A poco più ii un mese dall’entrata in vigore dell’obbligo di legge di dotarsi di sistemi di incasso per carta di debito da chiunque operi in ambito commerciale e professionale, nessuna notizia dal ministero, mentre rimangono ancora ombre sui pagamenti con medesime carte verso la PA.
Dal 1 gennaio 2014 obbligo per tutti coloro che operano in ambito commerciale e professionale di dotarsi di strumenti per consentire il pagamento tramite carte di debito. La norma che lo prevede non è nuova, ma risale all’ultimo atto del governo Monti, in quanto era contenuta nel Decreto Crescita 2 (art. 15 comma 4 DL 179/2012[1]) e prevedeva quanto segue:
4. A decorrere dal 1° gennaio 2014, i soggetti che effettuano l’attività di vendita di prodotti e di prestazione di servizi, anche professionali, sono tenuti ad accettare anche pagamenti effettuati attraverso carte di debito. Sono in ogni caso fatte salve le disposizioni del decreto legislativo 21 novembre 2007, n. 231.
Come si potrà notare, la norma è estesa a tutti i soggetti che vendono prodotti, erogano servizi e prestazioni professionali e, nel comma successivo, si delega ad eventuali decreti del Ministro dello sviluppo economico di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, sentita la Banca d’Italia la definizione di eventuali importi minimi e le eventuali modalità per i differenti soggetti destinatari, nonché la possibilità di estendere gli obblighi ad ulteriori strumenti di pagamento elettronici, comprese le tecnologie mobili.
Una rivoluzione insomma, che senza regolamento attuativo prevede l’obbligo di accettare pagamenti con carta di debito (comunemente, anche se impropriamente, conosciuta come “bancomat”) per qualsiasi importo e per qualsiasi servizio. Nell’immaginario di chi ha pensato la norma probabilmente vi era l’idea di garantire maggiore tracciabilità ed allo stesso tempo la possibilità di poter pagare liberamente con carte di debito in caso di (comune) mancanza di contante. Il legislatore ha avuto però l’intelligenza di inserire un comma specifico per definire gli ambiti di applicazione, proprio per evitare la paralisi e consentire delle diverse applicazioni. Pensiamo ad esempio al costo di un quotidiano da 1 euro, oppure al costo di una scatoletta di cibo per animali che ha importo inferiore all’euro: per tali importi è impossibile pensare all’obbligo per l’esercente di accettare pagamento con carta di debito.
Al momento tutto tace, nessuno al ministero sembra voler parlare del tema, ponendo il regolamento come una sorta di Lord Voldemort (colui che non si può nominare) di Harry Potter. Il dubbio che sorge è che forse i ministri competenti auspichino in una proroga (cosa che auspicano pure tutti i cittadini) e che ad oggi sarebbe la cosa più sensata, in modo da evitare l’ennesimo errore da parte del medesimo Ministero (chi non si ricorda l’orrendo decreto di attuazione dell’indice INI-PEC in cui è stata completamente stravolta la volontà di rendere disponibili in formato aperto i dati di tutte le pec con deposito obbligatorio?). Il 10 settembre 2013, preoccupato dell’assenza del decreto, avevo scritto una lettera[2] al Ministro Zanonato in qualità di presidente dell’associazione che rappresenta i professionisti del Web ai sensi della legge 4/2013, ossia una bella fetta di professionisti che per tipologia di attività (prestazioni prettamente ad aziende e a PA, vendite e prestazioni di servizi a distanza) non hanno chiaramente necessità di tale balzello burocratico ricordando che questa norma a differenza di molte altre va oltre ai rapporti tra venditore e “consumatore” ma estende l’ambito di applicazione a tutti i soggetti, andando quindi contro altre normative che prevedono la possibilità di accordo tra le parti per le clausole contrattuali tra cui la definizione dei pagamenti.
