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Editoria digitale, così il Digital Markets Act riequilibra i rapporti con le Big Tech

Il DMA interviene sui rapporti tra editori e librerie da un lato e grandi piattaforme digitali, come Amazon, dall’altro, creando le condizioni per stabilire nuovi equilibri di mercato, introducendo obblighi a cui devono sottostare i giganti che controllano l’accesso ai mercati del web. Ecco cosa cambia

Pubblicato il 23 Dic 2022

Andrea Buticchi

CBM&Partners, Avvocato esperto di diritto d’autore

Giulia Marangoni

Ufficio Rapporti Istituzionali dell’Associazione italiana editori

ebook

Nel 2023 diverrà applicabile il Regolamento europeo sui mercati digitali, più noto come Digital Markets Act (DMA)[1] che ha l’obiettivo, indicato nel titolo esteso del provvedimento, di promuovere “mercati equi e contendibili nel settore digitale”. Il Regolamento stabilisce infatti nuovi obblighi per le grandi piattaforme web al fine di impedire pratiche sleali. Si tratta di uno strumento che può contribuire in modo importante allo sviluppo competitivo delle industrie culturali e creative, spesso compromesso dall’azione dei soggetti in posizione dominante.

Digital Markets Act, così l’Europa limita il potere delle big tech

Nel settore dei libri, il DMA interviene sui rapporti tra editori e librerie da un lato e grandi piattaforme digitali, come Amazon, dall’altro, creando le condizioni per stabilire nuovi equilibri di mercato, introducendo obblighi a cui devono sottostare i giganti che controllano l’accesso ai mercati del web (nel regolamento, gatekeeper). In particolare, gli obblighi di condivisione dei dati previsti dal regolamento possono contribuire a migliorare l’accesso ai dati di vendita e utilizzo di libri e e-book da parte degli editori e la trasparenza del mercato.

La centralità del dato nell’economia digitale

Nell’affrontare il tema dell’equità e contendibilità dei mercati digitali, il DMA pone l’accento sul controllo e l’accesso ai dati come fattore determinante delle dinamiche competitive nell’ecosistema digitale. Nell’economia delle grandi piattaforme, infatti, “l’informazione di mercato cessa di essere un bene pubblico, cioè perfettamente osservabile da tutti – come avviene nei mercati in concorrenza – e viene (di fatto) internalizzata e sfruttata dalle grandi piattaforme per diventare il mercato”[2], e fonte esclusiva di vantaggio competitivo per i soggetti che la controllano.

Il DMA riconosce dunque che è sul terreno della condivisione dei dati nel mercato digitale che si gioca la possibilità di creare un sistema più equo e concorrenziale. Sotto questo profilo, il regolamento si inserisce nel contesto più ampio della disciplina della concorrenza, collocandosi nel quadro della crescente attenzione non solo verso la protezione dei consumatori, ma anche verso la tutela della concorrenza fra i vari operatori operanti nel mercato.

Sul primo fronte, risalgono al 2015 le prime iniziative normative che hanno valorizzato i dati come asset con un valore economico[3] nei rapporti tra consumatori ed operatori economici online. Altri interventi, come ad esempio il Data Act di recente discussione[4], si concentrano sulla centralità del dato e del suo utilizzo nel mercato unico europeo.

Sul secondo versante, la normativa europea attribuisce, fin dal Trattato sul Funzionamento dell’Unione (art. 102), un particolare significato al concetto di abuso di posizione dominante, sul quale la Commissione ha, negli ultimi anni, concentrato sensibilmente la propria attenzione sul mondo digitale.

Ad esempio, nella Relazione sulla concorrenza del 14 luglio 2022[5], la Commissione ha analizzato diversi casi di grandi operatori digitali[6] e ha ritenuto significativo, nell’individuazione di un abuso di posizione dominante, che tali operatori utilizzino a proprio vantaggio i dati dei concorrenti che utilizzano i loro servizi di piattaforma[7]. L’attenzione della Commissione si è rivolta, con un approccio sistematico, all’effetto potenzialmente distorsivo che la condotta del soggetto in posizione dominante può avere grazie al flusso di dati di cui dispone. Nel caso AT.40462, ad esempio, la Commissione ha espresso il timore che l’operatore digitale “falsi la concorrenza nel mercato della vendita al dettaglio online basandosi sistematicamente su dati commerciali non pubblici di venditori indipendenti che vendono sul mercato virtuale di Amazon. Tale pratica avvantaggia l’attività di vendita al dettaglio di Amazon, che è in diretta concorrenza con i venditori terzi”[8].

