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Gemini 1.5 Pro di Google: dove ci porterà l’evoluzione dei modelli Transformer e MoE



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L’evoluzione dei modelli Transformer e MoE segna una tappa importante nel cammino dell’AI di Google verso sistemi sempre più avanzati, capaci non solo di elaborare dati a una scala senza precedenti, ma anche di farlo in modo più intelligente, efficiente e contestualizzato. Tuttavia, il percorso verso la realizzazione piena di queste potenzialità è intriso di sfide tecniche, etiche e di sicurezza

Pubblicato il 17 apr 2024

Andrea Viliotti

Innovation Strategist



Gemini-1.5-Pro

L‘architettura di Gemini 1.5 Pro, attualmente accessibile in anteprima per i developer su piattaforme come AI Studio e Vertex AI, rappresenta un avanzamento significativo nel campo dell’intelligenza artificiale generativa (GenAI) di Google, combinando ricerche di punta sull’architettura Transformer e Mixture of Experts (MoE).

Questo modello è progettato per gestire contesti estremamente lunghi, migliorare l’efficienza computazionale e promuovere una specializzazione avanzata. Gemini 1.5 Pro dimostra capacità nell’elaborazione di grandi quantità di dati, dall’analisi di documenti estesi all’interpretazione di basi di codice complesse, e si distingue per il suo approccio etico e di sicurezza nello sviluppo di AI.

Per apprezzare appieno l’evoluzione dell’AI di Google rappresentata da Gemini 1.5 Pro, è essenziale esplorare le radici delle sue fondamenta tecnologiche: i modelli Transformer e l’approccio Mixture of Experts (MoE).

L’evoluzione dei modelli di Transformer e MoE

I modelli Transformer hanno rivoluzionato il panorama dell’elaborazione del linguaggio naturale (NLP) e altre aree con la loro capacità di gestire dati sequenziali in modo efficiente. La loro flessibilità e l’uso di meccanismi di attenzione li rendono strumenti potenti in un’ampia varietà di applicazioni, dai sistemi di traduzione automatica alla generazione di testo. Parallelamente, l’approccio Mixture of Experts (MoE) offre un modello innovativo basato su “esperti” specializzati, migliorando l’efficienza computazionale e la capacità di adattamento dei sistemi AI.

Transformer

L’architettura Transformer, proposta nel 2017 nel lavoro del team Google Brain “Attention is All You Need” di Ashish Vaswani, Noam Shazeer, Niki Parmar, Jakob Uszkoreit, Llion Jones, Aidan N. Gomez, Lukasz Kaiser e Illia Polosukhin, è stata una svolta nel campo dell’intelligenza artificiale.

La potenza dei modelli Transformer risiede nella loro flessibilità e nella capacità di catturare relazioni complesse tra elementi in sequenze di dati, sia che si tratti di parole in una frase, di pixel in un’immagine, o di altri tipi di dati sequenziali. Questa caratteristica li rende estremamente efficaci in una vasta gamma di applicazioni, dalla traduzione automatica alla sintesi vocale, dall’analisi del sentiment alla generazione di testo.

Un elemento chiave dell’architettura Transformer è il cosiddetto “self-attention“, che consente a ogni elemento di una sequenza di considerare tutti gli altri elementi per determinare il proprio contesto. Questo contrasta con approcci precedenti, come le reti neurali ricorrenti (RNN) o le LSTM (Long Short-Term Memory), che elaborano le sequenze in modo incrementale e possono avere difficoltà a gestire dipendenze a lungo termine a causa del cosiddetto problema del “vanishing gradient”.

Gemini 1.5 Pro for Code - Part 01

Inoltre, i Transformer sono notevolmente efficienti dal punto di vista computazionale rispetto ad altre architetture grazie alla loro natura altamente parallellizzabile. Questo li rende particolarmente adatti ad essere addestrati su set di dati molto grandi, consentendo di catturare una vasta gamma di sfumature del linguaggio e di altre sequenze di dati.

La versatilità dei Transformer ha portato allo sviluppo di numerosi modelli derivati, come BERT (Bidirectional Encoder Representations from Transformers) per la comprensione del linguaggio, GPT (Generative Pre-trained Transformer) per la generazione di testo, e altri ancora per applicazioni che vanno oltre il solo NLP, estendendosi alla visione artificiale e oltre.

