i dati

Liscia (Netcomm): “eCommerce motore dell’economia, le nostre proposte per rafforzarlo”

Destinare parte dei fondi del PNRR agli investimenti tecnologici delle imprese dell’industria del commercio digitale; upgrade delle competenze e tecnologie digitali; rafforzamento del digital export. Sono queste le proposte di Netcomm per sostenere lo sviluppo della filiera estesa del commercio elettronico in Italia

Pubblicato il 03 Feb 2023

Roberto Liscia

Presidente Netcomm

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La crescita dell’ecommerce in Italia non si è fermata, anzi: il recente studio di Netcomm in collaborazione con The European House – Ambrosetti dal titolo “Il ruolo e il contributo dell’e-commerce e del digital retail alla crescita dell’Italia” non solo conferma la prosperità dell’intero settore e-commerce e digital retail, ma ne attesta il ruolo di primo driver di crescita dell’economia italiana.

Per questo, Netcomm e The European House – Ambrosetti hanno avanzato tre proposte, afferenti a tre differenti ambiti di intervento, per sostenere lo sviluppo della filiera estesa del commercio elettronico in Italia: politiche per lo sviluppo dell’industria del commercio, upgrade delle competenze e tecnologie digitali e rafforzamento del digital export.

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I risultati dello studio

Ma partiamo dai risultati dello studio

Lo studio è un’ulteriore riprova di come, da semplice trend, il commercio online abbia assunto la struttura di un vero e proprio ecosistema, una filiera articolata che coinvolge numerosi settori e operatori, da monte a valle, ascrivibili in due macro-aggregati: vendite online e servizi a supporto delle attività di e-commerce.

Prendendo in esame il solo 2020 come anno di analisi, se il segmento delle vendite online ha registrato in Italia un fatturato di quasi 41 miliardi di euro, con un impiego complessivo di 673 mila imprese distribuite in tutta Italia, il secondo, legato ai servizi a supporto delle attività di e-commerce, composto da circa 50 mila aziende, ha raggiunto i 27 miliardi di euro.

Ne deriva che, nel solo 2020, l’intera rete del commercio digitale e del digital retail in Italia ha generato ricavi per quasi 68 miliardi di euro, dando occupazione a circa 378 mila lavoratori.

Queste evidenze hanno permesso all’e-commerce di posizionarsi al primo posto tra le 99 attività economiche italiane per incidenza sul fatturato complessivo del settore privato. Più precisamente, secondo lo studio, il settore ha contribuito per il 40,6% alla crescita di fatturato totale delle attività economiche nel quinquennio 2016-2020 in Italia.

Si tratta di un risultato ragguardevole, per un settore che, anche l’anno seguente, ha ampiamente superato le speranze attese: infatti, nel 2021 la crescita delle attività di questa filiera si è attestata attorno al +4,4% rispetto all’anno precedente, per un fatturato complessivo di circa 71 miliardi di euro a livello nazionale.

Il peso che il settore del commercio digitale riveste nell’economia italiana

Queste evidenze ci permettono di riflettere sul peso che il settore del commercio digitale riveste nell’intera economia italiana, rappresentando un potenziatore della sua crescita e un moltiplicatore di posti di lavoro. La survey in questione dimostra infatti che, per ogni 100 euro investiti nella filiera estesa dell’e-commerce e del digital retail in Italia, se ne generino ulteriori 148 nel resto dell’economia e, per ogni 100 unità di lavoro generate in modo diretto dalle attività dell’e-commerce e del digital retail, se ne attivino ulteriori 141 per impatto indotto e indiretto.

A fronte di queste evidenze, il contesto in cui Netcomm e The European House – Ambrosetti hanno presentato lo studio, di fronte ai più importanti player del settore e i rappresentanti delle istituzioni, si è rivelata un’opportunità per riflettere con i presenti sull’importanza di interventi e investimenti mirati a sostegno di questo sviluppo.

L’eCommerce e i gap digitali dell’Italia

I numeri riportati sono infatti veri e propri traguardi per un Paese come l’Italia, in cui la trasformazione digitale sconta ancora varie carenze, con livelli di competenze digitali di base e avanzate molto basse, se posti a confronto con la media dei cittadini europei. Sotto questo aspetto, i dati DESI 2022 costituiscono un vero e proprio campanello d’allarme: per quanto riguarda il capitale umano, l’Italia si colloca al venticinquesimo posto su 27 paesi dell’Unione Europea. Infatti, solo il 46% degli italiani possiede competenze digitali di base, un dato al di sotto della media europea, che si attesta al 54%.

