Pochi giorni fa, la Commissione europea ha chiesto a 23 Paesi UE tra cui l’Italia di comunicare informazioni su come le norme incluse nella direttiva sul diritto d’autore nel mercato unico digitale (la 2019/790/UE, di seguito anche direttiva copyright) vengono recepite nel diritto nazionale (Austria, Belgio, Bulgaria, Cipro, Repubblica Ceca, Danimarca, Estonia, Grecia, Spagna, Finlandia, Francia, Croazia, Irlanda, Italia, Lituania, Lussemburgo, Lettonia, Polonia, Portogallo, Romania, Svezia, Slovenia e Slovacchia).
L’invio di lettere “di mora” è un atto dovuto a fronte della mancata o parziale comunicazione delle misure nazionali di recepimento e può anticipare l’avvio di una procedura di infrazione. Il termine per il recepimento della direttiva nella legislazione nazionale era il 7 giugno scorso. Questi Stati membri dispongono ora di due mesi per rispondere alle lettere e adottare le misure necessarie. In assenza di una risposta soddisfacente, la Commissione può decidere di emettere pareri motivati.
L’intenso dibattito che ha caratterizzato larga parte dell’iter di discussione e approvazione della direttiva a livello comunitario sembra essersi, dunque, riproposto anche nella fase di implementazione della stessa a livello nazionale, che è proseguita, per così dire, ‘a macchia di leopardo’, con alcuni Stati che hanno scelto di implementare solo determinate parti della direttiva, mentre altri sono ancora in ritardo sull’attuazione.
Qui faremo una disamina sullo stato dell’arte dell’iter di recepimento in Italia e le posizioni FIEG sull’imminente decreto attuativo italiano che recepisce la normativa europea; si tiene conto delle discussioni delle ultime settimane su varie bozze di decreto circolati.
L’adozione della normativa ue copyright in Europa
Soltanto la Germania, i Paesi Bassi e l’Ungheria hanno completato l’iter di recepimento nei tempi previsti, ma senza particolari adattamenti rispetto al testo comunitario. Malta vi ha provveduto con un decreto attuativo del 18 giugno 2021, mentre la Danimarca ha rispettato il termine del 7 giugno ma recependo solo gli articoli 15 e 17 della direttiva, sulla falsariga di quanto fatto in precedenza dalla Francia, primo Paese ad avviare l’iter di implementazione con una legge – approvata già nel luglio 2019 e in vigore dal 24 ottobre 2019 – che ha introdotto da subito nell’ordinamento francese il diritto connesso per gli editori di giornali (mentre è tuttora in corso il recepimento del resto della direttiva).
Diritto d’autore e violazioni online commesse all’estero: i paletti della Corte di Cassazione
L’Italia ha affidato alla legge di delegazione europea, approvata nell’aprile scorso, l’individuazione dei criteri di recepimento della direttiva copyright: in proposito, si ricorda che l’articolo 31 della Legge 234/2012, recante “Norme generali sulla partecipazione dell’Italia alla formazione e all’attuazione della normativa e delle politiche dell’Unione Europea”, prevede al comma 1 che “In relazione alle deleghe legislative conferite con la legge di delegazione europea per il recepimento delle direttive, il Governo adotta i decreti legislativi entro il termine di due mesi antecedenti a quello di recepimento indicato in ciascuna delle direttive; per le direttive il cui termine così determinato sia già scaduto alla data di entrata in vigore della legge di delegazione europea, ovvero scada nei tre mesi successivi” – che è appunto il caso della c.d. direttiva copyright – “il Governo adotta i decreti legislativi di recepimento entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della medesima legge”.
Poiché, dunque, la legge di delegazione europea (Legge 22 aprile 2021, n. 53 recante “Delega al Governo per il recepimento delle direttive europee e l’attuazione di altri atti dell’Unione europea”) è stata pubblicata in Gazzetta Ufficiale il 23 aprile, con vigenza all’8 maggio 2021, il termine per l’esercizio della delega scade il prossimo 8 agosto. Con ulteriori specifiche articolazioni (si vedano i commi 3 e 4 dell’art. 31 sopra citato) della decorrenza dei termini relativi alla trasmissione degli schemi dei decreti legislativi per le acquisizioni dei pareri competenti.
I prossimi giorni risultano, dunque, cruciali per comprendere quando e come sarà recepita anche nel nostro ordinamento la direttiva copyright e, in particolare, una delle disposizioni più dibattute fra quelle contenute in questo nuovo strumento normativo, ossia l’articolo 15 sul diritto connesso degli editori di giornali.