Il DMA si inquadra in questo contesto, in particolare al fine di creare un mercato digitale più equo e concorrenziale, chiarendo l’applicabilità degli obblighi al gatekeeper nella complessità della sua attività di impresa. Dalla citata Relazione sulla concorrenza emerge che uno dei maggiori ostacoli alla libera concorrenza è dovuto infatti alla diversa disponibilità dei dati: mentre il grande operatore, che riveste il ruolo sia di piattaforma di intermediazione sia di singolo player del mercato, dispone di dati relativi alle attività degli altri operatori (v. ancora AT.40462), questi ultimi, che non dispongono della medesima doppia veste, si trovano in posizione di soccombenza rispetto chi è al contempo propria controparte contrattuale.

Gli obblighi a carico dei gatekeeper previsti dal DMA mirano a mitigare tali situazioni di evidente squilibrio.

Il ruolo del DMA per l’industria del libro: verso un mercato più trasparente

Se applicato correttamente, il regolamento è infatti in grado di contribuire in modo sostanziale alla maggior equità e contendibilità del mercato digitale in cui operano gli editori, agendo su due fronti.

Da una parte, gli obblighi di condivisione dei dati introdotti dal regolamento possono bilanciare la profonda asimmetria informativa che si è venuta a creare tra i gatekeeper e gli altri attori. Una piattaforma come Amazon, ad oggi, conosce ogni dettaglio del comportamento dell’utente (cosa compra, quanto e come legge online) mentre l’editore, pur essendo partner e fornitore di tali contenuti, non ha accesso a tali informazioni. Tale asimmetria è un chiaro limite alla concorrenza nel settore.

Dall’altra, gli stessi obblighi possono migliorare la trasparenza e la conoscibilità del mercato editoriale, pregiudicata dai limiti che una piattaforma come Amazon impone agli editori circa l’utilizzo dei dati di vendita dei loro stessi titoli – libri, e-book, audiolibri – a scopo statistico, per ottenere una fotografia complessiva del mercato. A conferma di quanto sia urgente un intervento in questo ambito, basti pensare che oggi siamo in grado di stimare solo in modo approssimativo, attorno al 35%, la quota del mercato del libro a stampa controllata in Italia dal gatekeeper Amazon. Ancor più difficile è monitorare i mercati di e-book e audiolibri, dove Amazon ha posizioni ben più rilevanti.

Vale la pena osservare come la maggior trasparenza del mercato sia nell’interesse tanto degli editori e degli altri operatori della filiera quanto delle autorità preposte a monitorarlo e regolamentarlo, che sono altrimenti limitate nella loro capacità di “conoscere per deliberare”, avrebbe detto Luigi Einaudi[9].

Il ruolo dei gatekeeper nel mercato digitale del libro

Il DMA introduce alcune regole a cui devono sottostare i maggiori operatori online che hanno le caratteristiche (definite dallo stesso regolamento) di gatekeeper su un dato mercato digitale. L’assunto da cui muove è che quando un comportamento anticoncorrenziale viene scoperto e sanato attraverso le procedure e con i tempi previsti dal diritto della concorrenza, il danno arrecato al mercato rischia di essere già elevato, se non irreversibile. Il DMA mira a integrare il diritto della concorrenza (senza sostituirsi ad esso) mediante regole ex-ante, definite in parte in base all’esperienza fornita dei casi pregressi di concorrenza sleale, così da prevenire alcune pratiche anticoncorrenziali[10].

L’efficacia del regolamento dipende dalla definizione delle regole necessarie a prevenire le pratiche sleali e in primis dall’identificazione delle piattaforme che devono adottarle, ossia dei gatekeeper. Si tratta di una nuova categoria di operatori di mercato introdotta dal regolamento, che “creano un collo di bottiglia tra imprese e consumatori, e talvolta controllano l’intero ecosistema, fatto di diverse piattaforme di servizi come marketplace online, sistemi operativi, servizi in cloud o motori di ricerca[11].

