Qualche giorno fa Facebook ha presentato una nuova funzione dedicata alle piccole/medie imprese, chiamata “Shops”, attraverso la quale il team di Zuckerberg si pone due obiettivi a dir poco ambiziosi: da un lato quello di aiutare le aziende ad aumentare il proprio fatturato mentre dall’altro quello di riuscire a togliere mercato ai grandi marketplace come Amazon.
Il colosso dei social ci ha abituati all’idea che, con una buona strategia di marketing, si possa fare tutto e resta soltanto da capire se questo progetto sia l’inizio o piuttosto la conclusione di uno più ampio, che giunge al termine di un lungo percorso di acquisizione che ha previsto prima l’incorporazione di Instagram e, successivamente, anche quella di WhatsApp.
Qual è il progetto di Facebook? Partiamo dall’analisi del modello di business di quello che sarà il suo potenziale concorrente diretto: Amazon.
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Il modello di business di Amazon
Amazon si sa, è un marketplace che stabilisce una “classifica articolo” in base a vendite/recensioni e, attraverso una grafica standard, offre l’idea che si stia acquistando direttamente dal fornitore del servizio (ovvero Amazon) e non dall’azienda (ovvero il seller).
Questa strategia risulta vincente innanzitutto per la facilità di utilizzo della piattaforma che si sviluppa in tre semplici passaggi di scelta prodotto – selezione – acquisto; sia per la grande tutela che Amazon offre agli utenti.
Amazon si distingue anche da un punto di vista privacy, attuando una duplice politica rispetto ai venditori. Da un lato, infatti, li considera titolari autonomi (al suo pari) per ciò che attiene ai dati strettamente necessari per la spedizione e la fatturazione, dall’altra li considera responsabili del trattamento per ogni ulteriore attività. A livello esemplificativo, vieta ai suoi venditori di tenere i numeri di telefono dei clienti più del tempo strettamente necessario alla loro comunicazione ai corrieri e vieta loro di chiedere e/o trattare gli indirizzi email e, anche durante le contestazioni, chiede di utilizzare esclusivamente la piattaforma di messaggistica di Amazon.
Così facendo, in sostanza, Amazon vieta di fare campagne di marketing sui clienti già acquisiti dal venditore, rafforzando così l’idea che si acquisti direttamente da Amazon. Non è questo il momento né il luogo per affrontare la tematica relativa alla correlazione tra il divieto imposto ai venditori da Amazon e l’articolo 130 c.4 del d.lgs. 196/03 che invece consente al venditore di pubblicizzare i suoi prodotti attraverso campagne di email marketing in assenza di esplicito consenso del cliente sempre che si tratti di servizi analoghi a quelli oggetto della vendita e l’interessato, adeguatamente informato, non abbia rifiutato tale uso, inizialmente o in occasione di successive comunicazioni; Amazon decide ed Amazon impone.
Facebook: da vetrina a shops
Analizzando le funzionalità disponibili al momento per la piattaforma italiana, si comprende immediatamente come si tratti solo dell’evoluzione di una funzionalità già esistente (chiamata “vetrina”) e disponibile per gli account aziendali.
La funzione permette il caricamento dei prodotti manualmente o automaticamente dal proprio sito internet e la loro visualizzazione sulla pagina; una volta selezionato il prodotto, il cliente può contattare il venditore tramite Messenger oppure essere reindirizzato alla pagina del sito internet che contiene proprio quel prodotto.
Cosa c’è di nuovo rispetto alla vetrina?
Ad oggi, sono state migliorate le parti relative alla grafica e, in generale, alla customizzazione della pagina stessa.
A primo impatto quindi si tratterebbe solo di piccole modifiche che aiutano semplicemente la user experience e quindi nessun cambiamento davvero significativo (un po’ come i tanti aggiornamenti di grafica che sono avvenuti nel corso degli anni); e allora perché “Facebook shops” è stato presentato come una rivoluzione?
Il cambio del nome
L’essere passati da “vetrina” a “shops” ha un grandissimo impatto sulla psicologia dell’utente medio che inizia a comprendere come non si tratterà più di una semplice esposizione di prodotti ma proprio di un negozio; siamo infatti abituati a leggere ed associare un marchio ad una funzionalità (Google – shopping; Amazon – shop) e questa parola, messa al posto giusto, fa un’enorme differenza anche se non si sa ancora in quale modo e con quali tempi si svilupperà la piattaforma di eCommerce.
