Nel corso dell’ultimo decennio, la Repubblica Popolare Cinese (RPC) è divenuta il principale produttore di pannelli fotovoltaici, sia per uso residenziale che commerciale, superando Europa, Giappone e Stati Uniti i quali, in precedenza, erano i più attivi in tale settore. In questo decennio, a partire dal 2011, la RPC ha investito oltre 50 miliardi di dollari nella produzione di impianti fotovoltaici – dieci volte più dell’Europa – e ha creato 300.000 posti di lavoro nella catena di valore del solare fotovoltaico. La quota della RPC, in tutte le fasi di produzione dei pannelli (polisilicio, ingots, wafers, celle e pannelli/moduli) supera l’80%. Il Paese ospita, inoltre, i 10 principali fornitori mondiali e la provincia dello Xinjiang è responsabile, da sola, della produzione del 40% di polisilicio. Questi dati sono desunti dal recente rapporto, pubblicato il 7 luglio e aggiornato nell’agosto 2022, dall’International Energy Agency (IEA). Tale rapporto è il primo studio di questo tipo dell’IEA.
In che modo la Cina è diventata leader nel fotovoltaico
Il rapporto identifica il fattore del costo come il motivo principale che frena altri paesi dall’entrare nella catena di approvvigionamento globale. In termini di manodopera, delle spese generali e dell’intero processo produttivo, difatti, i costi della RPC sono inferiori, ad esempio, del 10% rispetto all’India, del 20% rispetto agli Stati Uniti e del 35% rispetto all’Europa. Ciò è stato reso possibile poiché le politiche industriali cinesi hanno considerato il fotovoltaico alla stregua di un settore strategico e grazie alla crescita della domanda interna sono riusciti a ottenere economie di scala e a supportare l’innovazione continua lungo tutta la catena della fornitura. Queste politiche industriali hanno contribuito a un calo dei costi di oltre l’80% e a far sì che il solare fotovoltaico divenisse la tecnologia più accessibile, in molti paesi del mondo. Nel 2021, il valore delle esportazioni cinesi di fotovoltaico è stato di oltre 30 miliardi di dollari, quasi il 7% del proprio surplus commerciale, a partire dal 2017. Il valore totale del commercio globale, legato al fotovoltaico, che comprende polisilicio, ingots, wafers, celle e pannelli/moduli, supererà i 40 miliardi di dollari nel 2021, con un aumento di oltre il 70% rispetto al 2020.
Transizione ecologica e digitale: ecco perché devono viaggiare di pari passo
Perché l’egemonia è un problema
Il rapporto IEA mette in evidenza che l’attuale egemonia esercitata dalla RPC, sulla catena di approvvigionamento globale, si trasformerà in un problema ancor più grave non solo a causa dell’attuale conflitto russo-ucraino, ma anche perché i paesi europei, per implementare l’annunciata transizione ecologica, sempre più si muoveranno verso emissioni zero cosicché la domanda globale di pannelli fotovoltaici, nonché di materie prime correlate, aumenterà in maniera esorbitante. La produzione di molti minerali chiave, utilizzati nel fotovoltaico, difatti, è altamente concentrata e la RPC vi gioca un ruolo predominante. Nonostante i miglioramenti nell’utilizzo dei materiali in maniera più efficiente, la domanda di minerali chiave, da parte dell’industria fotovoltaica, è destinata a crescere in modo significativo. Un esempio, citato dall’IEA, è la crescente domanda di argento la quale potrebbe divenire, entro il 2030, del 30% superiore alla produzione globale del 2020. Questa rapida crescita porterà ad aumenti dei costi e a prolungate carenze nell’approvvigionamento. A questo riguardo, il prezzo del polisilicio, la materia prima chiave più importante per realizzare i pannelli fotovoltaici, è salito in maniera esponenziale durante la pandemia, quando la produzione è diminuita, con prezzi quadruplicati nel corso dell’ultimo anno. Tale elemento rappresenta, pertanto, un collo di bottiglia nella catena di fornitura mentre la disponibilità di wafers e celle, altri elementi chiave, ha superato la domanda di oltre il 100% nel corso del 2021.
Le prospettive (fosche) per la transizione energetica europea
Ciò detto a livello di quadro generale, il messaggio chiave che è possibile desumere dal rapporto dell’IEA è che la concentrazione delle catene di fornitura del fotovoltaico implica delle fortissime vulnerabilità per l’Italia e l’Unione europea, ai fini della transizione energetica, considerati anche gli attuali equilibri geopolitici. Se è pur vero che la produzione della RPC ha contribuito, in maniera determinante, almeno sino a oggi, ad abbassare i costi del fotovoltaico a livello globale, con molteplici vantaggi per la transizione ecologica, è acclarato che la situazione attuale e prossima ventura può rappresentarne invece un impedimento insormontabile. Il livello di concentrazione di tale Paese, difatti, nelle catene di approvvigionamento globali è indubbio in quanto, come mette in evidenza il rapporto IEA, sulla base degli attuali piani di espansione, la RPC sarà responsabile del 95% dell’intero processo produttivo del fotovoltaico, entro il 2025.
