L’ecosistema FinTech italiano sta mostrando segnali di crescita, sia dal punto di vista del numero di operatori sia sul fronte investimenti. Lo evidenzia il report “FinTech waves – The Italian FinTech ecosystem”, realizzato da EY e Fintech District, che mostra come il numero di startup sia cresciuto passando dalle 16 del 2011 alle quasi 350 del 2020 ed evidenzia come vi siano molti fattori che consentono di guardare con ottimismo alle prospettive di crescita del FinTech in Italia
I volumi di investimento nel segmento Fintech
I volumi di investimento nel segmento FinTech in Italia risultano in netta crescita, sebbene il gap con Paesi europei quali Francia, UK e Germania – seppur ridotto rispetto al passato – rimanga evidente. Il contesto italiano è caratterizzato da diverse e interessanti condizioni economiche e demografiche che rappresentano un’opportunità per lo sviluppo e la diffusione di servizi FinTech, soprattutto a Milano, dove hanno sede circa metà delle startup italiane e che conferma il proprio ruolo di aggregatore e promotore della crescita del mercato.
Tra questi, vi è il crescente grado di collaborazione tra gli “incumbent” (ovvero gli operatori finanziari tradizionali) e le startup digitali. I primi infatti, che fino a qualche anno fa sembravano percepire le FinTech quasi come una minaccia al mantenimento delle loro quote di mercato, di recente mostrano sempre più segnali di apertura verso nuove forme di partnership strategiche o investimenti diretti in startup digitali, che possono rivelarsi un metodo efficace per aumentare la redditività e l’efficienza dei propri business model.
Relativamente alla raccolta di nuovi capitali sul mercato, dall’analisi congiunta EY-Fintech District è emerso come il tema dimensionale rappresenti uno dei principali limiti allo sviluppo dell’ecosistema FinTech italiano. La maggior parte delle FinTech italiane è ancora in una fase di crescita intermedia (80% in fase Seed, Early Stage ed Early Growth) e sono rari i casi di startup che sono riuscite a concludere diversi funding round.
L’aspetto dimensionale è evidente anche se si guarda alla magnitudo delle operazioni di fundraising: il 56% delle FinTech intervistate ha raccolto meno di 1 milione di euro di finanziamenti e solamente il 20% riporta operazioni di fundraising superiori ai 5 milioni. Questo dato, se comparato a quello di altri mercati come quello anglosassone ed americano, evidenzia la ridotta dimensione del mercato italiano.
Supply e demand trainano il mercato
Due sono le ragioni per cui il mercato italiano del FinTech risulta essere in crescita, anche se ancora contenuto dal punto di vista dimensionale: supply e demand.
Dal punto di vista dell’offerta, in Italia il mondo degli investitori finanziari come Venture Capital e Corporate Venture Capital si è fino ad ora limitato alla presenza di pochi player. Solo ultimamente stiamo assistendo a un trend positivo, che vede un maggior numero di operatori entrare nel mercato, pronti a finanziare e investire nell’ecosistema italiano.
Lato domanda, uno dei principali limiti allo sviluppo del FinTech italiano è riconducibile, in alcuni casi, a una mancata scalabilità del business a livello internazionale, un elemento chiave che gli investitori istituzionali ricercano in una startup per poter raggiungere in breve tempo il “break-even point” e la massa critica di utenti necessaria a ottenere il cosiddetto “effetto network”.
Il mancato ricorso al mercato dei capitali per il fundraising è evidenziato dal fatto che le fonti principali di finanziamento utilizzate dalle Fintech italiane sono spesso le risorse personali dei founders, dei cosiddetti family & friends, o dei business angels.
Per le ambizioni future delle startup, tuttavia, si registra un desiderio di raccolta fondi da Venture Capital nazionali e internazionali.
Al crowdfunding, strumento di fundraising utilizzato recentemente con successo da alcune FinTech italiane, ricorrono circa il 10% delle startup. Nonostante sia uno strumento utile, soprattutto per lo sviluppo delle startup nelle loro fasi iniziali, il crowdfunding non ha ancora raggiunto lo stesso tasso di impiego dei business angels e delle risorse personali dei founders.