La customizzazione della pagina
Questa funzione, invece, consentirà all’azienda di introdurre i propri caratteri distintivi all’interno del social e, in definitiva, si potrà ottenere una vera e propria duplicazione del sito internet all’interno di Facebook; facendo ciò Facebook si porrà in completa antitesi rispetto a quelli che saranno i suoi futuri concorrenti che, invece, si concentrano esclusivamente sul “prodotto”.
L’interazione con tutte le altre piattaforme di proprietà di Facebook
Passando da Facebook a Instagram si potranno pubblicizzare i propri prodotti a 360 gradi e, attraverso Whatsapp/Messenger/Instagram Direct sarà possibile interagire direttamente con i propri clienti. È questa la vera rivoluzione che ci fa comprendere come questo sia il punto di arrivo di una strategia molto ben studiata ed attuata.
Facebook come marketplace
Sulla carta è tutto in regola, ma siamo sicuri che stavolta Zuckerberg avrà ragione anche nei fatti?
Come anticipato, è tutto perfetto. Il venditore ingloba in Facebook tutta la sua attività che, si badi bene, verrà esaltata da Facebook e non camuffata come invece avviene su Amazon, potendo inoltre godere di tutti i servizi “aggiuntivi” collegati.
Facebook durante la presentazione ha spiegato che sarà introdotta nel prossimo futuro la possibilità di concludere l’acquisto direttamente sulla piattaforma ma ancora non sono stati comunicati i dettagli di come potrà avvenire il pagamento né di quando sarà in effetti lanciata questa funzionalità.
Non ci sentiamo di escludere che, studiando il sistema di pagamento di Apple Pay e Amazon Pay verrà lanciato (anche in Italia) un Facebook Pay che consentirà gli acquisti attraverso tutte le sue applicazioni.
Resta solo un problema: il 95% degli utenti che oggi acquista tramite Facebook e quindi con il sistema attualmente in uso che prevede un annuncio sponsorizzato con rimando a landing page esterna, paga con contrassegno, dimostrando quindi di non fidarsi molto degli annunci presenti sul social.
La vera impresa è quindi questa: riuscire a ricreare quella completa fiducia che il cliente ripone negli altri marketplace e, anche questa, sarà un’attività che molto pazientemente dovrà essere messa in atto dal suo team di esperti.
Da ultimo, lato privacy, Facebook garantisce che i titolari delle attività non saranno in grado di risalire ai nominativi degli utenti ma riceveranno soltanto dei dati aggregati circa la navigazione sulla pagina e le attività svolte; tutto questo, ovviamente, fino a quando il cliente non decida di pendere contatti diretti con il negozio.
Ma fino a che punto si spingerà la profilazione dell’utente? Zuckerberg lo ha dichiarato apertamente: tutti i dati raccolti serviranno a proporre prodotti estremamente mirati e specifici in relazione alle ricerche dell’utente e, al contrario di tutti gli altri marketplace, il venditore che si affida a Facebook saprà che i suoi clienti sono stati selezionati attraverso un’analisi comportamentale attuata aggregando i risultati che emergono dal confronto e dall’interazione con tutti i sistemi di ricerca di cui Facebook è proprietario.
Sembra pazzesco e invece è il futuro. Se quindi dovremo fare i conti con il fatto che Facebook ha gli strumenti per sapere tutto sugli utenti, dobbiamo concentrare le nostre energie sulla protezione di questi dati da un lato e sulla cultura della consapevolezza dall’altro.
Un valido sistema è quello di partire dalla lettura e dall’analisi del contratto per i venditori relativo ai prodotti commerciali, che Facebook chiede di accettare prima di poter aggiungere lo shop alla pagina, specificando che “queste importanti norme riguardano diversi argomenti tra cui (3.) trattamento dei dati dell’utente”.
L’interazione tra Facebook, l’utente e i venditori
La prima cosa da dire è che Facebook chiarisce subito (sezione 1 par. 4) come il venditore abbia la responsabilità di rendere visibili eventuali condizioni relative alla vendita e alla privacy o altre condizioni che desidera applicare alle proprie interazioni con gli Utenti. Aggiunge poi che tali condizioni non vincolano Facebook mentre devono rispettare le condizioni e normative di Facebook.
