La sentenza del 27 settembre 2024 resa dal Tribunale Regionale di Amburgo[1], nell’attribuire legittimità all’utilizzazione, senza il consenso del titolare dei diritti, di un’immagine scattata da un noto fotografo (Robert Kneschke[2]) per l’addestramento di un sistema di intelligenza artificiale, seppure non sembri idonea a superare la decisa opposizione fatta valere in via giudiziaria delle grandi agenzie fotografiche, fra cui la Getty Images, nei confronti dell’azione degli sviluppatori degli algoritmi di IA[3], pone alcune rilevanti questioni che riguardano la tutela del diritto d’autore in era digitale.
Gli aspetti di interesse giuridico nella sentenza di Amburgo
Infatti, il caso cui facciamo riferimento è relativo a una fattispecie in cui la fotografia protetta è stata utilizzata abusivamente per finalità che sono state dichiarate avere natura scientifica, nell’ambito di un’acquisizione del contenuto estratto da una banca di dati aperta al pubblico e in assenza di uno scopo di lucro da parte del gestore dell’apparato di intelligenza artificiale. Tale fattispecie per le sue caratteristiche peculiari non può essere applicata tout court a situazioni analoghe, ma presenta aspetti di grande interesse giuridico per la materia del diritto d’autore.
Assume in tal senso rilevanza il riconoscimento, fatto dal tribunale di primo grado tedesco, della possibilità di considerare quale attività di “ricerca scientifica” l’estrazione e l’impiego di un insieme di dati che può costituire la base per l’addestramento dei sistemi di IA, quando l’utilizzazione di tali dati sia associata allo scopo di acquisire nuove conoscenze tecnologiche.
Sul piano della sussistenza o meno del lucro tratto dai gestori dell’apparato di intelligenza artificiale in questione (la nota piattaforma “LAION”) i giudici di Amburgo hanno opinato che “la questione se la ricerca non sia di natura commerciale dipende unicamente dalla natura specifica dell’attività scientifica svolta, mentre l’organizzazione e il finanziamento dell’istituzione in cui la ricerca viene svolta sono irrilevanti (considerando 42 della Direttiva Info-Soc)”, soggiungendo che “il fatto che la serie di dati di cui trattasi possa essere utilizzata anche da imprese commercialmente attive per addestrare o sviluppare ulteriormente i loro sistemi di IA è irrilevante ai fini della qualificazione dell’attività della convenuta”. A tale stregua, l’uso di un’immagine fotografica facente parte di una banca di dati accessibile liberamente al pubblico, pur essendo tale fotografia protetta e l’inerente diritto “riservato” ai sensi della legge tedesca, può assumere la connotazione di un’estrazione di dati ai sensi dell’articolo 3 della Direttiva “Digital Single Market” rendendo lecito l’impiego dei dati per l’addestramento e lo sviluppo degli algoritmi di intelligenza artificiale.[4]
Adeguare allo sviluppo tecnologico un assetto normativo troppo rigido
La lettura evolutiva delle norme delle Direttive dell’Unione Europea e delle norme interne tedesche di loro implementazione in materia di diritto d’autore che conduca alle conclusioni tratte dalla recente sentenza del tribunale di Amburgo in commento, pur lasciando ancora ampi spazi ad approfondimenti e revisioni nell’ambito giudiziale, ripropone un tema che agita da tempo le Corti di tutto il globo: la necessità di adeguare allo sviluppo tecnologico un assetto normativo logico, ben saldo ai principi su cui si fonda, ma troppo “inamidato”, tanto da lasciare scarsi spazi a una revisione teleologica del sistema.
In questo contesto, sono proprio i tribunali a svolgere un compito essenziale nel tradurre le norme adattandole e conformandole, nel rispetto della loro integrità, al momento storico in cui vengono applicate.
Evoluzione dellla tutela di diritto d’autore delle fotografie
Un’evidenza in questa direzione ci perviene proprio dall’ambito della tutela di diritto d’autore conferita alle fotografie, dove si riscontrano da tempo mutamenti significativi nell’attribuzione di tutela e di esclusive di utilizzazione[5] alla luce degli sviluppi della tecnologia e dalla costante crescita degli apparati di riproduzione fotografica.
Prima che questo accadesse, le vicende afferenti alla protezione delle fotografie sono state contrassegnate costantemente dall’identificazione necessaria della creatività, quale elemento fondante del riconoscimento dell’esistenza di un’opera che possa rientrare nel novero di quelle comprese nell’art. 2 n. 7) della Legge 633/1941.
