Regolamentazione

Digital Services Act: guida agli obblighi di tracciabilità per gli operatori commerciali



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Il Digital Services Act UE impone nuovi obblighi di tracciabilità agli operatori commerciali online, richiedendo l’identificazione e la verifica delle loro informazioni. Ciò mira a proteggere i consumatori da contenuti e prodotti illegali, aumentando la trasparenza e la responsabilità delle piattaforme digitali. Le piattaforme devono anche informare i consumatori su eventuali prodotti o servizi illegali

Pubblicato il 21 feb 2024

Marina Rita Carbone

Consulente privacy



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Il Digital Services Act pone in capo agli intermediari digitali, quali piattaforme social, servizi di hosting e mercati online, nuovi rigorosi obblighi, soprattutto in termini di trasparenza e responsabilità, oltre che di tutela dei minori.

Proviamo allora ad analizzare alcune delle disposizioni chiave del DSA valutandone le implicazioni per le imprese, i consumatori e la società nel suo complesso, con un focus particolare sui nuovi obblighi di tracciabilità degli operatori commerciali nei mercati online, volti a ridurre la circolazione e la ripubblicazione di contenuti illegali.

La definizione di “contenuto illegale”

Prima di entrare nel merito degli obblighi previsti per le piattaforme online, cerchiamo di meglio comprendere che cosa possa definirsi, ai sensi del DSA, come “contenuto illegale”.

Un aiuto in tal senso ci viene fornito dai considerando del Regolamento, ed in particolare dal Considerando 12, nel quale si specifica che all’interno del concetto di “contenuto illegale” dovranno essere ricomprese le medesime categorie di illecito previste per i mercati tradizionali (o mercati “offline”). In particolare, si legge nel citato Considerando, il concetto di “contenuto illegale” dovrebbe essere definito in senso lato “per coprire anche le informazioni riguardanti i contenuti, i prodotti, i servizi e le attività illegali”, indipendente dalla loro forma, e dovrebbe ancorarsi strettamente alla qualificazione di illegalità che a una determinata attività o informazione viene applicata dal diritto UE o dal diritto nazionale applicabile.

Esempi tipici di contenuto illegale

Esempi tipici di contenuto illegale sono, quindi:

  • L’incitamento all’odio;
  • I contenuti terroristici;
  • I contenuti discriminatori;
  • La condivisione di immagini che ritraggono abusi sessuali su minori;
  • La condivisione non consensuale di immagini private;
  • Il cyberstalking (o pedinamento informatico);
  • La vendita di prodotti non conformi all’originale o contraffatti;
  • La vendita di prodotti o la prestazione di servizi in violazione della normativa sulla tutela dei consumatori;
  • L’utilizzo non autorizzato di materiale protetto dal diritto d’autore (tematica, questa, particolarmente sentita anche in riferimento allo sviluppo delle IA generative e alle modalità di “apprendimento” di quest’ultime);
  • L’offerta illegale di servizi ricettivi;
  • La vendita illegale di animali vivi.

All’interno del concetto di “contenuto illegale” rientrano potenzialmente, dunque, anche tutti i contenuti e i prodotti venduti sui marketplace in violazione delle normative inerenti alla tutela dei consumatori. Ciò pone, ovviamente, una sfida di non poco conto in capo alle piattaforme, le quali avranno la responsabilità di attuare misure volte a ridurre quanto più possibile il rischio che i propri utenti concludano contratti a distanza con operatori che non garantiscano il rispetto di determinati standard di trasparenza.

L’obbligo di tracciabilità degli operatori commerciali

Nel perseguimento del generale principio di tutela dei consumatori e di prevenzione dei contenuti “illeciti” si pone la sezione 4 del DSA, contenente una serie di disposizioni aggiuntive destinate ai fornitori di piattaforme online “che consentono ai consumatori di concludere contratti a distanza con gli operatori commerciali” e volti a regolare sia gli obblighi di tracciabilità che di trasparenza che detti fornitori devono garantire ai propri utenti.

