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È lo smartphone il cuore della nuova corsa ai satelliti

Far parlare il nostro dispositivo personale con lo spazio, dove non ci sia né wifi né rete mobile. Per ora siamo solo messaggi di soccorso, domani chissà. Apple in prima file in un business che si va affollando di attori. Ma le difficoltà da superare sono ancora tante. E la sfida è appena cominciata

Pubblicato il 08 Nov 2022

Maurizio Stochino

Consulente ICT - Esperto di Sicurezza Informatica

The Soyuz TMA-16 spacecraft approaches the International Space Station, Oct. 2, 2009. Original from NASA. Digitally enhanced by rawpixel.

Da qualche tempo a questa parte le grandi società satellitari hanno fissato un obbiettivo piuttosto “succulento” per i loro futuri business: il mercato degli smartphone. Quella che è definita da molti come una vera e propria “corsa allo spazio” intravede tutto il potenziale delle reti satellitari applicate ai telefoni cellulari.

STARLINK satellites train seen from earth - SpaceX Elon Musk

STARLINK satellites train seen from earth - SpaceX Elon Musk

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Dal palmo di una mano allo spazio

È da inquadrare in quest’ottica la funzione per iPhone 14 ‘Emergency SOS via satellite’, attiva dal mese di novembre, con cui il colosso Apple vuole consentire agli utenti di qualsiasi parte degli Stati Uniti e del Canada (più avanti riguarderà anche coloro che visiteranno le due nazioni) di inviare messaggi di soccorso ai servizi di emergenza in mancanza di copertura Wi-Fi e cellulare.

Per sviluppare questa funzionalità l’azienda con sede a Cupertino ha versato circa 230 milioni di dollari a Globalstar Inc., ovvero una società satellitare americana fondata nel 1991 il cui sistema è improntato su una costellazione di satelliti a bassa orbita (LEO). Ancora non si hanno notizie sulla tariffa che verrà applicata per ‘Emergency SOS via satellite’ alla scadenza dei due anni totalmente gratuiti offerti agli utenti.

Apple e non solo

Non è solo Apple ad essere fortemente interessata alle potenzialità del business inerente gli smartphone satellitari. Un’altra azienda leader del settore, ovvero Huawei Tecnologies Inc., sostiene di aver prodotto cellulari di ultima generazione capaci di inviare messaggi di emergenza unidirezionali sfruttando il sistema di posizionamento satellitare BeiDou, sviluppato dagli ingegneri della Repubblica Popolare Cinese.

Non tutte queste società, però, hanno deciso di uscire allo scoperto. Stando alle dichiarazioni ufficiali di una delle maggiori rivali di Globalstar, Iridium Communications Inc., un’altra importante azienda di cui non è stato ancora divulgato il nome avrebbe cominciato a produrre smartphone compatibili con uno dei servizi della società satellitare stessa.

Difficile, comunque, che le innovazioni tecnologiche attuali permettano di effettuare a breve operazioni come la chiamata o la connessione senza interruzioni. Lo stesso a.d. di Iridium Matt Desch si è dimostrato piuttosto perplesso in questo senso, ipotizzando la reale fattibilità di questo ‘upgrade’ soltanto nel giro di qualche anno.

Lo Spazio, prima e dopo SpaceX: come Elon Musk ha cambiato industria e mercato

Una fetta di mercato che chiama investimenti miliardari e fusioni

Aggiudicarsi l’esclusiva del mercato degli smartphone, o anche solo una piccola porzione di questo business, è il classico “gioco che vale la candela”. In quest’ottica sono giustificati esborsi di miliardi di dollari da parte di grandi imprenditori o società satellitari che in queste operazioni finanziarie non investono solo i budget societari ma anche la propria credibilità e la propria reputazione.

Oltre alle multinazionali già tirate in ballo è da menzionare, in questo senso, la figura del famoso magnate Elon Musk. Stando a quanto dichiarato dalle parti in causa, è stata avviata una fusione tra SpaceX, l’azienda aerospaziale di proprietà dello stesso Musk, e la compagnia telefonica mobile statunitense T-Mobile Us Inc.

La finalità di questa sinergia è quella di rendere la costellazione di satelliti Starlink compatibile con la rete della stessa T-Mobile. Secondo i piani delle due società questo servizio sarà testato entro la fine del 2023.

