Digital markets act

DMA, rivoluzione Apple e non solo: ecco cosa cambia per big tech e utenti



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Entro il 7 marzo Meta, Alphabet, Apple e altre big tech dovranno conformarsi al Digital Markets Act (DMA) che mira a garantire concorrenza equa e protezione dei diritti digitali. Ecco come si stanno muovendo le piattaforme. Apple in testa: ha dovuto aprire il proprio sistema, almeno in parte

Pubblicato il 29 gen 2024

Alfredo Esposito

Studio Legale Difesa d’Autore



Comune digitale

Il 7 marzo 2024 è una data da cerchiare in rosso nel calendario del mondo dell’utenza digitale, poiché segna il termine ultimo entro il quale i gatekeepers designati dalla Commissione Europea devono allinearsi alle nuove prescrizioni del Digital Markets Act (DMA).

Stiamo vedendo primi importanti effetti in questi giorni, con Apple, che ha dichiarato di aprire per la prima volta l’iPhone a download e pagamenti di app tramite canali esterni al suo app store.

DMA: obiettivi e aziende coinvolte

Molto altro potrebbe arrivare.

Il DMA rappresenta una legislazione fondamentale dell’Unione Europea, mirata a regolamentare le grandi piattaforme tecnologiche per promuovere una competizione più equa e aperta nel mercato digitale. Questa legge è stata formalmente adottata dal Parlamento Europeo il 5 luglio 2022 e dal Consiglio il 18 luglio 2022, ed è entrata in vigore il 1° novembre 2022.
I gatekeepers sono invece le grandi corporation tecnologiche che operano uno o più servizi di piattaforma principali (CPS). Vengono altresì identificati in base alle loro dimensioni di impresa, ovvero introiti annuali uguali o superiori a 7,5 miliardi di euro negli ultimi 3 anni o valore totale delle azioni di mercato di almeno 7,5 miliardi nell’ultimo anno, al volume di dati generati e elaborati e dell’influenza sui mercati digitali e sui consumatori oltre che alla fornitura di servizi di piattaforma ad almeno tre Stati dell’UE

Ad oggi, vengono individuati come gatekeepers le multinazionali Meta, Alphabet, Amazon, ByteDance, Apple e Microsoft.

Uno degli obiettivi programmatici è evitare che queste multinazionali continuino a perseguire modelli di business non in linea con i principi europei dell’antitrust e una corretta applicazione e tutela dei diritti digitali degli utenti.

Questi cambiamenti sono in via di assorbimento dalle big tech coinvolte nel provvedimento, che stanno adattando i progetti operativi in fase modificativa (Apple) o espansiva (Spotify).

DMA: l’impatto su Apple

Il sistema chiuso di Apple, che fino ad ora ha contribuito sia alla fascinazione del prodotto che alle critiche dei sistemi open, non sarà in vigore dal prossimo aggiornamento iOS.
Apple introdurrà, in quanto obbligata ad introdurre, nuove opzioni per la distribuzione di app iOS da marketplace alternativi, permettendo agli sviluppatori di offrire le loro applicazioni per il download da fonti diverse dall’App Store, intraprendendo un cambiamento sostanziale rispetto alla politica precedente.

La grande fetta di mercato legata ai servizi di pagamento (PSP) sarà altresì interessata, con l’introduzione di servizi alternativi all’interno delle app per beni e transazioni.

Possedere le “chiavi di accesso” rende il gatekeeper simile ad un proprietario terriero che può, in funzione di un provvedimento impositivo, trovarsi a dover garantire una servitù di passaggio per gli avventori che vogliano avvalersi di uno spazio altrui. Tale obbligo comporterà comunque l’adattamento del sistema alle sopravvenute necessità.

I possibili rischi per gli utenti

L’introduzione delle nuove funzionalità, infatti, condurrà a dei rischi significativi per gli utenti, legati in particolare a malware, frodi e l’introduzione di contenuti dannosi.

