Con la votazione dello scorso 29 ottobre il Senato della Repubblica ha approvato il testo della legge (AS-1721-A) di recepimento delle direttive UE, che include due norme riguardanti la tutela del diritto d’autore. Ma non così certi i contorni delle norme che il Governo emanerà in esecuzione dell’art. 9. Che giunge alla Camera corredato da tre “ordini del giorno” che impegnano l’esecutivo a valutare l’adozione di precise linee. Vediamole nei dettagli.
Direttiva Digital Single Market
La prima norma, contenuta nell’art. 8, fissa i principi e i criteri direttivi per il recepimento della Direttiva 789/2019/UE che stabilisce norme per l’esercizio del D.A. e dei diritti connessi applicabili alle trasmissioni online degli organismi di diffusione radiotelevisiva, modifica la Direttiva 93/83/CE (anche nota come “Satellite – Cavo”), come già scritto.
Il successivo Art. 9 del DDL governativo va a toccare invece i criteri da seguire per il recepimento della Direttiva DSM, il cui testo ha apportato, soprattutto nell’ambito delle c.d. “eccezioni”, significative variazioni anche ad alcune prescrizioni della Direttiva Copyright (2001/29/CE) e di quella sulle Banche di Dati (96/9/CE).
Se il voto sul provvedimento da parte di Palazzo Madama (134 favorevoli, 64 contrari e 31 astenuti) era quasi scontato con la contestuale trasmissione del testo votato alla Camera dei Deputati per l’esame in Commissione Politiche UE in sede referente (AC 2757), non così certi sono i contorni delle norme che il Governo emanerà in esecuzione dell’art. 9 che giunge alla Camera corredato da tre “ordini del giorno” che impegnano il Governo a valutare l’adozione di precise linee guida nell’attuare la Direttiva su alcune materie.
Vediamo anzitutto quali siano i principi e i criteri che sono stati adottati per l’implementazione delle nuove norme della Direttiva 790/2019/EU nel contesto del Digital Single Market, il mercato unico digitale.
Via libera per Beni culturali e didattica
In conformità al provvedimento comunitario si è proceduto anzitutto con l’ampliare le eccezioni e le limitazioni ai diritti esclusivi degli autori e dei produttori, prevedendo nell’ambito dei criteri direttivi in via di emanazione che gli atti di riproduzione e di estrazione di testo e di dati compiuti dagli organismi di ricerca e dagli istituti di tutela del patrimonio culturale per scopi di ricerca scientifica siano da considerare leciti, quando tali estrazioni e riproduzioni provengano da opere o materiali dai quali tali soggetti abbiano legittimo accesso. In tale ambito, il significato dell’accezione “istituti di tutela del patrimonio culturale” viene ad assumere la massima estensione possibile, secondo le indicazioni contenute nell’art. 9 lett. a) della Legge Comunitaria.
Sempre in riferimento alle eccezioni alla tutela del D.A. per l’utilizzazione delle opere a fini didattici, il nostro Governo, attraverso l’emanando decreto delegato, dovrà consentire liberamente l’estrazione, la riproduzione e la comunicazione al pubblico – anche transfrontaliera – in formato digitale di opere e di altri materiali protetti (incluse le banche di dati e i programmi per elaboratore).
Questa nuova eccezione, riferita ai contenuti digitali che potranno travalicare gli ambiti nazionali dei singoli stati, potrà trovare applicazione esclusivamente per finalità illustrative ad uso didattico, nei limiti di quanto giustificato dallo scopo non commerciale perseguito da chi se ne avvarrà. Inoltre, dal momento che il nostro Paese eserciterà l’opzione prevista dall’art. 5, par. 2 della Direttiva, saranno esclusi dall’eccezione stessa determinati utilizzi o tipi di opere o altri materiali, tra cui il materiale destinato principalmente al mercato dell’istruzione o gli spartiti musicali, a condizione che “siano facilmente reperibili sul mercato opportune licenze che autorizzino gli atti di riproduzione e di comunicazione al pubblico” dei suddetti contenuti, in modo da rispondere alle necessità e alle specificità degli istituti di istruzione.
