La folle guerra in Ucraina sta causando non soltanto devastazioni nel martoriato Paese e sulla popolazione, ormai allo stremo ma sta anche mettendo a dura prova le economie dei Paesi Occidentali (e non solo) per effetto dell’esplosione dei costi dell’energia e dei conseguenti effetti inflattivi a trecentosessanta gradi.
Inoltre, le necessarie sanzioni applicate alla Russia e gli effetti della guerra sull’economia ucraina, stanno avendo effetti ulteriori sui flussi di export e di import verso quei Paesi, effetti che amplificano ulteriormente quelli già rilevanti dell’inflazione “energy-driven” sopra descritta.
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Una difficile congiuntura economica
SevenData, che si occupa di fornire analisi e strumenti per la valutazione del rischio di credito delle imprese italiane, grazie al proprio Rating proprietario basato sul Machine Learning, ha analizzato gli effetti che l’attuale congiuntura economica caratterizzata dai fattori di rischio sopra citati, possono avere sulle imprese e sulla loro capacità di far fronte alle significative discontinuità che stiamo vivendo.
L’analisi che abbraccia il totale delle imprese italiane, si basa sulle seguenti molteplici fonti:
- il datalake proprietario sulle imprese italiane di SevenData
- i bilanci di tutte le aziende che lo pubblicano (società di capitali)
- i dati economici che SevenData ha stimato sulle imprese che non pubblicano un bilancio, attraverso l’utilizzo di 420 cluster organizzati per filiera, territorio e dimensione aziendale
- il sistema Coeweb di Istat che pubblica con cadenza mensile i dati aggregati sui flussi di import/export
- gli elenchi, pubblicati da CSEA (Cassa per i Servizi Energetici e Ambientali), che mappano le imprese energivore italiane
- i dati di Istat sui flussi settoriali del commercio estero.
I fattori di rischio per le imprese italiane
Nello specifico sono stati identificati i seguenti tre fattori di rischio:
- il rischio derivante dalla forte difficoltà di far fronte all’aumento dei costi energetici, per effetto della rilevante incidenza degli stessi sui costi dell’azienda e della (relativamente) bassa marginalità operativa a livello di Ebitda
- il rischio di rilevante impatto sui ricavi derivante dalla chiusura dei mercati di export per effetto delle sanzioni verso Russia e Bielorussia e degli impatti economici della guerra sull’Ucraina
- il rischio di un cortocircuito sulle catene di fornitura per quei settori con una rilevante dipendenza dall’approvvigionamento dai Paesi coinvolti nel conflitto.
Classi di rischio ed effetto contagio
Per ognuno dei fattori di rischio sono state individuate cinque classi di rischio che vanno dal rischio basso, al rischio alto, passando per il medio-basso, medio e medio-alto e nelle quali sono state classificate tutte le imprese italiane.
L’analisi, che ha la matrice a livello settoriale, è poi stata estesa anche a livello di filiera produttiva, con l’obiettivo di stimare anche gli “effetti di contagio” su una determinata filiera, degli eventuali problemi sistemici presenti nelle imprese appartenenti ai settori facenti parte della stessa filiera.
Estendendo l’analisi a livello di filiera, il rischio si moltiplica per un fattore almeno pari a 5x, per effetto delle assunzioni sopra descritte.
Un quadro preoccupante per le imprese italiane
Dall’analisi emerge un quadro preoccupante nel quale SevenData ha stimato, a livello settoriale:
- circa 470.000 imprese (pari a circa il 9,5% delle imprese iscritte al Registro Imprese) a rischio ALTO per lo shock sui costi energetici
- circa 314.000 imprese (il 6,3% del totale) a rischio ALTO per gli effetti sui ricavi dalla chiusura dei mercati di export
- circa 216.000 imprese (il 4,3% del totale) a rischio ALTO per gli effetti sulla supply chain della chiusura di certi mercati di import.
Caratteristiche delle imprese a basso rischio
In generale, la categoria di imprese più a rischio, ha circa il 25% in meno di presenza di aziende a più alta redditività, ciò significa che le imprese a rischio basso, sui vari fattori analizzati, tendono a essere più redditizie o ad appartenere a settori più redditizi.
Un altro fattore interessante che emerge dall’analisi è quanto le imprese a più basso rischio, si presume abbiano una più elevata digitalizzazione dell’approccio e dei processi. Lo si desume dalla significativamente maggiore presenza (oltre il 30%) di imprese con sito web e con vocazione all’e-commerce.
Da ultimo, guardando i settori delle imprese a maggior rischio, si trovano molti settori più tradizionali (es: metallurgia e meccanica generale) che non necessariamente sono tra quelli che hanno fatto più compiutamente la transizione energetica verso una maggiore incidenza di fonti rinnovabili.