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Il digital single market è un falso problema, ecco perché

Per la Commissione EU la questione della territorialità dei contenuti digitali sembra un’emergenza per rivedere la Direttiva Copyright ma lo studio sui consumatori non sembra confermare tale urgenza

Pubblicato il 11 Set 2015

Enzo Mazza

CEO F.I.M.I. (Federazione industria musicale italiana)

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Nelle conferenze dei Commissari Oettingher e Ansip e nella stessa roadmap sul DSM (Digital Single Market) alla voce riforma copyright, viene posta sul tavolo come questione non procrastinabile la necessità di risolvere il problema dell’accesso ai contenuti digitali in tutta la EU. In generale la strategia del DSM poggia su tre pilastri: 1) Migliorare l’accesso ai beni e servizi digitali in tutta Europa per i consumatori e le imprese; 2) Creare un contesto favorevole e parità di condizioni affinché le reti digitali e i servizi innovativi possano svilupparsi; 3) Massimizzare il potenziale di crescita dell’economia digitale. Riguardo al copyright l’obiettivo della strategia sarebbe quello di aggiornare la legislazione sul diritto d’autore, rendendola più moderna ed europea: entro fine 2015 saranno presentate proposte legislative volte a ridurre le disparità tra i regimi di diritto d’autore nazionali e a permettere un accesso online più ampio alle opere in tutta l’UE, anche mediante ulteriori misure di armonizzazione. L’obiettivo è migliorare l’accesso dei cittadini ai contenuti culturali online, sostenendo così la diversità culturale, e allo stesso tempo sbloccando nuove opportunità per i creatori e per l’industria di contenuti. In particolare la Commissione intende garantire che gli acquirenti di film, musica o articoli possano fruirne anche quando viaggiano nel territorio europeo.

L’argomento è stato anche oggetto di un convegno organizzato da Anica al Festival di Venezia con interventi di rappresentanti della Commissione, del Presidente della Commissione Cultura del Parlamento Eu, Silvia Costa e del Sottosegretario alle Comunicazioni, Antonello Giacomelli.

Secondo i commissari, ma anche i funzionari della Commissione, il problema del mancato accesso ai vari contenuti, soprattutto audiovisivi e sportivi, sarebbe causa di grande frustrazione da parte dei consumatori e per tale motivo uno degli interventi primari nella prossima revisione della Direttiva copyright dovrebbe eliminare tali restrizioni. Lo stesso claim coniato dalla Commissione per il DSM è: ”Bringing down barriers to unlock online opportunities”.

In realtà la stessa Commissione, nello studio pubblicato pochi giorni fa, offre una fotografia delle aspettative dei consumatori molto meno drammatica.

Secondo gli intervistati, alla domanda se negli ultimi 12 mesi ha provato ad accedere ad un servizio online, nel segmento VOD di un altro Paese EU, l’89 % ha risposto: nessuno (il 91 % in Italia)

Solo un 5 % in EU e il 3 % in Italia ha detto di aver provato. Alla domanda a quali contenuti sarebbe interessato ad accedere nel caso di servizi dedicati ad utenti di un altro Stato membro il 47 % degli intervistati (sia in EU che in Italia) ha risposto nessuno mentre un 29 % ha risposto positivamente nei confronti di contenuti audiovisivi ed un 15 % nei confronti di eventi sportivi.

Se poi osserviamo la risposte dedicata al livello di interesse verso un utilizzo transfrontaliero di abbonamenti online, ovvero la portabilità, emerge che il 46 % non ha un abbonamento e non sarebbe interessato ad utilizzarlo all’estero mentre un 12 % (il 4 % in Italia) ha un abbonamento ma non ha provato ad usarlo all’estero. Solo un 3 % (1 % in Italia) ha risposto di disporre di un abbonamento e aver provato ad utilizzarlo all’estero.

Certamente il tema del mercato unico dei contenuti digitali è importante ma è anche vero, come ha dimostrato il settore musicale con piattaforme come Spotify e Apple Music, che è il mercato e soprattutto sono gli accordi di licenza a superare le restrizioni, non certamente una normativa calata dall’alto e presentata come una vera emergenza comunitaria.

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