Tra il 2022 e il 2023 anni sono stati emanati regolamenti europei che disciplinano in misura sempre maggiore gli aspetti del commercio elettronico, adeguando le vecchie normative alle dinamiche di internet dominate non solo da ecommerce proprietari ma anche dai marketplace.
Spazi commerciali virtuali trasparenti e sicuri: le sfide per i venditori
I titolari delle piattaforme sono chiamati sempre di più a creare degli spazi commerciali virtuali trasparenti e sicuri a tutela dei diritti dei consumatori e dei seller europei. Nell’ambito di questa tutela rientrano problematiche legate a contraffazione e svilimento di marchi, importazioni parallele, atti di concorrenza sleale e condotte parassitarie, che hanno sempre riguardato anche il commercio tradizionale. Il problema cresce alla crescita del mercato di riferimento, pertanto è più difficile per le aziende produttrici controllare i propri distributori sparsi nei diversi Paesi del mercato unico e, a volte, gli stessi distributori perdono il polso della gestione dei rivenditori locali. Se all’equazione aggiungiamo la distribuzione dei prodotti online, il numero degli attori coinvolti sale in maniera esponenziale: come la tutela dei propri diritti diventa più ardua, così devono diventare più sofisticati e capillari i rimedi da intraprendere.
Si pensi al caso di un’azienda cosmetica, produttrice di prodotti professionali destinati a un uso tecnico, che opera nel mercato europeo attraverso una rete di distribuzione selettiva, con distributori selezionati in base a specifici requisiti e contrattualizzati. Dalle segnalazioni di alcuni distributori ufficiali, questa azienda riscontra che alcuni rivenditori non autorizzati vendono i suoi articoli professionali su piattaforme di e-commerce e marketplace, sia b2b che b2c, a prezzi aggressivi o in versioni fuori produzione da anni. Sfruttando gli algoritmi e i criteri di posizionamento dei markeplace, questi seller illegittimi riescono ad apparire nei primi posti delle ricerche, scalzando i distributori/rivenditori autorizzati creando più di una criticità.
I rischi connessi alle vendite da marketiplace illeggittimi
I rischi connessi possono riguardare:
- danno all’immagine aziendale: la vendita non autorizzata e non controllata su un numero indefinito di piattaforme può compromettere la percezione del marchio, specialmente per prodotti di alta qualità o di lusso (tra cui rientrano i prodotti professionali).
- sicurezza dei consumatori: i prodotti professionali richiedono un utilizzo specifico e spesso formazione adeguata. La vendita a consumatori non qualificati può comportare rischi per la salute e responsabilità legali per l’azienda.
- perdite economiche: la concorrenza sleale da parte di rivenditori non autorizzati può ridurre i margini di profitto, diluendo la fetta di mercato e rendendo svantaggioso operare in tali condizioni
- rottura dei rapporti: la proliferazione di canali alternativi e illegittimi può far sorgere dissapori tra l’azienda produttrice e la rete, dove la prima azienda produttrice crede che siano i distriubtori a non controllare in modo appropriato il mercato di riferimento, mentre i secondi credono che l’azienda non protegga i propri diritti di PI.
Quali sono allora i rimedi a disposizione dei seller che operano secondo le regole e quali sono le strategie per affrontare una concorrenza sleale diffusa sul mercato libero europeo?
L’importanza delle normative europee
In questo contesto, le normative dell’Unione Europea svolgono un ruolo cruciale nella tutela delle aziende online. L’UE ha sviluppato un quadro normativo che bilancia la libera concorrenza con la protezione dei diritti dei titolari di marchi, contemperando le responsabilità delle piattaforme digitali alla luce del Digital Services Act (Regolamento (UE) 2022/2065) e le opportunità offerte dalle normative europee, tra cui il VBER (Regolamento (UE) 2022/720 sulle restrizioni verticali) e il GPSR (Regolamento (UE) 2023/988) sulla sicurezza generale dei prodotti applicabile dal 13 dicembre 2024).
Tutela del marchio e principio di esaurimento
Il marchio è un asset fondamentale per ogni azienda, rappresentando non solo l’identità del prodotto, ma anche una garanzia per il consumatore in termini di qualità, autenticità e affidabilità. Nel contesto delle vendite online, i titolari di marchi si trovano spesso a fronteggiare violazioni come l’uso non autorizzato del segno distintivo, la vendita di prodotti contraffatti – e nella contraffazione rientra sia la riproduzione illegittima del marchio (apposizione del marchio registrato su prodotti non originali) sia o il commercio al di fuori della rete di distribuzione selettiva.
