Nel commentare l’investimento di inizio dicembre di 150 milioni di dollari da parte di una banca giapponese, SoftBank, nel social network Zepeto, una app la cui partecipazione è costituita da un avatar 3D realizzato attraverso la scansione della propria immagine, e nell’osservare, in questo esempio, le caratteristiche del Metaverso che è già fra noi, dobbiamo farci guidare da J.D. Salinger.
Così come lo scrittore americano ha infatti saputo rappresentare nel Giovane Holden, nel suo linguaggio e nella sua dimensione morale, gli adolescenti del secondo dopoguerra senza alcuna idealizzazione, ma nella concretezza dello slang usato e della capacità di formulare le domande spiazzanti tipiche di quell’età, allo stesso modo dobbiamo guardare ai fenomeni come Zepeto e allo sviluppo, forse ancora più rilevante, del mercato dei digital goods senza gli occhiali del passato o astenendoci da valutazioni generazionali o sociologiche.
Tutti i rischi del metaverso: sorveglianza, profilazione, controllo di massa
Di Metaverso si è parlato a lungo nelle scorse settimane a seguito del rebranding di Facebook e se ne continua a parlare con molto scetticismo spesso non cogliendo come, fra le varie motivazioni che hanno portato Mark Zuckerberg a questa decisione, non vada dimenticata l’importanza per Facebook di poter fare leva su un ambiente che non sia fornito da altri, come Apple che, con la propria decisione di richiedere il consenso ai possessori dell’iPhone in merito al tracciamento delle app, ha significativamente inciso sull’efficacia del modello di business di Facebook e come Chrome e gli altri browser i quali, con l’annuncio di voler di bloccare, nei prossimi mesi, i cookie di terze parti, hanno modificato in modo rilevante l’offerta pubblicitaria dell’impero di Palo Alto.
Occorre pertanto vedere nel Metaverso la terra di frontiera in cui è già oggi elevata la concorrenza per controllare una parte dell’esperienza della quale sarà costituita l’Internet del futuro: per questo è opportuno osservare come le attuali piattaforme che si ispirano a tale concetto come Zepeto lo stiano costruendo, arricchendo, monetizzando.
Che cos’è Zepeto
L’investimento di Softbank in Zepeto, significativo se si pensa che l’azienda sud-coreana valutata un miliardo di dollari lo scorso luglio 2021 ha prodotto ricavi pari a 400 mila dollari e raggiunge 2 milioni di utenti giornalieri, è sicuramente stato motivato non solo dalla diffusione in Cina e in Asia, ma anche dalla sua fruizione da parte di un pubblico giovane e femminile (gli iscritti sono per il 70% ragazze dai 13 ai 24 anni) laddove la maggior parte di app simili – come Roblox (47 milioni di utenti attivi giornalieri) – sono utilizzati soprattutto da maschi adulti per giocare e interagire, attraverso i videogiochi, con altri iscritti. E di certo ha influito in questa scelta l’ambientazione degli spazi virtuali, dalle aule scolastiche ai matrimoni in giardino fino ad arrivare alle case stregate, nei quali i membri del social network possono partecipare con avatar tridimensionali ottenuti scansionando la propria foto, ma soprattutto indossando abiti ed accessori digitali le cui collezioni sono state messe in vendita sulla piattaforma da grandi marchi di moda, tra cui Gucci, Dior e Ralph Lauren.
Quest’ultima, ad esempio, ha progettato una linea di abbigliamento all’interno di Zepeto costituita da camicie, maglioni, occhiali da sole e berretti da baseball ad un costo fra i 14 e i 40 ZEM, la valuta digitale dell’app, che in dollari si aggirano tra i 0,57$ e 2,86$. Il brand intende offrire anche una versione virtuale dei luoghi iconici di New York e un concerto virtuale durante il quale gli avatar indosseranno la collezione in versione 3D. Si muovono nella stessa direzione anche le celebrities: la cantante e attrice Selena Gomez e Blackpink, il popolare gruppo di ragazze K-pop, hanno venduto articoli esclusivi e tenuto incontri con i fan all’interno della piattaforma.
Dopo aver rinunciato a un’offerta di acquisto da parte di Mark Zuckerberg, Hae-Jin Lee, il fondatore di Zepeto, è però consapevole, forse anche memore del fallimento di Second Life in cui l’esperienza dell’utente era sguarnita di opportunità, di quanto il fattore critico di successo non sia dato solo dall’apertura verso gli altri social network – contenuti con l’hashtag #zepeto hanno raccolto finora 11 miliardi di visualizzazioni su TikTok – ma dalla capacità di costruire un ecosistema arricchito dai contenuti sviluppati dai creatori come hanno fatto le piattaforme à la Roblox: del resto, nel mondo del gaming Twitch e YouTube si contendono da anni non solo gli streamer più famosi, ma la lunga coda dei giocatori più seguiti a colpi di strumenti di monetizzazione efficaci e condizioni economiche migliori.
