Il concetto di tecnologia digitale applicata al mondo del commercio induce spesso a pensare solamente alle applicazioni in ambito e-commerce, un settore ancora emergente per il mercato italiano, e il cui sviluppo è tuttora frenato da fattori strutturali e culturali. E’ però fondamentale pensare anche alle applicazioni nell’ambito del commercio attuato mediante canali convenzionali (vendita al dettaglio o diretta al cliente), che ha un potenziale di miglioramento che può essere espresso in virtù dell’adozione di soluzioni tecnologiche innovative, che con l’e-commerce possono addirittura convergere.
Commercio elettronico: la sua diffusione è in crescita, ma come rilevato dal Rapporto Piccole Imprese di Unicredit nelle aziende di ogni dimensione è diffusa la convinzione che non porti benefici significativi al business, una posizione che genera dubbi in merito alla predisposizione delle aziende all’impiego di piattaforme innovative.
Un quadro della situazione di questo settore ci viene offerto da Riccardo Mangiaracina, ricercatore del Politecnico di Milano e Responsabile della Ricerca dell’Osservatorio eCommerce B2c dell’ateneo: “Innanzitutto è significativo considerare il volume d’affari del settore: nel 2012 i consumatori italiani hanno effettuato acquisti (su siti italiani ed esteri) per un valore complessivo di circa 11 miliardi di euro. Il fatturato conseguito dalle aziende di e-commerce italiane (verso clienti italiani ed esteri) ammonta a poco più di 9,6 miliardi di euro. Nella bilancia commerciale, quindi, le importazioni superano le esportazioni. Il motivo principale risiede nella carenza strutturale dell’offerta, soprattutto negli ultimi anni in cui il settore si è sviluppato con numeri interessanti a livello internazionale”.
Per “carenza strutturale di offerta” si intende che, in Italia, la disponibilità di negozi online e di piattaforme di e-commerce è limitata, mentre in altri mercati come il Regno Unito il settore è maggiormente sviluppato. “Esistono molte recenti iniziative in Italia che rappresentano un tentativo di recuperare terreno nei confronti dei mercati più avanzati – constata Mangiaracina – ma ci sono ancora molti punti scoperti. I grandi retailer non sono ancora entrati in questo settore. Nell’ambito, ad esempio, del grocery (ipermercati, supermercati, eccetera) c’è un solo player, che però ha un offerta limitata (si tratta di Esselunga, il cui superstore online ha però il vincolo dato dall’esistenza di determinate aree di consegna); nell’arredamento sono presenti un paio di catene; sono assenti le aziende che vendono articoli di bricolage”.
Non tutti i settori deludono: “E’ in crescita il settore dell’abbigliamento – rileva Mangiaracina – che registra l’ingresso di nuovi protagonisti (Benetton, Stefanel, Intimissimi) che vanno ad affiancarsi alle grandi firme della moda, un segmento di mercato che peraltro riesce a guadagnarsi l’attenzione della clientela grazie all’attività di vari shopping-club online e di gruppi d’acquisto che offrono prodotti a prezzi scontati”.
“D’altra parte, se ci confrontiamo con i mercati più preparati in materia – osserva il ricercatore – possiamo constatare che è proprio la vastità dell’offerta la chiave del successo del settore. Il digital divide che colpisce il mercato italiano è un elemento di rallentamento, ma prevalentemente dal punto di vista culturale. Alcuni osservatori potrebbero vedere, nel nostro Paese, altri elementi critici come la logistica (i beni acquistati online devono poi essere spediti all’utente), ma i dati dimostrano il contrario: la gamma dei servizi in questo ambito è assolutamente comparabile a quella esistente in un Paese come il Regno Unito, dove l’e-commerce è molto più sviluppato, nonostante i costi per le spedizioni siano più elevati rispetto all’Italia”.
C’è diffidenza, da parte degli utenti, sugli acquisti a distanza? In parte sì: un negozio online rappresenta, in forma più ampia, un settore del commercio che un tempo consisteva nelle “vendite per corrispondenza su catalogo”, nate negli anni ’60 e giunte al declino negli anni ’90. Oggi in Rete si possono trovare aziende di consolidata affidabilità, accanto ad aziende prive di reputazione. Le attività condotte con serietà sono note e riconoscibili (ad esempio per la disponibilità di più forme di pagamento, e quelle online con carta di credito devono essere effettuabili su server sicuri).
“Per il successo nell’e-commerce è opportuno puntare su tre elementi-chiave: l‘assortimento del catalogo, il prezzo e la comodità del servizio” spiega Mangiaracina. Il che significa che è necessario puntare ad offrire la più ampia scelta di prodotti, al giusto prezzo di mercato, acquistabili da una piattaforma dall’utilizzo semplice ed intuitivo, con condizioni chiare e trasparenti anche nell’eventualità del reso (un “rischio” a cui il cliente è disposto a sottoporsi, se compensato da un prezzo competitivo).