Il diritto connesso degli editori di giornali
L’art. 15 della direttiva (UE) 2019/790 è inserito nel Titolo IV, al Capo 1 relativo ai “Diritti sulle pubblicazioni”, e disciplina la “Protezione delle pubblicazioni di carattere giornalistico in caso di utilizzo online”: tale articolo introduce il c.d. diritto connesso in favore degli editori di giornali, cui viene riconosciuto il diritto esclusivo di autorizzare o vietare la riproduzione diretta o indiretta, nonché la messa a disposizione, dei loro contenuti editoriali online da parte delle piattaforme di condivisione dei contenuti.
La ratio della previsione è di incentivare la concessione delle licenze e la valorizzazione economica delle pubblicazioni di carattere giornalistico nell’ambiente digitale, assicurando ai titolari dei diritti la remunerazione degli investimenti effettuati, al fine di sanare l’enorme squilibrio – rilevato tra gli altri anche dall’Agcom sin dal 2014 nel Rapporto sui servizi di Internet e la pubblicità online – tra il valore che la produzione di contenuti editoriali genera per il sistema di Internet e i ricavi percepiti dai produttori degli stessi: uno squilibrio che, a detta dell’Autorità di Garanzia, provoca “danni incalcolabili al finanziamento dell’intero sistema dell’informazione e rischia di comprometterne il funzionamento”.
Sostenere i giornali, necessario per la democrazia
Il tema, tuttavia, non ha solo un rilievo economico e non concerne solo la redditività delle pubblicazioni giornalistiche, come precisato dal Considerando 54 della direttiva: “Una stampa libera e pluralista è essenziale per garantire un giornalismo di qualità e l’accesso dei cittadini all’informazione e dà un contributo fondamentale al dibattito pubblico e al corretto funzionamento di una società democratica. L’ampia disponibilità di pubblicazioni di carattere giornalistico online ha comportato la nascita di nuovi servizi online, come gli aggregatori di notizie o i servizi di monitoraggio dei media, per i quali il riutilizzo di pubblicazioni di carattere giornalistico costituisce una parte importante dei loro modelli di business e una fonte di introiti. Gli editori di giornali incontrano una serie di problemi nel concedere licenze di utilizzo online delle loro pubblicazioni ai prestatori di questo tipo di servizi, rendendo ancora più difficile per loro recuperare gli investimenti effettuati. In assenza del riconoscimento degli editori di giornali quali titolari di diritti, la concessione delle licenze e il rispetto dei diritti nelle pubblicazioni di carattere giornalistico riguardo agli utilizzi online da parte di prestatori di servizi della società dell’informazione nell’ambiente digitale sono spesso complessi e inefficaci.”
In questo quadro si inserisce anche il Considerando 58, laddove recita che “Il contributo organizzativo e finanziario degli editori nel produrre pubblicazioni di carattere giornalistico va riconosciuto e ulteriormente incoraggiato per garantire la sostenibilità dell’editoria e favorire in tal modo la disponibilità di informazioni affidabili”.
Il paragrafo 1 dell’art. 15 statuisce che: ‘Gli Stati membri riconoscono agli editori di giornali stabiliti in uno Stato membro i diritti di cui all’articolo 2 e all’articolo 3, paragrafo 2, della direttiva 2001/29/CE per l’utilizzo online delle loro pubblicazioni di carattere giornalistico da parte di prestatori di servizi della società dell’informazione.’
Il contenuto del nuovo diritto connesso ricalca, pertanto, le previsioni della direttiva Infosoc (2001/29/CE) che prevede il diritto esclusivo di riproduzione (art. 2) e di messa a disposizione del pubblico delle opere e materiali protetti (art. 3, paragrafo 2). Diritto riconosciuto ora anche agli editori di giornali (comprese le agenzie di stampa) nei confronti dei prestatori di servizi della società dell’informazione che utilizzino online le loro pubblicazioni di carattere giornalistico.
Sotto il profilo soggettivo, per la definizione dei “prestatori di servizi della società dell’informazione”, è fatto un richiamo specifico all’art. 1, par. 1, lett. b), della direttiva sulla procedura d’informazione nel settore delle regolamentazioni tecniche e sulle regole relative a servizi della società dell’informazione, direttiva (UE) 2015/1535: vi rientrano, per interpretazione consolidata, i motori di ricerca e i social media, oltre che, per espressa citazione del Considerando 54 della direttiva, gli aggregatori di notizie e i servizi di monitoraggio dei media, questi ultimi già tenuti al riconoscimento dei diritti d’autore previsti dalla normativa generale per l’utilizzo in rassegne stampa di articoli di giornale sottoposti a riproduzione riservata. Sono invece esclusi i blog, che forniscono informazioni nell’ambito di un’attività che non viene svolta sotto l’iniziativa, la responsabilità editoriale e il controllo di un editore di testate giornalistiche.
