non solo premi

I migliori videogiochi del 2022: ecco quelli premiati e quelli più interessanti

Il miglior videogioco del 2022, scelto da redazioni di tutto il mondo, è stato Elden Ring, tallonato da God of War Ragnarok. Elencarli tutti, insigniti o meno premi degni di nota, sarebbe davvero difficile e poi, ricordiamoci che le premiazioni sono sì interessanti, ma non bisogna perdere di vista la natura esperienziale

Pubblicato il 11 Gen 2023

Giovanni Luglietto

Yamatologo, traduttore e giornalista videoludico

game

Come accade ogni anno, al termine della rivoluzione del nostro pianeta attorno al Sole, si tirano le somme dell’anno appena trascorso e questo è un evento comune a ogni ambito, anche quello del gaming. Sin dal 2014, il giornalista Geoff Keighley organizza uno degli eventi più popolari della nicchia, The Game Awards, una kermesse che negli ultimi anni ha acquisito una sempre maggiore popolarità, passando dai circa 2 milioni di spettatori del 2014 ai numeri da capogiro del 2022: oltre 100 milioni.

Cos’è The Game Award

Come suggerisce il nome stesso dell’evento, The Game Awards è una celebrazione del gaming, durante la quale vengono assegnati premi ai videogiochi che si sono distinti durante l’anno, con categorie che spaziano dai giochi di ruolo ai titoli action ma investendo anche altri settori importanti come miglior narrativa o miglior colonna sonora. Il 2022 non è stato il più prolifico degli anni, tra pandemie e chip shortage, ma non sono comunque mancati pesi massimi che hanno fatto incetta di premi, con alcune novità intriganti per il settore.

Bisogna comunque sottolineare che TGA è un evento che, per la sua portata, ha visto confluire anche il pubblico generalista, mettendo purtroppo in ombra produzioni meno conosciute ma che avrebbero comunque meritato un posto sul podio (a tal proposito, per i lettori che desiderano approfondire, sottolineo che sono davvero tante le liste alternative dei migliori giochi del 2022 che meritano uno sguardo).

Il miglior videogioco del 2022, scelto da redazioni di tutto il mondo, è stato Elden Ring di From Software, l’open world soulslike che molti aspettavano e che non ha tradito le aspettative, tallonato da God of War Ragnarok di Santa Monica Studio, altro tripla A che ha portato alla conclusione della saga norrena del vendicativo Kratos.

I colossi inarrestabili

I motivi del successo di Elden Ring sono stati ben sviscerati qui, su Agenda Digitale, e in sostanza sono tutti legati al modo del creatore, Hidetaka Miyazaki, di intendere il medium. La sua capacità di mescolare sapientemente un grado di sfida elevato con un world building d’impatto, che afferra il giocatore e lo trascina in un mondo terrifico, è quasi un unicum nel gaming. Non sorprende quindi che abbia conquistato gli onori del caso, vincendo non solo il “Game of the Year” ma anche il premio per la miglior “game direction”, miglior “art direction” e miglior “gioco di ruolo”. Così come la serie souls, con le sue prime iterazioni, ha gettato le basi per una nuova direzione per molti sviluppatori, così ci si aspetta che Elden Ring funga da modello e punto di partenza per chiunque voglia cimentarsi con il genere, divenendo di fatto uno spartiacque. Nel mondo del gaming si parlerà dunque di un prima e un dopo Elden Ring, conquista non da poco per una compagnia che poco più di 10 anni fa sembrava destinata a produrre solo titoli di nicchia.

Elden Ring, i motivi di un grandioso successo

Molto più classico è invece l’approccio di God of War Ragnarok, un titolo action che bissa il successo del reboot del 2018, spingendo ancora una volta sul tema della paternità inserito in un contesto apocalittico: il Ragnarok norreno. La direzione Sony, di impronta chiara e riconoscibile, continua a mescolare cinema e videogioco, fondendo gli stilemi del primo con quelli del secondo e fungendo da ispirazione per tanti altri sviluppatori, come Sam Barlow e il suo recente Immortality, altra chicca che il 2022 ci ha regalato.

