L’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni ha approvato il regolamento attuativo per la certificazione degli organismi di risoluzione extragiudiziale delle controversie ai sensi dell’articolo 21 del Digital Service Act: sarà in vigore dal 15 settembre 2024 e fornirà agli utenti delle piattaforme online un sistema di tutela agile e poco costoso.
Ambito di applicazione e soggetti coinvolti
L’articolo 2 del regolamento dell’Agcom stabilisce “la procedura per la certificazione degli organismi di risoluzione extragiudiziale delle controversie tra destinatari del servizio e i fornitori di piattaforme online, nonché le modalità per lo svolgimento delle attività di vigilanza e di monitoraggio, di competenza dell’Autorità in qualità di Coordinatore dei servizi digitali in Italia, ai sensi dell’articolo 21 del Regolamento sui servizi digitali”.
Certificazione dei risolutori stragiudiziali delle controversie
In attuazione dell’articolo 21 del DSA (Digital Service Act) ogni Stato membro deve certificare dei soggetti che fungano da risolutori stragiudiziali delle controversie: sul modello, ad esempio, del Corecom per gli operatori telefonici.
Nel caso che ci occupa, l’Agcom ha individuato anche negli altri organismi di ADR (Alternative Dispute Resolution, o risoluzione alternativa delle controversie) soggetti astrattamente idonei a svolgere questa attività.
Va detto che gli organismi di ADR tra cui rientrano anche gli organismi di mediazione, usualmente non “decidono” la controversia, ma “aiutano” le parti a conciliarla in modo “amichevole”.
Estensione agli organismi di ADR (Alternative Dispute Resolution)
Di tale circostanza è ben a conoscenza anche l’Agcom, che all’allegato I al Regolamento pone alcune note esplicative sul punto.
“Nel nostro ordinamento è già presente una vasta legislazione in materia di forme alternative alla giurisdizione ordinaria di risoluzione delle controversie, che ha dato vita a un apparato complesso e strutturato di organismi, sia pubblici che privati. In particolare, oltre alle procedure messe in piedi dalle Autorità di settore per la risoluzione delle controversie relative ai servizi di pubblica utilità, esistono varie forme di certificazione di organismi ADR, quali il registro tenuto dal Ministero di Giustizia ai sensi del d. l.vo n. 28/2010 e i vari elenchi di organismi ADR in materia di consumo previsti dall’art. 141decies del Codice del consumo. Tuttavia, si tratta quasi sempre di procedure finalizzate alla ricerca di un accordo conciliativo, mentre nel caso del DSA ciò che si chiede all’organismo ADR è di esprimere una “decisione”, sebbene non vincolante. Questo comporta che gli organismi ADR che intendono essere certificati ai sensi dell’art. 21 del DSA dovranno dotarsi di una struttura in grado di gestire attività quali la raccolta di prove e documentazioni, il contraddittorio tra le parti, la redazione di una decisione con funzione eminentemente aggiudicativa, il rispetto di adeguati standard di tutela dei dati raccolti. Ciò premesso, può ritenersi che rientri nell’ambito di applicazione dell’art. 21 del DSA qualsiasi organismo, a prescindere dalla sua denominazione, pubblico o privato, istituito su base permanente, che svolge l’attività di risoluzione delle controversie attraverso una procedura ADR”.
In conclusione, anche i mediatori che si dotino di “decisori”, potranno essere certificati per la risoluzione stragiudiziale delle controversie previste dall’articolo21 del DSA.
Requisiti per la certificazione degli organismi ADR
Gli organismi che vorranno operare in questo settore dovranno soddisfare i requisiti previsti all’articolo 3 del regolamento.
“2. L’organismo ADR richiedente, ai fini della certificazione, deve dimostrare di soddisfare tutte le condizioni di cui all’articolo 21, paragrafo 3, del DSA come di seguito elencate: a) è imparziale e indipendente, anche sul piano finanziario, dai fornitori di piattaforme online e dai destinatari del servizio prestato dai fornitori di piattaforme online, ivi compresi le persone o gli enti che hanno presentato segnalazioni; b) dispone delle competenze necessarie, in relazione alle questioni che sorgono in uno o più ambiti specifici relativi ai contenuti illegali o in relazione all’applicazione e all’esecuzione delle condizioni generali di uno o più tipi di piattaforme online, per consentire a tale organismo di contribuire efficacemente alla risoluzione di una controversia; c) i suoi membri sono retribuiti secondo modalità non legate all’esito della procedura; d) la risoluzione extragiudiziale delle controversie che offre è facilmente accessibile attraverso le tecnologie di comunicazione elettronica e prevede la possibilità di avviare la risoluzione delle controversie e di presentare i necessari documenti giustificativi online; e) è in grado di risolvere le controversie in modo rapido, efficiente ed efficace sotto il profilo dei costi e in almeno una delle lingue ufficiali delle istituzioni dell’Unione; f) la risoluzione extragiudiziale delle controversie che offre avviene secondo regole procedurali chiare ed eque che sono facilmente e pubblicamente accessibili e conformi al diritto applicabile, in particolare alle disposizioni di cui all’articolo 21 del Regolamento sui servizi digitali”.
