Una nuova tempesta si sta abbattendo sulla Silicon Valley, questa volta non è tecnologica ma geopolitica. I dazi imposti dall’amministrazione Trump su beni provenienti da Cina ed Europa stanno generando una reazione a catena che rischia di rallentare bruscamente la corsa dell’intelligenza artificiale americana.
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Sospensione dei dazi per 90 giorni: cosa cambia
Il boom di investimenti, oltre 60 miliardi di dollari in soli due anni, che aveva sostenuto lo sviluppo di startup come OpenAI, Anthropic e centinaia di altre realtà emergenti, si trova ora di fronte a una battuta d’arresto.
Già in uno scenario in cui i modelli di business sono quanto meno fragili e pieni di insidie, anche a causa della concorrenza feroce e della dipendenza da infrastrutture costose, questo elemento esogeno potrebbe diventare, se si perpetuasse, un vero game changer per l’intero ecosistema.
Proprio mentre gli effetti delle nuove tariffe stavano iniziando a farsi sentire, l’amministrazione Trump ha annunciato una sospensione di 90 giorni sull’entrata in vigore dei dazi per la maggior parte dei Paesi (all’Ue sarà applicata solo la tariffa di base del 10% entrata in vigore dal 5 aprile) pur confermando un aumento al 125% delle tariffe sui prodotti cinesi.
Questa mossa, che riflette anche tensioni interne e pressioni da parte di settori industriali USA, introduce un elemento di incertezza ulteriore: si tratta di una vera inversione di rotta o di una semplice tregua tattica?
Gli impatti dei dazi sulle aziende tecnologiche
L’incertezza legata ai dazi imposti dagli Stati Uniti continua a preoccupare le grandi aziende tecnologiche, nonostante la temporanea sospensione di alcune misure tariffarie da parte dell’amministrazione Trump. Sebbene i dazi abbiano portato un piccolo sollievo a titoli come Nvidia, la crescente tensione commerciale, soprattutto con la Cina, sta minacciando la crescita del settore. La promessa di ulteriori tariffe specifiche sui semiconduttori potrebbe avere un impatto diretto sull’espansione dell’Intelligenza Artificiale (AI), alimentando un’ulteriore instabilità economica.
Le principali aziende tecnologiche come Microsoft, Meta, Amazon e Alphabet hanno pianificato investimenti superiori ai 270 miliardi di dollari in data center nel 2025, ma l’incertezza macroeconomica potrebbe disincentivare la spesa, rallentando la crescita dell’AI. A differenza di altri settori, dove l’investimento produce ritorni rapidi, l’AI è ancora in fase di sviluppo e non ha generato i profitti attesi. Ad esempio, Amazon ha registrato un basso ritorno sugli investimenti in AI rispetto al suo storico guadagno da cloud computing.
Le difficoltà economiche globali, unitamente all’aumento dei costi dovuto ai dazi, potrebbero spingere le aziende a rivedere i loro piani, riducendo la spesa in ricerca e sviluppo. Microsoft ha già annunciato rallentamenti nei suoi progetti di data center, tra cui un importante progetto da 1 miliardo di dollari in Ohio, e la cancellazione di alcuni contratti di locazione negli Stati Uniti e in Europa.
Le aziende più vulnerabili al rallentamento economico sono Meta e Google, dipendenti per lo più dai ricavi pubblicitari, che potrebbero risentire dell’aumento dei costi.
Al contrario, Microsoft, Amazon e Google, con i loro vasti settori di cloud computing, sono relativamente più resilienti, ma anche loro potrebbero dover affrontare un futuro incerto se la situazione economica globale dovesse peggiorare. In definitiva, sebbene l’AI rappresenti una promessa di crescita, l’attuale clima di incertezze economiche e politiche potrebbe rallentarne l’espansione e minacciare le aziende tecnologiche, che potrebbero dover rivedere i loro piani di investimento in modo strategico.
Redazione
Quando la geopolitica colpisce il venture capital
L’impatto dei dazi è immediato: calo dei mercati, rallentamento degli investimenti, stop alle acquisizioni. Il Nasdaq ha perso oltre il 20% rispetto ai massimi recenti, spingendo molti limited partner (fondi pensione e investitori istituzionali) a sospendere nuovi impegni verso fondi di venture capital. In parallelo, diverse trattative di M&A sono state congelate, e molte startup iniziano a rivedere piani e budget. Eric Bahn, co-fondatore di Hustle Fund, ha avvisato le startup del proprio portafoglio: “Agite come se il vostro ultimo round di finanziamento fosse l’ultimo per un bel po’”. In pratica: tagliate i costi, investite con prudenza e sfruttate l’AI per aumentare l’efficienza.
A questo clima si aggiungono le voci di investitori e analisti che lanciano l’allarme: Bill Ackman prevede un brusco stop agli investimenti e ai consumi, mentre il senatore Ted Cruz ha parlato apertamente del rischio di un “bagno di sangue” economico se la situazione dovesse degenerare ulteriormente. Anche Don Bacon, del Congresso, ha sottolineato che dazi e protezionismo si sono già dimostrati fallimentari in passato.
La pausa di 90 giorni decisa dall’amministrazione rappresenta un possibile sollievo temporaneo per startup e investitori, che vedono allentarsi, almeno per ora, alcune delle pressioni più immediate. Resta il forte inasprimento delle tariffe nei confronti della Cina lascia presagire nuove tensioni all’orizzonte. Per molti operatori, questo stop parziale non risolve ma anzi amplifica l’incertezza.
