Tra il 2020 e il 2022, in Cina si è consumata una massiccia campagna di regolamentazione contro il settore delle piattaforme online ecommerce, con dozzine di provvedimenti che si sono affastellati a breve distanza l’uno dall’altro. Oggi, molti osservatori si chiedono il perché di un’offensiva così invasiva. Per taluni, questa ondata normativa va ricondotta ad una repressione tecnologica, guidata dalle preoccupazioni dell’élite politica del Partito comunista cinese (Pcc) e da vendette personali.
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In sostanza, potrebbe essersi trattato di un tentativo del Governo centrale di ristabilire il controllo su un settore economico che era sfuggito alla rigida regolamentazione a cui sono soggette la maggior parte delle imprese cinesi. Anche l’attenzione giornalistica si è concentrata solo sulle personalità coinvolte: il “Crackdown” – si è detto – è un tentativo del Segretario Generale del Pcc, Xi Jinping, di tarpare le ali ai miliardari tecnologici della Cina, Jack Ma su tutti.
Per altri, invece, ci sarebbe una spiegazione più ampia degli accadimenti. Si sarebbe trattato di un fenomeno molto più complesso “che sfida ogni spiegazione in termini mono causali o riduzionistici”, afferma in un recente studio Rogier Creemers dell’Università di Leiden nei Paesi Bassi. Basandosi sulla nozione di grand steerage del noto economista Barry Naughton, l’autore sostiene che la grande rettifica legislativa “manifesta diversi cambiamenti politici di alto livello e cambiamenti socio-economici dell’ultimo decennio”.
Forse la cosa più importante è il passaggio dal dare priorità alla crescita del PIL, verso una visione più ampia dello sviluppo come parte della teoria della nuova era di Xi Jinping, la quale ha promosso slogan politici come “prosperità comune” e “limitare l’espansione disordinata del capitale”.
Per Creemers, le dozzine di misure legislative, regolamentari, politiche ed esecutive, rivelano sei ragioni principali che hanno guidato l’intervento normativo, ossia:
- limitare il rischio macroeconomico,
- mantenere un controllo effettivo dei contenuti online,
- porre rimedio ai fallimenti e agli squilibri del mercato,
- affrontare le preoccupazioni sociali emergenti,
- imitare l’esposizione ad avversari stranieri,
- contribuire all’agenda dello sviluppo tecnologico.
Sono elementi di una disamina che, secondo Creemers, “formano un nuovo paradigma completo per la governance delle piattaforme digitali, in cui le aziende devono interiorizzare i costi sociali percepiti e le esternalità negative dei loro modelli di business e in cui rimangono fedeli cittadini aziendali del Partito-Stato”. Per inquadrarli meglio occorre approfondirli.
Gestione del rischio macroeconomico
Creemers identifica il primo obiettivo della rettifica normativa nel bisogno di rispondere alle crescenti sfide poste dalla fiorente industria Fintech. In particolare, questo settore era in grado di fornire servizi finanziari innovativi per il consumatore che il settore bancario tradizionale non offriva, con le autorità di regolamentazione sempre più preoccupate per l’influenza della Fintech sull’allocazione del credito e sull’offerta di moneta.
La stessa People’s Bank of China, la banca centrale cinese, nel suo rapporto sulla stabilità finanziaria per il 2020 ha richiamato l’attenzione sugli elevati livelli di leva finanziaria dei prestiti online. Una riunione del Politburo sul lavoro economico nel dicembre 2020 ha deciso di affrontare “l’espansione disordinata del capitale”.
Le nuove norme, quindi, hanno innalzato i contributi minimi per i prestiti online, nonché i requisiti patrimoniali e di leva finanziaria, vietando i finanziamenti online interprovinciali. Inoltre, la percentuale di prestiti che una banca poteva emettere tramite piattaforme online era limitata al 50% dell’intero portafoglio. In breve, gli strumenti e le tattiche di gestione del rischio del settore bancario sono stati estesi alle loro controparti online ed anche l’uso online della parola “banca” è stato regolamentato.
