Viagogo si conferma colpevole per aver fatto illecita rivendita dei biglietti, il secondary ticking che in Italia è vietato. Il Tar del Lazio con la sentenza del 2 aprile 2021,n. 3955, ha infatti rigettato il ricorso promosso da Viagogo per l’annullamento della delibera n. 104/20/CONS resa dall’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (di seguito anche “AGCOM”) per la violazione “dell’art. 1, comma 545, della legge 11 dicembre 2016, n. 232 e successive modifiche e integrazioni” con conseguente irrogazione della sanzione amministrativa pecuniaria pari a 3,7 milioni di euro.
Per il Tar Viagogo è un intermediario che non può eludere le proprie responsabilità presentandosi come “hosting provider passivo”.
Una sentenza rilevante perché conferma una strada già presa da giurisprudenza, regole e dibattito pubblico verso una maggiore responsabilizzazione degli intermediari digitali (come le big tech).
Perché Viagogo ha torto
Due, in estrema sintesi, i principali motivi di ricorso proposti da Viagogo: 1) la norma nazionale vieta esclusivamente la vendita sul mercato secondario di titoli di accesso, condotta che Viagogo non pone in essere considerato che si limita ad offrire agli utenti uno spazio per la rivendita dei biglietti che loro svolgono autonomamente; 2) Viagogo è, come già accertato in passato dal Consiglio di Stato nell’annullare la sanzione per pratica commerciale scorretta adottata dall’AGCM, un mero host provider passivo e pertanto l’attività oggetto di contestazione rientra nel regime di esonero dalla responsabilità previsto dall’art. 16 del d.lgs. 70/2003.
Il Tar, accogliendo integralmente le difese dell’Autorità esposte dall’Avvocatura Generale dello Stato, ha rigettato entrambe le doglianze (e tutti gli ulteriori argomenti difensivi) sulla base delle seguenti argomentazioni.
La legge n. 232/2016, come modificata dalla legge n. 145/2018, vieta “l’attività di rivendita e/o collocamento dei titoli di accesso alle attività di spettacolo (“secondary ticketing”) svolta al di fuori delle limitate modalità dallo stesso consentite costituisce illecito amministrativo, punito” con l’inibizione della condotta e con sanzioni amministrative pecuniarie da 5.000 euro a 180.000 euro, nonché, ove la condotta sia effettuata attraverso le reti di comunicazione elettronica, con la rimozione dei contenuti, o, nei casi più gravi, con l’oscuramento del sito internet attraverso il quale la violazione è stata posta in essere.
Ne consegue, secondo il Giudice Amministrativo, che “la gestione di un sito web che fornisce in via esclusiva, tramite l’articolata gestione imprenditoriale evidenziata nella motivazione del provvedimento, servizi finalizzati – per stessa ammissione della ricorrente – a favorire la conclusione di negozi giuridici che la legge qualifica in linea generale illeciti, escluse le limitate ipotesi sopra indicate, non possa essere considerata neutrale rispetto al disposto normativo, non potendo essere assimilata a quella di un “trasportatore” ignaro del contenuto della merce trasportata, come infondatamente argomentato da parte ricorrente”.
“L’estraneità alla compravendita non è dunque, di per sé, elemento decisivo al fine di escludere la responsabilità del gestore del sito web, stante il descritto tenore generale del vendita/collocamento secondario dei titoli in questione, né l’attività di gestione della piattaforma che consente ed agevola, tramite la messa a disposizione del complesso di servizi descritti nel provvedimento, la conclusione di vendite illecite in ragione del pagamento di un prezzo superiore a quello nominale, può ritenersi del tutto estranea al divieto sancito dalla norma sanzionatoria”.
Quanto alla qualificazione come “host provider passivo” della piattaforma il Tar ha posto in evidenza come “Il servizio svolto dalla piattaforma viagogo.it, per quanto rilevato dall’AGCom nell’ambito dell’impugnata ordinanza, non ha evidentemente le caratteristiche dell’hosting passivo, posto che palesemente non consiste nella mera “memorizzazione di informazioni”, bensì nelle articolate attività di ottimizzazione e promozione pubblicitaria dei titoli in vendita, definizione dei parametri giuridici ed economici della transazione, inclusi i termini di consegna e il prezzo, nella gestione operativa e nella riscossione di quest’ultimo, i quali configurano condotte di azione nel senso precisato dalle pronunce citate; né parte ricorrente ha in alcun modo comprovato l’affermazione secondo cui tale complesso di attività verrebbe svolto dalla piattaforma in modo completamente automatico e senza alcuna consapevolezza e/o possibilità di controllo da parte sua”. Ne consegue, chiarisce il Tar, che “risultano, pertanto, nella specie presenti, ad avviso del Collegio, tutti gli indici che la giurisprudenza comunitaria e nazionale ha individuato al fine di ritenere esclusa l’invocata figura dell’hosting provider passivo”.
Aggiunge e specifica, peraltro, il Tar che “anche qualora le prestazioni della piattaforma in questione avessero le caratteristiche per essere qualificate hosting passivo, la ricorrente non potrebbe parimenti beneficiare della clausola di esonero dalla responsabilità la quale presuppone, secondo quanto previsto dall’art. 16 del d.lgs. 70/2003 citato, che il prestatore di servizi non sia a conoscenza del fatto che l’attività o l’informazione è illecita e che, non appena venuto a conoscenza dei fatti, su comunicazione delle autorità competenti, agisca immediatamente per rimuovere le informazioni o per disabilitarne l’accesso, ciò che pacificamente non è avvenuto nel caso all’esame”.
Perché è sentenza rilevante
La sentenza è di rilevante importanza in quanto, da un lato conferma la costante impostazione giurisprudenziale in tema di hosting provider sancita più di recente dalla Corte di Cassazione (Cass. Civ. Sez. I, 19 marzo 2019, n. 770) sulla scia di quella europea (Corte UE, C-324/09, L’Orèal c. eBay e C-236/08, Google c. Louis Vuitton) e, dall’altro, supera l’arresto del Consiglio di Stato (C.d.S. sentenze nn. 4359/19 e 1217/20) sull’identificazione del ruolo delle piattaforme di intermediazione – tra i quali Viagogo – quali hosting provider passivi, in considerazione dell’attività effettivamente svolta dalla piattaforma non “consistente nella mera memorizzazione di informazioni”.
La pronuncia in parola rileva infatti, oltre che per la conferma della sanzione comminata dall’Autorità, per aver evidenziato come i servizi erogati dalla piattaforma (es. pre-caricamento delle piante dei luoghi degli eventi dove si svolgono i concerti, catalogazione degli annunci per settori e file, suggerimento di prezzo e in generale la definizione dei parametri giuridici ed economici della transazione) portino ad escludere che l’attività in concreto svolta dalla piattaforma rientri nella nozione del provider passivo.
In forza della sentenza in esame immediatamente esecutiva, dovrà essere pagata la sanzione irrogata dall’AGCOM, precedentemente sospesa in fase cautelare, ed è inibito il proseguimento delle attività di intermediazione poste in essere da Viagogo relative alla vendita secondaria di biglietti. Anche per questo, c’è da attendersi un probabile appello al Consiglio di Stato da parte dell’operatore.