La plenaria del Parlamento europeo giovedì 5 luglio a Strasburgo ha votato contro l’avvio dei negoziati fra Parlamento, Consiglio e Commissione Ue sulla proposta di direttiva per la riforma del copyright. Il testo tornerà a essere esaminato e votato dalla prossima sessione plenaria a settembre e, nel frattempo, potranno essere presentati emendamenti per migliorare e adeguare il più possibile le norme alla prassi del web e alle richieste dei big della rete.
Ma cerchiamo di fare chiarezza sulla questione per comprendere meglio il significato di quella che è stata fino alla vigilia del voto un capro espiatorio nella definizione dei termini della questione, impropriamente definita come “link tax”, alla luce di una riforma importante per lo sviluppo del mercato digitale europeo.
Diritto d’autore e nuovi modelli di distribuzione dei contenuti
Il diritto d’autore è oggetto di una continua riflessione originata dalle nuove opportunità messe a disposizione dalla tecnologia e dai nuovi modelli con cui i contenuti digitali vengono distribuiti e fruiti. Dal mutato scenario in cui si utilizzano le opere culturali scaturisce la necessità di una riflessione volta a verificare l’adeguatezza della legislazione esistente alla nuova realtà tecnologica e di chiarire i confini dei diritti esclusivi che, nell’universo digitale, riguardano le creazioni artistiche e letterarie e, da molto tempo ormai, anche tecnologie.
È sull’onda di tali riflessioni che la Proposta di direttiva sul copyright approvata dalla Commissione Affari Giuridici del Parlamento Europeo[1],tende ad atteggiarsi quale strumento legislativo adeguato per lo sviluppo dei contenuti online alla luce delle nuove sfide che l’innovazione digitale pone allo sviluppo del mercato unico.
Si tratta di un testo lungo, controverso, di cui ampiamente si dibatte nelle arene istituzionali, e che porta con sé l’importante compito di svelare il modo con cui l’Europa intende l’Internet.
Tra gli articoli che maggiormente preoccupano i lettori più critici della Direttiva figura l’articolo 11, desacralizzato per esigenze giornalistiche e impropriamente denominato link tax, e che costituisce senza alcun dubbio un controverso oggetto di riflessione.
Cos’è (e cosa non è) la link tax
Innanzitutto, precisiamo, si tratta di quello che con un termine caro al diritto d’autore viene definito come diritto connesso per gli editori analogo a quello già esistente per i produttori di film, i produttori discografici e gli altri operatori delle industrie creative. Chiariamo, poi, che sebbene link tax risulti essere una definizione mediaticamente di impatto, essa è giuridicamente non corretta. Quello che la proposta di Direttiva prevede non ha niente a che fare con imposizioni fiscali, ma è invece l’introduzione di una nuova forma di “equo compenso” che spetterebbe agli editori a fronte dell’utilizzo commerciale di link e snippet ai loro contenuti. Non si tratta di una tassa, ma di un compenso corrisposto per l’utilizzazione di un’opera protetta da diritto d’autore, sulla scorta dell’idea che il contributo organizzativo e finanziario degli editori nel produrre pubblicazioni di carattere giornalistico va riconosciuto e ulteriormente incoraggiato per garantire la sostenibilità dell’editoria.[2]
Ma poniamo una lente di ingrandimento sul testo dell’articolo 11 emendato dalla Commissione affari giuridici del Parlamento europeo.
Protection of press publications concerning digital uses |
1. Member States shall provide publishers of press publications with the rights provided for in Article 2 and Article 3(2) of Directive 2001/29/EC so that they may obtain fair and proportionate remuneration for the digital use of their press publications by information society service providers. |
1a. The rights referred to in paragraph 1 shall not prevent legitimate private and non-commercial use of press publications by individual users. |
2. The rights referred to in paragraph 1shall leave intact and shall in no way affect any rights provided for in Union law to authors and other rightholders, in respect of the works and other subject-matter incorporated in a press publication. Such rights may not be invoked against those authors and other rightholders and, in particular, may not deprive them of their right to exploit their works and other subject-matter independently from the press publication in which they are incorporated. |
2a. The rights referred to in paragraph 1 shall not extend to acts of hyperlinking. |
3. Articles 5 to 8 of Directive 2001/29/EC and Directive 2012/28/EU shall apply mutatis mutandis in respect of the rights referred to in paragraph 1. |
4. The rights referred to in paragraph 1 shall expire 20 years after the publication of the press publication. This term shall be calculated from the first day of January of the year following the date of publication. |
The right referred to in paragraph 1 shall not apply with retroactive effect. |
4a. Member States shall ensure that authors, receive an appropriate share of the additional revenues press publishers receive for the use of a press publication by information society service providers. |
L’articolo in questione parla chiaro: gli Stati membri dovrebbero riconoscere alle pubblicazioni di carattere giornalistico i diritti di riproduzione e comunicazione al pubblico, così da ottenere un equo e proporzionato compenso per l’utilizzo delle loro pubblicazioni da parte dei service provider, senza limitare per questo il legittimo uso privato e non commerciale delle pubblicazioni da parte dei singoli utenti. Tali disposizioni tuttavia non si applicano ai cosiddetti “hyperlink”, i collegamenti ipertestuali semplici, che riportano il semplice link al contenuto. Inoltre gli Stati membri dovrebbero garantire che gli autori ricevano un compenso adeguato in relazione alle entrate che gli editori ricevono per l’utilizzo di una pubblicazione da parte dei fornitori di servizi.