Successivi interventi hanno poi portato ad un divieto totale del mining e dell’utilizzo delle criptovalute e di altri token virtuali. La ragione dichiarata di ciò risiedeva sia nell’elevato consumo energetico di queste valute, sia nel fatto che le stesse venivano spesso utilizzate per transazioni losche ed illegali. I token non fungibili (Nft) – i prodotti che si basano su tecnologie simili alle criptovalute – rimangono invece legali sulle piattaforme di trading online.
Le tre associazioni di settore dirette dallo Stato, però, la National internet Finance association, la Banking association e la Securities association, hanno pubblicato linee guida sulla prevenzione dei rischi finanziari legati agli Nft, richiedendo ai loro membri di separarli dai servizi finanziari, di astenersi dal finanziare i loro acquisti e di verificare le identità degli acquirenti.
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Controllo dei contenuti online
Per Creemers, il massivo intervento normativo è anche parte del repertorio di pratiche e tattiche che il Pcc ha sviluppato per mantenere un ferreo controllo sui contenuti on line. Nell’ultimo decennio, infatti, Xi Jinping è riuscito ad imporre all’interno della Nazione un modello sociale di tecno-nazionalismo digitale basato sul controllo di notizie ed informazioni e sulla sorveglianza online dei suoi cittadini.
Da quando la Cyberspace administration of China (Cac) – l’Agenzia centrale di Regolamentazione, censura, supervisione e controllo di Internet cinese presieduta da Xi – ha acquisito la responsabilità sui contenuti online nel 2014, sono stati emanati una serie di regolamenti volti a garantire che le nuove tecnologie non si traducano in scappatoie normative.
Per questo, le autorità di regolamentazione dei contenuti hanno cercato di modellare una “ecologia online”, ricca di energia positiva, contribuendo alla realizzazione degli obiettivi generali del Partito. Tale processo ha coinvolto anche le società delle piattaforme che avrebbero dovuto avere un ruolo proattivo e costruttivo, soprattutto perché l’enormità dei contenuti online rendeva impossibile alle autorità governative di fornire regole o istruzioni dettagliate per far fronte a ogni eventualità.
La rettifica legislativa ha visto, dunque, il consolidamento del concetto di “responsabilità primaria” con le società proprietarie delle piattaforme responsabili in prima linea della gestione dei contenuti e delle informazioni.
Regolamentare il mercato digitale
Secondo Creemers, agli occhi del Pcc la crescita delle platform company è stata accompagnata dall’emersione di una serie di squilibri, abusi e comportamenti indesiderati, che hanno distorto il funzionamento dei meccanismi del mercato online. Una parte importante della rettifica normativa, quindi, è stata quella di porre rimedio a questi fenomeni attraverso l’introduzione e l’applicazione delle regole sulla protezione dei dati, sulla tutela dei consumatori e della concorrenza.
La competizione spietata spesso spingeva le aziende a commettere illeciti penali, a condurre pratiche discriminatorie sulle informazioni personali, nonché a non tutelare con sufficienza la sicurezza dei dati. Nel 2021 si è così giunti alla pubblicazione della legge sulla protezione delle informazioni personali.
Le autorità di regolamentazione hanno anche preso di mira una serie di pratiche di concorrenza monopolistica e sleale abitualmente attuate dalle aziende tecnologiche. La State administration for Market supervision (Samr) – l’agenzia statale che si occupa della regolamentazione della concorrenza, dei monopoli e della proprietà intellettuale – ha pubblicato una serie di linee guida su come le piattaforme internet devono comportarsi onestamente, coprendo oltre trenta punti di attenzione quali la concorrenza leale, la governance interna e l’apertura inter-piattaforma, il mantenimento della sua sicurezza, la lotta alla vendita di articoli proibiti, la determinazione dei prezzi e la pubblicità, la protezione della proprietà intellettuale, la protezione dei lavoratori e l’assistenza alle forze dell’ordine.