Come affrontare la situazione
Come far fronte a tale evenienza? Innanzitutto, le classi politiche e dirigenti nazionali devono avere piena coscienza della situazione attuale. A questo riguardo, la “Relazione sulla sicurezza energetica nell’attuale fase di transizione energetica”, messa a punto dal Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica (Copasir), il 13 gennaio 2022, auspicava un “Piano di sicurezza energetica nazionale ed europeo”. In quella sede veniva evidenziato, nelle Conclusioni, quella che qui può essere definita come climate intelligence, ancora da definire meglio nei suoi tratti disciplinari costitutivi ma di cui è pur facile immaginarne i lineamenti di carattere generale. «In questa prospettiva si ribadisce l’esigenza di un rafforzamento della cosiddetta intelligence economica a sostegno di un settore così decisivo, mediante un approccio non solo più difensivo e protettivo, ma anche proattivo e propositivo. Si determinerebbe in questo modo un grado di autonomia maggiore del nostro sistema, non più esposto alla dipendenza da altri Stati e si accrescerebbe la sua sicurezza, resistenza e stabilità rispetto alle oscillazioni, spesso repentine, degli scenari geopolitici» (p. 31).
Un approccio «proattivo e propositivo» deve, dunque, essere introdotto il più velocemente possibile da parte dell’Italia e dell’Unione europea e lo stesso rapporto IEA insiste sull’adozione di politiche industriali appropriate e possibili incentivi tesi a sovvenzionare i costi, coinvolti nella produzione del fotovoltaico, per migliorare le opportunità economiche delle imprese produttrici. Del resto, la stessa RPC, all’inizio degli anni 2000, aveva supportato i produttori nazionali attraverso prestiti e sovvenzioni a basso costo al fine di far crescere la propria economia e le esportazioni. L’obiettivo finale da raggiungere sarebbe quello di diversificare le catene di approvvigionamento fotovoltaiche, al fine di ridurre la fortissima dipendenza dalla RPC.
L’esempio della catanese 3Sun Gigafactory
A questo riguardo, un esempio proattivo delle politiche industriali da promuovere può essere quello della società italiana 3Sun Gigafactory (Enel Green Power, EGP), nata nel 2010 a Catania, la quale ha realizzato il più grande impianto d’Europa di pannelli fotovoltaici bifacciali ad elevate prestazioni, citato a modello dalla presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, nel suo discorso sullo Stato dell’Unione. La creazione di una catena di fornitura europea di tal fatta, secondo alcuni addetti ai lavori, risulta essere tra le più innovative a livello mondiale, insieme a un approccio sostenibile ed ecocompatibile. Si tratta della produzione di «una nuova linea di moduli fotovoltaici bifacciali di ultima generazione in tecnologia ad etero-giunzione di silicio amorfo e cristallino» (Hetero Junction Technology – HJT). In questo caso non si è puntato tanto sull’abbattimento dei costi complessivi quanto piuttosto sull’innovazione tecnologica la quale costituisce un aspetto strategico nel duplice processo di transizione digitale ed ecologica. Come è dato leggere nel sito, ad aprile 2022, EGP e la Commissione europea hanno firmato un accordo di finanziamento agevolato a fondo perduto (“grant agreement”), nell’ambito del primo bando del Fondo europeo per l’innovazione per progetti su larga scala. Ciò comporterà un aumento della capacità di produzione di 15 volte, fino ad arrivare a 3 GW all’anno (rispetto agli attuali 200 MW) e porterà all’assunzione, diretta e indiretta, di circa 1.000 lavoratori entro il 2024.
Le opportunità per l’Italia
Oltre a quanto sin qui sostenuto, riguardo alla messa a punto di politiche industriali e di incentivi ad hoc per il rilancio della catena del valore del fotovoltaico in Italia ed Europa, tale iniziativa si può inquadrare anche all’interno di un quadro più generale delle opportunità che dovrà cogliere il sistema produttivo nazionale grazie alle pratiche di reshoring e friendshoring relative a molte produzioni manufatturiere, anche a seguito della crisi pandemica, dei prevedibili nuovi equilibri geopolitici e di una competizione globale non più basata solo sull’abbattimento dei costi complessivi quanto piuttosto sull’adozione diffusa di ricerca e innovazione, di politiche di sicurezza nazionale e di sovranità digitale (resilienza cibernetica delle infrastrutture critiche) nonché di una manodopera altamente qualificata. In questo mutato contesto, i distretti nazionali, ricchi di competenze manifatturiere e di filiere produttive sono in grado di poter dire la loro nel nuovo capitalismo geopolitico che sempre più si prefigura all’orizzonte Opportunità che anche i sistemi produttivi del Meridione dovranno essere in grado di cogliere con tempismo, come mostra il caso del distretto dell’Etna Valley catanese qui summenzionato.
*Le opinioni qui espresse sono strettamente personali e non coinvolgono quelle dell’Ente di appartenenza.