Definizioni
La nozione di editori di giornali, d’altro canto, non crea (o non dovrebbe creare) particolari problemi di interpretazione, stante la immediatezza di raccordo della nozione soggettiva con quella oggettiva di pubblicazione di carattere giornalistico, costituita “da un insieme composto principalmente da opere letterarie di carattere giornalistico, ma che può includere anche altre opere o altri materiali”, come (aggiunge il Considerando 56) fotografie o videogrammi.
L’introduzione di un inciso preceduto da congiunzione avversativa (“, ma che possono includere altre opere e materiali protetti, come fotografie o videogrammi”) potrebbe lasciare intendere l’assenza di protezione della “pubblicazione di carattere giornalistico” intesa come insieme composto principalmente da “opere letterarie di carattere giornalistico”. È invece proprio la parte letteraria, e quindi testuale, che connota più di ogni altro elemento il carattere giornalistico della pubblicazione e alla quale occorre garantire, in fase di recepimento, la dovuta e adeguata tutela, anche per contrastare il crescente fenomeno delle fake news.
Dal combinato disposto delle Definizioni di cui al n. 4 dell’art. 2 della direttiva e del Considerando 56, si desume che nella nozione rilevante ai fini della presente disciplina sono ricomprese le pubblicazioni che compaiono su qualsiasi mezzo di comunicazione, su supporto cartaceo ma anche online, come ad esempio, i quotidiani, le riviste settimanali o mensili di interesse generale o specifico, incluse le riviste acquistate in abbonamento. Mentre, per espressa previsione, sono escluse le pubblicazioni periodiche a fini scientifici o accademici, quali le riviste scientifiche.
In proposito, la legge francese 775 del 24 luglio 2019 – che ha rappresentato a lungo un punto di riferimento unico, essendo la Francia il primo Paese membro ad aver recepito l’articolo 15 della direttiva, appena tre mesi dopo l’adozione di quest’ultima e con quasi due anni in anticipo rispetto al termine di recepimento del 7 giugno 2021 – ha optato per una definizione ‘neutra’ di pubblicazione di carattere giornalistico che, ricalcando pedissequamente il testo comunitario, fa riferimento a prodotti la cui funzione è quella di informare il pubblico su notizie o altri argomenti pubblicati su qualsiasi supporto sotto l’iniziativa, la responsabilità editoriale e il controllo di un editore o di una agenzia di stampa; in essa rientrano espressamente anche le immagini e i video.
Nei fatti, un tentativo di delimitazione o quanto meno di definizione più puntuale del perimetro delle testate rilevanti ai fini della nuova disciplina sul diritto connesso si è avuto in occasione dell’accordo quadro, siglato nel gennaio 2021, tra l’APIG (l’Alliance de la Presse d’Information Générale, che rappresenta alcuni editori, nazionali e locali, di giornali francesi) e Google: le parti hanno convenuto di identificare come beneficiarie dell’accordo di remunerazione le sole testate rientranti nella qualifica di “Publications d’information politique et générale” riconosciuta dalla Commission Paritaire des Publications et Agences de Presse (CPPAP), in base ai requisiti di cui al Code des postes et des communications electroniques (CPCE, art. D.19-2).
Tale previsione, tuttavia, è stata oggetto di rilievo in occasione della recente pronuncia con cui l’Autorità Antitrust francese ha condannato Google al pagamento di una sanzione di 500 milioni di euro per aver ignorato alcune delle Ingiunzioni (e precisamente la 1, la 2, la 5 e la 6), emesse nella sua decisione dell’aprile 2020: qui, nello specifico, si tratta della Ingiunzione numero 1 – che obbligava il motore di ricerca a negoziare in buona fede alle condizioni previste dall’articolo L. 218-4 del Code de la Propriétè Intellectuelle e secondo criteri oggettivi, trasparenti e non discriminatori – rispetto alla quale l’Autorité ha rilevato, tra l’altro, il rifiuto a negoziare con gli editori di stampa non certificati per l’informazione politica e generale (“IPG”) e con le agenzie di stampa.
