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Geopolitica e modelli commerciali, come cambiano supply chain e investimenti



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Alla luce delle crisi economiche, sociali e politiche nel mondo, è necessario adattare i modelli commerciali puntando anche su catene di approvvigionamento resilienti: ecco la situazione

Pubblicato il 7 mag 2024

Federica Maria Rita Livelli

Business Continuity & Risk Management Consultant, BCI Cyber Resilience Group, Clusit, ENIA



mappamondo

L’attuale scenario globale caratterizzato da crisi geopolitiche e geoeconomiche presuppone la riconfigurazione dei modelli di commercio globale.

Ne consegue che le organizzazioni devono essere consapevoli dei potenziali cambiamenti in modo tale da strutturarsi e dimostrarsi flessibili, agili e resilienti.

Scenari commerciali globali, cosa sta cambiando

Una recente ricerca del McKinsey Global Institute (MGI) dal titolo “The complication of concentration in global trade” – che ha esaminato la concentrazione del commercio analizzando oltre 120 nazioni, circa 6.000 tipi di prodotti e otto milioni di percorsi commerciali distinti – rivela dati significativi.

In un mondo fortemente interdipendente, ciascuna regione dipende per oltre il 25% delle sue necessità da importazioni di almeno un tipo di merce fondamentale. Sebbene, da un lato le connessioni globali abbiano favorito l’incremento dell’efficienza, l’accesso esteso ai beni su scala mondiale e il supporto alla crescita economica, dall’altro lato, è altresì risaputo che la globalizzazione comporta delle complessità. Di fatto, le interazioni commerciali, pur apportando efficienza e vantaggi economici, possono esacerbare l’impatto delle interruzioni commerciali, in particolare quando la sostituzione dei prodotti coinvolti si rivela complessa a causa di una visibilità di mercato limitata e di poche alternative disponibili.

Episodi come le interruzioni nelle catene di approvvigionamento, l’aggressione dell’Ucraina da parte della Russia, le tensioni tra Cina e Stati Uniti, l’escalation in Medioriente e nel Mar Rosso – hanno evidenziato quanto sia importante potenziare la resilienza delle reti commerciali globali. Ne consegue che sia le organizzazioni sia i Governi stanno scrutando più da vicino le origini dei materiali utilizzati e, in alcuni contesti, valutando di ristrutturare o addirittura interrompere alcune delle esistenti e consolidate relazioni commerciali.

Distribuzione dei prodotti e dei materiali

I Paesi, per molti prodotti, dipendono da una gamma variegata di partner commerciali, una tendenza particolarmente evidente nelle economie più ampie. Per esempio, la Cina si approvvigiona di petrolio greggio da oltre 40 Paesi, mentre gli Stati Uniti importano automobili da più di 25 nazioni.

Nonostante ciò, il 40% del commercio mondiale si caratterizza per il fatto che l’economia importatrice si affida a tre o meno Paesi per ottenere una specifica risorsa o prodotto manufatto. Questo tipo di relazioni commerciali “concentrate” si ritrova in vari settori, attraverso tutte le fasi del ciclo produttivo, e in ogni economia. Inoltre, si stima che circa il 15% del commercio mondiale di beni sia in situazioni dove l’economia importatrice dipende da solo due o meno Paesi fornitori. Esempi di questo fenomeno includono i computer portatili, il cromo e l’olio di palma.

Scenario geopolitico

L’Unione Europea, gli Stati Uniti e altri attori internazionali, in risposta all’invasione dell’Ucraina da parte della Russia, hanno implementato una serie di sanzioni. Di conseguenza, la maggior parte delle organizzazioni europee, giapponesi e statunitensi ha deciso di ritirarsi o diminuire le proprie attività in Russia.

Inoltre, la crisi nel Mar Rosso, iniziata a dicembre 2023, ha obbligato al reindirizzamento delle rotte marittime, causando non solo un incremento dei costi, ritardi e maggiori complessità legate alla sicurezza, ma rischia anche di generare impatti significativi ben oltre le aree direttamente coinvolte.