Un’altra fusione mirata al mercato degli smartphone è quella tra Inmarsat Inc., società leader in campo delle comunicazioni mobili satellitari globali, e l’azienda spaziale Viasat Inc. A detta dei portavoce delle società quest’operazione dovrebbe consentire, grazie alla cooperazione e alla combinazione delle rispettive competenze e maestranze, un’alta competitività nel quadro della cosiddetta ‘corsa allo spazio’.

A muovere grandi passi in questa direzione sono anche startup come Lynk Global Inc., Omnispace LLC e AST SpaceMobile Inc.

Detto questo, c’è da fare una doverosa premessa. Perché questi ambiziosi progetti abbiano una minima possibilità di andare in porto è necessario che le società riescano ad implementare ed evolvere le proprie tecnologie in modo da garantire in scala globale i servizi satellitari applicabili agli smartphone.

Tutte le sfide delle società satellitari

Tutti gli interpreti di questa corsa allo spazio devono fare i conti con una serie di aspetti non trascurabili che rendono idea su quanto possa essere irto di difficoltà il percorso che li aspetta.

Il nodo dell’hardware

Nella fattispecie va considerato, per esempio, il funzionamento dell’attuale telefono satellitare. Quest’ultimo, perché possa effettivamente svolgere le proprie funzioni, necessita di una batteria di notevoli dimensioni e di grandi antenne per supportarne il traffico.

Sarà una vera e propria sfida, per gli imprenditori, anche solo potenziare gli smartphone e sviluppare una tipologia più evoluta di satellite per permettere all’utente di gestire i dati ad alta velocità provenienti dallo spazio.

Servono grandi investimenti

Allo stesso modo è una sfida non indifferente migliorare la tecnologia satellitare e rendere meno onerose tutte le spese relative ai lanci in orbita dei razzi spaziali. Sembra abbastanza chiaro, però, che questi step siano raggiungibili solamente attraverso gravosi investimenti finanziari.

Il costo delle orbite terrestri più basse

Un altro dato piuttosto emblematico è lo scarto che intercorre tra la velocità delle funzionalità e degli applicativi più moderni di Internet e quella che si impiega perché un singolo segnale sia inviato da un satellite all’altro (oltre i 500 millisecondi).

La scelta di alcune società di colmare questo gap tramite l’utilizzo di orbite terrestri più vicine alla superficie non è priva di controindicazioni. Alcune zone della magnetosfera come la Fascia di Van Allen richiedono l’impiego di specifiche (e costosissime) attrezzature predisposte per resistere agli effetti delle radiazioni solari.

Per avere un’idea ancora più precisa di quanto sia complessa la situazione basti pensare all’enorme quantità di satelliti (veri e propri ‘sciami’) che devono dispiegare le varie società per coprire le orbite necessarie a rimanere in contatto con i propri clienti.

Solo per accontentare gli utenti che utilizzano sms ed altre funzioni telefoniche per gare in fuoristrada o per viaggi in nave o aereo, tanto per fare un esempio, aziende come Globalstar o Iridium devono mantenere efficienti diverse decine di satelliti.

E servono altri satelliti in cielo

Anche la già citata società Starlink deve sostenere costi piuttosto onerosi anche solo per il funzionamento dei satelliti (in questo caso parliamo addirittura di migliaia). In questo caso specifico la situazione è resa ancora più complicata a causa di alcune particolari circostanze.

A fronte dei 3000 satelliti già attivi all’inizio di ottobre, si è verificata la diminuzione della velocità di download delle connessioni a banda larga garantite da Starlink in quei paesi dove si è registrato un considerevole sovraffollamento della clientela.

Più che trincerarsi nel silenzio, come ha già fatto il portavoce di Starlink interrogato in merito alla questione, serviranno altre centinaia di satelliti per coprire tutto il fabbisogno di connessioni a banda larga.

Molte società aerospaziali stanno studiando alcuni sistemi per soddisfare le esigenze dei possessori di dispositivi che sfruttano i ripetitori cellulari a pochi chilometri di distanza. Le soluzioni ideali sono rappresentate da satelliti a basso costo capaci di raccogliere i segnali deboli del numero più alto di dispositivi possibile.