Individuazione e remunerazione dei contenuti protetti
Con la proposta di Direttiva si è cercato inoltre di offrire una soluzione tecnica atta a consentire l’effettiva individuazione dei contenuti protetti da diritto d’autore e la conseguente remunerazione. Si tratta cioè di un sistema di filtri che blocchino automaticamente la condivisione di ogni contenuto coperto da copyright, come già avviene per Youtube. In base al sistema Content ID di Youtube i video caricati sulla piattaforma vengono esaminati e confrontati con un database di file ricevuti dai proprietari dei contenuti. Spetta poi al titolare del copyright decidere cosa fare nel caso in cui i contenuti di un video di YouTube corrispondano a una delle sue opere.
Infatti all’art 13 si legge:
“Information society service providers that store and provide to the public access to large amounts of works or other subject-matter uploaded by their users shall, in cooperation with rightholders, take measures to ensure the functioning of agreements concluded with rightholders for the use of their works or other subject-matter or to prevent the availability on their services of works or other subject-matter identified by rightholders through the cooperation with the service providers.”
Tale disposizione parte dall’assunto che i provider, i quali mettono a disposizione degli utenti un grande numero di contenuti protetti da copyright attraverso accordi contrattuali con i titolari dei diritti, predispongono misure idonee atte a rendere effettiva la funzione di tali accordi per l’utilizzo legittimo di tali contenuti, senza che sia previsto tuttavia un formale obbligo di concludere tali accordi.
La direttiva, nell’imporre un sistema di filtro, fa salvo tuttavia un principio fondamentale, ampiamente pacifico sia nella giurisprudenza che nella legislazione nazionale ed europea, e che fa riferimento a quella che è denominata “safe harbour”, una clausola di salvezza, in base alla quale i provider non sono responsabili per i contenuti caricati sulle piattaforme.
Tutela del copyright e accesso alla conoscenza
Inoltre, c’è da dire, che il testo presentato dalla Commissione, è stato oggetto di emendamenti da parte della Commissione Affari Giuridici, i quali hanno portato ad esempio sia nella rubrica dell’articolo 11, che nel primo comma ad eliminare il riferimento alla voce “digitale”. Tutto il testo dell’articolo 11, infatti, racchiude in sé l’ideale dell’importante ruolo svolto dagli editori a stampa nell’investire in contenuti giornalistici di qualità e nel crearli, che è essenziale per l’accesso dei cittadini alla conoscenza nelle nostre società democratiche a prescindere dal canale digitale di cui si servono.
Un mondo quello digitale che altro non è che un’estensione di quel mondo fisico fatto di giornali da sfogliare, il cui contenuto intellettuale è da sempre protetto, difeso e remunerato dal diritto d’autore. Come già ampiamente ribadito dalle Istituzioni europee, il lavoro di giornalisti, editori e autori deve essere giustamente retribuito, che sia svolto in una redazione o a casa, che sia diffuso offline o online, che sia pubblicato con una fotocopiatrice o con un hyperlink commerciale sul web.[3]
Un quadro giuridico chiaro per la concessione di licenze
A ben vedere dunque le norme da un lato, saranno in grado di fornire chiarezza e certezze del diritto a tutti coloro che ne usufruiscono dall’altro mirano a tutelare il contenuto creativo dell’Europa che non deve essere inaccessibile, ma deve anche essere rigorosamente protetto, in particolare per migliorare le possibilità di remunerazione dei nostri creatori. Inoltre, gli editori a stampa saranno giuridicamente riconosciuti per la prima volta come titolari dei diritti, si troveranno in una posizione migliore quando dovranno negoziare con i servizi online l’uso dei propri contenuti o l’accesso ad essi e saranno maggiormente in grado di combattere la pirateria. Questo approccio fornirà a tutti gli operatori un quadro giuridico chiaro per la concessione di licenze per contenuti ad uso digitale e contribuirà allo sviluppo di modelli commerciali innovativi a vantaggio dei consumatori.