Riporto per completezza due passi della lettera:
[…] sarebbe sufficiente esentare all’accettazione delle carte di debito – con i DM previsti dal comma 5 dell’art. 15 del decreto legge n. 179/2012 – le professionalità senza sedi operative fisiche e/o aperte al pubblico. In un settore come quello rappresentato dalla nostra associazione, pertanto, è necessario valutare seriamente la non applicazione di tale norma, in quanto – come già dimostrato – tecnicamente inapplicabile.
Mi permetto altresì di consigliare al ministro per tutte le altre attività non rientranti nel settore di competenza della nostra associazione, di definire dei precisi ambiti di applicazione e degli importi minimi, ricordando la non ben piccola problematica relativa alla limitazione della circolazione della moneta cartacea. Pensi ad esempio al settore dell’e-commerce, sul quale già in alcune realtà si favoleggia pure di tassazioni aggiuntive ponendo quindi un freno ulteriore allo sviluppo digitale del paese.
Ad oggi nessuna risposta, nonostante i continui solleciti effettuati anche tramite twitter allo stesso Ministro che ad oggi non ha dato segno di alcuna risposta in merito.
Il problema che non si è valutato è l’impatto per le attività economiche che operano nella vendita di prodotti e servizi con costi a basso margine e per cui la transazione con bancomat obbligatorio diventa un obolo non da poco. Forse non ci si rende conto di quali siano i costi del bancomat. Basta visionare qualche istituto bancario per capire quali siano i costi.
Intanto il 24 luglio 2013 la Commissione Europea ha stabilito[3] un tetto alle commissioni per le transazioni con carta di debito e credito, definendo massimali per le commissioni interbancarie per impedirne l’esosità. Sono stati stabiliti nello 0,2% per le carte di debito e 0,3% per le carte di credito. L’applicazione sul campo delle nuove regole richiederà un po’ di tempo. Per i prossimi 22 mesi i massimali verranno applicati esclusivamente sulle operazioni transfrontaliere. Per ora non ho notato cambi di listini nel nostro paese e la normativa nazionale non offre certo spazio ad eventuali sconti visto l’obbligo incondizionato. In questo esempio[4], con documento aggiornato a ottobre 2013, si nota che un soggetto tra gli obbligati per legge ad accettare pagamenti con bancomat dovrà sborsare 100 euro una tantum per l’installazione, un canone mensile che va dai 28 euro per POS standard a 51 euro per POS GSM/ADSL. Vanno aggiunti poi il 2,3% per ogni transazione oltre a un costo fisso sul transato di 0,60. In caso di errore, lo storno di una transazione costa 1 euro. Vi sono poi tutti i costi (telefonici, rotolini di carta, ecc.) che da contratto sono chiaramente a carico del cliente. Pensiamo quindi agli esempi sopra citati: un negozio di animali in pratica va sottocosto già con le commissioni, e ciò comporterà chiaramente la necessità di dover rivedere i prezzi. Per tale motivo sarebbe logico pensare a degli importi minimi per diversi settori, ma come ben sanno i fan di Star Trek, la logica non è umana, è vulcaniana. E subito sono nate iniziative che approfittando della norma stanno promuovendo in ogni canale i POS “alternativi” quelli basati su applicativi per smartphone di terze parti dove si parla di soli costi di transazione (a partire dal 2,75% più il costo del “kit”) tra cui spicca PayLeven[5], uno dei tanti cloni del servizio americano Square[6] (nato dal fondatore di Twitter), con l’attenzione che su PayLeven vi sono parecchi investimenti italiani, tra cui Berlusconi Jr. che ha investito parecchi soldi nella società tedesca[7].