Trattasi di disposizioni non applicabili, ai sensi di quanto previsto dall’art. 29 del DSA, ai fornitori di piattaforme online che si qualificano come “microimprese o piccole imprese” ai sensi della raccomandazione 2003/361/CE, fatto salvo il caso in cui detti medesimi fornitori siano titolari di piattaforme online “di dimensioni molto grandi” ai sensi dell’art. 33 DSA.

Più nel dettaglio, l’art. 30 DSA prevede che i fornitori di piattaforma online che consentono ai consumatori di concludere contratti a distanza con operatori commerciali (tipicamente, markeplaces) possano permettere l’utilizzo di dette piattaforme solo previa corretta identificazione dell’operatore commerciale medesimo.

Le informazioni che l’operatore commerciale deve rendere

Le informazioni che l’operatore commerciale deve rendere sono:

  1. il nome, l’indirizzo, il numero di telefono e l’indirizzo di posta elettronica dell’operatore commerciale;
  2. una copia del documento di identificazione dell’operatore commerciale o qualsiasi altra identificazione elettronica quale definita all’articolo 3 del regolamento (UE) n. 910/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio;
  3. i dati relativi al conto di pagamento dell’operatore commerciale;
  4. qualora l’operatore commerciale sia iscritto in un registro delle imprese o analogo registro pubblico, il registro presso il quale è iscritto e il relativo numero di iscrizione o mezzo equivalente di identificazione contemplato in detto registro;
  5. un’autocertificazione da parte dell’operatore commerciale con cui quest’ultimo si impegna a offrire solo prodotti o servizi conformi alle norme applicabili del diritto dell’Unione.

Per poter adempiere correttamente agli obblighi di tracciabilità, non è sufficiente che dette informazioni siano acquisite dal fornitore della piattaforma, ma devono anche essere adeguatamente verificate: al comma 2 della norma in esame, infatti, si prevede che “prima di consentire all’operatore commerciale interessato di utilizzare i suoi servizi” il fornitore della piattaforma deve compiere “il massimo sforzo possibile” per valutare se le informazioni rese “siano attendibili e complete, avvalendosi di qualsiasi banca dati o interfaccia online ufficiale liberamente accessibile messa a disposizione da uno Stato membro o dall’Unione o chiedendo all’operatore commerciale di fornire documenti giustificativi provenienti da fonti affidabili”. La responsabilità dell’accuratezza delle informazioni fornite ricade, ai fini del Regolamento, sugli operatori.

Obblighi di conservazione e limiti alla divulgazione delle informazioni

Le informazioni sono conservate dai fornitori della piattaforma online “in modo sicuro per un periodo di sei mesi dalla conclusione del rapporto contrattuale con l’operatore commerciale interessato” e successivamente cancellate.

Vi sono anche dei limiti di divulgazione delle informazioni, oltre che di conservazione: il paragrafo 6 dell’art. 30 prevede, infatti, che il fornitore “divulga le informazioni a terzi solo se così richiesto dal diritto applicabile”, dagli ordini emanati ai sensi dell’art. 10 del DSA e dagli ordini di qualunque tipo emessi “dalle autorità competenti degli Stati membri o dalla Commissione per lo svolgimento dei loro compiti a norma del presente regolamento”.

Per gli operatori commerciali che, alla data di entrata in vigore dell’obbligo di tracciabilità, fissata al 17 febbraio 2024, si trovavano già ad utilizzare la piattaforma, i fornitori della medesima “si adoperano al massimo per ottenere le informazioni elencate dagli operatori commerciali interessati entro 12 mesi” dalla data di entrata in vigore dell’obbligo in esame. In assenza di positivo e compiuto riscontro da parte degli operatori entro tale termine, i fornitori sono obbligati a sospendere la prestazione dei loro servizi nei confronti degli operatori commerciali inadempienti “fino a quando non abbiano ottenuto da questi ultimi tutte le informazioni”.

