Contratti online

Trasparenza nel flusso di acquisto degli e-commerce: il monito della Corte europea

La dizione “concludi/completa la prenotazione” non include l’obbligo di pagamento: la Corte Europea ha ribadito la direttiva UE 2011/83. I termini e i dettagli del caso in questione tra un hotel, la prenotazione su Booking e un cittadino tedesco

Pubblicato il 24 Mag 2022

Monia Donateo

Polimeni.Legal

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L’ultima pronuncia della Corte Europea non è una novità nel panorama degli e-commerce, ma ricorda agli addetti ai lavori che l’iter di perfezionamento del contratto online, specie nell’ultimo step di pagamento e ordine, deve essere rigoroso.

La Direttiva n. 2011/83/UE, in vigore da ben 12 anni, è stata richiamata dalla Corte Europea nel caso C-249/21 – “Fuhrmann-2 vs. Booking” in chiave di trasparenza, il fondamentale principio che regola il mercato e la tutela dei consumatori.

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Com’è nato il caso e cosa prevede l’articolo in questione

Il caso nasce dalla decisione del Tribunale circoscrizionale di Bottrop, in Germania, di devolvere, ai sensi dell’art. 267 del TFUE, la risoluzione di una questione pregiudiziale alla Corte di Giustizia Europea, ai fini della decisione nel merito del Tribunale stesso.

La questione verteva sulla interpretazione dell’art. articolo 8, paragrafo 2, secondo comma, della direttiva 2011/83/UE.

Di seguito si riporta per esteso il testo del paragrafo per capire meglio la vicenda:

“Il professionista garantisce che, al momento di inoltrare l’ordine, il consumatore riconosca espressamente che l’ordine implica l’obbligo di pagare.

Se l’inoltro dell’ordine implica di azionare un pulsante o una funzione analoga, il pulsante o la funzione analoga riportano in modo facilmente leggibile soltanto le parole ‘ordine con obbligo di pagare’ o una formulazione corrispondente inequivocabile indicante che l’inoltro dell’ordine implica l’obbligo di pagare il professionista.

Se il professionista non osserva il presente comma, il consumatore non è vincolato dal contratto o dall’ordine.”

Il testo della norma è chiaro: prescrive agli shop online l’obbligo di comunicare che il click sul pulsante porterà, senza altri passaggi o ulteriori conferme, all’ordine o alla prenotazione e, quindi, deve esplicitare e in ogni caso fare intendere – secondo l’accezione di uso comune – che l’utente sta procedendo o si sta impegnando al pagamento.

Ma a quanto pare, a 12 anni dalla direttiva, si è reso necessario l’intervento interpretativo della Corte, a testimonianza che, tuttora, la prescrizione non è sempre perfettamente o chiaramente recepita, neppure dai colossi come Booking.

I termini del caso che ha coinvolto Booking e un cittadino tedesco

Si tratta di un caso che ha coinvolto la nota piattaforma di intermediazione delle prenotazioni alberghiere, Booking.

Parti in causa: un hotel e un cittadino tedesco che, tramite il servizio Booking, ha prenotato più stanze cliccando sul tasto “Concludi prenotazione”. Non presentandosi poi in struttura, avrebbe dovuto comunque effettuare il pagamento, conformemente ai termini e condizioni.

Non pervenendo il pagamento, l’Hotel adiva il tribunale per il recupero del credito, dimostrando il perfezionamento del contratto alberghiero, ovvero che, ai sensi dell’articolo 321j del BGB (codice civile tedesco) che ha recepito la direttiva europea 2011/83/UE, l’utente aveva validamente accettato e concluso il contratto proprio con il click sul tasto “Concludi prenotazione”.

In altri termini, il fulcro della causa, che ha spinto il tribunale tedesco a rivolgersi alla Corte Europea, era l’accertamento dell’esistenza di un contratto stipulato tramite Booking.

Visto e considerato che la suddetta norma tedesca impone l’espressione “…con obbligo di pagare” o simili ai fini della valida conclusione del contratto online – e che la dottrina e la giurisprudenza tedesca non hanno univocamente risolto il quesito in merito alla valida conclusione del contratto nei casi in cui non sia riportata espressamente la parola “pagamento”[1] – va da sé che, nel “caso Booking”, l’assenza di questa specificazione ha reso necessario l’intervento della Corte Europea.

