Nell’ultimo decennio il processo di digitalizzazione dell’economia ha consentito lo sviluppo di nuovi modelli di business, favorendo la creazione di nuove figure professionali (content creators e influencers) specializzate nell’elaborazione di contenuti mediante l’utilizzo di tecnologie digitali e social network. All’interno di tale categoria è possibile ricomprendere anche i giocatori virtuali, che si sfidano sulle piattaforme online simulando le discipline sportive tradizionali (“giocatori di e-sports”) o praticando singolarmente in streaming giochi di fantasia o di ruolo (“e-gamers o streamers”).
Tuttavia, la crescente importanza economica del gaming e degli eSports non è stata accompagnata dall’introduzione di una regolamentazione nazionale di settore. Persiste, dunque, una situazione di incertezza sia sul piano dell’inquadramento giuridico di tali fenomeni, sia su quello della tassazione dei redditi prodotti dai giocatori virtuali a fronte della partecipazione alle competizioni e-sportive e dello svolgimento in modalità singola delle attività di gaming, nonché della contestuale diffusione di contenuti digitali in streaming o in live streaming.
Cosa si intende per competizione di eSport e le tipologie di tornei
Il termine eSport nasce dall’unione dei termini “electronic” e “sport” facendo quindi riferimento ad un settore sportivo, veicolato da un mezzo elettronico-digitale, i videogiochi, per l’appunto. La loro evoluzione è stata talmente rapida che persino il termine utilizzato non è univoco, essendo talvolta utilizzato con la locuzione e-sport, talaltra come esport, egaming, etc. (termini che di seguito verranno utilizzati come equipollenti).
Un torneo di e-sport si differenza dal semplice videogiocare per una componente competitiva, legata al riconoscimento di un premio: è quest’ultimo elemento a comportare il maggior numero di “problemi normativi” nello sviluppo di questo tipo di tornei in Italia, soprattutto in una logica professionale.
Il settore del gaming competitivo si può articolare in leghe, tornei, circuiti e simili. Questi eventi possono essere organizzati in modalità completamente online oppure anche in presenza (ad es. all’interno di arene, padiglioni fieristici, etc.). La curiosità verso queste competizioni è tale che sono spesso seguite da spettatori di tutto il mondo, in presenza o in modalità digitale (collegandosi, ad esempio, a piattaforme che si prestano alla trasmissione di questo tipo di contenuto).
Le competizioni vengono normalmente organizzate sullo stesso videogioco (cd. titolo) che potrà vertere su ambiti piuttosto diversificati tra di loro (es. simulazione sportiva, come il calcio, i cd. sparatutto, i giochi simulativi di guida di autovetture, etc.). A seconda dei titoli e dei tornei, la competizione può prevedere la partecipazione di un singolo giocatore così come di una squadra.
Il settore ha ormai portata mondiale sia dal punto di vista dei numeri che del fatturato che vi ruota attorno. In Italia, purtroppo, la normativa è ancora un limite al diffondersi di questa tipologia di tornei e competizioni: con il presente contributo se ne intende analizzare lo stato attuale ma, soprattutto, cercare una via che possa permetterne una più agevole organizzazione.
Quale disciplina per i tuale disciplina per ornei di eSport
Ad oggi, in Italia, l’organizzazione di questa tipologia di manifestazioni e tornei è frenata dal fatto che vengano fatti rientrare, a livello potenziale, nelle due citate normative precedenti.
A parere di chi scrive, la “competizione” e-sportiva che prevede la partecipazione simultanea di vari giocatori non può vedere, come prevalente, -il rischio legato al gioco stesso: le abilità richieste fanno dipendere il risultato dalle capacità del singolo individuo e non dalle meccaniche di gioco (che non possono essere pertanto considerate aleatorie).
Molti autori ed operatori del settore sono concordi nel ritenere che, anche accettando le considerazioni appena svolte, i tornei di eSport rientrano comunque nel concetto di manifestazioni a premio con tutti gli oneri amministrativi e procedurali che ne conseguono, oltre alle limitazioni territoriali che le stessa normativa prevede.
È evidente che la potenziale applicabilità delle descritte normative costituisca un freno all’organizzazione di questa tipologia di manifestazioni in Italia: a che punto siamo rispetto all’emanazione di norme che diano la giusta connotazione al fenomeno e-sportivo?