Un aspetto centrale della tutela del marchio è il principio di esaurimento, che limita il controllo del titolare dopo la prima immissione legale del prodotto sul mercato europeo.
Le eccezioni
I primi e immediati riscontri alle diffide ad adempiere notificate ai contraffattori si fondano tutti su questo principio, negando ogni attività illecita perché una volta che il prodotto è entrato in commercio il titolare del marchio non può più impedire che quel prodotto venga rivenduto, anche se è marchiato con il proprio segno distintivo registrato, poiché il controllo sull’uso del marchio si esaurisce dopo la prima vendita.
È vero che il principio mira ad impedire che i titolari dei diritti possano limitare la libera circolazione dei prodotti, specialmente all’interno di determinate aree geografiche (come l’Unione Europea). Tuttavia, come chiarito in diverse sentenze della Corte di Giustizia dell’Unione Europea, vi sono eccezioni significative. Nella sentenza Coty Germany GmbH (C-230/16), ad esempio, la Corte ha stabilito che il titolare del marchio può opporsi alla rivendita se questa compromette l’immagine di lusso del prodotto. Il medesimo principio di diritto ribadito in numerose decisioni successive, inclusa la giurisprudenza nazionale del Tribunale di Milano. Queste eccezioni risultano fondamentali per i marchi che necessitano di mantenere standard elevati, soprattutto nel contesto di vendite online che potrebbero dequalificare la merce.
Non solo, l’esaurimento non si applica a prodotti messi in commercio al di fuori dell’UE o del SEE. Ciò significa che i titolari di marchi possono opporsi alle importazioni parallele, ovvero all’importazione dei propri prodotti da paesi extra-UE, anche se questi sono stati venduti legalmente in quei paesi.
La creazione di una rete di distribuzione selettiva
L’eccezione al principio di esaurimento del marchio (art 15 comma 2 del Regolamento (UE) 2017/1001 sul marchio dell’Unione Europea e art. 5 comma 2 del Codice della Proprietà Industriale italiano) ben si sposa con la creazione di una rete di distribuzione selettiva, che rappresenta uno strumento cruciale per le aziende che operano con prodotti di alta gamma, tecnici o professionali, consentendo loro di mantenere il controllo sulla rete di vendita e garantire il rispetto di standard qualitativi specifici.
Criteri per considerare leggittimo un sistema di distribuzione selettiva
Per essere considerato legittimo, un sistema di distribuzione selettiva deve basarsi su criteri oggettivi, uniformi e non discriminatori, come stabilito dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia UE, fin dal caso Metro SB-Großmärkte (C-26/76). Più nello specifico:
(a) i prodotti trattati, per il loro elevato livello qualitativo o tecnologico, richiedono un sistema di distribuzione selettiva, che ne tuteli la qualità e l’uso corretto;
(ii) la scelta dei distributori deve avvenire secondo criteri oggettivi di carattere qualitativo, stabiliti indistintamente per tutti i rivenditori potenziali e applicati in modo non discriminatorio;
(iii) i criteri definiti non devono andare oltre i limiti del necessario.
La definizione dei criteri di scelta dei distributori è un aspetto fondamentale nella redazione dei contratti di distribuzione selettiva ed è un argomento importante per dimostrare la liceità della rete (distributiva) in sede di un eventuale giudizio.
Le sfide per le reti di distribuzione selettiva
Nel contesto digitale, le sfide per le reti di distribuzione selettiva sono molteplici. I marketplace e le piattaforme di e-commerce, se non adeguatamente regolati, possono consentire la vendita non autorizzata di prodotti, danneggiando il marchio e la percezione della qualità. Sempre la sentenza Coty Germany GmbH (C-230/16), i giudici europei ha ribadito che è legittimo per i produttori di beni di lusso vietare ai distributori autorizzati di utilizzare piattaforme terze non autorizzate, come Amazon, per preservare l’immagine del marchio. Tuttavia, tali restrizioni devono essere proporzionate e strettamente legate alla protezione del posizionamento del prodotto.
