l'intervento

Generali (Assintel): “ICT italiano in volata, il Governo sostenga il digitale in tutti gli ambiti”

Non ci sarà un ministro per l’innovazione, ma la transizione digitale sarà curata direttamente dal nuovo Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio per l’Innovazione. L’auspicio è che si riesca a creare una governance efficace che metta a frutto quanto già impostato col PNRR e si concentri sulle sfide a venire

Pubblicato il 11 Nov 2022

Paola Generali

Presidente Assintel

green ict

Come lo Yin e lo Yang, la realtà ci porta spesso ad evidenziare aspetti fra loro complementari di un medesimo fenomeno, a ricordarci che il mondo non è lineare ma complesso. E che la felicità è passeggera.  È proprio quello che sta accadendo in questi giorni se pensiamo al digitale.

Il 19 ottobre abbiamo lanciato, con l’Assintel Report, l’aggiornamento dei dati sul mercato ICT italiano, stupendoci di un trend molto positivo e in controtendenza rispetto ai segnali di crisi negli altri settori: +5,4% per l’ICT, che diventa +7,4% se consideriamo solo l’area dell’Information Technology. Era decisamente il nostro Yang.

Digitale, per le aziende il dado è tratto: le tecnologie per una transizione sostenibile e sicura

Non è passata neanche una settimana che ci arriva un’altra notizia, questa volta di natura politica: nel nuovo Governo è scomparso il Ministro per l’Innovazione. È l’altro lato della medaglia, lo Yin che si affaccia per avvisarci che la strada non è mai dritta, in economia e in politica soprattutto. Ma forse il grido di allarme, che subito tutti noi della community digitale abbiamo sollevato, ha portato il nuovo Governo a raddrizzare il tiro: la transizione digitale sarà curata direttamente dal nuovo Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio per l’Innovazione.

Digitale, Governo in ascolto

Questa virata ci rassicura, perché il nuovo Governo, a mio parere, si è messo grandemente in ascolto, per poi prendere velocemente le relative decisioni.

Come Assintel avevamo chiesto un Ministro dell’Innovazione che si occupasse per il 70% delle aziende e per il 30% della PA, che avesse il portafoglio ed agisse in concerto con gli altri Ministeri, visto che il digitale è trasversale per natura. Ciò che il Governo ha fatto è decidere di nominare un Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio con la delega all’Innovazione, per cui il portafoglio rimane ai singoli Ministeri, il Sottosegretario governerà trasversalmente il Digitale di concerto con i diversi Ministeri ed inoltre il suo operato e le sue decisioni saranno prese di concerto con la Presidenza del Consiglio. In sintesi, la direzione sembra essere quella che auspicavano, la messa a terra è semplicemente diversa da quella ipotizzata, ma – almeno sulla carta – potenzialmente parimenti efficace. Ci auguriamo, ora, che il senatore Alessio Butti riesca a creare una governance efficace che metta a frutto quanto già impostato a livello di PNRR e soprattutto colga concretamente le sfide che ancora abbiamo di fronte.

Come sostenere davvero la transizione digitale

Il processo di transizione digitale in Italia va sostenuto in tutti gli ambiti: nella Pubblica Amministrazione – che deve riuscire a mutare pelle velocemente, nel sistema scolastico e un universitario – che non riesce tuttora a formare le competenze richieste dal mercato, e soprattutto nei confronti delle micro, piccole e medie imprese che molto spesso ne restano ancora ai margini.

Basti pensare al tema dei bandi per la digitalizzazione. Questo Governo potrebbe finalmente cambiarne l’approccio, innanzitutto creando dei bandi che possano supportare le aziende nel loro processo di digitalizzazione a medio-lungo termine: finanziando la definizione della strategia di innovazione, la sua messa a terra, indicando nelle associazioni di categoria i soggetti ai quali rivolgersi per ricercare i fornitori adeguati, la formazione necessaria per fare in modo che l’imprenditore “pensi digitalmente” e per finire accompagnarle nell’evoluzione della strategia digitale nel tempo.

Un altro aspetto fondamentale che chiude il cerchio del processo di digitalizzazione delle aziende è rendere automatico il finanziamento anticipato degli investimenti da parte delle banche in collaborazione con i Cofidi a fronte dell’assegnazione di fondi assegnati tramite bando, perché il vero problema è la mancanza di liquidità. I bandi dovrebbero finanziare anche le spese che la piccola impresa deve sostenere per partecipare al bando stesso, come anche qualsiasi voce di investimento tecnologico senza alcuna esclusione.

Naturalmente questo vale anche per le piccole imprese dell’offerta, il cosiddetto Made in Italy ICT, per le quali sarebbe opportuno introdurre sistemi di decontribuzione totale per 5 anni sulle nuove assunzioni in ambito ricerca e sviluppo, senza plafond, e un abbassamento del cuneo fiscale delle risorse già assunte. Perché l’Innovazione non è solo appannaggio delle multinazionali, c’è anche un’innovazione autoctona che dobbiamo riuscire a valorizzare, anche perché la vera innovazione arriva sempre dalle piccole imprese che sono costrette ad innovare per rimanere sul mercato, per cui l’innovazione rappresenta la natura del loro essere ed esistere.