Qui si impone la prima considerazione: l’informativa privacy è appannaggio esclusivo del titolare del trattamento e quindi implicitamente si stabilisce, come del resto è ovvio, che è questo il ruolo del venditore; difficilmente però Facebook cederà lo scettro (anche perché, lo sappiamo bene, è proprio sui dati che ha fondato il suo impero) quindi si tratterà di un’ipotesi di titolarità disgiunte e per finalità diverse (da con confondersi con la diversa ipotesi di contitolarità che invece si ha quando due titolari decidono insieme quali siano i mezzi e le finalità del trattamento dei dati).
Per il resto, i paragrafi 10 e 11 della prima sezione sono quelli cui prestare particolare attenzione.
Facebook ha deciso di copiare il modello Amazon e se da un lato offre grandi possibilità, dall’altra toglie moltissimo in termini di “autonomia” rendendo di fatto il titolare del trattamento un mero Responsabile con obblighi derivanti da contratto e adempimento di obblighi di legge.
Si stabilisce infatti in quale misura e con quali limiti il venditore è autorizzato ad usare dati, contenuti e altre informazioni ricevute da Facebook in funzione della transazione (dati delle transazioni) e si impone al venditore di limitare il trattamento esclusivamente a ciò che viene espressamente consentito dalle condizioni e normative di Facebook e sempre che vengano poste in atto al fine di supportare le transazioni derivanti dall’uso da parte dell’Utente delle funzioni commerciali del venditore e/o nel rispetto di qualsiasi consenso fornito dall’Utente al venditore.
E qui la seconda considerazione: il consenso; questa preziosissima ed abusata condizione di liceità vince su tutto (è in grado di consentire un trasferimento di dati personali in paesi terzi anche in mancanza di una decisione di adeguatezza ai sensi dell’articolo 45, paragrafo 3, o di garanzie adeguate ai sensi dell’articolo 46, comprese le norme vincolanti d’impresa) ma non su Facebook che invece, contrattualmente, stabilisce che qualora il consenso ottenuto dall’utente entri in conflitto con le condizioni per i venditori, prevarranno le condizioni per i venditori, con buona pace dell’european data protection board che proprio una ventina di giorni fa ha adeguato le linee guida sul consenso ricordando come questo sia valido ed efficace qualora libero, specifico e inequivocabile.
A ciò si aggiunga che il venditore non può condividere i dati delle transazioni con nessuno, a eccezione dei fornitori di servizi o, laddove richiesto, per adempiere alle leggi applicabili.
Ma Facebook ha deciso di seguire il “modello Amazon” anche nella gestione delle attività di marketing.
Il paragrafo 11, infatti, stabilisce che il venditore non può usare i dati sulle transazioni per scopi di marketing, compresa la creazione di profili utente, a meno che
- l’utente in questione abbia fornito in precedenza il suo esplicito consenso usando una funzione che Facebook potrebbe, a sua discrezione, rendere disponibile agli Utenti per la fornitura di tale consenso;
- il venditore abbia ricevuto gli stessi dati dall’Utente indipendentemente dalle Funzioni commerciali del venditore e abbia ottenuto il consenso dell’Utente al relativo uso per scopi di marketing. In nessuna circostanza il venditore può usare gli Strumenti di comunicazione per scopi di marketing.
Quindi, in sostanza, newsletter sì ma a condizione che il cliente sia tale a prescindere da Facebook e il consenso sia stato ottenuto sulle piattaforme esterne al social.
Da ultimo, in tema di condizioni d’uso, aprendo uno shop, il venditore concede a Facebook una licenza non esclusiva, trasferibile, conferibile in sottolicenza, esente da royalty e valida in tutto il mondo per l’hosting, l’utilizzo la distribuzione, la modifica, l’esecuzione, la copia, l’esecuzione o l’esposizione pubblica, la traduzione e la creazione di opere derivate di dati, contenuti e altre informazioni forniti dal venditore o a cui Facebook ha accesso in relazione alle Funzioni commerciali del venditore, inclusi foto, video e contenuti degli Annunci, in connessione ai Prodotti Facebook.
Siamo davvero sicuri che fare affari con Facebook sia davvero conveniente? Lo sapremo solo tra qualche anno ma le criticità ed i vincoli sono davvero molti e molto stringenti.