Spingere su digitalizzazione, innovazione e competitività: è questo, dopo la transizione verde, il principale pilastro dei sei contenuti nel PNRR, occasione unica per riprogettare il futuro del nostro Paese, aumentare la produttività e migliorare la qualità della vita di cittadini e imprese, rafforzando la competitività di queste ultime rispetto ai principali mercati mondiali.
Focalizzando l’attenzione sull’asse “digitalizzazione”, l’indice UE DESI evidenzia negli ultimi anni un significativo passo in avanti per il nostro Paese che, su 27 posizioni, è passato dalla 25a nel 2019, alla 18a nel 2021.
Fare la PA digitale col PNRR: come sta andando, nodi irrisolti
PNRR, le imprese italiane sono pronte al salto?
Se dunque è un fatto che, anche complice una delle politiche di lockdown più rigide in periodo pandemico, un miglioramento in tale ambito ci sia stato e soprattutto sugli assi specifici della connettività e della digitalizzazione delle imprese, è altrettanto vero che abbiamo l’opportunità di fare di più sotto diversi aspetti, ed in particolare in termini di innovazione tecnologica per le imprese, sviluppo delle competenze e digitalizzazione della PA.
Partendo delle imprese (8° posto su 27 per digitalizzazione secondo l’ultimo rilevamento DESI), il PNRR si sta rivelando uno strumento indubbiamente utile. Dati dell’Osservatorio Qonto indicano infatti che il 70% delle PMI è intenzionato a usare le risorse messe a disposizione dal Governo. Anche un secondo dato però salta all’occhio, ed è quello che indica come solo il 26% delle “micro-imprese” (quelle con meno di dieci dipendenti) si è davvero attivato in tal senso. Questo secondo dato fa maggiormente riflettere, se consideriamo che il 95% delle imprese italiane ricade proprio in questa categoria, dimostrando di fatto, oltre ad una minore intrinseca solidità strutturale rispetto alle imprese di maggiore dimensione, anche una minore propensione all’innovazione.
Sempre rimanendo in ambito innovazione per le imprese, un’altra evidenza che emerge dallo stesso Osservatorio è come l’utilizzo delle risorse (ricevute o da ottenere) riguardi principalmente gli ambiti di e-commerce, cybersecurity, formazione e marketing. Tutte aree fondamentali per fare un primissimo passo verso la digitalizzazione, ma ciò che evidente è una quasi totale assenza (va detto, in Italia come nella maggior parte dei Paesi UE) di alcune aree chiave per una reale competitività delle imprese nel medio e lungo periodo, come utilizzo di big data e intelligenza artificiale, tecnologie che, come ormai risaputo, stanno maturando rapidamente, arrivando a posizionandosi come chiave per il business in un futuro ormai prossimo.
Competenze e PA, i gap da colmare per fare l’Italia digitale
Altri due ambiti delicati per l’Italia, sempre secondo il DESI, risultano infine essere la disponibilità di competenze e la digitalizzazione della PA, entrambe con un ruolo più o meno diretto sull’avanzamento in chiave innovazione delle nostre imprese.
Innovare infatti non significa solo implementare sistemi e processi a elevato valore tecnologico ma anche investire in formazione per colmare il gap in termini di competenze digitali base che vede il nostro Paese al quart’ultimo posto della classifica. Va considerato infatti come la minore percentuale di laureati e una ancor più inferiore penetrazione, tra questi, delle materie STEM (Science, Technology, Engineering, Mathematics) rispetto ai “primi della classe” come Germania e Francia, comporta una carenza di personale qualificato per le imprese, rallentando di conseguenza il progresso generale. Il PNRR può rappresentare un’occasione importante per colmare questo gap, e non a caso l’Osservatorio Qonto evidenzia che il 64% circa delle aziende che scelgono di investire in formazione si focalizzerà sullo sviluppo di competenze digitali e utilizzerà proprio le risorse del PNRR per farlo sebbene, è bene rimarcare, la questione nasca a monte a livello della formazione universitaria. Si tratta di un tema chiave intorno al quale ruota il futuro delle aziende e delle PMI e in particolare di quelle che operano nel settore manifatturiero (76%) e di quelle in attività da almeno 20 anni (72,5%).
Infine, anche la digitalizzazione delle PA risulta essere in ritardo (oltre che con un importante gap tra nord e sud), aspetto con un potenziale molto alto, che potrebbe impattare enormemente sul tempo e le energie investiti da cittadini ed imprese per la gestione della burocrazia, per l’accesso ai dati (il progetto “Government as a Platform”), nonché ad un potenziale snellimento dei tempi della giustizia (riduzione dei tempi dei processi civili del -40%, e penali del -25%). Questi aspetti rappresenterebbero anche un volano per attrarre investitori stranieri, ancora oggi spaventati dalla lentezza della macchina burocratica italiana. Un aspetto chiave per rendere tutto questo realizzabile, passa per la semplificazione e razionalizzazione del sistema di Governance, del PNRR necessaria per garantire un coordinamento Stato e Regioni e per implementare, da nord a sud, di sistemi digitali tra le PA che siano efficaci, efficienti ed interoperabili.
Conclusioni
Il PNRR rappresenta dunque una grande opportunità, ma non può essere un’operazione fine a sé stessa, e dev’essere parte di una visione più ampia, ed inteso come una miccia per far partire un processo al livello sistemico. Se infatti nell’immediato è fondamentale rivedere il sistema di Governance e garantire il lancio progetti secondo le tempistiche previste dal piano, è altrettanto importante che il Governo operi sempre di più sulla cultura, attraverso divulgazione e sensibilizzazione delle imprese sui vantaggi derivanti dall’adozione di tecnologie avanzate, e che al contempo butti le basi per la nascita e lo sviluppo di un tessuto imprenditoriale formato da imprese più grandi e solide, con particolare attenzione agli ambiti dell’istruzione per lo sviluppo di competenze 3.0, ma anche a quelli relativi alla burocrazia e al diritto societario.