Secondo la Samr, ciò serve a garantire che queste attività commerciali on line siano opportunamente bilanciate con “gli interessi nazionali e sociali, la vita e la salute delle persone e la sicurezza dei loro beni, i principi di volontarietà, uguaglianza e sincerità, rispetto per leggi, regolamenti, norme ed etica commerciale, ordine pubblico e buon costume”.
In altre parole, evidenzia Creemers, “i mercati non sono lì come canale per il perseguimento illimitato di profitti, ma sono incorporati in un elenco più ampio di preoccupazioni e obiettivi politici”.
Preoccupazioni sociali emergenti
Le principali considerazioni non di mercato sono state le differenti preoccupazioni sull’impatto delle attività delle piattaforme sui gruppi sociali ritenuti più “deboli”. Un primo importante filone di regolamentazione è stato quello della protezione dei minori. La nuova legge, approvata nell’ottobre 2020, contiene una nuova sezione dedicata ai diritti online, coprendo questioni come il bullismo online, il divieto di utilizzare gli smartphone nelle scuole senza autorizzazione e la protezione delle informazioni personali dei minori.
Altro filone ha riguardato la disciplina del tempo di gioco on line. Nonostante l’esistenza di precedenti limitazioni, nuove segnalazioni hanno sollevato ulteriori preoccupazioni sulla dipendenza da gioco online tra i giovani. Per questo, dall’estate del 2021, l’Autorità di regolamentazione del gioco (Nppa) ha congelato il processo di approvazione per i nuovi giochi on line, mentre a settembre ha limitato la fornitura di servizi di gioco online ai minori a un’ora, dalle 20 alle 21, nelle sere del fine settimana e nei giorni festivi.
Infine, nel marzo 2022 il Cac ha emesso una bozza di regolamento attuativo generale per la protezione online dei minori che prevede l'”alfabetizzazione online”, le responsabilità per i tutori dei bambini e per le scuole, requisiti specifici per i contenuti online per le informazioni rivolte ai minori, la protezione delle informazioni personali e la lotta alla dipendenza online. Nel settembre 2021, il Consiglio di Stato, in un piano decennale per lo sviluppo dei bambini, ha anche previsto che chiunque abbia meno di 16 anni non può più partecipare ai contenuti in live streaming.
Gli interventi normativi hanno riguardato anche lo sfruttamento sul lavoro. Le aziende tecnologiche cinesi, sotto pressione competitiva per ridurre i costi ed aumentare la velocità di sviluppo del prodotto, hanno adottato un programma di lavoro noto come “sistema 996”, riferendosi al lavoro dalle 9 alle 21, 6 giorni alla settimana.
Questa pratica ha portato anche alla morte per superlavoro e a diversi suicidi. Inoltre, nel luglio 2021, Samr, CAC ed altre Autorità hanno pubblicato congiuntamente nuove regole che stabiliscono standard minimi per gli stipendi dei conducenti di consegna, per i sistemi di valutazione delle prestazioni, per i carichi di lavoro e per i tempi di recapito.
Inoltre, queste regole richiedono esplicitamente che tutti i conducenti abbiano la possibilità di aderire ad un sindacato. Le successive normative sugli algoritmi hanno incluso anche rigide limitazioni al loro utilizzo nell’assegnazione del lavoro ai gig worker (i rider addetti alla consegna a domicilio di cibo). Anche la legge sui sindacati è stata rivista per facilitare la loro adesione.
Contrastare gli avversari stranieri
Sebbene il peso maggiore della rettifica abbia riguardato le preoccupazioni interne, per Creemers alcune delle misure riflettono anche le crescenti tensioni geopolitiche con gli Stati Uniti, in particolare nelle aree dell’esportazione di dati e della quotazione delle società tecnologiche cinesi nelle borse estere.
Alcuni requisiti di localizzazione dei dati erano già presenti nella legge sulla sicurezza informatica del 2016 e sono stati ampliati nella legge sulla protezione delle informazioni personali e nella legge sulla sicurezza dei dati del 2021. Le norme dedicate alle esportazioni di dati sono arrivate rapidamente e sono state finalizzate nel 2022. Queste hanno imposto requisiti di revisione della sicurezza per qualsiasi esportazione di dati designati come “importanti” ai sensi della legge sulla sicurezza dei dati.