I digital goods
Da quanto si comprende, lo sviluppo di un ambiente di realtà virtuale è volto ad accelerare lo sviluppo e la commercializzazione di digital goods già presenti in modo massiccio sulle piattaforme di gaming e su Twitch in particolare sia per sostenere e arricchire la partecipazione ai canali degli streamer sia per personalizzare la propria identità: sul sito di Balenciaga è già oggi possibile vedere la collezione pensata per Fortnite su cui anche altri grandi marchi del lusso stanno presentandosi non solo sponsorizzandone gli ambienti, ma rendendo disponibili articoli esclusivi con i quali differenziarsi rispetto agli altri utenti. Da menzionare i casi di Burberry che ha rilasciato la sua prima serie di collezionabili NFT (non-fungible tokens) all’interno di Blankos Block Party, un gioco basato sulla blockchain che consente ai giocatori di collezionare giocattoli digitali, e di Sorare.com che ha acquisito i diritti di molti team sportivi per realizzare “figurine digitali” e che lo scorso settembre ha raccolto 650 milioni di dollari di investimenti.
Anche in previsione del Metaverso, risulta dunque interessante seguire l’avanzamento del progetto Groknet con il quale gli algoritmi di image recognition di Facebook potranno favorire non solo l’esplorazione fra immagini e video, ma anche l’associazione fra i contenuti e i prodotti caricati negli Shop creati da parte delle aziende.
La radice del gaming e le nuove preoccupazioni
Non è solo Facebook a credere nel Metaverso: le aziende tecnologiche globali stanno investendo miliardi di dollari e lanciando nuovi prodotti per questo mondo digitale emergente, anche in contesti professionali. Se Google lo scorso maggio ha annunciato il progetto Starline per rendere disponibili videoconferenze 3D ed evolvere dunque in questa direzione l’attuale offerta di Meet, Microsoft ha annunciato nuovi strumenti software per consentire riunioni virtuali più interattive ed Nvidia e Advanced Micro Devices, che forniscono chip fondamentali per l’infrastruttura del Metaverso, hanno visto aumentare i prezzi delle loro azioni. In tutti i casi, si può notare quanto la radice delle esperienze offerte stia nell’impronta, di origine asiatica, che il gaming sta dando all’Internet di domani e che, in toni minori, si sta già vedendo negli instant messenger e nei servizi di videoconferenza dove gli effetti visuali sono ogni giorno più elaborati ed abbondanti.
Se per iscriversi a Zepeto bisogna scattare un selfie e così creare un avatar 3D partendo dal proprio viso e dal proprio corpo, ha destato qualche preoccupazione il conseguente elevato livello di profilazione che la piattaforma può offrire ai suoi inserzionisti o alle applicazioni, come Unity Ads e AppsFlyer, che si occuperanno della targetizzazione pubblicitaria: servirsi di dati personali delicati come le misure corporee forse giustifica l’interesse degli investitori, ma lascia di stucco al cospetto della maggiore attenzione dimostrata, anche in Cina e non solo negli Stati Uniti o in Europa in questi mesi, verso la tutela della privacy degli individui.
Conclusioni
Del resto, le dimensioni a cui ambiscono le app come Zepeto ed in particolare la scala globale a cui Mark Zuckerberg intende approntare il Metaverso non possono non contenere il messaggio secondo il quale la tecnologia ci vuole bene e, soprattutto nei confronti dei teenager, essa ci tratta meglio della realtà. Ad ogni nuovo progetto volto a creare l’Uomo Nuovo, giova però ricordare che spesso chi nel passato ha voluto trasformare gli uomini in angeli è stato poi costretto ad accorgersi della persistenza di alcuni tratti degli esseri umani che nessuna tecnologia potrà modificare.
“Oltre” l’uomo è già andato. Ma se siamo diversi dal passato, non per questo siamo migliori e quanto di brutto è accaduto nei secoli – l’odio, la sopraffazione, la violenza, il crimine, l’indifferenza – il digitale non è finora riuscito a sradicarlo. Con la clava o con un visore tridimensionale, nei panni dell’ominide che agita lo strumento di potere appena scoperto o su una navicella spaziale che vaga per lo spazio (Kubrick li ha accostati con consapevolezza), l’uomo non cambia. Resta da scoprire il significato del monolite a cui forse si è ispirato colui che ha teorizzato il Metaverso.