applicare l’intelligenza artificiale ai dati che si liberano, ai comportamenti che divengono più liberi perché il consumatore ha davvero più opportunità di scelta di prima.

Insomma, una applicazione intelligente del DMA è ciò di cui l’Europa ha bisogno, non di una mano pesante che punti al sovranismo digitale.

Note


[1]) Carlo Lottieri, Norme europee sull’intelligenza artificiale: un passo falso, La Settimana di IBL, 16 marzo 2024.

[2]) Amazon, Public Digital Markets Act Compliance Report, Published March, 2024.

[3]) Ivi.

[4]) Ivi.

[5]) Kluca Zurloni, Con il Digital markets act l’Europa ha una bella gatta da pelare, Wired, 5 marzo 2024.

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