La rubrica dell’ICPC

eCommerce: i nodi della “dual distribution” nel nuovo Regolamento sugli accordi verticali

La dual distribution, oltre a qualificare un rapporto “verticale”, ha anche una dimensione “orizzontale”: quando un fornitore vende i propri prodotti al dettaglio, infatti, opera in concorrenza con i suoi stessi distributori. Ecco cosa prevede la nuova disciplina europea per la valutazione antitrust degli accordi verticali

Pubblicato il 06 Lug 2022

Nicola M. F. Faraone

ICPC-Innovation, Regulation and Competition Policy Centre, Università Europea di Roma

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È entrata in vigore (dal primo giugno 2022) la nuova disciplina europea per la valutazione antitrust degli accordi verticali (costituita dal Regolamento n. 2022/720 e dalle relative Linee Guida: “Nuovo VBER”), che si propone di modernizzare le regole e adattarle al decennio digitale.

L’assunto di base è invariato. Gli accordi che intervengono ai diversi livelli della catena produttiva consentono di generare efficienze e razionalizzare i processi produttivi e distributivi. A meno che non intervengano determinate circostanze (legate al potere di mercato detenuto dalle parti o al tipo di restrizione prevista dall’accordo), quindi, viene confermata la presunzione di legittimità e compatibilità antitrust degli accordi verticali sottoscritti tra imprese con quote di mercato inferiori al 30% (safe harbour).

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Le novità per l’eCommerce

Le novità si concentrano sull’eCommerce e riguardano essenzialmente (i) le vendite online e (ii) i sistemi distributivi duali, in cui un fornitore si serve sia del canale diretto (e.g. il proprio sito Internet) che di quello indiretto (ad esempio, di un network di retailer terzi) per distribuire i suoi prodotti.

Ebbene, la dual distribution, oltre a qualificare un rapporto “verticale”, ha anche una dimensione “orizzontale”: quando un fornitore vende i propri prodotti al dettaglio, infatti, opera in concorrenza con i suoi stessi distributori. Inoltre, alimenta flussi di informazioni commercialmente sensibili, che attirano l’attenzione delle autorità garanti di concorrenza. Perché un’eccessiva trasparenza sulle reciproche strategie commerciali può compromettere il livello di concorrenza a livello retail.

White list e black list

Nell’ottica di riequilibrare i rapporti sul mercato e rafforzare la correttezza dei rapporti, la Commissione ha deciso di confermare anche per i circuiti informativi il beneficio dell’esenzione, a patto che questo sia necessario all’attuazione dell’accordo e a migliorare processi produttivi o distributivi. Per agevolare l’attuazione del Nuovo VBER, alcuni flussi informativi sono ritenuti generalmente ammessi (“white list”) e ce ne sono altri il cui scambio si presume, invece, non necessario (“black list”). Figurano nella white list, ad esempio, le informazioni relative alla logistica, alle abitudini d’acquisto dei consumatori, al marketing e alle performance di vendita, oltre alla possibilità di condividere listini di prezzi massimi o raccomandati. Viceversa, si presume non necessario e potenzialmente dannoso per la concorrenza (black list), ad esempio, lo scambio di informazioni relative ai prezzi che il distributore e il brand intendono applicare per le vendite al dettaglio o all’identità dei clienti. Per minimizzare eventuali rischi concorrenziali, la Commissione europea ha identificato alcune precauzioni, come lo scambio in forma aggregata o il ricorso a firewall interni volti a evitare che le informazioni provenienti dai distributori circolino verso le divisioni interne deputate alla gestione del canale di vendita diretto.

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Cosa è escluso dal beneficio del safe harbour

Viceversa, la Commissione europea esclude dal beneficio del safe harbour gli scambi di informazioni tra fornitore e acquirente non direttamente connessi all’esecuzione dell’accordo verticale o necessari per migliorare la produzione o la distribuzione dei beni o servizi oggetto del contratto o, ancora, relativi a imprese il cui rapporto di concorrenza orizzontale potrebbe essere influenzato da tale commistione informativa. Allo stesso modo, la Commissione ha precisato che non rientrano nella “zona di sicurezza” gli accordi verticali relativi alla fornitura di servizi di intermediazione online in cui il fornitore concorra sul mercato rilevante per la vendita dei beni o servizi oggetto dell’intermediazione (art. 2, par. 6, Nuovo VBER).

In un’ottica di maggiore chiarezza, poi, la Commissione estende il beneficio del safe harbour a grossisti e importatori che operano con la duplice distribuzione, recependo così una prassi ormai diffusa e consolidata.

Conclusioni

Il Nuovo VBER, in conclusione, adatta e modernizza le regole anche in relazione alla fase successiva della relazione contrattuale con i retailer, assicurando, così, un’applicazione uniforme della disciplina negli Stati membri, consentendo una migliore protezione dei sistemi di distribuzione selettiva ed esclusiva e chiarendo, in ultima istanza, il trattamento relativo alla fissazione verticale dei prezzi.

*Questo articolo è parte della rubrica “Innovation Policy: Quo vadis?” a cura dell’ICPC-Innovation, Regulation and Competition Policy Centre

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