C’è una prima causa legale di artisti contro l’intelligenza artificiale. Secondo gli artisti Sarah Andersen, Kelly McKernan e Karla Ortiz, le compagnie Stable Diffusion, Midjourney, DeviantArt – e non solo – avrebbero violato i diritti di milioni di artisti, catturando online miliardi di immagini senza il consenso di chi le ha create. Sulla base di questa convinzione, i tre artisti hanno intentato una causa negli USA, promossa dall’avvocato e tipografo Matthew Butterick e dallo studio legale Joseph Saveri di San Francisco, che ha fra l’altro già in piedi un procedimento simile contro GitHub, Microsoft e OpenAI.
Diritto d’autore e opere create dall’AI, prove tecniche di tutela: le questioni aperte
La prima evidenza che emerge da questa controversia è che la tutela dei diritti potenzialmente violati dalle intelligenze artificiali sarà un tema oggetto di dibattito da qui ai prossimi anni. Il fatto che un’AI possa svolgere un’attività “creativa” pone infatti il problema della tutela del diritto d’autore sotto un duplice aspetto: definire a chi appartengono le immagini utilizzate dalle app per creare “contenuti originali” e, successivamente, chi sarà il titolare dell’immagine generata.
Per poter rispondere a questi dubbi, è innanzitutto necessario capire in che modo “imparano” e lavorano queste AI, chiamate generative proprio perché sono in grado di creare contenuti che sembrano originali: per farlo, usano una tecnica detta scraping, che consiste nel raccogliere e memorizzare le informazioni in rete – nel nostro caso immagini – per poi usarle quando e come l’utente lo richiede.
Le AI attingono ad uno o più database che contengono milioni di creazioni di artisti e fotografi: i software estraggono le immagini dal web e insegnano agli algoritmi a riconoscere schemi e relazioni in quelle immagini, così da generarne altre.
I diritti degli autori delle immagini – o fotografie – da cui le AI imparano
In uno dei suoi comunicati al riguardo, Butterick si dice convinto che questo sia un passo “verso la creazione di un’intelligenza artificiale equa ed etica per tutti” che debba necessariamente tener conto del consenso, dei crediti e di un’eventuale remunerazione per gli artisti le cui opere vengono utilizzate. In caso contrario, il rischio è quello di “inondare il mercato con un numero essenzialmente illimitato di immagini contraffatte che infliggerà danni permanenti al mercato dell’arte e degli artisti”.
Getty Images contro Stable Diffusion
Dello stesso avviso Getty Images, fra le più note agenzie fotografiche al mondo, che ha avviato un’azione legale presso l’Alta Corte di Giustizia di Londra contro Stable Diffusion: con un comunicato del 17/01/23, afferma che Stability AI avrebbe “violato i diritti di proprietà intellettuale, incluso il copyright sui contenuti di proprietà o rappresentati da Getty Images”, copiando ed elaborando illegalmente milioni di immagini, a scapito dei creatori di contenuti.
La questione, ad oggi, non è di facile risoluzione. I creatori di strumenti artistici con AI sostengono che l’addestramento dei software si basi su database di informazioni raccolte online, messe a disposizione da aziende specializzate nel settore (le più note sono l’americana Common Crawl e la tedesca Laion).
AI e dottrina del Fair Use
Le informazioni o le immagini in questione vengono cedute gratuitamente e, anche se si suppone che gran parte di questi dati siano effettivamente coperti da una qualche forma di copyright, l’idea è che l’utilità che deriva dal loro utilizzo per l’intera comunità sia tale da superare i limiti imposti dalla tutela del diritto d’autore: è questa la base della dottrina del Fair Use (di origine statunitense). In questi casi l’utilizzo è lecito se avviene senza scopo di lucro (e di fatto Common Crawl e Laion sono aziende no-profit).
Bisogna però tener conto di un duplice aspetto: in primo luogo il Fair Use non si applica nell’Unione europea e quindi bisognerebbe valutare anche l’ubicazione delle aziende titolari di questi strumenti; inoltre, le aziende che usano questi database raramente lo fanno senza scopo di lucro (un esempio? Lensa chiede agli utenti 29,99 euro per l’abbonamento annuale, oppure 2,99 per un set di 50 interpretazioni del volto).
La domanda nasce quindi spontanea: è lecito che chi ha avuto accesso a queste informazioni gratuitamente, ne tragga profitto? E soprattutto, è lecito che gli artisti e i fotografi – indubbiamente creatori di contenuti autentici – non ottengano alcuna retribuzione e alcun riconoscimento per lo sfruttamento delle loro opere?
L’AI e il futuro del lavoro creativo
Dovremo attendere le prossime pronunce giurisprudenziali: al momento non è chiaro in che direzione delibereranno le corti adite, dato che non esistono precedenti in materia. Ciò che è certo è che l’uso di queste applicazioni potrebbe costituire una minaccia concreta per alcune categorie specifiche di lavoratori del settore creativo.
Indubbiamente, bisognerà considerare che le AI non creano collage del XXI secolo. Di fatto, non memorizzano immagini in quanto tali, ma rappresentazioni matematiche di modelli relativi alle immagini a disposizione. Il software, quindi, non mette insieme frammenti di immagini, ma crea immagini da zero sulla base di queste rappresentazioni matematiche e, naturalmente, sulla base delle richieste degli utenti che utilizzano l’AI.
La titolarità dell’immagine generata dall’AI su istruzioni dell’utente
Questo dato appare fondamentale anche per la risoluzione della seconda parte del “problema”: chi sarà il titolare dell’immagine generata dall’AI su istruzioni dell’utente?