Ancora, si osserva un trend crescente nell’introduzione di nuove restrizioni commerciali a livello globale, con un aumento da circa 650 nuove restrizioni nel 2017 a oltre 3.000 nel 2023.

Le catene dei valori globali: i trend

Le catene di valore globali, come si evince dal report, hanno tradizionalmente subito cambiamenti graduati, e questo trend si è mantenuto costante negli ultimi anni. Di fatto, dal 1995, nessuna economia ha registrato una variazione annuale superiore a due punti percentuali nelle proprie quote di esportazioni globali in nessuna catena di valore. Interessante notare come questa dinamica, nonostante l’incremento di tariffe e restrizioni commerciali osservato recentemente, non ha subito sostanziali modifiche, anche, a partire dal 2017, si sta assistendo a un cambiamento significativo nella struttura delle connessioni economiche globali.

Gli indicatori

Il report di MGI evidenzia che, per analizzare questi cambiamenti nel panorama commerciale mondiale, si utilizzano quattro indicatori e, precisamente: l’intensità del commercio, la distanza geografica, la concentrazione delle importazioni e un innovativo indice di “distanza geopolitica”. Grazie all’uso combinato di queste diverse misure è possibile valutare la rapidità e la direzione dei cambiamenti nel commercio globale avvenuti di recente:

  1. Intensità commerciale – L’intensità degli scambi di merci nell’ dell’Associazione delle Nazioni del Sud-Est Asiatico (ASEAN) e in Germania è maggiore a causa della loro integrazione nelle catene del valore manifatturiere transfrontaliere. L’intensità del commercio di beni degli Stati Uniti è inferiore a quella di molte altre grandi economie, in parte a causa della sua grande economia interna e delle sue dotazioni naturali
  2. La distanza geografica – La distanza geografica gioca un ruolo chiave nel commercio internazionale, con il Brasile che emerge come un esempio notevole a causa del suo ampio scambio commerciale con la Cina, portando le sue rotte commerciali a estendersi su distanze maggiori rispetto a molte altre economie. Al contrario, Germania e Regno Unito mostrano una tendenza a intrattenere relazioni commerciali che coprono distanze geograficamente più ridotte. Questo fenomeno riflette la dimensione relativamente compatta del contesto economico europeo, dove le nazioni tendono a commerciare con partner più vicini geograficamente.
  3. La distanza geopolitica – La distanza geopolitica del commercio cinese si caratterizza per essere relativamente ampia, un aspetto determinato dal suo considerevole volume di scambi con paesi come l’Australia, l’Unione Europea, il Giappone, la Corea del Sud e gli Stati Uniti. Ciò indica che, nonostante le differenze politiche o strategiche, la Cina mantiene intensi rapporti commerciali con nazioni chiave a livello globale. Al contrario, Germania e Regno Unito presentano distanze geopolitiche più contenute nei loro scambi commerciali, principalmente perché una grande parte del loro commercio si svolge con altre economie europee, con le quali condividono strette affinità e legami geopolitici.
  4. La concentrazione delle importazioni – In generale, le maggiori economie mondiali mostrano livelli di concentrazione delle importazioni che sono inferiori alla media globale. Questo fenomeno si riflette nel caso della Germania, dove la concentrazione delle importazioni è particolarmente bassa, a testimonianza dell’intenso scambio commerciale all’interno del continente europeo. Al contrario, il Brasile presenta una concentrazione delle importazioni più elevata, risultato delle sue notevoli importazioni provenienti dalla Cina.

In sintesi, questi indicatori offrono una comprensione più profonda di come le economie interagiscano nel contesto commerciale globale, evidenziando le varie strategie di integrazione nel commercio mondiale e le diverse dinamiche nelle relazioni di approvvigionamento.