La deregulation del gaming e degli e-sports
La crescente importanza economica del gaming e degli e-sports non è stata accompagnata dall’introduzione di una regolamentazione nazionale di settore. Allo stato attuale, dunque, persiste una situazione di incertezza sia sul piano dell’inquadramento giuridico di tali fenomeni, sia su quello della tassazione dei redditi prodotti dai giocatori virtuali a fronte della partecipazione alle competizioni e-sportive e dello svolgimento delle attività di gaming in modalità singola, nonché della contestuale diffusione di contenuti digitali in streaming o in live streaming.
La necessità di una apposita regolamentazione discende dalla considerazione che i giocatori virtuali presentano problematiche ed esigenze specifiche legate, ad esempio, alla assimilabilità degli e-sport e dei giochi elettronici agli sport tradizionali, mentre per molte ulteriori caratteristiche affrontano situazioni comuni agli altri soggetti che creano contenuti da rendere disponibili attraverso le reti digitali; infatti, guardando alle modalità di svolgimento dell’attività, i giocatori di e-sport e i gamers sono assimilabili ai creatori di altri contenuti, distinguendosi solo per la particolarità del contenuto creato e reso disponibile online.
Con specifico riferimento al fenomeno e-sportivo, in attesa del riconoscimento ufficiale da parte dell’ordinamento nazionale e del CONI, si deve ragionevolmente concludere che i giocatori virtuali non siano ricompresi i tra i lavoratori sportivi e, quindi, tra quei soggetti che ai sensi dell’art. 25, primo comma del D.Lgs. n. 36/2021 esercitano l’attività sportiva a titolo oneroso a favore di un soggetto dell’ordinamento sportivo iscritto nel Registro nazionale delle attività sportive dilettantistiche, nonché a favore delle federazioni sportive nazionali, delle discipline sportive associate, del CONI, del CIP o di altro soggetto tesserato.
La deregulation degli e-sports produce incertezze anche ai fini dell’inquadramento giuridico del rapporto tra il giocatore virtuale e il team che lo ingaggia con i connessi risvolti fiscali. Anche in questo caso non è applicabile la disciplina prevista dall’art. 27 del D.Lgs. n. 36/2021 in materia di rapporti tra società e sportivi professionisti che esercitano l’attività sportiva a titolo oneroso con carattere di continuità nell’ambito delle discipline sportive associate regolamentate dal CONI e, quindi, in un settore dichiarato professionistico dalla federazione di appartenenza. Pertanto, è evidente che allo stato attuale il rapporto tra team e giocatore virtuale non può essere equiparato a quello che lega le società sportive tradizionali e gli sportivi professionisti. Le cose non cambiano se si guarda al mondo dello sport dilettantistico, non ritenendosi applicabili per i giocatori di e-sports le disposizioni previste dall’art. 28 del D.Lgs. n. 36/2021.
La tassazione dei redditi derivanti dall’attività di gioco virtuale online
Tra le principali fonti di guadagno dei giocatori virtuali devono essere ricomprese le remunerazioni derivanti dall’attività di gioco svolta online; in particolare, i giocatori di e-sports, a fronte della partecipazione a competizioni e-sportive, ricevono premi in denaro o vincite direttamente dall’organizzatore dell’evento o per il tramite del team e-sportivo di appartenenza. Inoltre, i giocatori virtuali percepiscono proventi da attività riconducibili alla cessione dei diritti di sfruttamento economico dell’immagine, attraverso sponsorizzazioni di brand, attività di endorsement o di pubblicità testimoniale e proventi corrisposti dalle piattaforme di streaming video per la trasmissione di contenuti in diretta o in differita.
Alla luce di tale duplicità di fonti occorre stabilire, da un lato, quando le relative attività siano svolte in via abituale, ancorché non esclusiva o solo occasionale e, dall’altro, di verificare la categoria reddituale di riferimento ai fini IRPEF.
Ai fini dell’inquadramento della prima categoria di proventi, riveste un ruolo dirimente la circostanza, già accennata, per cui gli e-sports non sono ancora assimilati sul piano giuridico alle discipline sportive tradizionali, cosicché le disposizioni civilistiche e fiscali previste per gli sportivi professionisti e dilettanti dal D.Lgs. n. 36/2021 non possono trovare applicazione per i giocatori virtuali.
Per tale ragione occorre fare riferimento alle qualificazioni civilistiche e fiscali generali; pertanto, nel caso in cui le prestazioni e-sportive siano rese da giocatori professionisti, tutte le volte che l’attività sia caratterizzata da un vincolo di subordinazione o da un rapporto di collaborazione coordinata e continuativa con il team di appartenenza, i proventi conseguiti dai giocatori virtuali devono essere ricondotti tra i redditi di lavoro dipendente ai sensi degli art. 49 e 50 del T.U.I.R. ed essere determinati secondo le regole previste dall’art. 51 del T.U.I.R..