Software, AI e datacenter sotto pressione: l’impatto dei dazi Trump sull’AI
I settori più colpiti sono quelli ad alta intensità hardware: data center per AI, server e alcune applicazioni di robotica avanzata, soprattutto dove la dipendenza da componenti importati è maggiore. Ma anche il software enterprise inizia a risentirne. Clienti corporate stanno rinviando nuovi contratti con giganti come Microsoft, SAP, Oracle e Salesforce. Come spiega Adam Mansfield, consulente IT, “I budget erano già sotto pressione, ora i clienti vogliono solo tenere le luci accese”. Oracle ha già segnalato preoccupazioni sui costi di costruzione di un mega-data center in Texas per OpenAI, e altri progetti simili sono a rischio. I nuovi dazi, che includono tariffe del 34% sulla Cina, 32% su Taiwan e 25% sulla Corea del Sud, potrebbero infatti far lievitare significativamente i costi dei materiali e delle attrezzature tecnologiche necessarie, mettendo in difficoltà anche i piani più ambiziosi di espansione delle infrastrutture per l’AI. L’esclusione temporanea di alcuni Paesi dall’applicazione dei dazi non modifica il rischio immediato per la filiera tecnologica americana, data l’escalation tariffaria verso la Cina. Le componenti critiche per data center e infrastrutture AI continuano ad arrivare prevalentemente da quel mercato: l’aumento al 125% delle tariffe su tali importazioni potrebbe impattare duramente i costi di espansione, spingendo le big tech a rivedere i propri piani di investimento.
Opportunità emergenti dalla crisi dei dazi innescata da Trump
Ma la crisi non è uguale per tutti. Alcune startup potrebbero trovare nuove opportunità. È il caso delle aziende che sviluppano soluzioni per la robotica e l’automazione in ambito manifatturiero, favorite dal reshoring delle produzioni. Reflex Robotics, ad esempio, ha avviato una collaborazione con GXO Logistics per testare i propri robot umanoidi in ambienti logistici reali.
I robot sono progettati per diventare operativi in meno di un’ora e possono essere teleoperati, con la prospettiva di diventare autonomi grazie all’apprendimento da dimostrazioni umane. Le politiche tariffarie USA stanno incentivando il reshoring manifatturiero, spingendo le aziende – sia americane che straniere – a investire in robotica e automazione per contenere i costi e restare competitive. Settori come automotive, aerospazio ed elettronica guidano l’adozione di queste tecnologie, migliorando produttività e qualità. L’adozione massiccia è anche una risposta alla carenza di manodopera qualificata.
Anche il software per la logistica e la gestione doganale potrebbe vedere una crescita, grazie alla necessità di gestire in modo più efficiente le nuove complessità introdotte dai dazi. L’adozione di sistemi di automazione avanzata, come i sistemi di stoccaggio e recupero automatizzati (ASRS), sta inoltre facilitando il reshoring delle operazioni di produzione.
Secondo un’analisi di Kardex, questi sistemi migliorano la resilienza della supply chain, riducono l’esposizione a dazi e barriere commerciali internazionali e abbassano i costi di trasporto e logistica, rendendo la produzione nazionale più competitiva. Un altro fronte interessante riguarda le startup che, grazie all’intelligenza artificiale, riescono a operare con pochissimo personale e risorse contenute, aumentando drasticamente l’efficienza aziendale e riducendo la necessità di capitali esterni.
Alcune aziende stavano quindi già pianificando investimenti in automazione e reshoring per reagire ai dazi. La sospensione di 90 giorni potrebbe indurre una parte di esse a rimandare le decisioni, nella speranza che la tregua si trasformi in una stabilizzazione a lungo termine. Ma in uno scenario di incertezza politica e commerciale così marcato, l’automazione e la diversificazione della supply chain restano strategie difensive cruciali.
Tre scenari futuri per l’industria AI nell’era dei dazi Trump
La “bolla” dell’AI non è scoppiata, ma è entrata in una nuova fase: più selettiva, più prudente, più attenta alla sostenibilità economica. Le bolle non sono solo pericoli da evitare: spesso rappresentano un potente motore di innovazione, capaci di creare infrastrutture, stimolare investimenti e favorire nuove traiettorie tecnologiche. In questo contesto, potremmo assistere a tre possibili scenari.
Nel primo, più ottimistico, le aziende che riusciranno ad adattarsi rapidamente – sfruttando AI, automazione e reshoring – emergeranno più solide, dando vita a una nuova ondata di crescita fondata su modelli di business più sostenibili.
Nel secondo scenario, le tensioni geopolitiche e l’instabilità macroeconomica potrebbero causare un rallentamento prolungato degli investimenti, determinando una forte selezione naturale tra le startup AI, con un drastico ridimensionamento dell’ecosistema.
Un terzo scenario, più probabile nel breve termine, è una fase di transizione complessa, in cui conviveranno incertezza finanziaria, evoluzioni tecnologiche accelerate e la ricerca di nuovi equilibri globali. Non è solo questione di modelli linguistici o di nuove API: la corsa all’intelligenza artificiale è oggi più che mai connessa a scelte strategiche, infrastrutturali e politiche.
Forse è proprio questa interdipendenza con i grandi scenari globali a segnare l’ingresso in una fase più matura e consapevole del suo sviluppo. L’incertezza resta la vera costante, la corsa all’AI è sempre più influenzata da fattori esterni, dalla geopolitica alle guerre commerciali e non può più permettersi strategie dipendenti da un solo assetto regolatorio o geografico. La sospensione dei dazi è solo un promemoria, l’AI del futuro non sarà solo una questione di algoritmi, ma anche di resilienza e capacità di adattamento.