obiettivo perdite zero

Droni per la difesa: quali norme per un uso sicuro? Proposte e prospettive

I droni svolgono, e lo faranno sempre più, un ruolo strategico nel settore della difesa, ma nonostante il crescente efficientamento tecnologico, gli apparati militari di tutti gli Stati che li usano non sono riusciti ancora a raggiungere l’obiettivo “perdite zero”. Ecco quali sono i problemi e i possibili sviluppi

Pubblicato il 08 Nov 2021

Sabatina De Fusco

junior analyst Hermes Bay

Giorgio Iorio

junior analyst Hermes Bay

droni militari - tech e difesa

Dopo la ritirata ufficiale delle truppe statunitensi dall’Afghanistan, sono iniziate le riflessioni generali sull’efficienza e sull’efficacia delle azioni d’attacco messe in atto durante il conflitto e in particolar modo sugli attacchi da remoto con i droni.

Rapporti e analisi divulgati dal Pentagono e dalla CIA stanno facendo emergere, nel dibattito pubblico, dei dubbi sulla reale efficacia degli attacchi con questi velivoli a pilotaggio remoto, soprattutto a causa dell’elevato numero di vittime civili coinvolte. Il Presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, ha ribadito nelle ultime riunioni sulla difesa la volontà di ridurre al massimo l’utilizzo di militari al di fuori del territorio americano e di utilizzare in forma sempre crescente dove necessario operazioni antiterrorismo “oltre l’orizzonte” con l’obiettivo di ridurre il bilancio della guerra sugli americani.

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Droni in scenari di guerra: i temi sul tavolo

I temi di maggior interesse per l’opinione pubblica, con un’ottica di lungo periodo e un utilizzo sempre crescente dei droni, risultano essere l’efficienza e l’efficacia del reperimento e della trasmissione dati, le azioni di sorveglianza, di mitigazione degli ingaggi, di realizzazione degli obiettivi, di riduzione delle vittime civili e dei danni collaterali.

Questo perché, nonostante il crescente efficientamento tecnologico, ad oggi gli apparati militari di tutti gli Stati utilizzatori di tale tecnologia non sono riusciti ancora a raggiungere il principale obiettivo che l’industria degli armamenti si era prefissato con l’introduzione dei droni militari, ovvero, “Perdite Zero”. Ciò però non deve trarre in inganno in quanto molti altri obiettivi sono stati raggiunti e, fattore più rilevante, grazie a questa tecnologia è stato possibile sventare molti attentati ed eliminare leader di organizzazioni terroristiche.

Gli utilizzi futuri dei droni in operazioni di sicurezza

È dunque possibile affermare che, come tutte le tecnologie, negli anni a venire anche gli UAV saranno ottimizzati e tenderanno ad avvicinarsi sempre di più all’obiettivo delle “Perdite Zero”. Inoltre, gli stessi UAV verranno utilizzati non solo in territori di guerra ma anche nel segmento intelligence, sorveglianza, ricognizione e targeting (ISRT), al fine di svolgere operazioni di sicurezza all’interno dei territori nazionali.

Per aumentare l’impiego di droni per tali scopi, gli Stati stanno stanziando crescenti risorse per i budget della difesa, segnale che il comparto UAV acquisirà un’importanza strategica ancora maggiore. I paesi più attivi in tal senso sono gli Stati Uniti, la Cina, l’India e la Russia.

Un ulteriore fattore, condiviso sia dai governi che dall’opinione pubblica occidentale, risulta essere una certa riluttanza a inviare nei teatri militari i propri soldati “boots-on-the-ground”, e ciò porta inevitabilmente a un maggior impiego di droni.

Le proposte Ue per un uso sicuro dei droni

Dal punto di vista legale ed economico, è opportuno considerare che non sarebbe conveniente per nessuno Stato manipolare i dati degli ingaggi con UAV, nello specifico quelli dei soggetti colpiti, del numero di vittime o delle modalità di utilizzo. Per tale ragione è improbabile che le grandi potenze militari possano spingersi a tanto.

Cionondimeno, per mitigare tale rischio, l’Unione Europea già nel 2015 ha presentato la proposta di risoluzione del Parlamento Europeo sull’uso sicuro dei sistemi aerei a pilotaggio remoto (RPAS – UAV), specificando l’importanza di una normativa a livello mondiale che sia chiara, armonizzata e proporzionale, su una base di rischio valutato, evitando regolamentazioni sproporzionate per le imprese che scoraggerebbero gli investimenti e l’innovazione nel settore dei RPAS. Nonostante ciò, ad oggi non sono stati ancora fatti passi avanti a riguardo.

Quali norme per regolare le attività dei droni?

Il problema principale risiede nel fatto che le norme che regolano le attività dei droni sono di difficile applicazione ai conflitti contemporanei. Occorre quindi fare una distinzione tra targeted killing durante le azioni di guerra, a cui si applica il diritto umanitario, e quelli eseguiti al di fuori delle ostilità, ad esempio durante operazioni di law enforcement, a cui si applicano i diritti umani e in generale il diritto penale. Ciò che è lecito in un caso può non esserlo nell’altro. La Corte di Giustizia Internazionale e la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo hanno più volte affermato e confermato che il diritto alla vita non cessa in tempo di guerra.

Anche dal report “Use of armed drones for targeted killings” delle Nazioni Unite emerge che ad oggi meccanismi di vigilanza internazionale non sono stati in grado di affrontare la situazione. L’Istituto delle Nazioni Unite per la ricerca sul disarmo ha infatti riscontrato l’urgente necessità di affrontare la mancanza di trasparenza, supervisione e responsabilità per l’uso di droni armati.

Conclusioni

Alla luce di quanto affermato, è legittimo suppore che il settore degli UAV subirà una crescita costante e significativa in tutte le aree del mondo, sia dal punto di vista applicativo per le azioni di guerra o di sorveglianza interna, che, di conseguenza, normativo. L’impiego di tali sistemi d’arma resterà funzionale al raggiungimento dell’obbiettivo delle “Perdite Zero”, soprattutto grazie alla crescente applicazione dell’Intelligenza artificiale nel suddetto settore.

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