Le condizioni per essere identificati come gatekeepers

Per essere identificate dalla Commissione come “gatekeeper“, le imprese devono soddisfare una serie di condizioni cumulative, tra cui: fornire un servizio di piattaforma di base – tra quelli definiti in una lista chiusa, che comprende, tra gli altri, i marketplace -; avere un impatto significativo e una posizione consolidata sul mercato interno, secondo criteri quantitativi stabiliti dal regolamento; essere un gateway importante affinché gli utenti commerciali raggiungano gli utenti finali[12]. Inoltre, nella valutazione dei gatekeeper, la Commissione può tenere in considerazione alcuni “elementi specifici delle imprese che forniscono servizi di piattaforma di base quali […] vantaggi basati sui dati” e altri “indicatori del potenziale di sfruttamento della propria posizione dominante da parte di tali imprese e di una perdita di equilibrio del mercato a loro favore” (Cons.25, corsivi nostri).

La scelta di affidare la definizione di gatekeeper a una lista di “servizi di piattaforma di base” (art. 2) poteva rischiare di non rendere conto della molteplicità e della rapida evoluzione dei modelli di business in virtù dei quali un’impresa può acquisire una posizione dominante in un mercato digitale. Questo limite, presente nella proposta originaria della Commissione, è superato nel testo finale, laddove il regolamento estende esplicitamente alcuni obblighi inclusi quelli rilevanti per il settore editoriale – anche ai “servizi forniti contestualmente o in ausilio ai servizi di piattaforma di base”. Tali obblighi, infatti, “dovrebbero garantire la contendibilità e l’equità non solo per quanto riguarda i servizi di piattaforma di base elencati nella decisione di designazione, ma anche per quanto riguarda altri prodotti e servizi digitali per i quali i gatekeeper sfruttano la loro posizione di punto di accesso, che sono spesso forniti contestualmente o in ausilio ai servizi di piattaforma di base” (Cons. 31, corsivo nostro)[13]. In concreto, dunque, il DMA non si limita a intervenire sui servizi di base della piattaforma, come il marketplace, ma si applica anche ai servizi forniti insieme a quelli di base che concorrono a definirne la posizione dominante. È questo il caso dei servizi di retail, entro cui è possibile iscrivere la distribuzione e vendita di libri che Amazon svolge per conto degli editori, così come la vendita degli audiolibri, quando realizzata tramite l’integrazione dell’offerta di Audible nel marketplace.

Gli effetti del DMA sulle attività dei gatekeepers

La definizione di gatekeeper, soprattutto dal punto di vista delle dimensioni del soggetto individuato come tale, degli effetti che la sua attività ha sul mercato, non può che far pensare al soggetto in posizione di dominanza nella disciplina della concorrenza. In particolare, è lo stesso DMA a ricordare l’applicabilità al gatekeeper della normativa sulla concorrenza (es. nei considerando 5, 11 e art. 1, par. 6), con espliciti richiami all’impatto della sua attività sul mercato rilevante. Così come la giurisprudenza[14] indica che la valutazione di abuso di posizione dominante debba essere olistica, nel DMA nell’identificazione del gatekeeper si devono considerare tutte le attività che garantiscono una posizione dominante in quanto punto di accesso privilegiato al mercato.

L’editoria e i complessi scenari in cui interviene il DMA

Il settore editoriale esemplifica bene la complessità degli scenari in cui interviene il DMA. Il gatekeeper Amazon, infatti, opera secondo un modello di business articolato che comprende sia il marketplace (“servizio di base” secondo il regolamento), utilizzato da editori e librerie, sia la vendita di libri a stampa, servizio che rientra tra quelli che il DMA definisce come “servizi forniti contestualmente […] al servizio di base”.