La ricerca sui Transformer continua ad evolversi rapidamente, con innovazioni che mirano a migliorare l’efficienza, la capacità di generalizzazione e la capacità di gestire compiti sempre più complessi. La loro influenza si estende ora ben oltre l’elaborazione del linguaggio naturale, influenzando profondamente il campo dell’intelligenza artificiale nel suo insieme.

Mixture of Experts (MoE)

L’approccio Mixture of Experts (MoE) è una metodologia pensata per affrontare alcuni dei problemi dei modelli neurali convenzionali mediante una struttura specializzata e composta da moduli. Questa architettura, presentata per la prima volta nel documento “Adaptive Mixtures of Local Experts” di Robert A. Jacobs, Michael I. Jordan, Steven J. Nowlan e Geoffrey E. Hinton nel 1991, e successivamente perfezionata, propone un approccio innovativo alla modellazione neurale. Il concetto fondamentale risiede nella suddivisione di un ampio modello neurale in diversi “esperti” di dimensioni ridotte, ciascuno specializzato e addestrato per eccellere in un’area specifica dello spazio dei dati. Questo metodo mira a ottimizzare l’efficienza e la precisione del modello nel gestire compiti vari e complessi, sfruttando la specializzazione di ciascun “esperto” per migliorare le performance complessive.

La chiave di questa architettura è la capacità di selezionare dinamicamente quali esperti utilizzare in base all’input ricevuto. Questa capacità è ottenuta da un sistema chiamato “gating network” che analizza accuratamente l’input e decide quanto far partecipare ogni esperto nella costruzione della risposta. In pratica, per ogni input, solo un sottoinsieme degli esperti viene effettivamente attivato, permettendo così al modello di essere sia estremamente efficiente (poiché non tutti gli esperti devono essere eseguiti per ogni input) sia altamente specializzato (poiché ciascun esperto può concentrarsi su una parte ben definita del problema complessivo).

La struttura MoE offre numerosi vantaggi:

  • Efficienza computazionale: poiché solo un sottoinsieme degli esperti viene attivato per ogni input, i modelli MoE possono gestire reti neurali molto grandi con un impatto computazionale relativamente contenuto.
  • Specializzazione: ogni esperto può specializzarsi in una diversa regione dello spazio dei dati, consentendo al modello di gestire una varietà di compiti e tipologie di dati con elevata competenza.
  • Scalabilità: l’architettura MoE scala bene con l’aumentare della dimensione del modello e della complessità del problema, poiché aggiungere più esperti può migliorare la capacità del modello senza aumentare proporzionalmente il costo computazionale per ogni input.
  • Adattabilità: i modelli MoE possono adattarsi efficacemente a nuovi compiti o a variazioni nei dati di input, attivando un set diverso di esperti specifici per ogni situazione.

Tuttavia, i modelli MoE presentano anche alcune sfide, come la complessità nella progettazione e nell’addestramento del gating network, e la necessità di bilanciare efficacemente il carico di lavoro tra gli esperti per evitare che alcuni di essi diventino “sovraccarichi” mentre altri rimangono inutilizzati.

L’integrazione in Gemini 1.5

La tecnologia dei Transformer, pilastro dei modelli di intelligenza artificiale generativa, ha avuto una significativa evoluzione nel panorama della GenAI di Google grazie all’affiancamento del concetto MoE (Mixture of Experts) in Gemini e in particolare nella sua versione 1.5 Pro.

Gemini 1.5 Pro si distingue per la sua capacità di comprendere contesti estremamente lunghi, gestendo fino a 1 milione di token, che rappresentano i blocchi costitutivi utilizzati per l’elaborazione delle informazioni. Ciò consente al modello di processare e analizzare grandi quantità di dati in un’unica volta, come documenti lunghi fino a 700.000 parole, fino a un’ora di video, 11 ore di contenuto audio o basi di codice con oltre 30.000 linee​​​​.

Un aspetto fondamentale di Gemini 1.5 Pro è la sua abilità nel “in-context learning”, ovvero l’apprendimento contestuale senza ulteriori aggiustamenti specifici. Questo permette al modello di acquisire nuove competenze direttamente dalle informazioni presenti nei prompt lunghi. Un esempio interessante di questa capacità è stato dimostrato quando Gemini 1.5 Pro ha imparato una grammatica per Kalamang, una lingua parlata da meno di 200 persone nel mondo, raggiungendo un livello di competenza simile a quello di un umano che apprende lo stesso contenuto​​.