Sicuramente negli ultimi anni il gap digitale che ci separa dai nostri cugini europei ha acquisito la dovuta attenzione in politica, grazie all’adozione di strategie chiave e al varo di numerose misure realizzate ad hoc. Eppure, per procedere con motivazione e cogliere le reali opportunità che il settore dell’e-commerce e del digital retail può offrire in Italia, occorre fare molto di più.

Non a caso, in termini di investimenti futuri, per le imprese coinvolte e intervistate dalla survey gli ambiti principali su cui il settore pubblico dovrà investire sono quelli connessi al mondo della vendita online. Al primo posto l’investimento nel digital marketing, seguito da incentivi per il miglioramento della user experience, e, come terzo classificato, le imprese B2B e B2C intervistate hanno richiesto rispettivamente un incremento della presenza su marketplace e un incremento del team dedicato al canale e-commerce.

I vantaggi dell’eCommerce per gli operatori B2B e B2C

Da questo punto di vista, lo studio ci ha permesso di riflettere sui principali vantaggi che operatori B2B e B2C attribuiscono al commercio digitale: l’opinione generale è che la vendita online garantisca un rapporto diretto con la clientela, potendo offrire agli acquirenti, o presunti tali, un’esperienza d’acquisto più completa e soddisfacente. In questo contesto, per 1 operatore su 5 l’ingresso nel canale online ha permesso di ridurre i costi di gestione degli ordini. In linea generale, questo non ha tuttavia giocato a sfavore del canale fisico: infatti, la ricerca ha dimostrato come soltanto per una minima parte dei rispondenti (10% nel B2B, 6,4% nel B2C) l’approdo online abbia implicato un ridimensionamento della rete fisica retail, a conferma della convivenza e del mutuo supporto tra online e offline.

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Come leggere queste risposte a fronte dei dati DESI 2022 sopra menzionati? La scarsa digitalizzazione che caratterizza il nostro Paese non è dettata da una particolare avversione dell’Italia nei confronti del canale online, quanto piuttosto da una mancanza di conoscenze e strumenti per sfruttarne appieno le potenzialità. L’immediata conseguenza di ciò? Il gap digitale che ci separa dal resto dell’Europa si traduce in un gap di competitività, e, dunque, economico. Da qui l’esigenza a rafforzare le nostre competenze digitali affinché le imprese italiane possano affacciarsi su di un palcoscenico internazionale.

Conclusioni

Per questo, Netcomm e The European House – Ambrosetti hanno avanzato tre proposte, afferenti a tre differenti ambiti di intervento, per sostenere lo sviluppo della filiera estesa del commercio elettronico in Italia: politiche per lo sviluppo dell’“industria del commercio”, upgrade delle competenze e tecnologie digitali e rafforzamento del digital export.

Come prima manovra di intervento, abbiamo proposto di destinare parte dei fondi del PNRR agli investimenti tecnologici delle imprese dell’industria del commercio, a partire dai 13,4 miliardi di euro previsti dal Piano Nazionale «Transizione 4.0», con esplicito riferimento alle tecnologie immateriali. Per quanto riguarda l’upgrade delle competenze e tecnologie digitali, si suggerisce di prevedere finanziamenti destinati alle imprese per la formazione di potenziali risorse da impiegare nel settore dell’e-commerce e del digital retail, a condizione che queste possano avere accesso a corsi riconosciuti e certificati e che, allo stesso tempo, le imprese si impegnino ad assumere la risorsa al termine di tale programma di formazione. Nel caso italiano, il ruolo di ente certificatore potrebbe essere assunto proprio da Netcomm. Infine, in riferimento al rafforzamento del digital export, raccomandiamo di intessere nuove relazioni e accordi con i principali marketplace ed e-Tailer internazionali B2C e B2B per la promozione in apposite “vetrine” delle produzioni del “Made in Italy” e di snellire gli adempimenti doganali, tramite l’adozione di procedure doganali e commerciali semplificate e accelerate.

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