Il progetto di direttiva obbliga inoltre gli editori e i produttori alla trasparenza e ad informare gli autori o gli interpreti o esecutori dei profitti ottenuti con le loro opere. Inoltre istituisce un meccanismo per aiutare gli autori e gli interpreti ed esecutori ad ottenere una quota equa della remunerazione in sede di negoziazione con i produttori e gli editori e dovrebbe condurre ad un grado più elevato di fiducia tra tutti gli attori della catena del valore digitale.
Un’analisi delle specifiche caratteristiche del mercato
Se queste sono le premesse teoriche, l’analisi delle specifiche caratteristiche del mercato a cui si fa riferimento aiuta ancor più a inquadrare i termini della questione. Negli ultimi 10 anni, i siti di informazione di qualsiasi entità, hanno avuto la possibilità di iscriversi agli aggregatori di notizie, come Google News, Yahoo! News, Libero Pulse o Flipboard. Gli aggregatori citavano le notizie dei vari giornali, acquistando sempre più importanza, e in cambio veicolavano milioni di click ai giornali iscritti.
Quando tali aggregatori hanno iniziato ad includere sempre più informazioni fino ad integrare il titolo della news, una foto e lo “snippet”, cioè un breve riassunto del contenuto, l’incantesimo si è rotto. I lettori, riuscivano a comprendere la notizia senza approfondirne l’intera versione nel giornale di provenienza, procurando così un guadagno solo per l’aggregatore.
Perché la link tax
La link tax nasce dunque dall’idea di ammortizzare quella serie di problematiche che gli editori di giornali hanno incontrato e tuttora incontrano nel passaggio dalla stampa al digitale in termini di concessione delle licenze di utilizzo online delle loro pubblicazioni e di recupero degli investimenti effettuati. Fermo restando che l’Europa ribadisca come una stampa libera e pluralista sia essenziale per garantire un giornalismo di qualità e l’accesso dei cittadini all’informazione e dà un contributo fondamentale al dibattito pubblico e al corretto funzionamento di una società democratica. Se da un lato la tutela dei contenuti è prioritaria, dall’altro va considerato l’importante ruolo che le grandi piattaforme svolgono nell’indicizzazione degli stessi. Grandi e piccoli editori ricevono vantaggi dall’ampliamento della diffusione degli articoli, ma se i primi dispongono di tutte le risorse per sopravvivere al compenso, i secondi potrebbero subire un grave pregiudizio. Sarebbe al più una prescrizione favorevole ai grandi editori, che da anni combattono una battaglia contro i giganti del web.
A tali perplessità, si aggiunge l’interrogativo sulla portata della norma che non sembra fare distinzioni in merito al suo campo di applicazione, ad esempio: un motore di ricerca è uguale ad un sito qualsiasi? In questo senso, l’attribuzione della decisione sulla pubblicazione al proprietario della piattaforma è foriera di rischi per la libertà degli utenti.
Il nocciolo della questione
Quello della link tax è dunque un terreno di scontro molto acceso, ma animato da una dialettica costruttiva per il futuro del mercato unico digitale la cui definizione nei prossimi mesi avverrà soprattutto in sede di recepimento. Essere contrari o favorevoli alla proposta di Direttiva Europea nella declinazione della link tax non significa affatto essere contrari al diritto d’autore né non avere a cuore le sorti dell’industria creativa o di quella editoriale. È bene dunque non oltrepassare i confini della questione, trasformando il dibattito nei termini di oppositori e sostenitori del diritto d’autore. Il dibattito riguarda esclusivamente una specifica questione identificata nella proposta contro alcune patologie del mercato, con la convinzione che riforme e regole sono i presupposti necessari per lo sviluppo di un mercato equo, sostenibile e destinato alla crescita.
____________________________________________________
- Proposta di Direttiva del Parlamento Europeo e del Consiglio sul Diritto d’Autore nel mercato unico digitale, 14.9.2016 COM(2016) 593 final 2016/0280 (COD) ↑
- A questo proposito si veda il Considerando (32) della Proposta di Direttiva del Parlamento Europeo e del Consiglio sul Diritto d’Autore nel mercato unico digitale, 14.9.2016 COM(2016) 593 final 2016/0280 (COD) ↑
- Presidente Juncker, Commissione europea – Comunicato stampa, “Stato dell’unione 2016: la Commissione propone norme moderne sul diritto d’autore nell’UE per la promozione e la circolazione della cultura europea”, Strasburgo, 14 settembre 2016 ↑