Nonostante un valore assoluto degli investimenti ancora limitato a livello italiano, nel 2018 e nel 2019 si è assistito a una crescita importante dei volumi: nel 2018 i fondi raccolti sono quadruplicati rispetto all’anno precedente, passando da 54 a 200 milioni di euro, per toccare quota 261 milioni nel 2019, registrando un CAGR (ovvero il tasso annuo di crescita composto) pari al +62%. Nell’ultimo biennio infatti, nei segmenti dei pagamenti, delle insurtech e dei servizi alle PMI, si sono registrati casi di aumento di capitale importanti, fino a qualche anno fa impensabili.
L’attività di fundraising delle startup FinTech italiane nel 2020
Nel 2020, nonostante l’avvento del Covid-19, l’attività di fundraising delle startup FinTech italiane ha mostrato segnali di resilienza. Secondo i dati della ricerca EY-Fintech District, nei primi nove mesi dell’anno in corso sono state effettuate operazioni per circa 90 milioni di euro. Un dato lontano dai numeri del 2019, ma comunque importante.
Sebbene infatti alcune operazioni di aumento di capitale siano state posticipate e altre siano state concluse ad importi inferiori rispetto ai target prefissati, non sono mancate alcune importanti storie di successo, con fundraising che, in alcuni casi, hanno raggiunto decine di milioni di euro.
Molti fondi di Venture Capital, che durante i mesi centrali della pandemia si sono spesso concentrati sul migliorare le performance delle aziende in portafoglio, oggi si stanno aprendo a nuove opportunità di investimento. Il mercato degli investitori mostra dunque segnali di ripresa e, complice la crescente domanda di digitalizzazione delle imprese, il mondo FinTech può godere di un traino positivo per la propria crescita.
Sul fronte investitori finanziari, la sfida per le startup italiane sarà quella di dimostrarsi pronte al dialogo, valorizzando gli elementi di maggior interesse per questi soggetti. Come primo aspetto, le FinTech dovranno mettere in luce una chiara visione degli obiettivi e del percorso di raggiungimento del break-even, tramite un business model scalabile non solo a livello nazionale, ma anche internazionale, e che permetta una chiara definizione di exit strategy per l’investitore. In aggiunta, data la caratteristica tecnologica intrinseca delle FinTech, sarà importante valorizzare le proprie competenze in campo tecnologico, avendo ben chiari i pro e i contro di una strategia di sviluppo software interna rispetto ad una esterna all’azienda, anche questo un fattore importante dal punto di vista della replicabilità e della scalabilità. La tecnologia, infatti, è l’elemento fondamentale che porta le FinTech ad avere un vantaggio competitivo rispetto ai propri competitor e agli incumbent. Infine, un aspetto spesso analizzato con attenzione dai fondi d’investimento riguarda la cosiddetta “revenue traction”, ovvero quel segnale del fatto che la società stia ottenendo riscontri effettivi sul mercato e che il business plan venga effettivamente validato dagli stakeholder ai vari checkpoint temporali, tramite risultati concreti.
Uno sguardo al futuro
Per il futuro dell’ecosistema FinTech italiano, come evidenziato nel report “Fintech waves – The Italian FinTech ecosystem”, è sempre più importante lavorare a livello sistemico sulla cooperazione tra operatori tradizionali e nuovi player. La coopetizione tra FinTech e incumbent sarà il primo driver di disruption nel settore finanziario e gli istituti finanziari che meglio sapranno collaborare e far leva sulle soluzioni FinTech trionferanno sul mercato. Gli ostacoli rappresentati dalla presenza dei sistemi legacy e dalle lente procedure burocratiche dovranno essere superati e la collaborazione sarà un elemento fondamentale per la mutua sopravvivenza e successo dei player tradizionali e delle FinTech italiane.
In conclusione, come è emerso dalla survey curata da EY e dal Fintech District, vi sono diversi elementi che permettono di maturare aspettative ottimistiche relativamente alla crescita del FinTech in Italia. Tuttavia, serviranno sempre più casi di successo, sia in termini di importi dei funding round, sia in termini di exit, e l’elaborazione di agevolazioni fiscali in tema di investimenti potrà ulteriormente favorire lo sviluppo di questo mercato, facendo da volano per l’intero ecosistema FinTech italiano.