Ancor più significativo è il mercato degli ebook, in cui è difficile definire se si tratti di un servizio di retail o di marketplace. Nella quasi totalità dei casi, infatti, la vendita viene effettuata grazie a contratti di agenzia (Agency Model) che prevedono che l’editore conservi il pieno controllo sulle politiche di prezzo e le offerte che riguardano i propri titoli. L’esatto inquadramento del mercato degli ebook in una o l’altra fattispecie diviene superflua alla luce degli orientamenti espressi nella citata Relazione sulla concorrenza, da cui risulta evidente che non possa esserci segregazione tra le attività di rivenditore e di marketplace del gatekeeper. Le due funzioni, infatti, risultano fortemente interconnesse, anche dal punto di vista dell’utente finale, che troverà le offerte dei librai, degli editori e di Amazon presentate sulla stessa pagina, nonché la possibilità di accedere alle offerte di libri a stampa, ebook o audiolibri. Piuttosto, in futuro, come diremo più avanti, le modalità di presentazione delle diverse proposte dovrà essere tale da non privilegiare l’attività del negozio Amazon rispetto agli altri venditori che operano nel marketplace.

Tali attività e l’accesso a una mole di dati inaccessibile agli altri operatori concorrono insieme a costituire la posizione dominante e di punto privilegiato di accesso al mercato e sono dunque ugualmente sottoposte agli obblighi stabiliti dal regolamento. Rispetto all’insieme interconnesso di tali fattori, gli editori, in quanto utenti commerciali dei servizi di base e degli altri servizi forniti insieme ad essi, nonché competitor rispetto agli stessi (come ben illustrato nel Cons. 46[15]), si configurano dunque come beneficiari delle norme del DMA.

Le nuove regole stabilite dal DMA a riequilibrio della concorrenza nel settore editoriale

Vediamo dunque quali sono gli obblighi e i divieti per i gatekeeper stabiliti dal DMA (art. 5-6) rilevanti per gli editori e le librerie che utilizzano i servizi di marketplace e di retail di una piattaforma come Amazon, contribuendo allo sviluppo di un mercato digitale più equo, trasparente e concorrenziale.

  • Il divieto di imporre clausole di Most Favoured Nation (MFN) agli utenti commerciali del gatekeeper, ossia il divieto di impedire agli editori o alle librerie che utilizzano i servizi della piattaforma di vendere i propri libri a condizioni diverse o migliori attraverso i propri canali o altri servizi di intermediazione (art. 5, par. 3). Tali clausole, infatti, limitano in modo sleale la libertà di scelta degli operatori commerciali e la contendibilità tra piattaforme, impattando in ultima analisi sulla libertà del consumatore finale, che vede restringersi le possibilità di scegliere dove acquistare i titoli di suo interesse.
  • Il divieto di impedire agli operatori commerciali e agli utenti finali delle piattaforme di sollevare presso qualsiasi autorità pubblica competente questioni relative a pratiche dei gatekeeper (art. 5, par. 6). Ad esempio, è vietato ricorrere a clausole di confidenzialità per impedire agli utenti commerciali di segnalare condizioni di accesso discriminatorie, chiusura ingiustificata degli account o motivi poco chiari di rimozione dei prodotti dalla piattaforma.
  • Il divieto di self-preferencing (art. 6, par. 5), ossia di manipolare i risultati dei motori di ricerca per ottenere un vantaggio, ad esempio per dare artificialmente risalto nella pagina di risultati, ai titoli pubblicati o venduti dal retailer Amazon a discapito dei titoli venduti dagli editori o dalle librerie che utilizzano Amazon come marketplace.
  • Il divieto di utilizzare i dati generati dai prodotti degli utenti commerciali per competere con gli stessi utenti (art. 6, par. 2). Nel settore editoriale, la norma si traduce nel divieto per la piattaforma di utilizzare a proprio vantaggio i dati generati dai titoli venduti dagli editori e dalle librerie tramite la piattaforma per competere con gli stessi editori o librai.
  • L’obbligo di garantire, “a titolo gratuito”, agli utenti commerciali e a terze parti autorizzate dagli stessi “un accesso efficace, di elevata qualità, continuo e in tempo reale a dati aggregati e non aggregati” generati dai loro prodotti tramite il servizio di piattaforma di base o un servizio fornito contestualmente (art. 6, par. 10); applicato al settore editoriale, si traduce nell’obbligo di condividere, su richiesta degli editori o terze parti autorizzate (es. enti incaricati di indagini di mercato) tutti i dati di vendita e utilizzo dei titoli resi disponibili sul marketplace Amazon e tramite Amazon come rivenditore.

