Il 2013 è un anno ricco di sorprese positive per l’ecommerce italiano. Abbiamo assistito ad una forte crescita degli eshoppers che hanno raggiunto la considerevole cifra di 14 milioni per la convergenza di diversi fattori. Più di 30 milioni hanno oggi uno smartphone e ben 22 milioni di italiani lo usano per navigare. Dall’Osservatorio Netcomm sviluppato con Human Highway risulta a settembre 2013 che più del 10% degli acquisti è fatto da uno smartphone o un tablet cifra più che raddoppiata rispetto al 2012.
In un periodo di budget ristretti delle famiglie il settore delle flash sales e del couponing hanno giocato un ruolo estremamente positivo mettendo a disposizione dei più indecisi prodotti e servizi di qualità a prezzi molto accessibili.
Sempre dall’osservatorio di Netcomm emerge un dato inequivocabile per spiegare la forte crescita di acquirenti a cui abbiamo assistito. Il 92% degli acquirenti ha dato un voto superiore a 7 (su 10) alla qualità del canale e alla soddisfazione risultante da tale processo di acquisto ed è evidente che il passaparola e i nuovi mezzi di accesso hanno dato un boost allo sviluppo.
Proprio per questa ragione Netcomm ha deciso, come in altri paesi europei sta già avvenendo, di sviluppare un sigillo di qualità, che dopo le opportune verifiche fatte, viene concesso ai siti virtuosi permettendo di superare le reticenze dei potenziali acquirenti indecisi.
Un ulteriore fattore positivo a cui stiamo assistendo è il forte interesse che stanno dimostrando le imprese in particolare del Made in Italy e della grande distribuzione alle prospettive che il digitale può offrire in un momento in cui i fattori recessivi stanno mettendo in discussione i modelli di business e di vendita tradizionali. Molti sono i progetti che sono in fase di avvio nel 2013 in settori che finora erano rimasti indecisi senza intervenire con strategie di sviluppo innovativo. In particolare vale la pena di sottolineare che oltre all’abbigliamento che è stato sicuramente il motore dello sviluppo degli ultimi anni, anche il food e l’arredamento hanno cominciato il loro percorso.
Il ritardo,malgrado i fatti positivi, rimane e l’Italia è ultima in quasi tutte le classifiche su tutti i fattori che condizionano lo sviluppo. Le imprese che vendono online sono solo il 4% del totale, l’accesso alla banda larga rimane carente e la copertura finanziaria per gli investimenti necessari sono ancora un interrogativo non risolto, i servizi digitali della pubblica amministrazione sono pochi, frammentati e di difficile accesso e sopratutto una fetta ancora consistente di italiani ha ancora paura ad effettuare acquisti on line.
Se si guarda al panorama internazionale le cifre sono impressionanti. Dall’Osservatorio che facciamo a livello europeo con Ecommerce Europe risulta che nel 2012 vi sono stati più di 1 miliardo di eshoppers nel mondo che hanno speso 900 miliardi di euro.
Nel 2012 le vendite online in Europa hanno raggiunto i 312 miliardi di euro e da soli i tre paesi principali Francia,UK e Germania hanno avuto la parte del leone di questo mercato con il 61% delle vendite e persino la Spagna ci ha superato.
E’ evidente che in questo nuovo gioco competitivo la dimensione delle imprese diventa un fattore abilitante. In Italia le prime 200 imprese web hanno una quota di mercato superiore al 70% e questo fattore di concentrazione, che è presente in tutti i paesi, porta l’Italia ad essere assente nella competizione internazionale. Analizzando i primi 30 web merchant europei, tra cui primeggiano i tedeschi e gli inglesi, non compare neppure una azienda del nostro paese con la conseguenza che, su questo canale, importiamo più merci di quanto ne esportiamo.
In questo panorama stiamo perdendo competitività sui mercati internazionali e non riusciamo a sfruttare il potenziale del made in Italy che potrebbe trovare più facilmente sbocchi dove vi sono già più di 250 milioni di eshoppers che stanno radicalmente cambiando i flussi finanziari. Si prevede che nel 2018 le vendite cross country, nel mondo, raggiungeranno i 307 miliardi di dollari coinvolgendo 130 milioni di acquirenti.
Un altro fattore di cui tenere conto per lo sviluppo del settore riguarda gli strumenti di pagamento. Come sappiamo l’Italia è rimasta indietro sul fronte dei pagamenti rispetto a tutti i paesi europei. In Italia circolano 1,2 carte per abitante (1,5 media UE) e i pagamenti non cash si aggirano a circa 50 euro per abitante contro i 230 euro per abitante della Francia. In queste statistiche siamo superati solo dalla Polonia e dalla Grecia.
Le linee tracciate dal precedente governo non possono che ulteriormente accelerare il nuovo comportamento digitale degli italiani. L’obbligo per le amministrazioni e i servizi pubblici di rendere disponibili i pagamenti con carte e con l’home banking abituerà i cittadini ad utilizzare gli strumenti di pagamento “non cash” favorendo il superamento della diffidenza e della paura dei consumatori. Lo stesso dicasi per l’obbligo di accettare pagamenti con POS da parte dei professionisti.
Da questo punto di vista sono molto importanti le evoluzioni tecnologiche in atto e la nuova proposta di direttiva comunitaria che giustamente punta a dare un quadro più regolamentato ai nuovi fenomeni emergenti su questo fronte.
Netcomm, nell’ultimo anno, ha lavorato a stretto contatto con le banche italiane e con Ebaclearing (società consortile europea delle principali banche) per mettere a punto MyBank, strumento europeo di pagamento che permetterà a qualsiasi cittadino di comprare in tutta europa semplicemente utilizzando il suo home banking, con forti impatti sulla usability, fiducia e, probabilmente anche, costi di transazione. In Olanda il 60% degli acquisti online viene già fatto con una piattaforma consortile delle banche olandesi (Ideal) con straordinari risultati.
La moneta elettronica rappresenta la vera frontiera che permetterà alle piccole imprese di superare gli ultimi tabù per l’ingresso in questo nuovo e promettente mercato globale dell’ecommerce.