Relazioni su distanze più ampie

Alcune delle maggiori potenze commerciali globali – inclusi paesi come la Cina, il Giappone e gli Stati Uniti – mantengono relazioni commerciali significative con nazioni situate agli estremi opposti dello spettro geopolitico. Nel 2021, la distanza geopolitica media attraversata dalle merci nel commercio internazionale era paragonabile alla distanza tra il Cile e gli Stati Uniti o tra la Cina e la Nigeria, corrispondente a 3,4 su una scala di misurazione che va da zero a dieci. Tuttavia, il commercio di molte delle principali economie commerciali supera, a volte anche notevolmente, questa media. Per esempio, la distanza geopolitica tra la Germania e la Russia si attesta intorno alle otto unità sulla menzionata scala di distanza geopolitica come si evince dalla figura sotto riportata.

Brasile, India e Messico realizzano scambi commerciali su distanze geopolitiche che riflettono la media globale, dato che il loro commercio si sviluppa prevalentemente con nazioni distribuite lungo entrambi gli estremi dello spettro geopolitico.

È doveroso sottolineare che, a livello globale, solo l’8% del commercio internazionale di merci avviene tra economie posizionate tra il secondo e l’ottavo posto su una scala da zero a dieci, indicando che la maggior parte degli scambi si verifica o tra partner molto vicini o molto distanti in termini geopolitici.

L’Europa, invece, si distingue per i suoi intensi legami politici e l’elevato grado di integrazione economica tra i suoi stati membri, che facilitano il commercio su distanze geopolitiche relativamente brevi. È doveroso ricordare che, in passato, l’Europa ha dovuto far affidamento a partner geopoliticamente distanti per l’acquisto di risorse critiche, ad esempio alla Russia fino al 2022 per le forniture energetiche.

La vulnerabilità economica

La dipendenza da Paesi lontani introduce una potenziale vulnerabilità economica, dato che le tensioni commerciali possono mettere a rischio l’accesso a mercati essenziali per le nazioni esportatrici, come dimostrato dai recenti attriti tra Australia e Cina riguardo a esportazioni specifiche come carbone, vino e orzo.

Similmente, l’affidarsi a importazioni da Paesi geopoliticamente distanti, per beni fondamentali, può essere rischioso. Un esempio significativo è la Germania, che, nonostante avesse nel 2021 degli scambi commerciali su una distanza geopolitica media inferiore rispetto a molte altre grandi economie, ha dovuto affrontare la sfida di riconfigurare in modo sostanziale e complesso i propri scambi commerciali a causa della sua precedente dipendenza dalle importazioni energetiche russe, a seguito dell’invasione dell’Ucraina da parte della Russia.

Secondo quanto riportato dal report di MGI, esiste una significativa porzione di commercio internazionale che potrebbe essere soggetta a cambiamenti o ristrutturazioni, specialmente quello tra partner che si trovano a grande distanza geopolitica l’uno dall’altro.

Attualmente, quasi il 20% del commercio mondiale di merci si verifica tra economie considerate geopoliticamente distanti, ovvero quelle che si collocano a più di otto unità su una scala di distanza geopolitica specificata nel report (come illustrato nella Figura sotto riportata). In aggiunta, si evidenzia un marcato sbilanciamento del commercio verso prodotti che presentano un’elevata concentrazione di approvvigionamento.

Prodotti concentrati a livello globale

Quasi il 40% del commercio di prodotti concentrati a livello globale avviene tra economie geopoliticamente più distanti. Ad esempio, molti prodotti elettronici di consumo sono concentrati a livello globale e forniti dalla Cina a economie come l’Europa e gli Stati Uniti.