Il fornitore della piattaforma sospende la prestazione del servizio anche nei confronti dell’operatore commerciale che omette di rettificare o non completa le informazioni rese, sino a che la richiesta non sia stata pienamente soddisfatta.

Resta fermo il diritto dell’operatore commerciale interessato dalla sospensione di presentare un reclamo, ai sensi degli articoli 20 e 21 del DSA.

La gestione della piattaforma e degli operatori commerciali

Parte delle informazioni commerciali ottenute dagli operatori commerciali dovranno essere rese disponibili dal fornitore per tutti i destinatari del servizio. In particolare, il fornitore dovrà mettere a disposizione, sulle sue piattaforme online, le informazioni di cui alle lettere a), d) ed e) “in modo chiaro, facilmente accessibile e comprensibile”. Dette informazioni devono essere “disponibili almeno sull’interfaccia online della piattaforma online dove appaiono le informazioni sul prodotto o sul servizio”.

La trasparenza è quindi un requisito fondamentale del rapporto fra utenti e operatori, e di detto compito viene incaricata direttamente la piattaforma, mediante una responsabilizzazione di tipo progettuale oltre che gestionale, simile al concetto di privacy “by-design” del GDPR.

All’art. 31 DSA, peraltro, rubricato “Conformità dal momento della progettazione” si prevede che i fornitori di piattaforma online “provvedono affinché la loro interfaccia online sia progettata e organizzata in modo da consentire agli operatori commerciali di adempiere ai loro obblighi riguardanti le informazioni precontrattuali, la conformità e la sicurezza dei prodotti ai sensi del diritto dell’Unione applicabile”.

Gli operatori, dunque, devono essere posti direttamente dalla piattaforma nelle condizioni di poter correttamente adempiere ai propri obblighi e fornire “informazioni relative al nome, all’indirizzo, al numero di telefono e all’indirizzo di posta elettronica dell’operatore economico” nonché:

  1. le informazioni necessarie per l’identificazione chiara e inequivocabile dei prodotti o dei servizi promossi o offerti ai consumatori situati nell’Unione attraverso i servizi dei fornitori;
  2. qualsiasi indicazione che identifichi il commerciante, come il marchio, il simbolo o il logo; e
  3. se del caso, le informazioni relative all’etichettatura e alla marcatura conformemente alle norme del diritto dell’Unione applicabile in materia di sicurezza e conformità dei prodotti.

Tutte le interfacce o le banche dati liberamente accessibili e leggibili dovranno essere verificate in modo casuale dal fornitore per verificare se i prodotti o i servizi offerti siano stati identificati come illegali.

Il diritto all’informazione

All’art. 32 si disciplina l’ipotesi in cui un fornitore di una piattaforma online venga a conoscenza, “a prescindere dai mezzi utilizzati”, del fatto che un prodotto o servizio illegale è stato offerto da un operatore commerciale a consumatori situati nell’Unione attraverso i suoi servizi nei sei mesi precedenti al momento in cui è venuto a conoscenza dell’illegalità del prodotto o del servizio.

In questa ipotesi, il fornitore ha l’obbligo di informare, “nella misura in cui dispone dei loro recapiti”, i consumatori che hanno acquistato il prodotto o il servizio illegale:

a) del fatto che il prodotto o servizio è illegale;

b) dell’identità dell’operatore commerciale; e

c) di qualsiasi mezzo di ricorso pertinente.

Ove il fornitore della piattaforma online “non disponga dei recapiti di tutti i consumatori interessati, egli rende disponibili al pubblico e facilmente accessibili sulla propria interfaccia online le informazioni concernenti il prodotto o servizio illegale, l’identità dell’operatore commerciale ed eventuali mezzi di ricorso pertinenti”.

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