Limitazioni sono state introdotte anche nell’ambito delle quotazioni di società cinesi all’estero, in particolare nelle aree che coinvolgono la sicurezza informatica e la sicurezza dei dati.
Obiettivi di sviluppo tecnologico
La massiccia revisione regolamentare è servita anche a incorporare l’economia delle piattaforme in una nuova politica industriale incentrata sul digitale e orientata al futuro. Il ruolo di supporto del settore delle piattaforme è stato chiarito in una serie di documenti di alto livello che fanno parte del quattordicesimo ciclo del piano quinquennale, dove si è affrontato il tema dell’informatizzazione in generale, dell’economia digitale e della trasformazione digitale del Governo.
All’interno di questi piani, le platform company hanno ruoli importanti da svolgere come appaltatori per i sistemi cloud e per i database governativi, per i driver nello sfruttamento dei dati – nominato fattore di produzione dal Consiglio di Stato nel 2020 – per la digitalizzazione dei servizi agricoli, manifatturieri e di trasporto e per la fornitura di servizi sociali online come l’assistenza sanitaria e l’istruzione. “In breve – afferma Creemers – le società di piattaforme sono mobilitate per servire il quadro più ampio del programma del Pcc”.
Importanza politica delle società
Negli ultimi dieci anni, le grandi società di piattaforme sono arrivate a dominare lo spazio digitale cinese. I due più noti, Alibaba e Tencent, hanno costruito ecosistemi che integrano più tipi di servizi, inclusi social media, ecommerce, giochi, musica, servizi cloud e ride-hailing. Entrambi hanno stabilito servizi di pagamento digitale e lo spin-off di Alibaba Ant Group si è ramificato in prestiti e altri servizi finanziari.
A loro si sono unite diverse società come Meituan Dianping (vendita di voucher), Didi Chuxing (ride hailing), JD.com (ecommerce orientato al consumatore) e Pinduoduo (vendite basate su live streaming), nonché social media, come l’app di video brevi di ByteDance Douyin e il suo concorrente Bilibili.
Queste aziende hanno centinaia di milioni di utenti e occupano una quota significativa dell’economia. Successi che hanno reso miliardari anche i fondatori delle società, i quali ricoprono un ruolo sempre più di primo piano nella vita pubblica.
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Quali prospettive
Indubbiamente la politica di digitalizzazione portata avanti dalla Cina negli ultimi decenni sta riscrivendo lo scenario internazionale in diversi settori.
Per questo sarà fondamentale cercare di capire e valutare in che modo le scelte di Pechino cambieranno le carte in tavola riguardo i temi della protezione dei dati, la gestione del mercato, la concorrenza e la difesa del lavoro. Anche perché il confronto con il resto del mondo – che di certo non rimane a guardare di fronte alla questione “sicurezza” – si fa sempre più impellente.
Si aprono nuovi contesti che è necessario studiare, anche in maniera comparata, tenendo conto di interessi e criticità di tutti gli stakeholder interessati. Una strada, questa, intrapresa già dal General Data Protection Regulation (Gdpr) europeo, ovvero il New deal per i consumatori, la cui disciplina somiglia molto a quella cinese e non differisce molto da quanto sta accadendo anche negli Usa, dove i dibattiti sulla regolamentazione delle piattaforme stanno trovando sempre più spazio nelle agende politiche.
Probabilmente, attraverso una comparazione su quanto sta accadendo in tutto il mondo, si potrebbe arrivare a scoprire, senza neanche grandi sorprese, che in realtà siamo tutti sulla stessa barca e, ciascuno secondo la propria sensibilità, Stati Uniti, Cina ed Unione europea stanno facendo la stessa corsa verso la medesima direzione.
Articolo originariamente pubblicato il 14 Feb 2023