Regolamentazione

Adeguarsi al Digital Services Act: una roadmap per le piattaforme digitali



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Il Digital Services Act è ormai pienamente applicabile: i fornitori di servizi di intermediazione online devono adeguarsi tempestivamente alle nuove disposizioni. Tuttavia, l’implementazione non è del tutto agevole. Il settore dell’eCommerce e i mercati online si trovano, quindi, a doversi districare in un quadro normativo piuttosto complesso

Pubblicato il 8 mar 2024

Fabia Cairoli

Data and Privacy, Legal Counsel

Sara Massalongo

avvocata specializzata in IP, consumer law e pubblicità, Bird & Bird



ecommerce

Il 17 febbraio 2024, data in cui il regolamento (UE) 2022/2065 relativo a un mercato unico dei servizi digitali (Digital Services Act o DSA) è diventato pienamente applicabile, segna una tappa importante nella regolamentazione europea dei servizi della società dell’informazione e, fra questi, dei servizi intermediari.

A più di vent’anni dall’adozione della direttiva 2000/31/CE sul commercio elettronico, i servizi digitali e, in particolare, quelli di intermediazione online hanno assunto un ruolo centrale nell’economia e nella vita quotidiana dei cittadini dell’Unione europea, facendo emergere la necessità di nuove regole armonizzate.

Peraltro, l’approccio del legislatore europeo potrebbe essere seguito anche oltre oceano, come già accaduto pochi anni fa con il GDPR.

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La recente audizione[1] tenutasi dinanzi a rappresentanti del Senato Usa per affrontare la problematica dell’impatto delle piattaforme social sui minori sembrerebbe provare che l’intento sia questo.

Spostando l’attenzione sul panorama italiano, l’implementazione delle misure richieste dal DSA appare ancora oggi non sempre agevole, soprattutto per quei servizi di intermediazione che sono soggetti anche all’applicazione di altre disposizioni di recente introduzione, come quelle sul mercato online introdotte nel Codice del Consumo per recepire la direttiva (UE) 2019/2161 (cd. Direttiva Omnibus) e le previsioni del regolamento (UE) 2019/1150 (cd. Regolamento P2B).

Gli obblighi specifici introdotti dal DSA per le piattaforme online

Il DSA distingue, all’interno della categoria delle piattaforme online – a sua volta ricompresa in quella più ampia dei prestatori di servizi di memorizzazione di informazioni (hosting providers) – la sottocategoria delle piattaforme online che consentono ai consumatori di concludere contratti a distanza con operatori commerciali. Si tratta, in sostanza, dei marketplace in cui i consumatori possono acquistare prodotti o servizi offerti da professionisti.

Obblighi di tracciabilità e conformità “by design”

In aggiunta agli obblighi fondamentali applicabili a tutti i fornitori di servizi intermediari e a quelli supplementari previsti per gli hosting providers e per i prestatori di piattaforme online, il DSA ha posto in capo ai fornitori di tale tipologia di marketplace specifici obblighi di tracciabilità degli operatori commerciali (art. 30), conformità “by design” (art. 31) e informazione ai consumatori (art. 32).

In particolare, l’art. 30 del DSA prevede che tali fornitori possano consentire l’utilizzo delle proprie piattaforme agli operatori commerciali solo dopo aver ricevuto da questi determinate informazioni che ne permettano la tracciabilità[2] e di aver compiuto il massimo sforzo per verificare l’affidabilità di tali informazioni.

DSA e informazione ai consumatori

È inoltre stabilito che i fornitori, qualora abbiano ragione di ritenere che le informazioni fornite siano inesatte, incomplete o non aggiornate, debbano chiedere agli operatori commerciali di porvi rimedio. Laddove questi non provvedano, i fornitori sono tenuti a sospendere tempestivamente la prestazione dei servizi nei loro confronti.