Il quesito rivolto alla Corte è stato il seguente: se e in quale misura si possono tenere in considerazione anche le circostanze che accompagnano un processo di inoltro di un ordine o di una prenotazione per ritenere concluso un contratto (da cui discende, appunto, l’obbligo di pagamento)?

La risposta della Corte di giustizia europea

La Corte ha ricordato che il caso ricade nei contratti a distanza e che, quindi, viene in applicazione l’obbligo del professionista di comunicare all’utente in modo chiaro – e prima dell’inoltro meccanico dell’ordine – le caratteristiche principali del bene o servizio interessato, il prezzo totale, la durata del contratto nonché, se del caso, la durata minima degli obblighi posti a carico del consumatore.

Ha quindi sottolineato che il venditore deve assolutamente garantire e dare prova che il consumatore abbia avuto esatta contezza dell’obbligo di pagare prima di inoltrare la sua scelta.

La Corte, nel demandare la risoluzione della controversia al giudice nazionale, ha confermato che l’esame deve essere svolto esclusivamente sulla dicitura riportata sul pulsante in questione e sul significato che tale dicitura ha sia nel linguaggio tedesco corrente che nella mente del consumatore medio, normalmente informato e ragionevolmente attento e avveduto.

Pertanto, il giudice tedesco ha dovuto esaminare se il termine “prenotazione” nell’uso tedesco e nella mente di un utente medio fosse necessariamente e sistematicamente associato ad un obbligo di pagamento.

È emerso che il termine “prenotazione” nella dicitura “prenotazione completata” o simili non è necessariamente associato all’assunzione di un obbligo di pagamento, ma è spesso utilizzato anche come sinonimo di “pre-ordine” a titolo gratuito.

Si è desunto che il pulsante d’ordine con “Completa prenotazione” o sinonimi di prenotazione non soddisfano i requisiti della direttiva sui diritti dei consumatori.

Nessun contratto con siffatto inoltro di ordine potrà mai essere considerato concluso.

Il risultato ottenuto è senz’altro quello che avremmo avuto anche nell’ordinamento italiano. Infatti, ai sensi del D.lgs.. 21/2014 – che ha recepito la Direttiva 2011/83/UE – è richiesto che il pulsante o la funzione analoga riportino in modo facilmente leggibile soltanto le parole “ordine con obbligo di pagare” o una formulazione corrispondente inequivocabile, che indichi come l’inoltro dell’ordine implichi l’obbligo di pagare il professionista. Se il merchant non osserva ciò, il consumatore non è vincolato dal contratto o dall’ordine.

Conclusioni

Se prendiamo la sola nozione “prenotazione” – decontestualizzata da Booking e dalla comune e diffusa conoscenza del suo funzionamento – sarebbe forzato collegarla concettualmente e univocamente all’assunzione di un obbligo di pagamento.

La parola “prenotare” la troviamo spesso e volentieri nel mondo online con il significato univoco di “riservare” o “bloccare” (per poi confermare) a titolo gratuito.

Ovviamente è impensabile attendere che una grande piattaforma venga condannata da un Tribunale o sanzionata da un’autorità antitrust affinché le cose cambino e che, quindi, le informative ci vengano date secondo legge.

Ed è qui che dovrebbe entrare in gioco l’educazione del web: tutti gli utenti hanno l’onere di diventare sempre più consapevoli e accorti nell’attività di navigazione, di sapersi muovere nel marasma dei termini e condizioni delle piattaforme, come anche dei diritti di proprietà intellettuale altrui per non incorrere in spiacevoli sorprese.

L’utente medio non può più prescindere dall’informarsi, quantomeno sommariamente, del contenuto del contratto che sta accettando e non dovrebbe, pertanto, fermarsi al solo tasto da cui si conclude il processo di inoltro di un bene o servizio.

Da qui discende l’obbligo delle piattaforme, anche di quelle più piccole, di uniformarsi alla normativa del commercio elettronico e prevedere contratti online trasparenti e completi, considerando che ormai sia il legislatore europeo che le autorità di vigilanza sono sempre più accorti e tempestivi nell’intervento a tutela del mercato online.

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Note

  1. Ad esempio, il Landgericht Berlin (Tribunale del Land di Berlino, Germania), in una delle decisioni allegate dalla ricorrente agli atti (sentenza del 31 gennaio 2019, Az.: 16 0 284/17) ritiene che la dicitura riportata sul pulsante deve essere valutata “alla luce delle circostanze complessive, in particolare di come si svolge per il resto l’inoltro dell’ordine, ossia tenuto conto della definizione del tipo di operazione da concludere”

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