Opere orfane e fuori commercio
Ulteriori criteri direttivi sono stati forniti dalla normativa interna di recepimento nell’ambito delle c.d. “licenze collettive estese”, di cui all’art. 8 della Direttiva DSM avuto riguardo alle opere fuori commercio. In tale contesto, lo Stato italiano opterà per la fissazione di specifici requisiti al fine di stabilire se un’opera sia da considerare o meno “fuori commercio” al fine della sua libera utilizzazione da parte degli istituti di tutela del patrimonio culturale.
La norma interna ha in tal senso esteso la disciplina prevista per le opere fuori commercio anche alle “opere orfane” le quali oggi – non essendo possibile identificarne i proprietari e in assenza di una loro rivendicazione da parte dei possibili ulteriori titolari – possono essere utilizzate solo da parte degli “istituti per il patrimonio cinematografico o sonoro” e dalle “emittenti di servizio pubblico”, secondo quanto prescritto dal D. Lgsl. 10 novembre 2014 n. 163 di attuazione della Direttiva 2012/28/UE del 26 ottobre 2012, a condizione che tali opere siano utilizzate “per scopi connessi alla loro missione di interesse pubblico” (Art. 69-bis LDA, comma 2).
Proseguendo nell’esame del testo del DDL comunitario, notiamo che la lett. g) dell’art. 9, introduce una norma che fissa forme di pubblicità ulteriori rispetto a quelle stabilite all’art. 10.2 (Recital 41) della Direttiva DSM a favore dei titolari dei diritti per accrescere la loro consapevolezza generale per quanto concerne la possibilità, concessa agli organismi di gestione collettiva, di concedere in licenza opere o altri materiali a terzi in conformità dell’articolo 8 della direttiva comunitaria, dando notizia delle licenze concesse ai soggetti che ne hanno fatto richiesta e degli inerenti utilizzi che li riguardano.
Il nodo dei nodi: le pubblicazioni giornalistiche
Le successive previsioni normative prese in considerazione dal disegno di legge in oggetto riguardano la “protezione delle pubblicazioni di carattere giornalistico in caso di utilizzazioni online”, tema di grande momento per lo sfruttamento illecito che ne viene fatto su taluni servizi di messaggistica e sul web più in generale. Oltre a trasferire in capo agli editori di giornali il diritto esclusivo di riproduzione e di comunicazione al pubblico online delle copie delle pubblicazioni digitali, la norma dell’art. 15 della Direttiva DSM stabilisce, al par. 5, che gli autori percepiscano una “quota adeguata” dei proventi derivanti agli editori con provenienza dai prestatori di servizi online, facendosi in tal modo riferimento agli sfruttamenti dei contenuti dei giornali da parte delle grandi piattaforme, tema già oggetto di decisioni amministrative e giudiziarie in Francia a seguito dell’implementazione della norma comunitaria in questione in tale paese.
“Estratti” e equo compenso i rompicapo da sciogliere
In questo stesso ambito, la lett. i) e la lett. l) dell’art. 9 del nostro provvedimento interno, mirano a dare – da un lato – una definizione del concetto di “estratti molto brevi”, esclusi dalla tutela per non pregiudicare la libera circolazione delle informazioni e – dall’altro – a fornire la definizione di “quota adeguata” da assegnare agli autori delle opere collettive digitali e analogiche. Sulla definizione di “estratti molto brevi” è stato approvato un o.d.g. (il G.9.102) che impegna il Governo a non considerare molto brevi gli estratti suscettibili di qualsiasi fruizione economica autonoma, ai sensi dell’art. 9.2 della Convenzione dell’Unione di Berna.
Anche il tema delle “richieste di equo compenso” previste dall’art. 16 della Direttiva DSM, cioè la questione dei minori ricavi percepiti dagli editori e dagli autori dei giornali per effetto dell’esistenza di “eccezioni” alla tutela di tali opere, è stata presa in considerazione dal nostro legislatore, il quale ha stabilito che il Governo debba stabilire la quota di compenso che debba essere riconosciuta a editori e autori per effetto di tali limitazioni ai diritti esclusivi.