Focus su imparzialità e indipendenza finanziaria dei decisori
Interessante, tra i requisiti, quello su cui l’Agcom “spende” più attenzione, ossia l’indipendenza dei decisori.
Criteri per la valutazione dell’indipendenza
“I criteri da definire ai fini della valutazione dell’indipendenza dei soggetti deputati ad assumere la decisione della controversia riguardano, in primo luogo, la procedura per la selezione e la nomina dei “decisori”, le eventuali verifiche sui curricula, la natura del rapporto giuridico che l’organismo ADR avrà con essi, i termini e le condizioni per la cessazione dell’incarico.
Procedure di selezione e nomina
Le modalità per la nomina dei decisori da parte degli organismi ADR possono variare. È importante comunicare (oltre ai dettagli sul modello di risoluzione delle controversie) come avviene la nomina o l’impiego dei decisori del caso e le misure adottate per garantire che essi abbiano le conoscenze e le competenze necessarie, indipendenza e imparzialità. L’organismo ADR dovrà, inoltre, indicare le procedure interne funzionali a garantire l’indipendenza e imparzialità dei decisori dalle piattaforme online e dai destinatari dei loro servizi per tutta la durata del loro mandato. L’organismo dovrebbe disporre di processi e politiche chiari che prevedano la cessazione dell’incarico di chi prende le decisioni su un caso se vi sono validi motivi per farlo e anche chiarire le circostanze in ufficio possono essere risolte. Esempi di politiche e procedure potrebbero includere norme sui conflitti di interessi, norme sui termini dell’incarico, codici di condotta, dichiarazioni dei decisori del caso, ecc.
Gestione dei conflitti di interesse
La politica o le regole sui conflitti di interessi per il personale, i membri del consiglio e i decisori dei casi dovrebbero definire le azioni che devono essere intraprese e il processo che sarà seguito nelle circostanze in cui potrebbe sorgere un conflitto di interessi, ad esempio, consentendo al singolo di dichiarare il conflitto e ritirarsi dalla questione.
Modalità di remunerazione
L’articolo 21, paragrafo 3, prevede che la remunerazione dei membri dell’organo non debba essere collegata all’esito della procedura di risoluzione delle controversie. Ne consegue che la struttura delle commissioni dovrebbe essere neutrale e non favorire alcun risultato particolare. Ad esempio, i membri o i responsabili delle decisioni sui casi possono ricevere uno stipendio annuale dall’organismo ADR oppure possono ricevere una tariffa forfettaria per ogni controversia risolta, indipendentemente dal suo esito. Occorre, inoltre, garantire, che l’eventuale fornitura da parte dell’organismo di servizi diversi da quello “giustiziale” non influisca sull’ indipendenza e imparzialità dei decisori”.
Conclusioni
Il tema delle controversie tra utenti e piattaforme online è serio: sia dal punto divista economico che sotto il profilo della “censura” dei contenuti intesa in senso stretto.
Il Digital Service Act, da un lato, impone obblighi di “moderazione” – censura, appunto – alle piattaforme, ma, di contro, dota gli utenti di uno strumento semplice, veloce ed economico di soluzione delle controversie.
Per ora è solo “sulla carta”, ma c’è ed esiste e rischia di avere un impatto importante, come lo ha avuto il Corecom a suo tempo nel contesto del mercato delle telecomunicazioni.
Questo significa che quando un utente si trova bannato anche per errore dell’algoritmo – ipotesi peraltro frequente – potrà far valere le proprie ragioni con questi strumenti, oggettivamente più accessibili rispetto alla giustizia ordinaria.
Avere, poi, dei “decisori” preparati in materia, dovrebbe consentire di creare dei precedenti utili, in prospettiva, anche per la giurisprudenza ordinaria.