Al contrario, nelle ipotesi in cui manchi il vincolo di subordinazione, le vincite o i premi conseguiti dal giocatore attraverso la partecipazione a tornei e competizioni e-sportive devono essere ricondotti tra i redditi di lavoro autonomo ex art. 53, primo comma, del T.U.I.R. o tra i redditi diversi ex art. 67, primo comma, lett. l) del T.U.I.R. a seconda dell’esercizio in via abituale, ancorché non esclusiva, o in via occasionale delle attività e-sportive.
È dunque evidente che la professionalità, intesa come status o comportamento costante di una attività, diventa, in sede tributaria, il vero criterio rilevante atto a stabilire la distinzione tra le attività professionali e le “attività non esercitate abitualmente”; in altri termini, attività non esercitate professionalmente e attività non esercitate abitualmente possono, quindi, ritenersi espressioni di eguale significato.
Ne deriva che le vincite e i premi ricevuti dal giocatore professionista a fronte della partecipazione in via abituale a competizioni e-sportive devono essere inquadrati tra i redditi di lavoro autonomo professionale ai sensi dell’art. 53, primo comma, del T.U.I.R.; per il calcolo della relativa base imponibile trovano applicazione le regole di determinazione previste dall’art. 54, commi da 1 a 6-bis del T.U.I.R..
Viceversa, i redditi percepiti dai giocatori di e-sports e dai gamers a fronte dell’attività di gioco occasionale resa online, devono essere ricompresi tra i redditi diversi ex art. 67, primo comma, lett. l), del T.U.I.R.; per il calcolo della relativa base imponibile, l’art. 70, secondo comma, del T.U.I.R. stabilisce che tali redditi sono costituiti dalla differenza tra l’ammontare percepito nel periodo di imposta e le spese specificamente inerenti alla loro produzione.
In relazione ai proventi derivanti da attività riconducibili alla cessione dei diritti di sfruttamento economico dell’immagine, attraverso sponsorizzazioni di brand, attività di endorsement o di pubblicità testimoniale e ai proventi corrisposti dalle piattaforme di streaming video per la trasmissione di contenuti in diretta o in differita si rileva l’esistenza di diverse modalità per valorizzare economicamente l’attività di creazione di contenuti digitali da parte dei giocatori virtuali e, più in generale, degli influencers.
A seconda delle diverse forme di organizzazione delle attività degli influencers, tali proventi rientrano nell’ambito delle categorie dei redditi di lavoro autonomo (abituale o occasionale), dei redditi assimilati a quello di lavoro dipendente e, da ultimo, dei redditi d’impresa.
In breve, se il risultato, o comunque il fine dell’attività è perseguito sostanzialmente sulla base del fattore lavoro relativo alle prestazioni personali – che costituiscono, quindi, l’elemento principale e caratterizzante dell’intera attività e del conseguente servizio prestato – l’attività “atipica” del gamer o del giocatore di e-sports deve qualificarsi come attività di lavoro autonomo ai sensi dell’art. 53, primo comma del T.U.I.R..
Qualora, invece, l’apparato organizzativo a disposizione di tali soggetti si connoti per la netta prevalenza del fattore materiale e delle dotazioni strumentali o di personale, rispetto alle quali la prestazione lavorativa del singolo assume carattere complementare si è in presenza di una tipica organizzazione imprenditoriale che, in quanto tale, genera redditi d’impresa ai sensi dell’art. 55 del T.U.I.R.
Conclusioni
A parere di chi scrive, pare evidente che l’ambito degli e-sports presenti caratteristiche profondamente diverse da quello del gioco d’azzardo così come quello del concorso a premi. La componente di abilità richiesta allontana il settore da quello ove è presente – intrinsecamente – un’alea legata alla vincita; parallelamente il D.P.R. 430/2001, volto a disciplinare manifestazioni ed operazioni a premio, estende la sua operatività ad un contesto oggetto di notevoli mutamenti da quando è stato adottato. Senza voler banalizzare la questione, pare evidente che la vincita di un concorso non possa essere equiparata alla vincita di un torneo che – a prescindere dal fatto che sia svolta da un professionista o da un amatore – richiede doti, capacità ed allenamento, sviluppate in anni di pratica e dedizione. Considerati anche gli importanti risvolti fiscali e lavorativi, si auspica, quantomeno in via interpretativa, che venga concessa maggiore libertà e flessibilità agli e-sports, così da agevolare l’organizzazione di tornei in Italia, con tutti i vantaggi ipotizzabili, anche in via indi