La spasmodica attesa per l’uscita di Grand Theft Auto 6 ha scatenato il caos: del resto, i videogiocatori non vedono un nuovo GTA da quasi una decade.
Fino a poco tempo fa, ad esempio, bastava inserire “GTA 6” su YouTube per essere assaliti da una ondata di video di sedicenti possessori di una fantomatica copia del gioco (video, ovviamente, infarciti di stacchi pubblicitari). Se si prova però a compiere quella medesima ricerca oggi, il risultato è decisamente diverso: GTA 6 non solo esiste ma video di una versione pre alpha sono circolati a seguito di un leak.
Nelle prime ore alcuni dubitavano dell’autenticità del leak, ma non ci è voluto molto prima che la stessa Rockstar ammettesse a chiare lettere che sì, l’azienda è stata hackerata e quei video sono veramente riprese di gioco da una build in sviluppo di GTA 6; peggio ancora, pare che pure porzioni del codice sorgente siano state trafugate.
GTA VI, è stato vero leak?
Vero leak o manovra pubblicitaria?
Dire che la saga di Grand Theft Auto sia l’equivalente videoludico di una zecca di stato non è una esagerazione: pochi titoli nell’industria del videogioco possono vantare di essere dei blockbuster annunciati ancor prima che del gioco stesso si sappia qualcosa.
Tralasciando, dunque, il fatto che GTA non abbia esattamente necessità di “farsi pubblicità” visto che si tratta di uno di quei prodotti che si vendono letteralmente da soli, leggere affermazioni di questo tipo, come tante altre, pone il focus non tanto sul leak in sé quanto piuttosto sulla domanda: “ma i leak aiutano o disincentivano l’acquisto?”.
Ma ammettiamo pure che si tratti di una trovata pubblicitaria (una burla di cui si starebbe pure rendendosi partecipe l’FBI, dato che sta investigando sull’hacker, ma tant’è…): funzionerebbe davvero in un caso standard, cioè per un gioco “normale”, sviluppato da un team “comune”?
Un po’ sì, ma principalmente no. Si fosse trattato di un gioco inatteso e altrettanto desiderato (diciamo, un sequel di cui non si è mai detto nulla per quasi 20 anni), certamente un leak avrebbe come prima conseguenza un aumento dell’interesse da parte dei videogiocatori. Il punto è che però un leak non è mai il prodotto finito, semmai qualcosa di grezzo, malfunzionante e decisamente poco appetibile, e questi video di GTA non sono da meno. Non è il tipo di prima impressione a cui si punta; ma chiudendo pure un occhio su questo piccolo particolare, il raziocinio ci ricorderebbe sempre che la massa informe di poligoni che vediamo in un video leakato appartengono a un prodotto ancora nel pieno della sua fase di sviluppo.
O questo è quantomeno ciò che credevo prima di provare a spulciare i commenti online su Twitter (e di questo faccio mea culpa, dato che ancora frequento quel luogo di perdizione) per trovare decine e decine di commenti estremamente negativi nei confronti del titolo Rockstar da parte di nuove leve della critica giornalistica: “animazioni da playstation 2”, “gli NPC a malapena reagiscono “inguardabile”.
Forse sono io che sto invecchiando precocemente e comincio già a guardare i più giovani con lo stesso sdegno con cui un nonno novantenne guarda Achille Lauro, ma pensare che qualcuno davvero creda che un prodotto – non solo videoludico, beninteso – nasca “già pronto e confezionato” è da mettersi le mani sui capelli.
Videogiochi e aggressività, gli ultimi studi spezzano il nesso: ecco perché
GTA 6 venderà meno dopo il leak?
Ma per un publisher non può esserci distinzione: i clienti sono clienti a prescindere dalle opinioni balzane che possano avere, e l’interesse è quello di vendere a quante più persone possibili. Parliamo però di una percentuale di persone risibile se confrontata ai milioni di acquirenti di GTA, ma se questo leak avesse colpito uno studio con un nome meno altisonante di Rockstar, il rischio di perdere l’interesse di una fetta di giocatori ancor prima di aver annunciato il proprio progetto è molto più alto di quanto ci si potrebbe aspettare.
Chiudiamo però questa prima parentesi perché la speranza è sempre quella che siano più le persone in grado di capire che per fare un videogioco ci vogliano più di un paio di mesi; i problemi finiscono qua?
Per il consumatore finale probabilmente sì: dal suo punto di vista la pubblicità ha lo scopo di attirare la sua attenzione per convincerlo ad acquistare un prodotto: che quella pubblicità sia un leak o un trailer poco cambia.
Questo ragionamento però ignora il fatto che i trailer e gli annunci siano calibrati col contagocce dal team di marketing, seguendo più variabili di quante io possa listare. Le fiere videoludiche come (l’ormai defunto) E3, o i recenti Gamescom e TGS sono loci ameni perfetti per presentare il proprio progetto quando l’attenzione del pubblico è al suo apice, a cui si aggiunge il coverage della stampa che a sua volta è ulteriore pubblicità.
C’è poi, nella fattispecie di GTA VI, il fatto che per la prima volta sarebbe stato presentato un personaggio femminile giocabile: non è solo una novità (anche culturale) per la serie in sé, ma anche un cambiamento in un mondo post-metoo: è quel tipo di annuncio attorno cui il marketing avrebbe cercato di far presa anche sull’audience femminile nei confronti di una serie che, storicamente, è sempre stata prettamente mirata ad una maschile. Ora invece, poco importa come la nuova protagonista sarà presentata nel futuro trailer di annuncio, la reazione del pubblico è inevitabilmente destinata ad esser plagiata dal fatto che “sappiamo già tutti che c’è una donna protagonista”.
Ma allora GTA 6 venderà di meno? Di più? Venderà esattamente come avrebbe venduto senza i leak: una vagonata.
Se Activision Blizzard riesce a continuare a vendere milioni di copie di Call Of Duty nonostante l’estrema monetizzazione di ogni elemento di gioco da un lato e la propria reputazione rovinata dalle accuse di molestie sessuali nell’azienda dall’altro, non c’è “brutto leak” che possa fermare GTA 6 dal vendere abbastanza da tenere Rockstar in piedi per un altro decennio.
Conclusioni
Il vero problema è che GTA 6 può sopravvivere a qualsiasi colpo, un gioco più piccolo e meno luccicante invece rischierebbe la cancellazione. Pensiamo, ad esempio, a un titolo nostrano: “Mario + Rabbids: Kingdom Battle”, sviluppato da Ubisoft Milan. Un gioco strategico sviluppato in occidente con protagonisti Super Mario e i Rabbids di Ubisoft, ancora oggi tra le mascotte più odiose subito dopo i Minions; il titolo si è rivelato estremamente solido, al punto che un sequel è pronto a essere rilasciato a breve, ma all’annuncio erano in moltissimi a storcere il naso.
Non senza una buona ragione: Ubisoft ha una reputazione di creare giochi copy&paste mirati unicamente a fare grossi introiti col minimo sforzo.
Il team di Ubisoft Milan però è riuscito nell’impresa di creare qualcosa di curato e di alto livello. E la prima presentazione è stata, a mio avviso, assolutamente adorabile; ma se fossero stati loro bersaglio di un leak come quello di GTA 6? Che sarebbe successo se una pre alpha di Mario Rabbids fosse stata rilasciata in rete mostrando un gameplay rotto e grafica appena decente?
Per fortuna la storia non si scrive coi se. Nel frattempo, meglio aggiornare quegli antivirus.