L’articolo 15 paragrafo 1 della direttiva copyright si chiude poi con una serie di limitazioni oggettive all’esercizio del diritto connesso: semplificando, esso i) non si applica agli utilizzi privati o non commerciali delle pubblicazioni di carattere giornalistico da parte di singoli utilizzatori; ii) non si applica ai collegamenti ipertestuali; iii) non si applica all’utilizzo di singole parole o di estratti molto brevi di pubblicazioni di carattere giornalistico.
Se le prime due previsioni costituiscono una concessione al dibattito pubblico accesosi all’indomani della presentazione della Proposta di direttiva, nell’ottica di placare le polemiche da alcuni sollevate sui possibili rischi di censura e di limitazione alla libertà d’espressione della riforma, resta da stabilire come punto cruciale della nuova disciplina quanto “brevi” possano essere i “brevi estratti” (o snippets) affinché non costituiscano violazione del diritto connesso e possano anche rilevare ai fini della operatività del collegamento ipertestuale che di regola sono soliti accompagnare.
Nozione di estratti molto brevi
Con riferimento alla nozione di “estratti molto brevi”, l’esperienza di altri Stati membri, in particolare Spagna e Germania – che avevano già adottato in passato normative nazionali dirette a disciplinare i brevi estratti – ha portato all’attenzione condotte potenzialmente lesive dei diritti degli editori di giornali; nel caso spagnolo, con la chiusura unilaterale di taluni servizi (Google News) e, in Germania (così come di recente in Francia), rimettendo all’editore la scelta relativa alla pubblicazione delle anteprime degli articoli, senza il riconoscimento di nessun compenso.
Sulla scorta di queste esperienze, ci sono state molte discussioni in fase di recepimento della direttiva sulla opportunità di fissare un limite quantitativo al di là del quale devono essere assicurati i diritti di cui al paragrafo 1 dell’articolo 15 della direttiva. Al momento, però, tutti gli Stati che ad oggi hanno recepito il diritto connesso hanno optato per una definizione di estratti molto brevi che non prevede limiti quantitativi espressi ma rimanda ai criteri generali, secondo cui la suddetta nozione deve essere individuata “in modo da non pregiudicare la libera circolazione delle informazioni né l’efficacia dei diritti previsti dalla direttiva”, come garantito dal Considerando 58, nella convinzione che se l’uso dell’estratto molto breve ha una funzione sostitutiva della pubblicazione o comunque dispensa il lettore dal far riferimento ad essa rappresenta una evidente violazione del diritto connesso.
Peraltro, una soluzione giurisprudenziale a livello europeo è già stata trovata nel settore ‘parallelo’ del diritto d’autore, individuando anche in un estratto di 11 parole un prodotto creativo dell’ingegno soggetto a tutela: nella sentenza Infopaq del 2009 (Corte di giustizia 16 luglio 2009, causa C-5/08, Infopaq International c. Danske Dagblades Forenig) la Corte di Giustizia dell’Unione Europea ha stabilito che “non può escludersi che talune frasi isolate, o addirittura talune parti di frasi del testo di cui trattasi, siano idonee a trasmettere al lettore l’originalità di una pubblicazione quale un articolo di giornale, comunicando a chi legge un elemento che è in se stessa espressione della creazione intellettuale dell’autore di tale articolo. Simili frasi o simili parti di frase possono quindi beneficiare della tutela prevista (…)” dalla normativa comunitaria in materia di diritto d’autore e diritti connessi.
Estratti molto brevi, orientamento italiano in linea con UE
Sembra quindi che i legislatori nazionali siano orientati a riprendere la norma europea sulla definizione di estratti molto brevi, lasciando poi ai giudici il compito di concretizzarla, caso per caso, nel solco di quanto stabilito dai giudici europei in materia di diritto d’autore ma tenendo anche conto di tutta una serie di elementi strettamente legati alla evoluzione del modo di (fare e) fruire l’informazione, di cui si diceva in premessa: dalla dimensione dello snippet (al di sotto di una certa dimensione, esso non contiene neppure quel minimo di informazioni che possono suscitare l’attenzione dell’utente) alla tendenza sempre più accentuata ad accedere alle notizie tramite dispositivi mobili (si pensi, tra gli altri, al fenomeno dei podcast).
Estinzione del diritto
I successivi paragrafi dell’articolo 15 contengono una serie di specificazioni per così dire “sistematiche”, in taluni casi anche non indispensabili: viene precisato che il nuovo diritto connesso non modifica e non pregiudica in alcun modo gli altri diritti previsti per gli autori e gli altri titolari di diritti, né si applica ad opere e materiali caduti in pubblico dominio. Non ha effetti retroattivi e si estende ai giornalisti e agli autori degli articoli di giornali.