Inoltre, Gemini 1.5 Pro eccelle nel risolvere problemi su blocchi di codice estesi, dimostrando di poter ragionare attraverso esempi, suggerire modifiche utili e fornire spiegazioni su come funzionano diverse parti del codice. Questa caratteristica è particolarmente importante per gli sviluppatori che usano l’intelligenza artificiale per programmare.

Da un punto di vista etico e di sicurezza, nell’implementazione di Gemini 1.5 Pro, Google ha proseguito nella sua linea di distribuzione consapevole, in linea con le procedure adottate in passato. Questo ha comportato l’utilizzo delle tecniche di red teaming, ovvero la simulazione di attacchi da parte di gruppi interni per identificare e correggere vulnerabilità, e un esame minuzioso di questioni cruciali come la sicurezza dei contenuti e la mitigazione dei rischi. Tale approccio sottolinea l’aspirazione dell’azienda a sviluppare tecnologie di intelligenza artificiale che siano all’avanguardia, ma al contempo affidabili ed etiche.

Le capacità di Gemini 1.5 Pro e la sua versatilità nell’elaborare e analizzare una vasta gamma di dati lo rendono uno strumento potente per una varietà di applicazioni, dalla comprensione del contesto alla risoluzione di problemi complessi, mantenendo al contempo un forte impegno verso principi etici e di sicurezza.

La rapida evoluzione dell’IA targata Google

Il panorama dell’intelligenza artificiale di Google sta assistendo a una rapida evoluzione, guidata in larga misura dal perfezionamento di architetture come i Transformer e i modelli Mixture of Experts (MoE). Queste tecnologie, pur essendo distinte nelle loro strutture e meccanismi interni, condividono un obiettivo comune: elevare la capacità delle macchine di comprendere, elaborare e generare dati in modi sempre più sofisticati ed efficienti.

I modelli Transformer, da un lato, hanno dimostrato una versatilità eccezionale, applicandosi non solo nell’elaborazione del linguaggio naturale ma estendendosi anche a campi come la visione artificiale e l’analisi di sequenze temporali. La loro capacità di catturare relazioni complesse tra elementi in sequenze di dati è stata un fattore chiave nel loro successo, permettendo un’analisi più profonda e contestualizzata rispetto ai metodi precedenti.

Parallelamente, l’approccio MoE introduce un concetto di specializzazione e modularità, dividendo compiti complessi in sotto-problemi più gestibili, ognuno affidato a un “esperto” specifico. Questa frammentazione consente non solo una maggiore efficienza computazionale, ma anche una specializzazione più acuta, con ogni esperto che affina le proprie competenze in una nicchia ben definita.

La fusione di queste architetture nell’implementazione dei sistemi Google come Gemini 1.5 Pro illustra non solo la capacità tecnica di gestire enormi volumi di dati e complessità di elaborazione, ma anche l’importanza di un approccio olistico alla progettazione della GenAI. La capacità di apprendere contestualmente senza necessità di addestramenti specifici aggiuntivi rappresenta un passo significativo verso un’intelligenza artificiale più autonoma e adattiva.

Nonostante questi progressi, l’adozione di tali tecnologie solleva questioni etiche e di sicurezza che richiedono un’attenzione scrupolosa. L’approccio attento seguito da Google nello sviluppare Gemini 1.5 Pro, che comprende tecniche di red teaming e un’analisi approfondita delle possibili conseguenze, evidenzia l’importanza di agire con cautela, garantendo che i vantaggi delle AI avanzate siano equilibrati e con barriere solide contro gli abusi e gli effetti negativi non intenzionali.

Conclusioni

In conclusione, l’evoluzione dei modelli Transformer e MoE segna una tappa importante nel cammino dell’AI di Google verso sistemi sempre più avanzati, capaci non solo di elaborare dati a una scala senza precedenti, ma anche di farlo in modo più intelligente, efficiente e contestualizzato. Tuttavia, il percorso verso la realizzazione piena di queste potenzialità è intriso di sfide tecniche, etiche e di sicurezza che richiedono un’attenta navigazione. La continua ricerca e innovazione in questo campo, insieme a un’etica di sviluppo responsabile, saranno cruciali per sbloccare i benefici dell’AI di Google per la società, garantendo al contempo che tali tecnologie siano impiegate in modo che rispetti i valori umani fondamentali.

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