O almeno così dichiara Apple.

Apple ha già previsto l’integrazione di vari strumenti di protezione, come la già annunciata verifica delle app iOS e l’autorizzazione per gli sviluppatori di marketplace, in linea con il principio generale del DMA di garantire la sicurezza e la protezione dei consumatori.
Nel concreto, questi controlli saranno soggetti ad un pagamento relativo al costo di gestione, una commissione dimezzata rispetto a quella per chi transita su Apple Store.

La conformità di questo costo di gestione al DMA e alle normative europee dipenderà dalla circostanza che rifletta spese reali e non agisca invece come un disincentivo per l’uso di marketplace alternativi. Il criterio da adottare al fine di comprendere se ci si trovi di fronte ad un aggiramento della compliance sarà quindi sarà quindi quello della “proporzionalità”.

Da un punto di vista di macroanalisi del modello di business, l’evidente aumento dei costi dovuti alla cybersecurity porterà probabilmente ad alzare verso l’alto il costo di accesso previsto del gatekeeper, con un plausibile proporzionale innalzamento del criterio di proporzionalità.

Facebook e Instagram: cosa cambia

Per ciò che concerne le altre big tech: Meta, il colosso tecnologico che gestisce piattaforme come Facebook e Instagram, ha recentemente annunciato che permetterà agli utenti dell’UE di scollegare i loro account tra i vari servizi offerti, al fine di evitare che vi sia un passaggio di dati senza uno specifico ed attualizzato consenso.

Gli utenti potranno infatti scegliere di mantenere i loro account di Instagram e Facebook collegati o separati, impedendo l’uso delle loro informazioni attraverso account diversi. Meta dovrà invece fornire agli utenti una “scelta specifica” per optare per la non condivisione di informazioni personali e dati tra i diversi servizi core della piattaforma o tra i servizi gestiti dai gatekeepers.

DMA: cambiamenti in vista anche per Spotify

Spotify, pur essendo un gatekeeper e quindi soggetto a sua volta agli inquadramenti giuridici del Digital Markets Act, ha comunicato alla propria utenza di vedere con favore la nuova normativa.
Con l’entrata in vigore del DMA, Spotify avrà infatti la possibilità di introdurre una serie di innovazioni significative che potrebbero aprire nuove porte per la piattaforma. La possibilità di operare pagamenti in-app, o comunicare direttamente con gli utenti su abbonamenti, prezzi dei prodotti, offerte e promozioni, potrebbe essere un’occasione per aumentare l’engagement e la visibilità delle sue offerte.

Sarà importante verificare come questi preannunciati aumenti di offerta ricadranno non solo sul consumatore finale ma anche, nel caso di Spotify, nei confronti della grande massa di creators, musicisti, podcast e narratori di audiolibri, che continuano a lamentare scarsi ricavi dagli streaming on line.

Conclusioni

Pur con un’evidente ma necessaria lunga programmazione, i macroprocessi di tale entità, come l’adattamento a livello continentale delle nuove norme a un mondo digitale che fino a qualche decennio fa non era pensabile, richiedono tempo. Stiamo assistendo, di fatto, ad un ulteriore cambiamento effettivo che colloca l’Europa come baluardo contro giganti economici con poteri enormi, in un momento storico in cui si sta facendo collettivamente straa la necessità di norme comuni sempre più adattabili al contesto digitale.
Uno tra i grandi intenti del DMA è quello di fornire strumenti efficaci per garantire una reale applicazione dell’antitrust, con uno strumento che funzioni ex-ante e non solo ex-post, in funzione di una più fluida concorrenza di mercato.
In questa prospettiva, il Digital Markets Act sta già dispiegando i suoi effetti, costringendo, favorevolmente o meno, i gatekeepers presenti ed in fieri a doversi confrontare con nuovi modelli di business e a dover trovare nuove modalità per rimanere competitive nel mercato europeo.

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