Le aziende possono rafforzare la propria rete distributiva mediante clausole contrattuali che regolano la vendita online, specificando, ad esempio, quali piattaforme possono essere utilizzate dai distributori autorizzati. Inoltre, l’adozione di tecnologie di tracciabilità dei prodotti, come QR code o blockchain, consente di monitorare il percorso del prodotto e identificare eventuali violazioni della rete selettiva. In un ambiente sempre più complesso, il successo di un sistema di distribuzione selettiva risiede nella capacità di combinare strumenti legali e tecnologici, garantendo così il rispetto delle condizioni contrattuali e la tutela dell’immagine del marchio, anche nel panorama digitale.
Uno degli ostacoli all’introduzione di tecnologie è dato dal fatto che le reti distributive attuali sono state create e consolidate dalle aziende nel corso di anni e non è immediata l’accettazione di nuove condizioni contrattuali, a volte più stringenti, da parte dei distributori. In questi casi, una rinegoziazione del contratto può essere motivata dal comune interesse di produttore e distributore a migliorare la collaborazione e i profitti e mettere in atto soluzioni per contrastare canali di vendita estranei.
Il ruolo delle piattaforme e del Digital Services Act
Le società titolari dei marketplace devono garantire che le proprie piattaforme non diventino veicolo di condotte illegittime, quali la vendita di prodotti contraffatti a parte di rivenditori non autorizzati. A questo proposito il Digital Services Act (Regolamento UE 2022/2065), impone ai marketplace il rispetto di obblighi più stringenti in termini di trasparenza e vigilanza.
Meccanismi di segnalazione più efficienti
Il DSA, infatti, rafforza i principi già espressi dal Regolamento UE 2019/1150, Platform2Business, e introduce meccanismi di segnalazione più efficienti, obbligando le piattaforme digitali l’obbligo a valutare con rigore la rimozione di contenuti e articoli che violano i diritti di proprietà intellettuale di terze parti.
I marketplace devono integrare i propri termini e condizioni predisponendo procedure per la verifica dell’identità e della legittimità dei venditori; la rimozione tempestiva dei contenuti illegali o dei prodotti segnalati come contraffatti; la prevenzione della reiterazione di condotte illecite da parte dei contraffattori.
Il danno reputazionale
La mancata adozione di tali misure espone le piattaforme non solo a conseguenze legali, ma anche a un danno reputazionale. In un contesto normativo europeo sempre più attento ai diritti, i marketplace devono assumere un ruolo proattivo nella lotta alla contraffazione e nella tutela dei consumatori, collaborando con i titolari di diritti per garantire un ambiente commerciale sicuro e conforme alle leggi vigenti.
L’uso combinato del DSA con sistemi di monitoraggio tecnologico e clausole contrattuali nella distribuzione selettiva consente ai titolari di intervenire in maniera più incisiva contro i rivenditori non autorizzati, garantendo la tutela del marchio in un ambiente digitale in costante evoluzione.
Quando il titolare dei diritti invia una formale diffida, segnalando specifiche violazioni, le piattaforme diventano direttamente responsabili se non adottano misure tempestive per impedire la prosecuzione delle condotte illecite. In questi casi, la diffida funge da elemento chiave per rendere edotta la piattaforma delle violazioni in corso, spostando l’onere di agire sulla stessa. Come già detto, è possibile al primo invio la diffida non venga adempiuta sulla base del principio di esaurimento del marchio. Tuttavia, è chiaro ora che non è un argomento sufficientemente forte in presenza di prodotti professionali distribuiti attraverso una rete selezionata e destinati al canale b2b.
Prodotti pericolosi e responsabilità dei marketplace
A questo si aggiunga che è responsabilità dei marketplace intervenire quando i prodotti segnalati possono risultare pericolosi per i consumatori. Sebbene i marktplace richiedano ai propri seller di garantire la conformità dei prodotti, spostando la responsabilità su questi ultimi, ciò non esime la piattaforma dall’effettuare verifiche proattive e dall’agire su segnalazioni specifiche, soprattutto quando i prodotti segnalati violano i diritti di proprietà intellettuale o le normative europee sulla sicurezza dei prodotti. Il mancato intervento dopo la ricezione della diffida può comportare una responsabilità diretta per il marketplace.
La tutela dei consumatori è una priorità assoluta per le normative europee, soprattutto quando si tratta di prodotti tecnici o professionali come i cosmetici. Il GPSR stabilisce obblighi rigorosi per garantire che i prodotti immessi sul mercato siano sicuri, con un focus maggiore sulle vendite online. Inoltre, per i prodotti cosmetici, già il Regolamento (CE) n. 1223/2009 impone requisiti stringenti relativi alla composizione, etichettatura, tracciabilità e sorveglianza post-commercializzazione.