Quest’ultimo obbligo è cruciale. Se correttamente applicato, può risultare determinante per consentire agli editori di accedere a informazioni strategiche generate dalle vendite dei propri libri a stampa, e su quanto e come vengono letti i propri e-book o ascoltati i propri audiolibri (es. dati su quanto viene letto di un libro, i tempi di ascolto degli audiolibri etc.). Inoltre, sarà possibile migliorare la trasparenza e la conoscibilità del mercato editoriale, attualmente compromessa dalle clausole di riservatezza che limitano l’utilizzo dei dati di Amazon. “Un gatekeeper non dovrebbe avvalersi di restrizioni contrattuali o di altro tipo per impedire l’accesso degli utenti commerciali ai dati pertinenti” chiarisce il considerando 60.

Conclusioni

Va infine ricordato che il DMA riconosce l’interoperabilità come principio a cui le piattaforme devono uniformarsi per garantire libertà di scelta dei consumatori. Pur limitandosi ad introdurre obblighi relativi ai servizi di messaggistica e social media, il regolamento segna un primo passo importante per approfondire, auspicabilmente in fase di aggiornamento del regolamento, l’applicazione di tale principio al mercato degli e-book, troppo spesso condizionato dalle strategie di lock in tecnologico che vincolano i lettori ad una sola piattaforma, formato e dispositivo di lettura.

