La valutazione degli effetti prodotti dal Regolamento UE 2018/302 sul cosiddetto geoblocking sarà uno dei primi compiti per i nuovi componenti della Commissione, che verranno nominati nell’ottobre 2019.
Il Regolamento impone a chi offre sul mercato beni o servizi tramite mezzi elettronici (ecommerce) di non attuare alcun tipo di discriminazione tra gli utenti fondato sulla nazionalità degli stessi, che si ripercuota sulle condizioni di vendita.
Questo si pone nel solco del percorso normativo iniziato dall’Unione nel 1993, teso a realizzare il pieno potenziale del mercato interno come spazio senza frontiere, in cui sia garantita la libera circolazione – tra l’altro – di beni e servizi.
Dopo essere intervenuta sulla legislazione nazionale, prescrivendo il divieto di applicare restrizioni quantitative, abbattendo le barriere tecniche e introducendo il principio del mutuo riconoscimento, l’Unione europea, con il Regolamento in parola, ha inciso altresì su una parte delle politiche commerciali del settore privato, stabilendo il divieto di imporre barriere e restrizioni ai clienti che si trovino, al momento dell’acquisto, in un Paese differente rispetto a quello del professionista.
Non sono tuttavia mancate, come vedremo, le critiche in particolare per la decisione di consentire un blocco geografico finalizzato alla tutela del diritto d’autore.
Il geoblocking nel contesto del digital single market
In particolare, il divieto di geoblocking rientra nel progetto di digital single market, promosso dalla Commissione Europea nel 2015, nell’ambito del programma “Agenda Digitale per l’Europa 2020”, iniziativa che a sua volta rientra nella strategia “Europa 2020”.
I tre pilastri della strategia della Commissione europea sono:
- accesso a prodotti e servizi online;
- condizioni per la crescita e lo sviluppo delle reti e dei servizi digitali;
- crescita dell’economia digitale europea.
Questi obiettivi affrontano diverse questioni, quali la riforma del diritto d’autore nell’Unione europea, la revisione delle norme per i media audiovisivi, il blocco geografico, le vendite transfrontaliere, la riforma delle norme Ue in materia di telecomunicazioni, il trattamento dei dati personali da parte dei servizi digitali e la costruzione di un’economia basata sui dati.
Genesi del Regolamento sul geoblocking
Nel 2016 la Commissione europea ha appurato che circa il 60% dei portali web visualizzabili nell’Ue prevedeva filtri (sulla base di informazioni indicanti l’ubicazione fisica dei clienti, come l’indirizzo IP utilizzato per accedere a un’interfaccia online, l’indirizzo indicato per la consegna delle merci, la scelta della lingua effettuata o lo Stato membro in cui è stato emesso lo strumento di pagamento del cliente) capaci di dissuadere gli utenti dall’acquisto in un Paese diverso dal proprio.
Pertanto, avvedutasi che l’art. 20 della Direttiva 123/2006 (Bolkestein) non aveva sortito sufficienti risultati, la Commissione ha proposto a Consiglio e Parlamento il testo del Regolamento 302, il quale è stato emanato il 28 febbraio 2018, prevedendo un periodo di adeguamento fino al 28 dicembre 2018, data in cui le disposizioni in esso contenute sono divenute obbligatorie per tutti gli Stati membri.
Contenuto precettivo
In base alle regole introdotte da tale normativa, i professionisti che offrono sul mercato beni o servizi tramite mezzi elettronici non potranno più attuare alcun tipo di discriminazione tra gli utenti, fondato sulla nazionalità degli stessi, che si ripercuota sulle condizioni di vendita.
Tuttavia, è bene chiarirlo, il Regolamento 2018/302 mira a impedire i blocchi geografici ingiustificati, non qualsivoglia tipo di blocco geografico.
Il legislatore europeo ha ben chiaro, infatti, che in molti casi la riluttanza dei professionisti a stabilire rapporti commerciali con i clienti di altri Stati membri è dovuta, almeno in parte, alla diversità dei sistemi giuridici dei vari Stati, ai conseguenti rischi concernenti l’individuazione delle leggi applicabili in materia di protezione dei consumatori, alla varietà delle leggi in materia di ambiente e di etichettatura, alla tassazione e ai regimi fiscali, nonché ai costi di consegna e ai requisiti linguistici.
Nello specifico, il Regolamento prevede che – nell’attività di e-commerce – un professionista non possa, per motivi legati alla nazionalità, al luogo di residenza o al luogo di stabilimento del cliente:
- bloccare o limitare, attraverso l’uso di strumenti tecnologici o in altro modo, l’accesso di un cliente alla sua interfaccia online;
- reindirizzare il cliente ad una versione del sito web diversa da quella cui il cliente desiderava accedere inizialmente, a meno che il cliente non vi abbia esplicitamente acconsentito. In caso di reindirizzamento con l’esplicito consenso del cliente, la versione del sito web del professionista – cui il cliente desiderava accedere inizialmente – deve restare comunque facilmente accessibile;
- impedire l’acquisto di beni che siano consegnati in un luogo di uno Stato membro ove il professionista ne offra la consegna ai sensi delle sue condizioni generali di vendita o che vengano ritirati presso un luogo concordato tra il professionista e il cliente in uno degli Stati membri in cui le predette condizioni generali di accesso offrono tale opzione;
- impedire ai clienti di ricevere servizi in formato digitale. In questo caso non è richiesta alcuna consegna fisica, poiché i servizi sono forniti per via elettronica;
- nell’ambito dei mezzi di pagamento accettati dal professionista, applicare condizioni diverse a un’operazione di pagamento:
- se l’operazione sia effettuata tramite bonifico, addebito diretto o uno strumento di pagamento basato su carta avente lo stesso marchio accettato dal professionista;
- se i requisiti di autenticazione sono soddisfatti a norma della direttiva (UE) 2015/2366;
- se le operazioni di pagamento sono effettuate in una valuta accettata dal professionista.