In Italia e negli altri paesi dell’Unione Europea, l’autore di un’opera è titolare di un diritto d’autore sulle opere dell’ingegno che comprende sia il diritto morale che il diritto patrimoniale. In tal modo, nel momento in cui l’opera si materializza in una determinata forma, essa diviene un “originale” capace di rivelare “il marchio o l’impronta della personalità dell’autore”, così come è stato detto dalla dottrina francese.
Tutela delle fotografie: la sentenza della Corte di Giustizia Ue
La Corte di Giustizia della Unione Europea (Quarta Sezione) con la decisione del 16 luglio 2009, resa nella causa Infopaq International A/S contro Danske Dagblades Forening[6], al paragrafo 11, ha statuito che: “Le fotografie che sono opere originali, ossia sono il risultato della creazione intellettuale dell’autore, fruiscono della protezione dell’art. 2 della convenzione di Berna. Per determinare il diritto alla protezione non sono presi in considerazione altri criteri. Gli Stati membri possono prevedere la protezione di altre fotografie”.
La normativa francese
In Francia, paese che prendiamo in esame in quanto in esso si è sviluppata un’importante linea dottrinaria e giurisprudenziale in tema di fotografia, l’art. 111-3 del CPI (Codice della Proprietà Intellettuale) stabilisce che: “La propriété incorporelle définie par l’art. L.111-1 est indépendante de la propriété de l’objet matériel”.
La normativa d’oltralpe opera quindi una chiara distinzione fra la proprietà del corpus mechanicum (proprietà dell’originale) e quella del corpus mistichum (la riproduzione dell’immagine). Questo significa che, se l’Autore cede a terzi i diritti sulla sua opera, rimane proprietario dell’originale; e, in senso opposto, anche se egli cede l’originale dell’opera, rimane titolare dei diritti su di essa.
Nella stessa Francia, la maggiore parte delle decisioni giudiziarie risalenti nel tempo hanno assunto un approccio c.d. “classico” in materia di tutela della fotografia, considerando che essa debba essere “originale” nel senso di rappresentare “il riflesso della personalità dell’autore”[7].
Sentenze della Corte d’appello di Parigi e della Corte di cassazione
In tempi più recenti, la Corte d’appello di Parigi e la Corte di cassazione, con decisioni rispettivamente del 16 settembre e del 20 ottobre 2011, hanno segnato due tappe importanti nello stabilire il significato del concetto giuridico di originalità avuto riguardo alla fotografia. Mentre la Corte di cassazione francese ha mantenuto un atteggiamento piuttosto conservativo e prudente su questo tema, confermando la necessità che sia il fotografo a provare rigorosamente l’originalità della sua opera, la Corte d’Appello di Parigi ha offerto nella sua sentenza un’interpretazione particolarmente innovativa a tutto favore dei fotografi professionisti, escludendo che spetti all’autore l’onere di provare ai giudici quelle che siano state le sue scelte tecniche come pure le sue scelte estetiche, al fine di determinare la creatività dell’opera.
In Italia, l’accertamento circa la creatività dell’opera dell’autore è stata spesso al centro delle principali decisioni dei nostri tribunali in tema di fotografia. Quello di Milano, ad esempio, ha stabilito che “La creatività nell’opera fotografica richiede non solo l’appropriata scelta e l’accurata combinazione di effetti mediante giochi di luce e di colori, ma pretende un intervento personale del fotografo sulla composizione dell’oggetto fotografato, che deve essere presentato al pubblico sotto una forma diversa e che susciti un’impressione differente dall’originale; ciò anche nel caso in cui la fotografia riproduca un’opera d’arte”[8]
Fotografie “semplici” e diritto d’autore: la sentenza del tribunale di Bari
Avuto riguardo alle fotografie “semplici” – cioè, a quelle non dotate di quell’imprinting creativo che abbiamo visto essere prescritti dai giudici, non solo italiani, per la tutela delle fotografie autorali – che sono regolate dagli artt. 87 e seguenti della Legge Autore, riteniamo utile sintetizzare la questione nel proporre la massima di una sentenza che ha appropriatamente chiarito il significato delle norme sopra ricordate, come segue. “Le fotografie (semplici) non possono rientrare nell’ambito del concetto di “opera fotografica” rilevante ai sensi del disposto di cui all’art. 2 n. 7 l. 633/41 e godere della tutela ivi prevista. Ciò in quanto, con tutta evidenza, non si verte in tema di opere dell’ingegno, trattandosi di mera riproduzione fedele e pedissequa della realtà, in alcun modo soggettivamente e personalmente reinterpretata”.