L’ICT è il nostro asset anticiclico

L’information Technology italiana nel 2022 stupisce con una crescita del +7,4% (30,77 miliardi di euro), in netta controtendenza rispetto all’economia generale. E questo avviene nonostante le pressioni inflazionistiche, la crisi energetica, i cambiamenti politici e le conseguenze della guerra in Ucraina. È il segnale che c’è stata una svolta nel nostro mindset: le imprese italiane scelgono di continuare a investire in prodotti e servizi digitali, perché hanno capito che sono indispensabili per garantire produttività, agilità e competitività.

Questo è stato il messaggio di sintesi che è emerso dalla presentazione dell’aggiornamento dei dati 2022 dell’Assintel Report, la ricerca sul mercato ICT in Italia realizzata da Assintel insieme alla società di ricerca indipendente IDC Italia, con la sponsorship di Confcommercio, Grenke e Intesa Sanpaolo.

Lo sguardo complessivo sul settore ICT, che include anche le TLC, mostra che la spesa delle imprese italiane cresce nel 2022 del 5,4% rispetto al 2021, raggiungendo i 36,3 miliardi di euro. Anche le stime per il 2023 seguono questo trend, arrivando a prevedere il superamento di quota 38 miliardi di euro per il nuovo anno. La spesa per l’IT è quella che contribuisce maggiormente a questo andamento (Il CAGR 2021-2023 è del +6,8%), mentre al contrario, nello stesso arco temporale, il valore del mercato business dei servizi di telecomunicazioni continuerà a diminuire (CAGR -3,5%), influenzato ancora dalla contrazione dei prezzi dovuta alla battaglia competitiva degli operatori.

La crescita dell’Information Technology in dettaglio

Il dettaglio sull’IT ci restituisce un mercato che investe in progetti strutturati e di ampio respiro, considerando che il 48% di esso è costituito da grandi imprese, che hanno le capacità e l’organizzazione per farlo.

In particolare, i Servizi IT, dedicati allo sviluppo, all’integrazione e alla gestione di sistemi e applicazioni, crescono perché orientati a migliorare la resilienza dell’infrastruttura digitale: l’anno si chiuderà a quota 12,1 miliardi di euro, +6,2% rispetto allo scorso anno.

La spesa per il Software ha la crescita più sostenuta (+10%, pari a 9,6 miliardi di euro), seguito dall’Hardware (+6,4%, pari a 9 miliardi di euro): entrambi continuano a sostenere l’evoluzione del lavoro da remoto, la migrazione verso il cloud e la trasformazione dei data center, anche qui per effetto di grandi progetti di trasformazione digitale.

Gli investimenti in ICT nei vari settori d’impresa

La spesa ICT delle imprese italiane nel 2022 è generata per il 50,6% dalle aziende appartenenti al settore dei Servizi (che include Servizi Finanziari, Trasporti, Utilities, ICT e altri), a cui segue con il 23,8% il comparto dell’Industria, con investimenti rilevanti soprattutto nell’ambito del Software applicativo. La spesa ICT delle aziende del settore Distribuzione, che rappresenta il 12,3% della spesa totale ICT, si focalizza soprattutto su Hardware e Software, mentre Pubblica Amministrazione, Sanità e Istruzione investono oltre un terzo della loro spesa in Servizi IT.

Nel 2022, la spesa ICT si è concentrata nelle grandi aziende (sono così classificate quelle con oltre 250 addetti), categoria costituita da poco più di 4.500 organizzazioni che da sole generano il 46,3% degli investimenti delle imprese italiane, con una forte propensione a utilizzare i Servizi IT professionali. Il 25,7% della spesa totale è invece prodotto da oltre 4,5 milioni di aziende con meno di 9 addetti, le cosiddette micro imprese, ove prevalgono gli investimenti in Hardware, mentre il restante 28% della spesa ICT si distribuisce quasi equamente nelle 225.000 imprese di medie dimensioni, tra le quali solo 24.500 hanno da 50 a 249 addetti.

Guardando invece a quanto investono in ICT queste imprese, scopriamo che la media è in generale di poco inferiore a 9.500 euro, ma molto differenziata in relazione alle dimensioni: mentre le grandi imprese spendono in ICT in media oltre 3,7 milioni di euro all’anno ciascuna, le micro spendono ciascuna poco più di 2.500 euro all’anno, poco più che il costo di un PC o di un Iphone14. Segnale che la strada della digitalizzazione vera è ancora lunga, perché si scontra con un tessuto economico atomizzato e per certi versi da evangelizzare.

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