Il settore ICT russo era già in crisi quando il governo di Putin ha dichiarato guerra all’Ucraina lo scorso anno. Se da una parte gli imprenditori russi accedevano a finanziamenti internazionali e stipulavano accordi nel resto del mondo e lo stesso governo russo invitava le aziende estere ad investire in Russia, dall’altra parte stava iniziando anche un’azione di stretta sorveglianza di Internet e delle aziende tecnologiche del Paese.
La crisi dell’ICT russo
Da qui l’isolamento inevitabile che si è creato attorno all’industria ICT russa e il confinamento dei cittadini costretti ad un Internet nazionale controllato, fatto di informazioni provenienti solo da fonti ufficiali del potere centrale e, pertanto, senza libertà di parola. Isolamento, che, secondo Ruben Enikolopov, professore assistente alla Barcelona School of Economics ed ex rettore della New Economic School russa, è stato frutto di una strategia della leadership russa. Anche se il settore tecnologico non era il più grande in Russia, comunque rappresentava uno dei principali motori della sua economia, considerando che tra il 2015 e il 2021 ha portato una crescita di oltre un terzo del PIL nazionale, fino a 3,7 trilioni di rubli nel 2021, quasi 47,8 miliardi di dollari.
Dallo scoppio del conflitto russo-ucraino, molti sono stati i lavoratori che hanno lasciato il loro lavoro in società di ICT: dai dati ufficiali nazionali russi, che potrebbero essere sottostimati, pare che siano stati 100.000 circa gli specialisti che hanno lasciato la Russia nel 2022, il 10% circa della forza lavoro tecnologica. Inoltre, oltre 1.000 aziende estere hanno diminuito i rapporti professionali con la Russia, anche a causa delle gravi sanzioni imposte.
Il declino di Yandex
Di questa situazione di difficoltà ha risentito anche il colosso Yandex, il Google russo per intenderci.
Yandex è un’azienda ICT russa che fornisce servizi di informazione, e-commerce, trasporti, mappe e navigazione web e possiede anche un motore di ricerca, il secondo più utilizzato in Russia e l’ottavo nel mondo. Operava a livello globale, con una parte registrata nei Paesi Bassi e con i suoi 90 servizi, i migliori nel mondo digitale russo ed era riuscita a conquistare una quota di mercato russo superiore a quella di Google.
Da uno dei suoi servizi più seguiti, la piattaforma di informazione Yandex News, sono iniziati i primi problemi, dato che le stesse notizie, dopo l’invasione russa in Ucraina, sono risultate inquinate dalle posizioni del governo. I 14 milioni di utenti al giorno, che si recavano su Yandex News per aggiornarsi sul conflitto, non leggevano della distruzione dell’Ucraina e dei suoi morti, ma di una sorta di liberazione di Kiev in atto, una “denazificazione”, da parte della Russia, evidente propaganda governativa tramite fonti mediatiche controllate dal potere. Yandex, dal canto suo, non poteva decidere liberamente di fare dichiarazioni contro il conflitto perché, in questo modo, avrebbe decretato la sua fine come azienda. Tigran Khudaverdyan, direttore esecutivo e vicedirettore generale, è stato sanzionato dall’Unione Europea per aver nascosto informazioni sulla guerra ed è stato costretto a dimettersi dal suo ruolo. Alle sue dimissioni è seguito il blocco delle azioni di Yandex sul Nasdaq.
Per prendere le distanze dalle sue piattaforme di diffusione di notizie, la Yandez ha iniziato a frammentarsi, cedendo attività redditizie a VKontakte (VK), un concorrente controllato da società statali. A nove mesi dall’invasione, la società ha annunciato che si sarebbe divisa in due parti, una russa, con il controllo delle attività principali dell’azienda, rilevata da tre leader di Yandex in partnership con l’economista Alexei Kudrin, schierato con Putin, e una di proprietà della sua ex società madre con sede nei Paesi Bassi.
Nonostante il difficile trascorso, secondo quanto dichiarato dai portavoce dell’azienda, c’è stato un aumento dell’organico e gli obiettivi di fatturato 2022 sono stati superati.
Non solo Yandex
Il governo russo non è nuovo a questo tipo di azioni. Così come fatto con Yandex, in passato ha tentato di manipolare anche altre aziende tecnologiche russe, sempre allo scopo di tenere nascoste alla popolazione le reali informazioni online. Facebook e Twitter, per esempio, hanno favorito proteste antigovernative nel Paese, a cui si sono uniti alcuni esponenti del mondo ICT russo e la risposta del governo russo è stata imporre leggi più restrittive, arrivando all’arresto di utenti dei social media per i loro post, chiedendo l’accesso ai dati degli utenti e introducendo il filtraggio dei contenuti. LinkedIn risulta bloccato dal 2016 e le altre piattaforme social hanno risentito di questa pressione, così come le loro controparti nazionali.
La società che ha comprato i servizi di Yandex, VKontakte, una sorta di Facebook russo, è di fatto controllata dallo stato russo, dopo che il suo fondatore Pavel Durov è stato estromesso dalla società nel 2014 e il controllo è passato al governo.
RuNet, la rete internet russa
Per non parlare di RuNet, la rete internet russa, progetto che ha iniziato ad essere promosso da Mosca a seguito dell’annessione della Crimea nel 2014 e poi riproposto con maggiore forza dopo l’invasione ucraina. Infatti, a marzo 2022, le piattaforme social estere come Instagram, Facebook e Twitter sono state bloccate, contribuendo all’isolamento della popolazione di cui abbiamo già accennato in precedenza. In parallelo, la Russia ha tentato di sostituire queste piattaforme con sue versioni nazionali e così sono nate RuStore, l’app store nazionale che ha sostituito Google Play e l’AppStore di Apple, e Yappy, Rossgram e RuTube, che hanno sostituito rispettivamente i nostri TikTok, Instagram e YouTube.
Questi strumenti di propaganda e di controllo dei contenuti non sono i soli adottati da Mosca. Infatti, a seguito delle sanzioni ricevute lo scorso anno, la Russia ha iniziato a progettare un unico ecosistema tecnologico autonomo che comprendesse servizi, finanziamenti, hardware e catene di fornitura.
Conclusioni
Se da un lato la Russia ha promesso di investire per l’industria elettronica 3,19 trilioni di rubli, ossia circa 41,2 miliardi di dollari entro il 2030, nonostante lo stesso governo abbia stimato che l’industria dei chip è in ritardo di 10/15 anni rispetto al resto del mondo e prima delle sanzioni importava sui 19 miliardi di dollari di prodotti tecnologici ogni anno (il 66% da Europa e Stati Uniti), dall’altro oggi le importazioni sono scese del 30% rispetto all’anno scorso e secondo Niclas Poitiers, ricercatore del think tank Bruegel di Bruxelles, “La Russia non è un’economia terribilmente sofisticata sotto molti aspetti, il che significa che non ha molte industrie ad alta tecnologia […] In molti settori, la produzione industriale è crollata”.