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Programmatic Advertising: la nuova frontiera della pubblicità

Partito in ritardo rispetto agli altri Paesi avanzati, il mercato del Programmatic Advertising sta crescendo in fretta anche nel nostro Paese: raggiunti nel 2014 i 110 milioni di euro, in crescita del 120% sull’anno precedente

Pubblicato il 24 Feb 2014

In meno di due anni, il Programmatic Advertising è diventato il centro delle discussioni dell’intera filiera pubblicitaria digitale, passando velocemente nella testa di molti da “pratica sconosciuta” a “potenzialmente pericolosa per le inventory premium” a “nuovo strumento imprescindibile”. Lo sostiene anche un’indagine di IAB Europe, basata su interviste a più di 600 editori, inserzionisti e agenzie del settore pubblicitario in Europa, da cui emerge che l’89% dei player di questa filiera oggi crede che il Programmatic Advertising avrà un impatto significativo sulla pubblicità digitale e addirittura il 30% si aspetta che possa essere dominante rispetto ad altre modalità di acquisto.

Anche i numeri italiani dimostrano la forte crescita che questo segmento di mercato sta vivendo. Secondo le stime del nostro Osservatorio New Media & New Internet, nel 2014 il valore complessivo di questo mercato è di 110 milioni di euro, con una crescita del 120%: è passato così in un anno dal 5% del Display Advertising al 10%. Partito più in ritardo nel nostro Paese rispetto ad altri Paesi dell’Europa Occidentale e agli USA, il Programmatic Advertising sta recuperando velocemente il gap.

Ma cos’è il Programmatic Advertising? In estrema sintesi, si tratta di un processo automatizzato di compravendita di spazi pubblicitari basato su piattaforme tecnologiche altamente sofisticate: l’intero processo – dalla selezione del target fino al pagamento – avviene tramite tali piattaforme. I publisher selezionano gli spazi che vogliono mettere in vendita, immettendo l’inventory all’interno di piattaforme chiamate SSP (Supply Side Platform). Questi spazi pubblicitari possono essere messi all’asta sul cosiddetto open market man mano che si rendono disponibili o venduti tramite private deal (ossia all’interno di accordi privati tra alcuni player selezionati che possono riguardare il prezzo, l’inventory, le aziende coinvolte, ecc.). L’acquisto avviene attraverso le DSP (Demand Side Platform), su cui i Trading Desk caricano le diverse creatività delle campagne e ne specificano le caratteristiche (prezzo, target, posizionamento, ecc.).

Il contributo umano nella pianificazione media diventa quindi sempre meno rilevante? Alla base delle strategie di investimento sul Programmatic Advertising, dovrebbe risiedere la consapevolezza dell’opportunità, attraverso queste piattaforme, di indirizzare la pubblicità su target molto specifici, attraverso l’utilizzo di un mix di dati provenienti da più fonti (propri sistemi di CRM e fonti terze). Diventa, quindi, centrale il lavoro sui dati, sia all’interno delle imprese (che avranno necessità di sviluppare nuove figure professionali, i cosiddetti data scientist), sia da parte dei player specializzati nella filiera, poiché la qualità della base informativa sul target raggiungibile sarà un elemento che determinerà il prezzo (ovvero la disponibilità a pagare di più la specifica impression). È in queste decisioni che la tecnologia non sostituisce l’intelligenza strategica dell’uomo di marketing, che dovrà sempre definire chiari obiettivi, individuare il target, progettare creatività coerenti con il proprio messaggio, individuarne il posizionamento più efficace e monitorare tempestivamente i risultati, così da intervenire rapidamente con eventuali correttivi.

L’errore da non compiere da parte di chi investe è pensare al Programmatic Advertising come un mero strumento volto a minimizzare il costo della singola impression. Un approccio di questo tipo non consentirebbe, infatti, di introdurre nel sistema impression premium, ad alto valore. Dall’altra parte, occorre che gli editori (anche premium) comprendano come massimizzare il valore totale delle proprie impression, attraverso la somma delle diverse modalità di vendita (diretta e programmatica), invece di guardare con diffidenza a questi nuovi strumenti.

Quali saranno, da ultimo, i principali driver di sviluppo del settore? Innanzitutto la crescita passerà attraverso un’offerta sempre più ampia di nuovi formati Video e Rich Media, oltre ai tradizionali formati display. La seconda direzione di sviluppo riguarda la crescita sulle piattaforme Mobile (Smartphone e Tablet). Un’altra area di crescita è legata ad una differenziazione dell’offerta programmatica, con il crescente sviluppo e diffusione di private deal accanto all’open market. Infine, il già citato tema dei dati sarà un altro ingrediente fondamentale: le opportunità offerte dal Programmatic aumenteranno, infatti, con l’aumentare della mole e della qualità dei dati sugli utenti, anche attraverso lo sviluppo di player specializzati nella fornitura di dati di qualità (come le DMP – Data Management Platform).

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