Le vendite da parte di rivenditori non autorizzati pongono rischi significativi: i prodotti possono essere non conformi agli standard di sicurezza, scaduti o mal conservati, con potenziali conseguenze per la salute dei consumatori. Per i prodotti professionali, questi rischi si amplificano poiché richiedono un uso tecnico e specifico, spesso non garantito nelle vendite al dettaglio o online senza il supporto di un operatori professionali formati appositamente.
In caso di violazioni, i marketplace e i venditori hanno una responsabilità condivisa. Pertanto da un lato, le aziende produttrici devono vigilare costantemente e collaborare sia con i distributori sia con le piattaforme per garantire la sicurezza e la qualità dei prodotti sul mercato digitale, e viceversa.
Collaborazione tra autorità, marketplace e aziende
Le autorità di vigilanza del mercato e protezione dei consumatori presenti nei paesi europei hanno il potere di intervenire nei confronti dei marketplace, specialmente quando questi non rispettano gli obblighi previsti dalla normativa europea, come il DSA o il GPSR, inibendone i comportamenti e/o erogando sanzioni. Tuttavia, anche in questo caso, l’efficacia delle misure dipende dalla collaborazione tra autorità, marketplace e titolari di diritti.
Adottando una combinazione di misure preventive, contrattuali e legali, e correttive, segnalazioni alle autorità, le aziende che operano nel mercato europeo possono tutelare i propri diritti, il marchio e la sicurezza dei consumatori nel commercio online. L’obiettivo è contrastare le vendite non autorizzate, la contraffazione e il mancato rispetto degli accordi di distribuzione selettiva considerando il ricorso ai tribunali come ultima ratio, in caso di esito non risolutivo degli rimedi.
Con un approccio integrato che combina strumenti legali, tecnologici e collaborativi, le aziende possono proteggere i propri interessi, preservare l’immagine del marchio e garantire la sicurezza dei consumatori nel panorama sempre più competitivo del mercato digitale.
Sul piano legale e contrattuale, un primo passo fondamentale è rafforzare i contratti con i distributori autorizzati, prevedendo clausole chiare di esclusività e regole mirate alla vendita online sia sui siti che sulle piattaforme (ad esempio il distributore autorizzato dovrebbe sempre indicare di essere tale).
Qualora si individuano vendite contraffattorie, efficaci sono azioni intraprese da produttore e distributore congiuntamente o parallelamente: notificare lettere di diffida ai rivenditori non autorizzati titolare di siti proprietari e ai marketplace dove vengono perpetrate le condotte violative dei diritti di privativa, richiedendo l’immediata cessazione delle vendite illecite, e sfruttare i meccanismi di segnalazione previsti dal DSA per richiedere ai marketplace la rimozione di contenuti o prodotti illegittimi.
Contemporaneamente si possono allertare le autorità competenti locali, sia nel paese di produzione sia nel paese di distribuzione, per agire efficacemente contro la contraffazione e segnalare prodotti non conformi o pericolosi per i consumatori. Nei casi più gravi, il coinvolgimento di enti nazionali di vigilanza, come l’AGCM (concorrenza sleale) e l’AGCOM (violazione del diritto d’autore), o del sistema Safety Gate (ex RAPEX), è cruciale per tutelare la salute pubblica e avviare richiami tempestivi. Nel caso dell’AGCM, ad esempio, si possono richiedere azioni inibitorie in caso di contraffazione condotta sul territorio dello stato; nel caso dell’AGCOM, è possibile richiedere il blocco dei DNS in Italia e la rimozione di contenuti violativi del copyright in caso di titolari del sito e di Registrant dei domini italiani.
Formazione specifica
Infine, per consolidare il controllo sulla rete distributiva, è essenziale supportare i distributori autorizzati attraverso formazione specifica e strumenti che garantiscano il rispetto degli standard richiesti. Parallelamente, l’adozione di software dedicati al monitoraggio delle vendite online, tenendo dei registri il più possibili aggiornati con siti e markeplace coinvolti dalle violazioni, e la tracciabilità del prodotto rafforzano ulteriormente la capacità dell’azienda di prevenire e contrastare violazioni, proteggendo così il marchio e la fiducia dei consumatori.