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Sanzioni alla Russia, uno shock per il Made in Italy: il ruolo dell’e-commmerce

Moda, ma anche cibo e arredamenti stanno subendo i maggiori impatti delle attuali tensioni internazionali. La guerra e l’uscita di scena russa dal mercato digitale potrebbero costare alle nostre imprese 700-800 milioni di euro, pari al 5-6% del valore totale dell’export via eCommerce in Italia. I possibili mercati di sbocco

Pubblicato il 29 Apr 2022

Roberto Liscia

Presidente Netcomm

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Netcomm, il Consorzio del Commercio Digitale Italiano, ha analizzato gli effetti diretti dell’attuale crisi economica internazionale per comprendere l’impatto che ha sortito sulle imprese italiane e individuare possibili mercati alternativi atti a sopperire alle ingenti perdite.

Se nel 2021 il valore dell’export del Made in Italy verso la Russia si aggirava attorno ai €7,7 miliardi[1], ora che l’Italia riveste il ruolo di “paese ostile” agli occhi dell’operato russo, con il conseguente divieto di import/export internazionale, è possibile supporre per le imprese italiane una perdita di circa 700-800 milioni di euro, pari al 5-6% del valore totale dell’export via eCommerce in Italia.

Strategie innovative per sopperire alla crisi

Nel 2014, dopo la crisi politica scoppiata in Crimea, conclusasi con l’annessione del territorio all’impero Russo, l’export italiano ha perso in due anni ben 3,5 miliardi di euro a causa delle sanzioni dell’Europa contro la Russia e delle rispettive contro sanzioni emanate dal Cremlino[2]. Nonostante il periodo di tregua che ne è seguito abbia permesso di rimarginare le perdite, l’Italia è ancora fortemente legata al mercato moscovita. Ora, per sopperire al duro colpo inflitto dalla guerra in Ucraina sull’export online delle PMI, è necessario per queste ultime calibrare strategie innovative e individuare nuovi mercati più solidi a cui rivolgersi.

Altri possibili mercati di sbocco

Risulta fondamentale per le imprese italiane ragionare su altri mercati di sbocco, così da poter parzialmente compensare le gravi perdite che stanno subendo.

Se il mercato statunitense e quello cinese rappresentano degli orizzonti preferenziali, sicuramente già battuti, è necessario riconoscere come Indonesia, Turchia e Iran costituiscano mercati non convenzionali fortemente attrattivi per il nostro Made in Italy a motivo della loro propensione agli acquisti online, in particolare di beni di lusso. Ai già citati, è bene aggiungere anche l’Arabia Saudita, i cui mercati rappresentano degli hub di spending per l’intero Medio Oriente. Infine, l’Africa costituisce un mercato non ancora esploso, che si sta però velocemente digitalizzando, il che suggerisce ampi margini di crescita in ambito eCommerce per le imprese nostrane. Resta comunque probabile che serviranno almeno due anni per compensare le perdite già citate.

Il cross-border eCommerce come motore di crescita del B2C

Fino a non molti anni fa, la vendita retail online avveniva principalmente su territorio nazionale, con acquirenti e venditori che provenivano dal medesimo Paese. Dal 2014 abbiamo tuttavia assistito a un cambio di rotta: i consumatori sono sempre più attratti da marchi e prodotti internazionali. Questo ha sicuramente decretato la vittoria del cross-border eCommerce, permettendo ai brand di accorciare sempre di più le distanze con i loro clienti. Una ricerca effettuata da Accenture ha dimostrato come dal 2014 al 2020 il commercio transnazionale abbia risentito di un tasso di crescita annuale del 29,3%. Ad oggi, circa il 56% delle aziende si avvale di canali digitali per vendere i propri prodotti o servizi ad altre aziende o consumatori stranieri[3], ma, allo stesso tempo, il peso dell’export digitale sull’intero fatturato rimane abbastanza modesto (13,5 miliardi nel 2020). Tuttavia, secondo il report 2021 “Esportare la dolce vita[4], l’incidenza degli acquisti cross border è, o in parte è stata, altissima in Russia, il cui valore costituisce il 74% del totale eCommerce. Di certo anche il turismo russo in Italia costituiva un’ulteriore spinta per l’acquisto di prodotti Made in Italy: in molti casi, l’interesse dei visitatori russi verso le nostre eccellenze non si esauriva allo scadere della vacanza, ma proseguiva, fortificandosi, anche al termine del soggiorno, attraverso l’acquisto digitale. In sostanza, dunque, l’interruzione del turismo russo sul nostro territorio ha bloccato le vendite sia offline sia online.

I settori più colpiti

Questa uscita di scena russa dal mercato digitale globale non è imputabile al solo blocco delle merci e alle sanzioni dirette, ma anche all’interruzione generale delle catene di approvvigionamento e all’impossibilità da parte dei consumatori russi di completare i propri iter di acquisto online. Rivolgendomi dunque ai settori che risulteranno più sofferenti a motivo di questa battuta d’arresto, al primo posto ci sarà sicuramente il Fashion, che in Italia rappresenta il 53% dell’export online di beni di consumo, per un valore totale di circa 7,1 miliardi di euro. Seguiranno Food (alimentari e bevande), per un controvalore pari a 1,9 miliardi di euro, e Arredamento, che in Italia pesano rispettivamente il 14% e l’8% sul valore complessivo dell’export digitale di prodotti di consumo.

Conclusioni

Tuttavia, è il medesimo report “Esportare la dolce vita” a fornirci una giusta chiave di lettura delle evoluzioni commerciali che seguiranno: il mercato russo non rappresenta l’unico estimatore della qualità della manifattura italiana.

Come accennato in precedenza, l’Asia è l’area geografica in cui la classe media benestante si sta diffondendo più rapidamente. La Cina, con uno stock di oltre 265 milioni di cittadini con redditi e standard di consumo in linea con quelli dei paesi avanzati, ne è l’apripista; tuttavia, anche Thailandia, Vietnam, Malesia e la già citata Turchia contano quasi 30 milioni di individui ascrivibili alla classe benestante: l’interesse che questi mercati riservano nei confronti del Made in Italy come sinonimo di qualità deve spingerci a guardarli con particolare interesse.

Note

  1. Fonte: Istituto Nazionale di Statistica (ISTAT) 2021.
  2. Fonte: Istituto Nazionale di Statistica (ISTAT) 2014.
  3. Fonte: Osservatorio Export Digitale del Politecnico di Milano, https://www.osservatori.net/it/eventi/on-demand/convegni/convegno-risultati-ricerca-osservatorio-export-digitale-convegno.
  4. Fonte: Rapporto 2021 “Esportare la dolce vita”, promosso dal Centro Studi Confindustria (CSC), https://www.confindustria.it/home/centro-studi/temi-di-ricerca/tendenze-delle-imprese-e-dei-sistemi-industriali/tutti/dettaglio/rapporto-esportare-la-dolce-vita-2021

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