I fornitori dei marketplace devono altresì rendere disponibili sulla piattaforma online alcune delle informazioni sopra richiamate, inclusi i riferimenti e i dati di contatto di ciascun operatore commerciale nonché, ove applicabile, i riferimenti dell’iscrizione nel registro delle imprese o in altro registro pubblico e l’autocertificazione relativa all’impegno di vendere solo prodotti e servizi conformi alla normativa.

L’art. 31 del DSA prevede l’ulteriore obbligo di progettare e organizzare le interfacce online dei marketplace in questione in modo da consentire agli operatori commerciali di adempiere ai loro obblighi riguardanti le informazioni precontrattuali, la conformità e la sicurezza dei prodotti, specificando le informazioni minime che devono essere da questi fornite. Anche in relazione a tale adempimento di compliance by design sono previsti in capi ai fornitori obblighi di verifica preliminare ed ex post in merito alle informazioni fornite dagli operatori commerciali.

L’ulteriore obbligo di cui all’art. 32 del DSA riguarda il caso in cui il fornitore venga a conoscenza del fatto che tramite la sua piattaforma sia stato offerto un prodotto o servizio illegale da parte di un operatore commerciale. In tal caso, il fornitore della piattaforma è tenuto darne informazione ai consumatori che hanno acquistato il prodotto o servizio illegale nei sei mesi precedenti il momento in cui è venuto a conoscenza dell’illegalità.

Le previsioni sopra richiamate si propongono, così, di contribuire alla creazione di un ambiente online sicuro, affidabile e trasparente per i consumatori e per altre parti interessate (ad esempio, i concorrenti degli operatori commerciali che utilizzano la piattaforma e i titolari di diritti di proprietà intellettuale), anche dissuadendo gli operatori commerciali dalla vendita illegale di prodotti o servizi.

Il coordinamento con altre disposizioni applicabili a mercati online

L’adeguamento alle previsioni del DSA sopra richiamate richiede un coordinamento con altre disposizioni vigenti, tra cui le previsioni del Codice del Consumo relative ai mercati online e quelle del Regolamento P2B. Ci limitiamo qui ad alcuni esempi.

Il nuovo art. 49-bis del Codice del Consumo, introdotto dal D.Lgs. 7 marzo 2023, n. 26 che ha recepito in Italia la Direttiva Omnibus, prevede degli obblighi di informazione supplementari per i contratti conclusi su mercati online[3].

Tra questi nuovi obblighi informativi del fornitore del mercato online vi è quello di indicare se il terzo che offre beni, servizi o contenuti digitali sia o meno un professionista “sulla base della dichiarazione del terzo stesso al fornitore del mercato online”. L’omissione di tale informazione, pur sempre basata sulla mera dichiarazione del terzo, può anche configurare una pratica commerciale ingannevole ai sensi della nuova lett. e-bis) dell’art. 22 comma 4 del Codice del Consumo.

Tali disposizioni non prevedono, dunque, alcun onere di verifica in capo al fornitore rispetto all’informazione fornita. Tuttavia, nell’ambito degli obblighi sulla tracciabilità degli operatori commerciali previsti dal DSA, al fornitore viene ora richiesto di effettuare delle verifiche rispetto all’identificazione del terzo venditore che dichiari di essere un professionista[4].

Gli obblighi informativi nei contratti conclusi su mercati online

Tra gli altri obblighi informativi previsti dall’art. 49-bis del Codice del Consumo, il fornitore è tenuto anche, “se del caso”, ad informare il consumatore del modo in cui gli obblighi relativi al contratto sono ripartiti tra il terzo venditore e il fornitore del mercato online, ferma restando la responsabilità degli stessi in base ad altre norme, tra cui va sicuramente considerato il DSA. In merito a tale obbligo, il considerando 27 della Direttiva Omnibus chiarisce che le informazioni da fornire dipendono dagli accordi contrattuali fra i fornitori dei mercati online e i professionisti terzi – in sostanza, i T&C che regolano i rapporti P2B (Platform to Business) – precisando che il fornitore del mercato online potrebbe “indicare il professionista terzo come unico responsabile in materia di garanzia dei diritti dei consumatori”. Tuttavia, in considerazione delle responsabilità del fornitore derivanti dall’applicazione di altre norme, incluso il DSA, vanno attentamente valutate le modalità con cui vengono fornite tali informazioni e, in una certa misura, le stesse previsioni dei T&C dell’uso dei servizi di intermediazione online da parte degli operatori commerciali, fino ad oggi redatti o rivisti prevalentemente in un ‘ottica di compliance al Regolamento P2B[5].

