Il rapporto

Gli italiani si fidano poco del web: come risolvere

Non è solo la mancanza di infrastrutture a ritardare la crescita del mercato digitale italiano: a giocare un ruolo fondamentale è anche la sfiducia degli utenti nei confronti dell’ecosistema di Internet e dei “vendor online. Ecco perché è importante investire nella sicurezza dei dati e nella tutela della privacy

Pubblicato il 16 Dic 2019

Nicola Bernardi

Presidente di Federprivacy

ecommerce

Se come è emerso di recente dal rapporto “Digital Economy Report”, stilato dall’United Nations Conference on Trade and Development, l’economia digitale nel suo insieme vale più del 15% dell’intero Pil mondiale, l’Europa si deve invece accontentare di un tozzo di pane, mentre l’Italia raccoglie al momento solo le briciole.

In uno scenario in cui a farla da padroni sono Cina e Usa, che producono rispettivamente un fatturato di vendite online di 1.934,7 miliardi di dollari e di 586,9 miliardi di dollari, se è pur vero che nel Bel Paese si riscontrano degli apparenti segnali positivi con una crescita del mercato digitale del 2,5% nel 2019 per un valore complessivo di 72 miliardi (dati Anitec-Assinform), d’altra parte se si isola quella che è la fetta relativa agli acquisti online, il fatturato del nostro e-commerce è fermo a 14,1 miliardi di euro, mentre allo stesso tempo ben diversa è la situazione per altre nazioni del vecchio continente come la Francia, che quest’anno si attesta sui 61,1 miliardi di euro, la Germania che registra circa 73,5 miliardi di euro, e il Regno Unito che supera i 127 miliardi euro di vendite nel web.

Anche se tra gli ostacoli che rendono meno competitivo il nostro Paese c’è sicuramente il problema del cosiddetto “digital divide”, e purtroppo in quanto a digitalizzazione l’Italia è quint’ultima nella classifica europea, non è però solo la mancanza di infrastrutture a ritardare la crescita del mercato digitale italiano.

La fiducia degli utenti

A giocare un ruolo fondamentale è, infatti, anche la fiducia che gli utenti devono avere nei confronti dell’ecosistema di Internet e dei “vendor online”. Basti pensare ad esempio che il 33% degli acquirenti intervistati nell’ambito di una ricerca specializzata realizzata da MarkMonitor ha evidenziato che il 28% degli utenti ha subito un furto di dati a causa di un data breach verificatosi a seguito di un acquisto online, e per questo il 63% degli acquirenti non crede che le aziende stiano facendo abbastanza per proteggere le loro informazioni personali. Inoltre, il 19% degli utenti intenti a fare shopping in rete è stato vittima di furto di identità, e il 33% degli intervistati ha dichiarato di aver subìto una truffa effettuando pagamenti online, e per questo due utenti su tre non si fidano ad inserire i dati della loro carta di credito per comprare su Internet.

Già da diversi anni l’UE ha varato alcune norme per favorire la Digital Economy in Europa, e infatti uno degli obiettivi del GDPR (General Data Protection Regulation) è proprio quello di creare un “clima di fiducia per lo sviluppo dell’economia digitale in tutto il mercato interno”, e in cantiere c’è anche un ulteriore nuovo regolamento Ue sulle e-Privacy che attende di essere approvato nel corso del 2020 per sostituire l’ormai datata Direttiva 2002/58/EC (Privacy and Electronic Communications Directive).

Per le istituzioni europee è quindi indispensabile proseguire in questa direzione, perché senza norme adeguate in materia di protezione dei dati personali, non solo verrebbe meno il rispetto di quello che è un diritto fondamentale dell’Unione Europea, ma non ci sarebbe verosimilmente la prospettiva di veder decollare il mercato digitale neanche in Italia, dove le imprese fanno ancora una certa fatica a diventare competitive sul web. Le persone devono potersi fidare quando navigano in internet e fanno acquisti online, sapendo che ci sono autorità di controllo che vigilano per far rispettare le regole.

Ma anche le stesse imprese, hanno la necessità di investire nella sicurezza dei dati e nella tutela della privacy dei consumatori, ricordando che non si tratta solo di una mera questione burocratica da gestire con l’obiettivo di evitare le pesanti sanzioni che sono previste dal GDPR, ma anche per acquisire quella buona reputazione che può spingere gli utenti a fidarsi quando devono fare acquisti online, fornendo senza troppe preoccupazioni le loro informazioni personali e i dati della loro carta di credito, con l’effetto che il fatturato delle vendite online potrà così effettivamente decollare.

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