“Le prospettive di miglioramento del mercato – osserva il ricercatore – passano per alcuni step obbligatori: innanzitutto va colmare il gap dato dal digital divide, sia sulle infrastrutture che sulla predisposizione degli utenti del mercato. In secondo luogo sarebbe opportuno, a livello istituzionale, promuovere interventi mirati, anche di carattere fiscale (ad esempio in merito ad un auspicabile allineamento dell’IVA applicata sui libri, che per gli e-book è pari al 4%, mentre su quelli cartacei si applica quella ordinaria). Infine, oggi più che mai assume importanza il mondo dei dispositivi mobili: in Italia, con 32 milioni di smartphone che possono connettersi ad Internet, è necessario migliorare l’offerta di piattaforme pensate per essere utilizzate in mobilità”.
“Il mobile commerce sta guadagnando terreno con rapidità , si registra un aumento del 140% anno su anno – conclude Mangiaracina – A dispetto di una fruibilità generalmente non eccellente, già oggi lo smartphone è sfruttato in fattispecie ben determinate. Si pensi ad esempio alle vendite a tempo, con offerte a prezzo speciale di prodotti a disponibilità limitata: i questi casi l’acquirente che vuole assicurarsi quel bene a quel prezzo deve essere tempestivo. Un discorso analogo è possibile per le aste online, in cui è fondamentale riuscire a formulare la migliore offerta entro la scadenza, o per l’acquisto di biglietti per viaggi in aereo o in treno”.
La tecnologia applicata al commercio, però, non deve far pensare solamente all’e-commerce: anche il commercio al dettaglio convenzionalmente conosciuto – quello della grande distribuzione, ma anche e soprattutto quello delle piccole realtà commerciali, può e deve avvalersi di strumenti innovativi per contribuire a movimentare il settore.
Che si parli di generi alimentari, abbigliamento o altri prodotti, negozi singoli e catene devono basare la propria attività su elementi irrinunciabili come la fiducia del cliente e un favorevole rapporto qualità/prezzo (dove la qualità non è solo relativa al prodotto, ma anche al servizio offerto). “Si tratta però di un patrimonio economico e culturale che rischia di essere soffocato dall’ipatto della Grande Distribuzione Organizzata” ci spiega Alessandra Salimbene di SR Comunicazione, esperta del settore e autrice di uno specifico workshop di SMAU 2012.
“L’utilizzo professionale delle nuove tecnologie sociali veicolate tramite internet, insieme all’impiego di dispositivi mobili, può contribuire ad aiutare le piccole realtà a rinnovare il loro rapporto di fiducia con il cliente e fornire delle nuove leve di posizionamento competitivo per crescere in un mercato sempre più difficile” spiega Salimbene, rilevando un’evoluzione del mercato: “Il consumatore oggi è più informato, esigente, più mobile (e quindi meno legato al proprio territorio), più disponibile a farsi coinvolgere a chi sa dargli un’esperienza di acquisto diversa. E quindi è meno fedele”.
Chi vende deve essere ben consapevole del proprio posizionamento competitivo, che non è legato alla sua localizzazione geografica, bensì alla sua posizione “virtuale”, rispetto ai concorrenti, nella percezione dei clienti attivi e potenziali, nei loro ricordi e nelle loro preferenze d’acquisto. “Per arrivarci – prosegue Salimbene – è dunque opportuno conoscere davvero i propri clienti e a questo obiettivo si può tendere creando uno strumento di gestione della clientela, un CRM, supportato da un db marketing, ossia un’anagrafica clienti con dati personali e informazioni relative alle preferenze d’acquisto”.
Fino a pochi anni fa, esistevano pochi strumenti in grado di supportare un’azienda in questo tipo di attività, come il mailing postale e il telemarketing. “L’avvento di Internet,caratterizzato dalla rapidità d’accesso, ha portato ad una convergenza in termini di accesso, e immediatezza nelle comunicazioni – osserva Salimbene – ma ha reso necessario riconsiderare gli strumenti da utilizzare per conquistare fiducia e fedeltà del cliente”. E’ dunque importante che l’imprenditore capisca il proprio posizionamento sul mercato e alimenti il proprio CRM supportato da altri elementi, come il sito web, la newsletter, gli sms, l’e-mail, il social marketing e il mobile marketing.
Anche in questo ambito assumono crescente importanza i dispositivi mobili – smartphone in primis – in veste di strumenti di facile utilizzo che possono aiutare nell’acquisto, semplificandolo e veicolandone le scelte, con le moderne app che consentono ad esempio di fotografare un codice a barre o un QR code per ottenere un link di riferimento che porta ad informazioni e caratteristiche di un prodotto, o ancora di integrare servizi GPS per la geolocalizzazione che consentono di trovare attività commerciali nel circondario e usufruire di offerte promozionali subordinate al check-in effettuato in un punto vendita (registrazione che, una volta condivisa in un social network, funge da richiamo pubblicitario per altri utenti). E non dimentichiamo che lo smartphone può trasformarsi in portafoglio elettronico, se dotato di una tecnologia (come NFC) idonea a sostituire contanti e carta di credito.