le tendenze

L’eCommerce come ecosistema: omnicanalità e sostenibilità le direttrici per il 2023

Il commercio digitale nel 2023 tenderà a configurarsi sempre più come un ecosistema, in cui grandi piattaforme internazionali e piccole e medie imprese locali coesistono e collaborano in un orizzonte sinergico. Ecco le tendenze a cui le aziende saranno chiamate a rispondere

Pubblicato il 09 Gen 2023

Roberto Liscia

Presidente Netcomm

Digital Services Act (DSA)

All’alba del 2023, siamo portati a interrogarci sulle tendenze in fatto di eCommerce che caratterizzeranno i mesi, e l’anno, a venire. Ancora una volta, saranno i consumatori a dettare il passo. I trend a cui le aziende saranno chiamate a rispondere? Customer experience personalizzata e attenzione alla sostenibilità, sia nella fase di progettazione del prodotto, sia in termini di processi di consegna e relativo packaging.

Nel 2023, la prontezza con cui le imprese saranno chiamate a seguire queste due direttrici sarà ancora più incalzante. Abbandonata la visione di “tendenza”, il commercio digitale si configurerà sempre più come un ecosistema, in cui grandi piattaforme internazionali e piccole e medie imprese locali coesistono e collaborano in un orizzonte sinergico.

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Un’esperienza d’acquisto personalizzata all’insegna dell’omnicanalità

Una prima prospettiva sul futuro imminente ci viene delineata dall’indagine di Netcomm in collaborazione con Statista sulla diffusione del commercio digitale in Italia, in un confronto diretto con il panorama europeo.

Questa ricerca stima che nel 2023 due terzi della popolazione italiana comprerà (anche) online. Un dato che dimostra la repentina evoluzione delle abitudini dei consumatori, la cui esperienza di acquisto mira a divenire sempre più ibrida, a riprova dell’insensata opposizione tra online e offline[1].

Se questa sarà l’attitudine dei consumatori, ad ora quali sono le posizioni adottate dalle aziende?

Più che in una condizione di perfetta interazione tra digitale e fisico, attualmente le imprese si trovano in una fase intermedia nello sviluppo della multicanalità: tendono sì a utilizzare più canali per vendere i propri prodotti, ma non hanno ancora sviluppato appieno il potenziale che le tecnologie mettono a disposizione per avere una vista unica del cliente per migliorarne l’esperienza di acquisto e, là dove opportuno, la personalizzazione del servizio e del prodotto. Per tenere il passo con gli altri Paesi europei ciò che viene richiesto al mercato e alle imprese italiane è un cambio di prospettiva: il commercio digitale è un’industria a tutti gli effetti e come tale va concepita. Tuttavia, rispetto agli altri Paesi europei, il nostro Paese deve ancora recuperare il suo ritardo, non essendo ancora in grado di offrire ai propri clienti un’esperienza di acquisto unica e personalizzata.

Ne deriva che un ruolo fondamentale nel futuro del retail sarà sempre più giocato dalla capacità di integrare al meglio canali digitali e fisici, in un’ottica omnicanale vincente. Questa la prospettiva evidenziata dai vari lockdown imposti dalla pandemia: appena possibile i clienti sono tornati nei punti vendita alla ricerca di una shopping experience reale, dopo, tuttavia, un primo passaggio online, verificando la disponibilità di un prodotto attraverso l’app o eseguendo una ricerca sul sito web del rivenditore. In questo senso la Moda è già tra settori più avanzati, con il 40% dei consumatori che acquista in modo ibrido; al contrario, la tendenza trova maggiori difficoltà ad affermarsi per i beni di largo consumo, acquistati dal 75% degli italiani nei negozi fisici. Categoria, quest’ultima, a cui negli anni a venire sarà sicuramente richiesta maggiore propensione al cambiamento.

In questo senso, tuttavia, i dati DESI (Indice dell’economia e della società digitale) 2022 rappresentano un campanello d’allarme: l’Italia registra competenze digitali di base e avanzate molto basse, se paragonate alla media europea. Basti pensare che l’attività di vendita online sia adottata soltanto dal 13% delle piccole e medie imprese italiane, rispetto a una media europea del 18%.

Il gap digitale che ci separa dai nostri cugini europei si traduce necessariamente in un gap di competitività: a detta di Agenzia ICE, infatti, la vendita online diretta delle nostre PMI sui mercati esteri rappresenta ancora percentuali minime intorno al 5%[2]. Pensando che al mondo ci sono oltre due miliardi di potenziali clienti online, è chiaro che possiamo e dobbiamo fare molto di più. E i settori in cui il digital export italiano deve scalare posizioni e ambire a migliorare le sue performance possono essere proprio l’abbigliamento e il fashion, l’arredamento e il design, la cosmetica e il food.