Concentrazione a livello economico

Circa il 13% degli scambi commerciali di prodotti con elevata concentrazione economica coinvolge economie notevolmente separate in termini geopolitici. Tuttavia, per specifici prodotti, questa percentuale è considerevolmente maggiore. Per esempio, circa il 30% del commercio internazionale di batterie agli ioni di litio e celle fotovoltaiche si realizza tra paesi che sono significativamente distanti dal punto di vista geopolitico.

Prodotti non concentrati

Circa il 15 % del commercio di prodotti che non sono concentrati avviene tra economie geopoliticamente più distanti. La maggior parte del commercio di prodotti come il petrolio greggio, le automobili con motore a combustione interna e il propilene tende a non avvenire tra economie geopoliticamente più distanti.

Il commercio di determinati prodotti che presentano una concentrazione globale, secondo quanto rivela la ricerca di MGI, è attualmente oggetto di scrutinio a causa dei potenziali rischi elevati che comporta. Un esempio significativo è costituito dall’indagine degli Stati Uniti sulla sicurezza dell’approvvigionamento di magneti permanenti fabbricati con neodimio, un metallo appartenente al gruppo delle terre rare.

Oltre l’85% dei magneti al neodimio necessari alla Germania, alla Corea del Sud e agli Stati Uniti è importato dalla Cina. Si tratta di magneti impiegati in un’ampia varietà di applicazioni, che vanno dai motori dei veicoli elettrici ai robot industriali.

Un altro esempio è rappresentato dalla ricerca, da parte della Cina, di nuove fonti di quarzo ad alta purezza – materiale per il quale gli Stati Uniti sono noti per avere le riserve di maggior qualità al mondo – e che sono indispensabili nella produzione di semiconduttori.

È doveroso evidenziare che ristrutturare il commercio di prodotti globalmente concentrati, per mitigare i rischi associati alla dipendenza da partner geopoliticamente distanti, non è un’impresa semplice, considerando che, attualmente, esistono poche alternative di fornitori che si trovino geopoliticamente più vicini all’economia importatrice. Pertanto, questi prodotti concentrati a livello mondiale possono rappresentare una soglia minima al di sotto della quale il commercio tra partner geopoliticamente distanti non può essere ridotto, nel breve termine, senza causare significative interruzioni nell’approvvigionamento. Di fatto, questi scambi commerciali sono al contempo legami di cooperazione e potenziali canali di vulnerabilità.

Riconfigurazioni in atto

Gli Stati Uniti stanno diversificando, in vari settori manifatturieri, le loro importazioni dalla Cina verso altri Paesi, come Messico e Vietnam,. In particolare, il Vietnam e altre economie asiatiche hanno visto aumentare la loro quota di mercato, mentre il Messico ha registrato un incremento delle importazioni statunitensi, soprattutto nel settore dei trasporti e dell’agricoltura, evidenziando una tendenza al nearshoring. Questa diversificazione ha portato a una diminuzione della concentrazione delle importazioni statunitensi, con una riduzione del 10% della distanza geopolitica e del 3% della distanza geografica tra il 2017 e il 2023.

La quota della Cina nelle importazioni statunitensi di prodotti manifatturieri è scesa dal 24% al 15%, registrando il calo più marcato con l’elettronica. Nonostante l’aumento dei dazi, anche prodotti non soggetti a tali misure – come computer portatili e telefoni cellulari – hanno visto diminuire la loro quota di importazioni dalla Cina a favore del Vietnam.

Il commercio dell’Europa con la Russia è crollato, ma quello con la Cina è cresciuto.

Inoltre, il commercio della Cina si è riorientato verso le economie in via di sviluppo e partner geopoliticamente più vicini, aumentando la sua quota di scambi con l’ASEAN, l’America Latina, il Medio Oriente e la Russia. Inoltre, le importazioni di nichel dall’Indonesia sono notevolmente aumentate.

Il rapporto commerciale tra Cina e Australia, attualmente, rimane forte, in particolare per il minerale di ferro e il litio, evidenziando un’interdipendenza che potrebbe diventare meno pronunciata nel tempo a fronte di futuri investimenti della Cina in altre fonti di queste materie prime.