Quando l’ostacolo maggiore è costituito dalle normative

Come se progettare nuove tecnologie e reperire nuovi corposi capitali da investire non fosse già abbastanza faticoso, a ergersi tra gli investitori satellitari e il business dello smartphone ci sono i paletti rappresentati dalle normative nazionali e internazionali.

Le aziende satellitari devono innanzitutto rivolgersi all’ITU, ovvero l’International Telecommunication Union (in italiano Unione Internazionale delle Comunicazioni). Si tratta di un’organizzazione internazionale, una sorta di ‘costola’ delle Nazioni Unite, che ha il compito di regolare e sovraintendere alla registrazione delle flotte satellitari di cui dispongono le varie società.

Licenze più facili per le Big Tech

Ma se il primo passaggio, ovvero presentarsi all’ITU per registrare le proprie flotte, non presenta particolari difficoltà, lo stesso non si può dire per quanto riguarda la fase successiva e altrettanto cruciale, quella dell’ottenimento della licenza presso le nazioni il cui territorio deve ospitare i satelliti.

Spesso le agenzie di questi paesi attuano la politica di privilegiare quelle società che hanno già ottenuto licenze di questo tipo a discapito delle startup che formulano questa richiesta per la prima volta. La preoccupazione maggiore delle nazioni più ‘ritrose’ in questo senso è il pericolo che le nuove flotte di satelliti possano interferire con quelle già esistenti e danneggiarne il funzionamento.

Questa dinamica ha di fatto favorito aziende come Iridium, SpaceX e Globalstar, che hanno finito per accumulare un gran numero di licenze per agevolare tutti quei dispositivi in grado di inviare segnali tramite le basse frequenze.

Il rischio dei detriti orbitali

La corsa allo spazio che vede lo smartphone come obbiettivo finale delle grandi multinazionali satellitari è caratterizzata da un’altra, non irrilevante, incognita: quella dei detriti orbitali.

Si intendono tutti quei detriti e satelliti morti che, non essendo ancora caduti sulla Terra, viaggiano a grande velocità nell’orbita terrestre bassa. Con il rischio, piuttosto alto, di entrare in collisione con i satelliti funzionanti, con tutti i danni e le conseguenze che ne derivano.

Tra le normative studiate per scongiurare questi incidenti c’è quella di limitare a 5 anni il posizionamento dei satelliti nell’orbita bassa, facendo sì che vengano mandati alla deriva o spostati in una diversa zona alla scadenza di questo periodo.

Il crac finanziario è sempre dietro l’angolo

Come in ogni altro settore finanziario, anche i business satellitari possono essere motivo di clamorosi flop e dissesti economici.
Tra i vari casi verificatisi in un recente passato c’è quello di Teledetico, una flotta satellitare finanziata da Bill Gates e da un secondo magnate delle telecomunicazioni, Craig McCaw.

Quello che doveva essere uno degli affari più importanti dell’inizio del ventunesimo secolo si è arenato nel momento in cui il terzo partner del progetto, Motorola, ha deciso di ritirarsi dall’operazione.

Un altro grave caso di fallimento ha visto come protagonista la startup TerreStar, che a seguito di un’istanza fallimentare è stata inglobata dalla potente compagnia televisiva Dish Network Corp.

A volte rischiano anche i giganti

Anche veri e propri ‘titani’ del business satellitare come Globalstar e Iridium hanno conseguito gravi perdite, tanto da far sfiorare loro il pericolo della liquidazione. Tutto questo non è avvenuto solo grazie alle istanze fallimentari, che hanno permesso che le due società alleggerissero le rispettive posizioni debitorie.

Ci sono invece altri protagonisti della scena internazionale che, pur non essendo ancora andati incontro a particolari tracolli, non nascondono la presenza di qualche ‘affanno’ di troppo.

È il caso del portale Amazon, i cui vertici non hanno dissimulato la loro preoccupazione per l’importo di 10 miliardi di dollari che costerà loro l’allestimento della rete di 3.200 satelliti. Neanche l’onnipresente Elon Musk ha fatto nulla per nascondere il fatto che Starlink potrà generare veri utili nel momento in cui verranno ridimensionate le spese dell’invio dei satelliti in orbita.

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