Possiamo indubbiamente ritenere che un’opera realizzata tramite AI possa godere della tutela propria del diritto d’autore, considerato che le immagini generate appaiono assimilabili ad opere di natura creativa: come sappiamo, l’utente, tramite le diverse app o piattaforme, seleziona parole chiave o un intero testo perché l’algoritmo abbia l’input necessario.
È facile escludere che il diritto di copyright sia attribuito all’AI, se non altro perché non avrebbe alcun senso ricondurre la titolarità del diritto di sfruttamento economico di un’opera al software stesso utilizzato per generarla.
Possiamo quindi ricondurre all’utente utilizzatore della piattaforma il diritto di copyright sulle immagini ottenute tramite AI? Con quali conseguenze e/o benefici in termini economici?
Prendiamo in considerazione la Convenzione di Berna per la protezione delle opere letterarie ed artistiche del 9 settembre 1886 (ratificata anche dall’Italia), o il Trattato WIPO (World Intellectual Property Organization) o, ancora, il trattato sui “Trade-Related Aspects of Intellectual Property Rights”: troveremo molteplici disposizioni che evocano il concetto di “autore”, senza mai definirne la natura umana. La tutela ha sempre ad oggetto le espressioni, le idee, i procedimenti, i metodi di funzionamento o i concetti matematici in quanto tali.
In tal senso anche la Direttiva 2001/29/CE (c.d. Direttiva Infosoc o Copyright) e la legge sul diritto d’autore italiana.
Indubbiamente chi ha elaborato queste norme non immaginava neppure lo stato dell’arte dei nostri giorni, ma definizioni di questo tipo, nel contesto attuale, fanno sì che si possa ipotizzare che l’opera tutelata sia stata realizzata non solo con l’ingegno umano, ma anche con l’utilizzo – più o meno significativo – di un’intelligenza artificiale.
I Termini di Utilizzo predisposti delle diverse piattaforme
A questo punto non resta che analizzare i Termini di Utilizzo predisposti delle diverse piattaforme – i cosiddetti TOS che l’utente è tenuto ad accettare in fase di iscrizione – che le condizioni contrattuali del servizio e, di conseguenza, anche i diritti di proprietà intellettuale sulle immagini generate dall’AI utilizzata.
Prendiamo come esempio i TOS delle maggiori piattaforme, quindi di Stable Diffusion, DALLE2 e di Midjourney:
- Stable Diffusion: Art. 6 “ […] SD non rivendica alcun diritto sull’output generato dall’utente utilizzando il modello. Sei responsabile dell’output che generi e dei suoi successivi usi. Nessun utilizzo dell’output può contravvenire a qualsiasi disposizione indicata nella Licenza.” È anche sottolineato che le immagini – o i testi – prodotti potrebbero essere molto simili ad altri contenuti generati all’AI.
- DALLE2: Art. 3 “[…] tu possiedi tutto l’Input e, soggetto al rispetto dei presenti Termini, OpenAI ti assegna tutti i suoi diritti, titoli e interessi in e verso l’Output. […] L’utente è responsabile del Contenuto, anche per garantire che non violi alcuna legge applicabile o questi Termini.”
- Midjourney: a differenza di quanto visto in precedenza, l’Art. 4 stabilisce che “[…] Utilizzando i Servizi, l’utente concede a Midjourney, ai suoi successori e assegna una licenza di copyright perpetua, mondiale, non esclusiva, sublicenziabile gratuita, esente da royalty e irrevocabile per riprodurre, preparare opere derivate di, visualizzare pubblicamente, eseguire pubblicamente, concedere in sublicenza e distribuire messaggi di testo e immagini inseriti nei Servizi o nelle Risorse prodotte dal servizio su tua indicazione. Questa licenza sopravvive alla risoluzione del presente Contratto da parte di qualsiasi parte, per qualsiasi motivo”.
Dall’analisi di questi TOS possiamo sicuramente ritenere che l’utente sia titolare e/o proprietario dell’immagine generata a partire dal proprio input.
La responsabilità degli utenti nei confronti degli autori
Tuttavia, è evidente che questa titolarità non lo renda esente da responsabilità nei difficili rapporti con gli autori delle opere utilizzate dall’AI ai fini del proprio addestramento, tanto che deve dichiararsi responsabile dei contenuti prodotti e del successivo uso a cui sono destinati, essere consapevole che potrebbero essere simili ad opere già realizzate – da altri utenti della piattaforma, ma anche da artisti autonomi.
Le piattaforme quindi, mettendo a disposizione il servizio, non si assumono alcuna responsabilità circa l’originalità e la conformità alle leggi vigenti del prodotto da loro confezionato: spetterà all’utente, una volta ottenuta la titolarità dell’immagine utilizzarla in modo conforme alla normativa vigente.
Conclusioni
È importante capire quali potrebbero essere i risvolti pratici e le conseguenze.
Se autore, artista o fotografo, vedesse su un sito un’immagine derivata palesemente da una delle sue opere, nel caso in cui effettivamente questa violazione sia dimostrabile, di chi sarebbe la responsabilità?
Sebbene non vi siano precedenti sul punto, stando all’analisi del TOS analizzati, la responsabilità potrebbe essere ricondotta anche all’utente che ha utilizzato queste piattaforme, responsabile del contenuto generato e del suo uso e sfruttamento dal punto di vista economico.
È evidente che a breve sarà necessario un chiarimento normativo o giurisprudenziale per tutelare sia i creatori delle immagini oggetto di scraping da parte dell’AI, sia gli utenti che usufruiscono di questo servizio.