Impatto su e-commerce e copyright
La lett. n) dell’art. 9 del DDL in via di approvazione tocca uno dei temi più delicati trattati dalla Direttiva DSM, quello dell’”Utilizzo di contenuti protetti da parte di prestatori di servizi di condivisione di contenuti online”, disciplinato all’art. 17 della normativa comunitaria, argomento questo che meriterebbe un’analisi approfondita dell’intero suo articolato per la profonda incidenza che tale norma può avere sulle disposizioni delle altre Direttive in materia di D.A., incluse quelle e-commerce e copyright.
Le sfide di fronte al Governo
In questa sede, ci limitiamo a evidenziare che il nostro Governo sarà chiamato a definire che cosa intenda la Direttiva quando impone ai prestatori di servizi di condivisione di contenuti online il livello di diligenza ad essi richiesto “al fine di ritenere integrato il criterio dei massimi sforzi nel rispetto del principio di ragionevolezza”. Secondo quanto indicato nell’o.d.g. G.9.101, approvato dalla Commissione, il Governo dovrà valutare nel definire i concetti di massimi sforzi e di ragionevolezza se il fornitore dei servizi in questione “abbia adottato tutte le misure che un operatore diligente adotterebbe per ottenere il risultato di impedire la disponibilità di opere o altri materiali specifici per i quali abbiano ricevuto le informazioni pertinenti e necessarie dai titolari dei diritti”.
Nel medesimo ambito, la normativa interna – avuto riguardo ai meccanismi di reclamo e ricorso, celeri e efficaci, cui sono tenuti in base all’art. 17.9 della direttiva DSM i sopra citati fornitori di servizi di condivisione online – prescrive che sia il nostro Governo a stabilire l’inerente disciplina “ivi compreso l’organismo preposto alle relative procedure”. E’ possibile quindi arguire che si tratterà di un organo amministrativo unico e indipendente dai fornitori dei servizi di condivisione.
Le ultime due norme prescrittive della Legge Comunitaria avuto riguardo alla Direttiva sul diritto d’autore nel mercato unico digitale riguardano rispettivamente: il meccanismo di adeguamento contrattuale dei compensi spettanti agli artisti, interpreti ed esecutori (lett. p) e le modalità per l’esercizio del diritto di revoca che spetta agli autori nei confronti degli editori, in base all’Art. 22 della direttiva DSM (lett. q).
Interpreti e esecutori, integrazione della remunerazione
In merito a questi temi di significativa complessità e importanza, al solo fine di fornire una visione cursoria delle norme di cui oggi ci occupiamo, merita osservarsi che per quanto concerne gli artisti interpreti-esecutori vi è la necessità che essi, oltre a ricevere informazioni aggiornate pertinenti e complete circa lo sfruttamento delle proprie opere, debbano potere percepire un’integrazione della remunerazione ove essa risulti eccessivamente bassa in base ai contratti collettivi o individuali in essere.
Parimenti, l’Art. 22 della Direttiva DSM, nel prevedere un diritto di revoca (della cessione dei diritti) agli autori in caso di mancato sfruttamento dell’opera da essi trasferita o concessa in licenza all’editore o al produttore, nella sua implementazione, dovrà individuare “modalità e criteri anche variabili” per l’esercizio di tale revoca, in base “ai diversi settori e ai generi delle opere coinvolte”.
A quanto previsto dalla normativa interna in via di approvazione, si è aggiunta la richiesta al Governo tramite l’o.d.g. G.9.100, di dare attuazione specifica all’art. 25 della Direttiva DSM (“Relazione con eccezioni e limitazioni previste da altre direttive”) nella parte in cui si prevede la possibilità di adottare disposizioni più ampie nell’ambito delle c.d. “eccezioni”, includendo nel novero di quelle esistenti in Italia la “libertà di panorama” per le opere di architettura e scultura collocate stabilmente in luoghi pubblici e l’inclusione occasionale in opere protette di materiali digitali c.d. “creativi”, fra cui rientrerebbero il digital sampling, il fan videomaking, il fan fiction writing, il mash-up.
Si attende ora il varo finale della legge da parte della Camera dei Deputati per avviare le complesse procedure di redazione dei testi delegati.