Da questa riflessione, il tribunale di Bari è pervenuto alla conclusione che l’unica tutela che possa essere in tal caso garantita al fotografo “è quella di cui agli art. 87 ss. del medesimo testo normativo ai sensi del quale, sono considerate fotografie ai fini dell’applicazione delle disposizioni di questo capo le immagini di persone o di aspetti, elementi o fatti della vita naturale e sociale, ottenute col processo fotografico, che all’art. 88, prevede che spetta al fotografo il diritto esclusivo di riproduzione, diffusione e spaccio della fotografia”[9]
Come noto, ai fini della tutela delle fotografie “semplici”, il nostro ordinamento impone al fotografo una serie di adempimenti che sono elencati all’art. 90 della Legge Autore, norma che prescrive l’indicazione del nome del fotografo, della data dell’anno di produzione della fotografia e del nome dell’autore dell’opera fotografata. La carenza di uno o più di questi adempimenti[10] esclude la sussistenza di un diritto connesso d’autore in capo al fotografo, per cui egli non gode del diritto esclusivo di riproduzione, né del diritto di essere riconosciuto quale autore della medesima e, allo stesso tempo, non gli sono dovuti compensi per lo sfruttamento delle immagini compiuto dai terzi, a meno che il fotografo non provi la mala fede del riproduttore.
L’evoluzione della fotografia digitale
Da quanto sopra brevemente tratteggiato, che potrà essere integrato dalla lettura dello scritto di cui alla nota n. 5, vi sono stati rilevanti passi successivi della giurisprudenza che hanno accompagnato la trasformazione digitale della fotografia analogica, su negativo della pellicola, che ha dominato il mercato fino agli anni Novanta per essere poi soppiantata dagli apparati tecnologici.
Proprio questa evoluzione ha segnato significativi cambiamenti nella linea decisionale dei giudici, mutamenti che sono atti ad incidere sulla stessa logica e sul medesimo fondamento dell’art. 90 della Legge Autore.
La pubblicazione e disseminazione delle immagini digitali
La pubblicazione e la disseminazione di miliardi di file recanti la riproduzione delle immagini scattate da milioni di possessori di smartphone e di apparecchi fotografici digitali ha suggerito un ripensamento della tutela della fotografia. Invero, neppure la presenza delle condizioni prescritte dall’art. 90 Legge Autore, si è dimostrata di per se stessa sufficiente a garantire tutela alle fotografie semplici, se si rafforzasse il principio di diritto enunciato da taluna giurisprudenza di fine del secolo scorso secondo la quale: “non è protetta dal diritto d’autore la fotografia che non va oltre la precisa e nitida riproduzione degli oggetti scelti, non trasmette alcuna reinterpretazione soggettiva della realtà, non evoca alcuna suggestione, pur trattandosi di un buon prodotto artigianale, che non si discosta, per tecnica ed impostazione concettuale, da tante analoghe riproduzioni fotografiche di oggetti della vita comune, che vengono riprodotti al meglio senza alcuna pretesa se non quella di ottenere una gradevole immagine degli stessi” (Cfr. Corte d’Appello di Milano – Sent. del 7 novembre 2000).
Il superamento della tutela delle fotografie semplici
Il superamento, almeno nel caso sopra descritto, della tutela giuridica della fotografia “semplice”, ha condotto a ulteriori conseguenze a seguito dell’ulteriore sviluppo della linea giurisprudenziale in materia, in particolare quella del Tribunale di Milano, che si è sostanziata in particolare nella sentenza del 3 giugno 2024 n. 5635 (giudice Silvia Giani)[11].
Con questa decisione si sono compiuti ulteriori passi in avanti nello stabilire i limiti di tutela delle immagini fotografiche che, sotto forma di file digitali, si trovano disseminate sulla rete telematica, divenendo raggiungibili e riproducibili anche per mezzo dell’impiego dei motori di ricerca.
Nel confermare il principio secondo cui la tutela delle fotografie “semplici” è condizionata (nel caso di specie il ritratto di manager e relatori in conferenze ed altri eventi) agli adempimenti prescritti dall’art. 90 della Legge Autore, i quali – per le riproduzioni sui file digitali – possono essere assolti per il tramite dell’applicazione di watermark (Art. 102-quinquies L. 633/1941) sui file stessi, il tribunale ha aggiunto che, ai fini della valutazione della malafede del soggetto che riproduca abusivamente le foto protette, la prova non può essere utilmente fornita dalla presenza del disclaimer, apposto dai gestori dei motori di ricerca a ridosso delle immagini reperite con tale strumento e volto ad indicare la possibile sussistenza di un diritto di copyright in capo ai possessori originari. Secondo il tribunale, infatti, tale evidenza deve consistere nella “comprovata conoscenza dell’altrui diritto connesso al diritto d’autore sulle immagini fotografiche riprodotte”, prova che consiste nella diretta informativa desumibile dal watermark presente sui file fotografici, ovvero in altro modo idoneo ad assolvere gli obblighi imposti dall’art. 90 della Legge 633/1941.
