Le dinamiche interne alle aziende di intelligenza artificiale stanno cambiando. L’evoluzione del settore, combinata con l’emergere di nuovi modelli di business, richiede una revisione dei modelli organizzativi e decisionali.
Inquadrata in questo contesto, la scelta di Ilya Sutskever di distaccarsi da OpenAI per avventurarsi con Safe Superintelligence rappresenta un nuovo capitolo che sottolinea le tensioni e le potenzialità inesplorate di questo settore.
Ilya Sutskever: da OpenAI alla nuova startup Safe Superintelligence
Ilya Sutskever è considerato una delle menti più brillanti al servizio dell’intelligenza artificiale. Ma la sua notorietà di recente si è estesa anche al di fuori del mondo scientifico.
L’annuncio di Sutskever di aver fondato una nuova startup, Safe Superintelligence, infatti, è stato riportato con clamore sulle prime pagine dei media globali non solo perché uno dei più stimati esperti di IA ha deciso di fondare una startup focalizzata esclusivamente su sistemi di “super intelligenza sicura”, ma anche perché l’annuncio proviene da un protagonista di primo piano in quella che è stata probabilmente la lotta più micidiale, significativa e pubblica per il controllo della governance di una società non quotata.
La lotta interna a OpenAI tra visione aperta e commerciale dell’IA
Una lotta di potere intestina a OpenAI che sta condizionando la ricerca scientifica, il panorama tecnologico e – seppur indirettamente – i mercati finanziari e la geopolitica.
Per comprendere le recenti scelte di Sutskever, occorre tornare alle origini di OpenAI, un’organizzazione inizialmente nata senza scopo di lucro al fine di sviluppare un’intelligenza artificiale che fosse “aperta” – e quindi accessibile e verificabile da chiunque avesse le necessarie competenze – e sicura. Con il trascorrere degli anni, tuttavia, la crescente consapevolezza delle potenzialità dell’Intelligenza Artificiale – in particolare di quella generativa su cui si era andata concentrando la ricerca di OpenAI – anche sotto il profilo dello sfruttamento economico, creò delle divisioni interne tra chi riteneva fondamentale rimanere strettamente fedeli agli obiettivi originari e chi sosteneva invece che gli stessi potessero convivere con un’ottica marcatamente più di mercato.
Il ruolo di Microsoft nella vicenda OpenAI
Il conflitto tra le due anime della società esplose nel novembre 2023, quando il CEO e fondatore (nonché figura simbolo) Sam Altman venne sfiduciato dal Board, del quale Sutskever faceva parte. Tuttavia, nelle ore immediatamente successive al licenziamento di Sam Altman, si verificò una rapidissima successione di eventi che tenne il mondo – o almeno quella parte del mondo che già si rendeva conto della portata epocale dell’IA – col fiato sospeso.
Microsoft, notoriamente un importantissimo investitore in OpenAI si trovò spiazzato, e con delle non facili spiegazioni da fornire ai propri investitori. Infatti, Microsoft aveva investito ben 13 miliardi di dollari in OpenAI, nel contesto di un complesso contratto di licensing che avrebbe consentito al colosso di Redmond di incorporare la tecnologia sviluppata da OpenAi nella propria suite di servizi.
In un contesto di FOMO (Fear of Missing Out) in cui tutti i principali attori Big Tech competevano per assicurarsi adeguati livelli di investimento nella tecnologia del momento, evidentemente OpenAI era riuscita ad aggiudicarsi un investimento milionario senza concedere a Microsoft neppure un posto in consiglio di amministrazione. Inoltre, il contratto di licensing conterrebbe una clausola di risoluzione automatica nel caso in cui la tecnologia di OpenAI raggiungesse l’Intelligenza Artificiale Generale, ossia la capacità di superare l’intelligenza umana in un’ampissima gamma di task.