- Il professionista ha comunque facoltà di addebitare spese non discriminatorie per l’uso di specifici strumenti di pagamento, nel rispetto nella normativa europea. Ove giustificato da motivi oggettivi, inoltre, non è precluso al professionista sospendere la consegna dei beni o la fornitura del servizio finché non abbia ricevuto la conferma del fatto che l’operazione di pagamento sia stata correttamente avviata;
- imporre prezzi differenti per i medesimi beni o servizi, qualora non giustificati da ragioni oggettive, quali costi di spedizione o l’IVA applicata nei diversi Stati membri.
All’atto pratico, si tratterà di rimodulare l’interfaccia del sito web di e-commerce conformemente alle linee guida del Regolamento, nonché revisionare le condizioni generali di vendita, verificando che tali documenti non contengano disposizioni discriminanti per utenti di altri paesi dell’UE, se non giustificate e adeguatamente spiegate.
Applicazione del Regolamento
Va rilevato, infine, che il Regolamento 2018/302:
- si applica solamente qualora l’acquisto di beni o servizi venga effettuato in qualità di utenti finali e non si estende agli acquisti finalizzati alla rivendita, alla trasformazione, al trattamento, alla locazione o al subappalto successivi, poiché ciò inciderebbe su sistemi di distribuzione ampiamente utilizzati dalle aziende nelle relazioni tra imprese, che sono spesso negoziati in via bilaterale e direttamente connessi alle strategie commerciali a valle e a monte;
- si applica indipendentemente dal fatto che il venditore si sia stabilito in uno Stato membro o in un paese terzo: ciò che conta è che il professionista svolga attività nell’Unione.
- rimette ai singoli Stati membri la previsione di sanzioni efficaci, proporzionate e dissuasive per i professionisti che operano al loro interno. In questo senso il legislatore italiano è recentemente intervenuto con la legge n. 37 del 2019 (legge europea 2018, entrata in vigore il 26/05/2019), prevedendo all’art. 6:
- la legittimazione ad agire delle associazioni dei consumatori in caso di violazione delle disposizioni del presente Regolamento;
- l’Autorità garante della concorrenza e del mercato quale organismo responsabile dell’adeguata ed efficace applicazione del Regolamento in oggetto;
- il Centro nazionale della rete europea per i consumatori (ECC-NET) quale organismo competente a fornire assistenza ai consumatori in caso di controversia tra un consumatore e un professionista.
Casi di esclusione
I divieti di cui sopra non si applicano, invece:
- qualora siano necessari al fine di garantire il rispetto di un requisito giuridico previsto dal diritto dell’Unione o dalle leggi degli Stati membri in conformità del diritto dell’Unione, cui sono soggette le attività del professionista;
- qualora si tratti di situazioni puramente interne a uno Stato membro, ovvero che non presentino alcun elemento “extra-frontaliero” (tipicamente, la nazionalità di una delle parti);
- qualora i venditori decidano di offrire beni o servizi in specifici Stati membri o a determinati gruppi di clienti, ricorrendo a offerte mirate e a condizioni generali di accesso diverse, purché ciò non avvenga in modo discriminatorio;
- ai venditori che rientrano nel regime speciale di cui al titolo XII, capo 1, della direttiva 2006/112/CE (regime forfettario), i quali non sono tenuti al pagamento dell’IVA nello Stato membro in cui sono stabiliti. Per tali professionisti, quando prestano servizi mediante mezzi elettronici, il divieto di applicare condizioni generali di accesso diverse per motivi legati alla nazionalità, al luogo di residenza o al luogo di stabilimento del cliente comporterebbe l’obbligo di iscriversi al registro IVA per tenere conto di quella applicata dagli altri Stati membri e potrebbe comportare costi aggiuntivi, cosa che rappresenterebbe un onere sproporzionato, considerando le dimensioni e le caratteristiche dei professionisti interessati;
- ad alcune tipologie specifiche di servizi, come quelli connessi a contenuti che ricadono nell’ambito di tutela del diritto d’autore (film, serie tv, dirette sportive, libri elettronici, software, giochi online, ecc.), oppure alle attività rientranti in determinati settori previsti dall’art. 2, comma 2, della Direttiva 2006/123/UE, tra cui quello finanziario, dei trasporti, sanitario e fiscale.
Evoluzioni future del Regolamento
La decisione di consentire un blocco geografico finalizzato alla tutela del diritto d’autore non è andata esente da critiche, sia durante i lavori delle commissioni parlamentari, sia durante le discussioni in seno ai due organi legislativi dell’Ue. Non sono mancate prese di posizione atte a sostenere che l’escludere dal divieto di geo-blocking quest’area di servizi abbia causato una notevole ridimensionamento del progetto di digital single market e che la scelta sia stata presa su pressione dei proprietari delle royalties. Oggi, infatti, invece di una licenza multi-territoriale, valida simultaneamente in tutta l’UE, esistono 28 licenze nazionali e lo sfruttamento di un’opera in tutti gli Stati membri richiede quindi l’ottenimento di più licenze.
A parziale mitigazione della scelta in parola, è stato introdotto nel Regolamento l’art. 9, il quale prevede che, entro il 23 marzo 2020 e successivamente ogni cinque anni, la Commissione svolga una valutazione sugli effetti prodotti dal Regolamento in oggetto e che la prima valutazione sia effettuata proprio allo scopo di verificare l’opportunità di estenderne l’applicazione ai servizi la cui principale caratteristica consista nel fornire accesso a opere tutelate dal diritto d’autore.