Un allineamento rispetto ai T&C che regolano i rapporti P2B è richiesto anche con riferimento agli obblighi del fornitore di rifiutare o sospendere la prestazione del proprio servizio di intermediazione nei casi previsti dall’art. 30 del DSA e la previsione, in tali ipotesi, della possibilità per l’operatore commerciale di presentare un reclamo nell’ambito di un sistema interno di gestione dei reclami. Tale obbligo va coordinato con quanto previsto dall’art. 4 del Regolamento P2B, espressamente fatto salvo dal DSA, che pone in capo al fornitore uno specifico obbligo di comunicazione in caso di sospensione del servizio, oltre all’obbligo – in linea con quello previsto dal DSA – di dare all’operatore commerciale l’opportunità di fornire chiarimenti, nel quadro del processo interno di gestione dei reclami.

La ripartizione di competenze tra AgCom e AGCM

Va, infine, considerata la ripartizione riparto di competenze tra AgCom per quanto riguarda gli obblighi derivanti dall’applicazione del DSA, oltre che del Regolamento P2B, e AGCM per l’applicazione del Codice del Consumo.

Nei prossimi mesi avremo modo di comprendere se e in che modo le autorità coordineranno i loro interventi a seguito di eventuali violazioni e come le diverse normative produrranno i loro effetti nelle aree in cui potrebbero presentarsi delle sovrapposizioni.

Note

Il contributo riflette opinioni personali delle autrici


[1] https://www.youtube.com/watch?v=HUjv2Ky7PcM (qui una registrazione dell’udienza, tra i diversi link online).

[2] Le informazioni in questione includono a) i riferimenti e i dati di contatto dell’operatore commerciale (nome, indirizzo, numero di telefono e indirizzo di posta elettronica), b) una copia del documento di identificazione dell’operatore commerciale o qualsiasi altra identificazione elettronica, c) i dati relativi al conto di pagamento, se l’operatore commerciale è iscritto in un registro delle imprese o analogo registro pubblico, d) il registro presso il quale è iscritto e il relativo numero di iscrizione (o mezzo equivalente di identificazione contemplato nel registro), e e) un’autocertificazione dell’operatore commerciale con la quale si impegna a offrire solo prodotti e servizi conformi alle norme applicabili del diritto dell’Unione europea.

[3] L a definizione di “mercato online” fa riferimento a qualsiasi servizio che utilizzi un software, inclusi siti web, parti di siti web o applicazioni, gestito da o per conto del professionista, che permette ai consumatori di concludere contratti a distanza con altri professionisti o consumatori. La definizione di sovrappone, quindi, a quella di “piattaforma online che consente ai consumatori di concludere contratti a distanza con operatori commerciali” prevista dal DSA per i casi in cui i consumatori possono concludere contratti online con professionisti.

[4] Peraltro, il considerando 72 del DSA ricorda che la Direttiva E-Commerce obbligherebbe tutti i prestatori di servizi della società dell’informazione a rendere facilmente accessibili in modo diretto e permanente ai destinatari del servizio e alle autorità competenti determinate informazioni che consentano l’identificazione di tutti i prestatori.

[5] Il “servizio di intermediazione online” prevista dal Regolamento P2B (Regolamento (UE) 2019/1150) ma non coincide con essa: da un lato è più ristretta in quanto richiede che venga utilizzato per concludere contratti online, mentre il servizio di intermediazione online è diretto a facilitare l’avvio di transazioni dirette tra utenti commerciali e i consumatori, a prescindere da dove sono concluse dette transazioni (che possono concludersi, quindi, anche offline);

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