Note

  1. Regolamento (UE) 2022/1925 del 14 settembre 2022 relativo a mercati equi e contendibili nel settore digitale e che modifica le direttive (UE) 2019/1937 e (UE) 2020/1828 (regolamento sui mercati digitali)
  2. Antonio Manganelli, Il regolamento Eu per i mercati digitali: ratio, criticità e prospettive di evoluzione, in “Mercato Concorrenza Regole, Rivista quadrimestrale” 3/2021, pp. 473-500, doi: 10.1434/103970; Delmastro M., Nicita A. (2019) Big Data. Come stanno cambiando il nostro mondo. Bologna, Il Mulino
  3. V. la Direttiva 2019/770 del 20 maggio 2019, relativa a determinati aspetti dei contratti di fornitura di contenuto digitale e di servizi digitali, e in particolare, ad esempio, il considerando 24, l’art. 3, para. 1, seconda parte.
  4. Proposta di regolamento (COM(2022)0068 – C9-0051/2022 – 2022/0047(COD)).
  5. Relazione della Commissione al Parlamento, al Consiglio, al Comitato Economico e Sociale Europeo e al Comitato delle Regioni relativa all’anno 2021: cfr. https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/?uri=CELEX%3A52021DC0373#document1
  6. Rispettivamente, AT.40437, Apple – App Store Practices (music streaming); AT.40462, Amazon Marketplace; AT-40684, Facebook leveraging; AT.40670 Google – Adtech and data-related practices.
  7. V. su Apple “la Commissione contesta l’uso obbligatorio del meccanismo di acquisto in-app imposto da Apple agli sviluppatori di applicazioni di streaming di musica per distribuire le loro applicazioni di musica attraverso l’App Store di Apple” (Relazione, pp.17-18).In relazione a Facebook “la Commissione ha avviato un’indagine antitrust formale per valutare se Facebook abbia violato le norme dell’UE in materia di concorrenza utilizzando i dati pubblicitari raccolti in particolare presso gli inserzionisti per competere con loro nei mercati in cui opera anche Facebook” (ibid).Su Google “la Commissione sta indagando se Google abbia favorito la propria tecnologia di display advertising online nella filiera ad-tech a vantaggio di YouTube e a scapito dei fornitori concorrenti di servizi di tecnologia pubblicitari, degli inserzionisti e degli editori online” (ibid.).
  8. Relazione sulla concorrenza 2021, cit. p. 18.
  9. “Prediche inutili”, 1959, Giulio Einaudi Editore
  10. In questa sede ci soffermiamo sull’applicazione del DMA al settore editoriale. Per una disamina completa del regolamento si rimanda all’articolo di Massimiliano Nicotra“Digital Markets Act, da maggio 2023 la stretta sulle Big Tech: ecco obblighi e divieti”, pubblicato su Agenda Digitale, il 3 novembre 2022 https://www.agendadigitale.eu/mercati-digitali/digital-markets-act-da-maggio-2023-la-stretta-sulle-big-tech-ecco-obblighi-e-divieti/
  11. Comunicato Stampa della Commissione Europea del 25 marzo 2022 “Digital Markets Act: Commission welcomes political agreement on rules to ensure fair and open digital markets”.
  12. Ricordiamo nel dettaglio i requisiti di cui art.3 del regolamento: a) fornire un “servizio di piattaforma di base” tra quelli definiti in un elenco chiuso che comprende, tra gli altri, servizi di intermediazione online (compresi i marketplace), motori di ricerca, social network, piattaforme di condivisione di video; b) avere un impatto significativo sul mercato europeo, ossia fornire il servizio in almeno 3 Stati membri e avere o un fatturato annuo in Europa pari o superiore a 7,5 miliardi di euro (negli ultimi 3 anni consecutivi) o una capitalizzazione di mercato media di almeno 75 miliardi di euro (nell’ultimo anno finanziario); c) essere un gateway significativo per gli utenti commerciali e gli utenti finali, vale a dire avere almeno 45 milioni di utenti attivi ogni mese e 10.000 utenti commerciali in Europa ogni anno; d) detenere una posizione consolidata, ovvero aver soddisfatto i requisiti di utenza di cui al punto c) per gli ultimi 3 anni di seguito.
  13. In ultima analisi, il DMA risulta applicabile al gatekeeper a prescindere dai servizi di volta in volta offerti. Infatti, laddove l’art. 3 indica i requisiti necessari per la designazione del gatekeeper, esso individua la prestazione di “servizi di piattaforma di base” (definiti dall’art. 2, punto 2) come determinante, ma fa sempre riferimento all’impresa e non limita l’applicabilità degli obblighi al momento in cui il gatekeeper offre il servizio di piattaforma di base. Questa lettura è infatti confermata, oltre che dal considerando 31 già citato, altresì dall’art. 13 DMA, che prevede un preciso meccanismo antielusivo teso a inibire condotte dell’impresa atte a eludere le soglie quantitative di cui all’art. 3, par 2, e dal considerando 46, che analizza proprio il caso del gatekeeper che fornisce altri servizi contestualmente ai servizi di piattaforma di base.
  14. V. Sentt. Corte di Giustizia dell’Unione Europea C-457/10 P del 6 dicembre 2012, AstraZeneca AB e Astrazeneca Plc c. Commissione in racc. digitale §134 e n. C-413/14 del 6 settembre 2017, in Intel Corporation Inc. c. Commissione §135. Caso T-201/04, Microsoft v Commission, EU:T:2007:289, §1344., AGCM, A 528,
  15. Il considerando 46 esemplifica bene lo scenario applicabile al mercato editoriale: “In talune circostanze, un gatekeeper svolge un duplice ruolo in qualità di impresa che fornisce servizi di piattaforma di base, poiché eroga ai propri utenti commerciali un servizio di piattaforma di base, ed eventualmente altri servizi forniti contestualmente o in ausilio a tale servizio di piattaforma di base, pur essendo o intendendo essere nel contempo loro concorrente nella fornitura dello stesso servizio o di servizi o prodotti analoghi agli stessi utenti finali. […]Tale caso può per esempio verificarsi quando un gatekeeper mette a disposizione degli utenti commerciali un mercato online […], offrendo allo stesso tempo servizi in qualità di impresa fornitrice di servizi di vendita al dettaglio[…]. Per impedire ai gatekeeper di trarre slealmente vantaggio dal loro duplice ruolo è necessario garantire che essi non utilizzino dati aggregati o non aggregati, che potrebbero includere dati anonimizzati e personali non accessibili al pubblico, per fornire servizi analoghi a quelli dei loro utenti commerciali. È opportuno che tale obbligo si applichi al gatekeeper nel suo complesso, compresa l’unità operativa che è in concorrenza con gli utenti commerciali di un servizio di piattaforma di base, ma senza limitarsi a essa. (corsivo nostro)

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