Tutela delle fotografie nel futuro
Da questa breve carrellata sul tema della tutela delle fotografie, è possibile ipotizzare che in un prossimo futuro la protezione del diritto d’autore per le immagini riprodotte attraverso gli scatti di soggetti non professionisti, non dotati di sofisticati mezzi di ripresa e di elaborazione tecnica della loro fissazione su supporti di elevata qualità, sarà assai difficile.
La tutela, quindi, sarà circoscritta a pochi, qualificati, soggetti, essendo probabile che tutto quanto viene elaborato dagli strumenti non controllati dall’uomo, perda quell’aura autorale che abbiamo già visto sia riconducibile alla capacità e sapienza umana[12].
Note
[1] La sentenza, in lingua tedesca è raggiungibile a questo link: https://drive.google.com/file/d/1A_vnSJUwlrVovhIqA4rKIFaOktR4TvBt/view
[2] Qui una pagina web che riproduce alcune opere del fotografo: https://www.shutterstock.com/g/robertkneschke
[3] Su questo punto si può leggere l’articolo pubblicato da Agenda Digitale sul tema https://www.agendadigitale.eu/mercati-digitali/le-opere-creative-dellia-gli-esiti-del-confronto-fra-copyright-e-diritto-dautore/
[4] L’articolo 3 della Direttiva EU/2019/790 recante il titolo “Estrazione di testo e di dati per scopi di ricerca scientifica” contempla un’eccezione obbligatoria ai diritti esclusivi d’autore per le riproduzioni e le estrazioni di testo e di dati, purché effettuate da organismi di ricerca e da istituti di tutela del patrimonio culturale, per scopi di ricerca scientifica.
[5] Si suggerisce sull’argomento la lettura di questo articolo: https://www.agendadigitale.eu/cultura-digitale/come-cambia-il-diritto-dautore-sulle-fotografie-nel-mondo-digitale/
[6] La sentenza in questione è stata resa ai sensi dell’art. 6 della Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio del 12 dicembre 2006, 2006/116/CE, concernente la durata di protezione del diritto d’autore e di alcuni diritti connessi (GU L-372, pag.12)
[7] Così, in Cassation Chambre Commerciale del 25 marzo 1991. La fotografia protetta è intesa come “l’expression ou l’empreinte de la personnalité du créateur” e “l’empreinte du talent créateur personnel” nella sentenza della Cass. Civ. 1.re Chambre, del 13 novembre 1973.
[8] Tribunale di Milano, Sent. 17 aprile 2008, pubblicata in Rivista del Diritto Industriale 2010, 2, 210 (con nota di Avanzi), Nel medesimo senso si sono espressi i giudici italiani, i quali hanno statuito che, ai fini della sussistenza dell’attributo della creatività delle fotografie, nell’immagine debbano rinvenirsi: “una necessaria impronta personale e peculiare del fotografo ovvero quella capacità di intervenire sul soggetto in modo tale da evocare suggestioni, che, appunto, valgono a distinguere un’opera fotografica da un’opera semplice” (Tribunale di Roma, Sent. 28 marzo 2003, in AIDA 2004).
[9] Tribunale di Bari, Sez. V, Sent. 22 luglio 2010, n. 2606
[10] Avuto riguardo alla carenza della data da cui decorrono i venti anni di tutela prevista dalla legge, la Corte di cassazione ha statuito così: “Nel caso di fotografie, per cui il diritto di esclusiva è previsto per vent’anni dalla produzione dall’art. 92, 1° comma, L. 22 aprile 1941, n. 633, la mancata indicazione della data di produzione, come prescritto dal precedente art. 90, 1° comma, esclude che possa considerarsene abusiva la riproduzione da parte di un terzo, dovendosi presumere, se l’autore non ne fornisca la prova della malafede, la buona fede del riproduttore (ultimo comma, art. 90 cit.)” “(Cassazione Civile Sez. I, Sent. 10 maggio 1991, n. 5237). Il Tribunale di Milano, Sezione Specializzata Imprese, con sentenza del 7 novembre 2016 N. 12188 e successivamente con sentenza del 13 dicembre 2018 (n. 8025/2019), ha statuito che il preciso adempimento della disposizione di cui all’art. 90 L.D.A. è condizione imprescindibile per la rivendicazione di diritti connessi sulle fotografie semplici.
[11] Qui si trova il testo integrale della decisione del tribunale meneghino: https://www.previti.it/storage/app/media/Documenti%20da%20condividere/Tribunale%20Milano_5635_2024.pdf
[12] Sul tema qualche spunto di riflessione si trova qui: https://www.agendadigitale.eu/mercati-digitali/diritto-dautore-e-opere-create-dallai-prove-tecniche-di-tutela-le-questioni-aperte/