Esso, infine, si estingue due anni dopo la pubblicazione della pubblicazione di carattere giornalistico, calcolando tale termine a decorrere dal 1°gennaio dell’anno successivo alla data di pubblicazione. Resta da chiarire l’impatto di tale ultima previsione rispetto agli archivi degli editori, frutto in genere di significativi investimenti per la loro formazione, alimentazione, gestione e manutenzione: l’affievolimento dei relativi diritti degli editori, dopo soli due anni, in favore dell’accessibilità e condivisione collettiva dei contenuti attraverso la rete e di una loro ‘commerciabilità’, può compromettere la tenuta e conservazione degli archivi editoriali. Per evitare fraintendimenti di questa parte della normativa, potrebbe essere utile che in fase di recepimento si facessero espressamente salve, con riferimento ai due anni considerati, le “Disposizioni sui diritti del costitutore di una banca dati” in favore degli editori.
La tutela dei diritti degli editori
L’articolo 15 si ferma qui, consegnando agli ordinamenti nazionali un compito impegnativo, che è quello di assicurare, in concreto, l’effettivo esercizio del diritto esclusivo affermato in principio: del resto, il fine dichiarato della disciplina nel suo complesso è quello di rafforzare la posizione negoziale degli editori rispetto ai prestatori della società dell’informazione. Un ultimo ordine di considerazioni va, dunque, fatto rispetto alla necessità di rendere tale ‘piattaforma negoziale’ operativa e attraverso quali modalità.
Nell’ambito dei criteri direttivi individuati dall’articolo 9 della legge di delegazione europea per garantire la corretta trasposizione della direttiva copyright nell’ordinamento interno, la lettera h) sancisce che occorre “prevedere, ai sensi dell’articolo 15 della direttiva (UE) 2019/790, che nel caso di utilizzo online delle pubblicazioni di carattere giornalistico da parte dei prestatori di servizi della società dell’informazione trovino adeguata tutela i diritti degli editori, tenendo in debita considerazione i diritti degli autori di tali pubblicazioni.”
Nel trasporre tale criterio in sede di decreto attuativo, andrebbe specificato che l’adeguata tutela dei diritti degli editori deve essere garantita da un meccanismo di negoziazione tra le parti interessate che favorisca l’individuazione della quota di proventi che gli editori devono percepire, così come correttamente specificato alla lettera l) del medesimo articolo in favore degli autori della pubblicazione di carattere giornalistico. Ciò consentirebbe di dare seguito agli ordini del giorno approvati sia dal Senato (luglio 2020) sia dalla Camera (marzo 2021) e che, per l’appunto, impegnano il Governo a valutare l’opportunità di prevedere che la tutela dei diritti degli editori venga garantita, anche tramite le associazioni di categoria maggiormente rappresentative, da una negoziazione effettiva e in buona fede che individui, entro un termine definito, criteri condivisi per la determinazione di una quota adeguata dei proventi generati dai prestatori di servizi delle società di informazione finalizzata a remunerare i diritti degli editori medesimi; e che, in caso di mancato accordo tra le parti, sia previsto l’intervento di un soggetto terzo chiamato a definire la situazione.
Per quanto riguarda la remunerazione dovuta a seguito dell’esercizio del diritto connesso, si potrebbe prevedere una griglia di elementi che concorrano alla sua determinazione quali, a titolo esemplificativo, gli investimenti sostenuti dagli editori e dalle agenzie di stampa; il contributo fornito dalla pubblicazione giornalistica all’informazione politica e generale; l’importanza dell’utilizzo della pubblicazione giornalistica per il servizio online di comunicazione al pubblico, corredata di tutti gli elementi informativi riguardanti gli usi delle pubblicazioni giornalistiche da parte dei loro utenti, necessari ad una valutazione trasparente della remunerazione e della sua ripartizione. In Francia, simili criteri di massima sono stati trasposti nel citato Accordo APIG/Google che richiama, per l’appunto, i criteri del contributo all’informazione politica e generale, del volume giornaliero di pubblicazioni e dell’audience mensile su Internet, certificati da organismi terzi (c.d. Joint Industry Committees).
In conclusione
Oggi più che mai il diritto d’autore è una questione di equilibrio: tra innovazione e produzione; tra diritti degli autori, dei consumatori e dei produttori di contenuti; tra i principi posti a tutela del copyright e diritti fondamentali come la libertà di espressione o quelli legati alle regole del libero mercato e della concorrenza. La tutela del copyright diventa un fattore strategico nella ricerca di un nuovo equilibrio economico per il settore.