Investimenti greenfield transfrontalieri

Gli annunci di recenti investimenti greenfield transfrontalieri indicano potenziali cambiamenti nei modelli commerciali futuri. Tali investimenti – che vedono un’economia investire direttamente in un’altra – possono favorire l’incremento degli scambi commerciali tra due Paesi, specialmente nel settore manifatturiero, fungendo da catalizzatori per nuovi flussi di beni intermedi e capitali. La direzione attuale di questi investimenti potrebbe, quindi, fornire dei segnali su come si evolveranno i flussi commerciali.

Dal 2010, circa il 60% degli investimenti greenfield transfrontalieri è stato diretto verso le economie in via di sviluppo, ma la destinazione di questi investimenti sta cambiando.

Di fatto, si è registrato un significativo aumento degli investimenti annunciati in Africa, India, Asia centrale, Medio Oriente e nelle economie in via di sviluppo europee rispetto alle medie pre-pandemia. Al contrario, gli investimenti annunciati per la Grande Cina (inclusa la Cina continentale) e la Russia hanno visto una notevole diminuzione, rispettivamente del 67% e del 98%. Inoltre, anche le economie avanzate in Asia, Europa e Nord America hanno mostrato incrementi negli investimenti annunciati, segnalando una possibile riconfigurazione futura dei flussi commerciali globali.

Le economie emergenti che hanno recentemente registrato un incremento negli annunci di investimenti ricevono capitali da una vasta gamma di fonti geografiche e geopolitiche. Le nazioni dell’ASEAN, per esempio, hanno visto crescere gli annunci di investimenti provenienti dalla Cina, dall’Europa e dagli Stati Uniti. Analogamente, sia la Cina che l’Europa hanno incrementato significativamente i loro investimenti in Africa, in Asia centrale, nel Medio Oriente e nelle economie emergenti europee.

Inoltre, sebbene l’India abbia registrato una diminuzione degli investimenti annunciati dalla Cina, il volume totale degli investimenti nel paese è in crescita, sostenuto da capitali provenienti dall’Asia, dagli Stati Uniti e dall’Europa.

Dal report di MIG si evince, inoltre, che la Cina potrebbe proseguire nel suo riorientamento commerciale verso le economie in via di sviluppo, portando queste ultime a espandere la loro presenza nel mercato globale delle esportazioni.

In Africa – l’area che ha visto il più significativo aumento percentuale degli investimenti rispetto al periodo pre-pandemico – gli investimenti si sono concentrati principalmente in un numero limitato di economie, in particolare nel Nord Africa, anziché distribuirsi in modo più uniforme nel continente.

Marocco ed Egitto hanno beneficiato maggiormente in termini di investimenti. Ad esempio, il Marocco ha visto un notevole incremento negli annunci di investimenti da parte di aziende cinesi nel settore della catena di approvvigionamento delle batterie per veicoli elettrici.

Al di fuori del Nord Africa e del Sud Africa, gli annunci di nuovi investimenti in altre parti del continente sono rimasti relativamente stabili.

La situazione varia considerevolmente all’interno dell’Africa sub-sahariana. Ovvero, gli investimenti annunciati nella Repubblica Democratica del Congo, in Kenya e in Uganda hanno raggiunto una media collettiva di 15 miliardi di dollari nel biennio 2022-23, triplicando rispetto alle medie pre-pandemiche. Al contrario, nel medesimo periodo, gli investimenti annunciati in Etiopia, Ghana e Nigeria hanno visto una riduzione superiore al 35%.

I recenti modelli di investimento statunitensi evidenziano, altresì, nuovamente una possibile futura orientazione commerciale verso le economie dell’ASEAN. Tra il 2022 e il 2023, gli investimenti greenfield annunciati dagli Stati Uniti in Cina hanno subito un calo del 70% rispetto alla media del periodo 2015-2019, mentre gli investimenti statunitensi annunciati nell’ASEAN sono quasi raddoppiati.