Confidiamo nel fatto che il nuovo consumatore digitale sarà più che mai capace di mettere pressione sull’intera filiera dell’eCommerce, in tutte le possibili categorie merceologiche menzionate, e non solo nel Fashion, sempre più sensibile ad accogliere le novità.

Una maggiore attenzione alla sostenibilità

Per quanto concerne il secondo trend, come già emerso quest’anno, anche per il 2023, l’attenzione dei clienti agli aspetti ambientali sarà in continua crescita. Questa maggiore sensibilità non riguarderà la sola fase di progettazione del prodotto, ma anche i relativi processi di consegna e di imballaggio. Questo, il più delle volte, è destinato a non essere riutilizzato e a diventare rifiuto, per cui pone il tema della riduzione degli sprechi, del corretto riciclo e, più in generale, della ricerca di materiali e design sostenibili.

In merito alle possibilità che il digitale può offrire alle aziende in ottica di sostenibilità ambientale, possiamo partire da un’evidenza: fino all’80% dell’impatto ambientale di un prodotto viene determinato nella fase di progettazione[3]. È da questo momento che occorre garantire la sostenibilità e la circolarità dei prodotti, al fine di ridurre l’impatto ambientale nel suo complesso, a partire dall’approvvigionamento delle materie prime. Sotto questo aspetto, sono diverse le soluzioni abilitate dal digitale che consentono di ridurre l’impatto ambientale di prodotti sin dalla loro progettazione.

La stampa 3D, ad esempio, offre interessanti prospettive, personalizzando i prodotti a seconda delle esigenze dei clienti. Le piattaforme online, inoltre, facilitano il riutilizzo di prodotti, componenti e materiali, ad esempio dando una seconda vita agli apparecchi elettronici; anche i dati hanno un ruolo fondamentale, in particolare per contribuire alla manutenzione predittiva e a riparazioni potenzialmente più efficienti. Il commercio digitale, non da ultimo, può fungere da ponte tra la digitalizzazione e la crescita di pratiche sostenibili nel settore del commercio al dettaglio, consentendo un consumo e un riutilizzo più ecologici, un uso più efficiente delle risorse e l’ottimizzazione della logistica attraverso le nuove tecnologie. Aspetti, questi, a cui i clienti finali riserveranno in futuro un’attenzione sempre maggiore, fino a divenire l’ago della bilancia nella scelta dell’acquisto di un prodotto.

Come per la fase di progettazione di un prodotto, per il consumatore finale le aziende devono mostrare la propria attenzione alla sostenibilità anche nella scelta del packaging. Oltre a soddisfare un fattore prettamente estetico, sempre più clienti richiedono un imballaggio riciclabile, riutilizzabile o facilmente smaltibile, specchio della vicinanza del venditore a certi valori. Nell’eCommerce, dunque, l’imballaggio costituisce un’opportunità per comunicare con i clienti e consolidare la percezione del brand, ma può ovviamente diventare anche un’arma a doppio taglio, se trascurato.

Considerata, poi, l’importanza del reso per i consumatori, il packaging diventa un elemento cruciale del processo laddove sia possibile utilizzare lo stesso imballaggio per restituire il prodotto.

Conclusioni

Le nuove, e più alte, aspettative del cliente, sia in termini di esperienza d’acquisto, sia di aderenza a un tale universo valoriale sono ragioni più che sufficienti per suggerire al settore di investire sulla filiera distributiva. A livello europeo, secondo Eurocommerce, un investimento ambizioso di 230 miliardi di euro o un investimento più prudente di 155 miliardi di euro in otto anni potrebbe consentire al settore di evolversi in un’industria veramente omnicanale e attenta al valore della sostenibilità, che sia in grado di offrire un’esperienza senza soluzione di continuità per i clienti, aumentando l’automazione lungo tutta la catena del valore, consentendo crescita occupazionale e la competitività. Parliamo di investimenti che rappresentano l’equivalente dello 0,4-0,6% del fatturato annuo del settore, necessari per mettere tutti gli attori del digital retail nelle condizioni di poter continuare a creare valore di filiera. In questo contesto diventa sempre più urgente che l’Italia, anche grazie alle risorse del PNRR, non rimanga indietro rispetto agli altri paesi europei.

  1. Multichannel customer journey in Italy, uno studio di Netcomm in collaborazione con Statista.
  2. Analisi e indagini condotte da ICE.
  3. Schweitzer, Jean-Pierre (2019), “Climate action needs better products”, Euractiv, 4 novembre 2019.

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