Elogio indipendente

Sulla scena indie, il vincitore indiscusso è stato Stray, produzione di BlueTwelve Studio dove il giocatore è chiamato a interpretare un gatto, tra i pochi esseri viventi di un futuro distopico dove a dominare il mondo non restano che robot. Tra i cunicoli di una città che ricorda l’ormai demolita Kowloon di Hong Kong è possibile vedere una grande dedizione nella rappresentazione di possibili e spaventosi futuri verso cui gli esseri umani sembrano dirigersi. Un genere, quello dei titoli con setting post-apocalittico, che sembra abbia ancora molto da offrire.

E sempre per la categoria indie, vale la pena citare l’italico Vampire Survivors, un prodotto dei nostrani Poncle. Il gioco si è visto soffiare il podio da Stray ma, considerati i numeri raggiunti nel 2022, è stato un vero e proprio vincitore morale dell’evento. I roguelike, genere in cui rientra, sono sulla cresta dell’onda da svariati anni ormai, rappresentando quell’esperienza mordi e fuggi che, soprattutto i gamer più in là con l’età, bramano per mancanza di tempo da dedicare al medium. Una partita a Vampire Survivors non dura più di 30 minuti e, in tandem con un’elevata rigiocabilità, la ricetta del successo è servita.

Nella categoria mobile, per i giochi da “smartphone”, il migliore è Marvel Snap, di Second Dinner Studios. Il gioco di carte basato sull’universo dei supereroi della casa delle idee prende tutto ciò che l’industria sa, o pensa di sapere, sulle microtransazioni, e capovolge completamente ogni aspettativa. Ben lungi dall’essere un pay-to-win, mette i giocatori sullo stesso piano, con uno sblocco di carte graduale e casuale, limitando l’intrusività dei pagamenti. Un approccio sicuramente nuovo ma con al timone un veterano del genere: Ben Brode, uno dei creatori di Hearthstone per Blizzard.

La guerra dei “generi”

Una delle categorie più chiacchierate, presentata ai The Game Awards 2022, è stata quella delle nomine per il miglior picchiaduro (in inglese fighting games). Anche tra le fila degli irriducibili appassionati, la categorizzazione è motivo di discordia poiché vede contrapporsi i puristi del genere, che vedono in prodotti come Street Fighter, Guilty Gear, Tekken e Mortal Kombat gli unici esponenti che rispecchiano in toto le condizioni di appartenenza, e chi invece inserisce nel gruppo anche giochi come Super Smash Bros e il più recente Multiversus, a metà tra party games e arena fighters. A sorpresa, contro pesi massimi del calibro di The King of Fighters XV, è stato proprio Multiversus a spuntarla, una vittoria che dimostra ancora una volta come TGA abbia una forte impronta generalista.

È in seno a questa discussione che si inserisce invece il mio personale miglior picchiaduro del 2022 che, sia qualitativamente, sia da un punto di vista di preservazione del medium, avrebbe meritato più attenzione: Capcom Fighting Collection, lanciato su console e PC lo scorso giugno. Si tratta di una raccolta di alcuni dei migliori picchiaduro della popolare software house giapponese all’apice della popolarità del genere (la seconda metà degli anni ‘90). Non si tratterà di giochi “nuovi”, ma spingono a conoscere le radici di un medium sempre più importante. Inoltre, non bisogna dimenticare che il 2023 sarà l’anno di Street Fighter 6, che ravviverà la scena eSport, un ripasso dell’epoca d’oro non può quindi che far bene ai più.

Una questione esperienziale

Elencare tutti i migliori giochi del 2022, che hanno conquistato o meno premi degni di nota, sarebbe davvero difficile e inoltre, bisogna anche ricordare che un premio non rende necessariamente un’esperienza degna di essere vissuta da tutti. I videogiochi, per loro natura, attirano e allontanano i fruitori in base a una moltitudine di fattori diversi, quindi è bene avere un approccio intimo e personale con questi prodotti. È sì intrattenimento, ma con una sua propria dignità: un gioco come Trombone Champ, un rhythm game dove si suona il trombone, potrebbe far ridere i più e non conquistare le luci della ribalta, ma nasconde anche meccaniche rilassanti che aiutano a entrare in uno stato di quiete mentale. Le premiazioni, le kermesse e i “red carpet” sono sì interessanti, ma non bisogna perdere di vista la natura esperienziale, ovvero, quello che è possibile ottenere personalmente da un videogioco.

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