È interessante notare che una porzione crescente degli investimenti in Messico proviene ora dalla Cina, con gli investimenti cinesi recentemente annunciati che più che raddoppiano rispetto alle medie pre-pandemiche.

A livello europeo, sebbene il commercio tra l’Europa e la Cina abbia registrato una crescita recente, i modelli di investimento indicano la possibilità di un futuro orientamento verso l’intensificazione del commercio intra-europeo. Gli investimenti greenfield europei in Cina nel 2022-2023 sono stati quasi il 50% inferiori rispetto alle medie pre-pandemiche. Allo stesso tempo, gli annunci di investimenti greenfield all’interno dell’Europa sono notevolmente aumentati, quasi raddoppiando rispetto alle medie pre-pandemiche. In particolare, la Germania ha annunciato investimenti greenfield in economie come Italia, Portogallo e Romania.

Cosa devono fare le organizzazioni

Le organizzazioni possono analizzare le proprie relazioni commerciali per rilevare rischi e opportunità, acquisendo così una comprensione approfondita delle varie interconnessioni in risposta alle tendenze correnti in termini di commercio globale e di investimenti internazionali, che forniscono indicazioni cruciali sull’evoluzione futura dei mercati e delle catene di approvvigionamento. Di seguito vengono proposte alcune riflessioni fondamentali e strategie che le organizzazioni possono considerare della gestione delle proprie supply chain:

  • Rivalutare le supply chain – Le organizzazioni dovrebbero considerare una revisione delle loro supply chain per aumentare la resilienza e ridurre la dipendenza da singoli mercati, in particolare quelli geopoliticamente sensibili. Ciò può includere la diversificazione delle fonti di approvvigionamento o l’investimento in capacità produttive in nuove regioni.
  • Adattarsi a un mondo frammentato – Con il potenziale aumento del protezionismo e delle tensioni geopolitiche, le organizzazioni potrebbero dover navigare in un ambiente commerciale più frammentato. Pertanto, potrebbe essere vantaggioso sviluppare una strategia più regionale o locale per produzione e distribuzione, riducendo così la vulnerabilità a interruzioni transfrontaliere.
  • Investire in modelli di business modulari – Si tratta di considerare l’adozione di modelli di business più modulari che consentano una facile adattabilità a cambiamenti improvvisi nel panorama commerciale. Ciò può includere l’uso di tecnologie digitali per migliorare la flessibilità operativa e la capacità di risposta alle fluttuazioni della domanda.
  • Esplorare nuovi mercati – Gli spostamenti degli investimenti verso le economie emergenti sottolineano l’importanza di esplorare nuovi mercati sia per le vendite sia per l’approvvigionamento. Pertanto, le organizzazioni dovrebbero considerare le opportunità in queste regioni emergenti, valutandone sia i rischi sia le opportunità.
  • Prepararsi a gestire l’incertezza – L’incertezza sembra essere una costante del prossimo futuro. Le organizzazioni devono costruire strategie resilienti che possano adattarsi a vari scenari economici e politici. Ciò può includere l’investimento in intelligence di mercato, la diversificazione dei portafogli di investimento e lo sviluppo di piani di continuità operativa.

In sintesi, i cambiamenti nella geometria del commercio globale richiedono che le aziende siano in grado di intercettare i cambiamenti e dimostrarsi proattive, resilienti e pronte a adattarsi. Ovvero si tratta ancora una volta di implementare i principi di risk management, di business continuity e, ora più che mai in un mondo sempre più connesso, di cybersecurity. Attraverso la pianificazione strategica e l’adozione di un approccio flessibile e l’impiego della tecnologia, le organizzazioni possono non solo navigare con successo in questo paesaggio incerto, ma anche contribuire a plasmare il futuro del commercio globale.

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