La risposta all’allontanamento di Altman
Con l’allontanamento di Sam Altman, Microsoft si rese immediatamente conto che il Board di OpenAI, arroccato su posizioni di estremo timore per le potenziali capacità “distruttive” dell’IA, avrebbe potuto considerare il livello di evoluzione della tecnologia sviluppata dalla società, o i livelli sviluppabili nel futuro prossimo, quali già costituenti Intelligenza Artificiale Generale, e pertanto risolvere il contratto con Microsoft.
Con in gioco un investimento miliardario, una potenziale rivolta dei propri investitori e, soprattutto, l’accesso alle espressioni più avanzate dell’IA, la risposta di Microsoft non poteva non essere decisa. E infatti, passarono solamente poche ore dall’allontanamento di Sam Altman che Satya Nadella, Ceo di Microsoft, faceva trapelare la disponibilità dell’azienda ad assumere l’ex Ceo di OpenAI, unitamente a tutti quei numerosi dipendenti che avevano annunciato di voler lasciare la società a seguito della dipartita del loro Ceo. Ovviamente Sam Altman e gli altri dipendenti non avrebbero potuto portare con sé la proprietà intellettuale sviluppata da OpenAI, ma l’esperienza maturata sul campo avrebbe potuto rivelarsi preziosissima per sviluppare dei Modelli di Linguaggio con caratteristiche simili.
La reintegrazione di Sam Altman e le conseguenze sul Board di OpenAI
Di fronte al rischio di vedere l’azienda svuotata del proprio capitale umano, e potenzialmente di litigation con Microsoft, Sam Altman fu presto reintegrato nella posizione di Ceo, mentre i suoi oppositori più intransigenti all’interno del Board furono costretti a dimettersi. Ilya Sutskever rimase al suo posto, ma come si è visto in precedenza, sarebbe rimasto in azienda solo per alcuni mesi.
La vicenda del – seppur brevissimo – allontanamento di Sam Altman ha acceso i riflettori sulla governance dei nuovi colossi dell’Intelligenza Artificiale. Da un lato, infatti, ci si interroga sulle conseguenze delle due anime di OpenAI, quella dei “doomist” (pessimisti in merito alle potenzialità distruttive dell’IA e ossessionati dalla necessità di predisporre le opportune salvaguardie) e quelle degli “accelerationists “(che ritengono che, sebbene l’IA rappresenti un nuovo paradigma tecnologico, l’adozione di massa della stessa si risolverà in un miglioramento della produttività in linea con le precedenti rivoluzioni tecnologiche) sulla governance societaria. Dall’altro lato, ci si chiede come le Big Tech possano proteggere i propri investimenti in un contesto di deal-making nel quale – per il momento – le aziende che progettano i modelli di IA sembrano avere il coltello negoziale dalla parte del manico.
Il fenomeno dell’acqui-hire nel settore dell’IA
Ma il tentato golpe ai vertici del governo societario di OpenAI ha anche contribuito a far emergere il fenomeno dell’acqui-hire, ossia delle acquisizioni societarie motivate dall’appropriazione del capitale umano della società target, che vengono sostituite dall’assunzione diretta dei dipendenti strategici della società in questione. Si tratta di un fenomeno che non solo può integrare lo storno di dipendenti, e quindi la concorrenza sleale, ma anche – sul versante pubblicistico – l’elusione della disciplina del merger control.
La Federal Trade Commission – l’autorità antitrust statunitense – ha recentemente affermato di aver aperto un’indagine nei confronti di Microsoft per l’assunzione di Mustafa Suleyman, fondatore di Inflection AI.
Il fenomeno dell’acqui-hire potrebbe essere efficacemente contrastato dalla stipulazione di appropriati patti di non concorrenza con il management aziendale strategico per il periodo successivo alla risoluzione del rapporto di lavoro. Tuttavia, la Federal Trade Commission ha recentemente introdotto un divieto molto esteso di stipulazione di patti di non concorrenza, con il quale ha ulteriormente complicato sia la governance che l’executive retention nel mondo dell’IA.