Nella stessa nota informativa bancaria si nota che per gli enti il POS viene fornito senza costo di installazione e senza canone mensile. Come mai questa disparità? Presto detto: lo stesso articolo di legge che prevede l’obbligo di accettare pagamenti con carte di debito da parte dei fornitori di prodotti e servizi, prevede nei commi precedenti, aggiornando l’art. 5 del Codice dell’Amministrazione Digitale, che pure la pubblica amministrazione è obbligata ad accettare i pagamenti con carte di debito “limitatamente ai rapporti con l’utenza” e senza definire una data di “switch off”. In questa ottica le banche hanno tutto l’interesse di acquisire la PA come cliente POS, guadagnandoci poi sulla percentuale del transato. Come sempre quindi si usano due pesi e due misure: verso il privato scatta l’obbligo incondizionato con oneri bancari non indifferenti mentre verso la PA scatta l’obbligo solo verso determinate categorie (utenti), senza costi fissi di gestione POS e senza definire una data specifica, delegando a successivi decreti non ancora emanati. Come sempre norme all’amatriciana.
Ribadisco quindi ulteriormente le richieste effettuate al Ministro competente come associazione professionale, ovvero di inserire tali riferimenti all’interno del futuro regolamento:
- I soggetti che effettuano l’attività di vendita e la prestazione di servizi, anche professionali, verso soggetti diversi dal consumatore (imprese, PA) possono concordare con il cliente diverse modalità di pagamento elettronico (esempio: bonifico, carta di credito, ecc.);
- I soggetti che effettuano l’attività di vendita e la prestazione di servizi, anche professionali, senza sedi operative fisiche e/o sedi aperte al pubblico, possono concordare con il cliente diverse modalità di pagamento elettronico (esempio: bonifico, carta di credito, ecc.).
Il legislatore inoltre non deve aver compreso l’impatto della norma in un settore come l’e-commerce. Consultata AICEL, risultano serie problematiche in tema di accettazione di pagamenti con carte di debito non tanto per l’aspetto tecnico quanto per l’aspetto “monopolistico”.
Per quanto concerne la vendita di beni o prodotti on-line (c.d. e-commerce indiretto ed e-commerce diretto) è utile evidenziare che allo stato dell’arte è noto un solo circuito di pagamento in grado di offrire addebiti tramite carte di debito (circuito Maestro). Le carte di debito non appartenenti a detto circuito (es. circuito nazionale di debito), non possono comunque essere utilizzate.
L’estensione dell’obbligo agli operatori e-commerce dell’accettazione di carte di debito quindi non troverebbe un riscontro tecnico diffuso e non sarebbe in grado di rispondere alle esigenze del singolo consumatore. Operatori e consumatori, per poter concludere la transazione attraverso le carte di debito, sarebbero costretti, di fatto, ad aderire ad un unico operatore che agirebbe in situazione di monopolio.
A questo punto mancando poco più di un mese e non avendo ancora sentito dichiarazioni in merito da parte dei ministri competenti non c’è che da auspicare un rinvio dell’applicazione della normativa, visto l’impatto che potrà avere nella gestione delle attività basate su micro-pagamenti e considerato che non contribuirà comunque all’eliminazione del sommerso soprattutto in settori in cui le cifre sono ben superiori alla scatoletta di tonno o a croccantini di pesce. In alternativa per testare l’applicazione della valenza della norma, inviterei i ministri competenti e i rappresentanti della Banca d’Italia a passare il capodanno a Venezia, e la mattina del 1 gennaio 2014 prendere assieme a me il traghetto in gondola da 70 centesimi, chiedendo al gondoliere di accettare il POS: a mie spese, ma devono autorizzarmi a filmare e diffondere la scena tra i canali social.
[1] http://www.normattiva.it/uri-res/N2Ls?urn:nir:stato:decreto.legge:2012-10-18;179
[2] http://www.corrierecomunicazioni.it/it-world/23072_iwa-italy-a-zanonato-e-payment-impossibile-per-i-professionisti-del-web.htm
[3] http://ec.europa.eu/internal_market/payments/framework/index_en.htm
[4] https://trasparenza.unicredit.it/pdf/GP70-SERVIZIO-P-O-S-E-ACQUIRING-PAGOBANCOMAT-2008969.PDF
[7] http://www.huffingtonpost.it/2013/02/19/lultimo-affare-dei-berlusconi_n_2717513.html